Al Palio di Siena tra vip e veline della malauniversità

 

Striscia Palio

QUESTA VOLTA A CHI TOCCHERA’ IL “TAPIRO”: A STAFFELLI O A UN RETTORE?

Che ci fa il 2 luglio, Valerio Staffelli, l’inviato di “Striscia la notizia”, tra gli ospiti di Silvano Focardi, rettore dell’Università di Siena, affacciati su Piazza del Campo dalle finestre di palazzo Chigi-Zondadari? Ovvio, assiste al Palio, tra uno spumante e qualche tartina insieme ad Antonio M. Tamburro, Francesco Tomasello e Augusto Marinelli, rispettivamente rettori di Basilicata, Messina e Firenze (università molto chiaccherate per nepotismo e/o bilanci in rosso e/o affari). Staffelli sicuramente approfitterà dell’occasione per realizzare una delle solite inchieste di Striscia su argomenti scottanti come questi.

Caro Focardi, tra i tagli previsti per il 2007 nell’ateneo senese vi sono anche quelli, pari a 1,5 milioni di €, per attività istituzionali (dotazioni ai Dipartimenti e Facoltà, supplenze e contratti) mentre lei continua a spendere 156.000,00 € d’affitto ogni anno per questo palazzo che consente la visione del Palio ai suoi ospiti. Lo sa che la finanziaria impone che, a decorrere dal 2006, le pubbliche amministrazioni non possono effettuare spese di rappresentanza superiori del 50% di quanto sostenuto nel 2004? Lei, invece, le raddoppia! Va bene che ha ereditato questa spesa, ma non sarebbe il caso di interrompere la locazione, vista anche la possibilità di recedere senza penali?

Caro Tamburro, l’università della Basilicata è nota a “Striscia” per lo sperpero dei fondi post-terremoto: 7,5 milioni di € per costruire serre mai utilizzate dagli studenti di agraria (ne ha parlato anche il procuratore generale della Corte dei conti lucana, Michele Oricchio). Ci sono poi 2 milioni di €, stornati da altri capitoli di spesa, anticipati dall’ateneo ad alcuni docenti, tra i quali figura il suo nome, per studi sul territorio non finiti nei tempi previsti e che, non restituiti, hanno creato un «buco» nel bilancio 2003 e danni all’erario. Ci sono i costi incredibili per corsi di laurea con una media di 8-10 studenti all’anno. Ma c’è di più. Il sostituto procuratore di Catanzaro, Luigi De Magistris, sta indagando su alcuni docenti dell’ateneo lucano, compreso l’ex rettore Lelj Garolla di Bard, nell’ambito dell’inchiesta sul presunto «comitato d’affari» che strozza la regione e ne controlla l’attività economica: il pm parla di «sodalizio criminoso in grado di condizionare l’attività delle istituzioni». Agli ambienti accademici lucani, interessati ai temi come i rischi ambientali e le georisorse naturali, premono soprattutto le consulenze sulle risorse idriche, sul sistema di monitoraggio ambientale delle aree petrolifere, sul sito nazionale di scorie radioattive a Scanzano Ionico e quelle sull’erosione della costa, cementificata con villaggi di lusso. Una lobby d’affari che avrebbe schiacciato qualsiasi oppositore, com’è accaduto ad Albina Colella, docente di geologia, denunciata con modalità molto strane proprio dal Prof. Tamburro e sospesa dal servizio, nonostante la contrarietà del CUN. Infatti, per la procura di Catanzaro si potrebbero ipotizzare “tentativi di ritorsione“, per le posizioni assunte dalla geologa in merito al sito di Scanzano e ad altre vicende, come Marinagri.

Caro Marinelli, lei è rettore dal 1° novembre 2000, ha chiuso il bilancio 2006 con un disavanzo di 18 milioni di € che diventeranno 32 nel 2007 e, invece di fare autocritica e proporre un serio piano di risanamento, continua con l’inconsistente accusa allo Stato, reo di non trasferire gli incrementi stipendiali del personale agli atenei. Non solo, lei, il primo responsabile della politica del suo ateneo, pretenderebbe anche, a questo punto, che a pagare gli stipendi del personale fosse il Tesoro, con buona pace dell’autonomia finanziaria istituita nel 1994.

Caro Tomasello, sicuramente «saranno fortunate coincidenze che molti docenti del suo ateneo abbiano legami di parentela fin troppo stretti»; sarebbe utile, però, sapere se condivide, in proposito, il seguente pensiero di un suo collega siciliano. «È normale che i figli seguano le orme del padre. Di solito non hanno alcun privilegio, anzi il cognome rischia di diventare un peso. L’unico vantaggio è vivere in un ambiente familiare dove si parla di medicina».