Col mio codice etico, non ne dubito, vi farò tutti santi, santi subito!

Lucia Lazzerini. Il prorettore vicario dell’Università di Firenze Alfredo Corpaci, che si dice studi da rettore, replica (con toni austeri e prosa terrificante: «non pare possa sottacersi l’importanza in sé della adozione di questo strumento, espressiva della rilevanza attribuita a certi valori e principi…»; se gli andasse male la scalata al supremo soglio di San Marco è pronto per il SUM) alle fondate critiche di Paolo Caretti e ai preoccupati rilievi di Giorgio Federici sostenendo che:
1) gli articoli dedicati alla piaga del nepotismo non sono vacue ciance, come a molti era parso, ma disposizioni forti e chiare;
2) il Codice non comporta alcuna limitazione della libertà dei docenti;
3) la funzione propria del Codice «non è quella di sanzionare e reprimere, bensì di sollecitare e promuovere comportamenti virtuosi».
Appunto: con tre paginette di buoni consigli non solo l’università fiorentina diventerà un Eden, ma tutti gli altri atenei ci chiederanno la miracolosa ricetta per trasformare covi d’intrallazzi mafiosi in conventi di clarisse, maneggioni usi a calpestare la legalità in severi tutori della legge, disinvolte signore assurte alla cattedra per irriferibili competenze extraaccademiche in crocerossine, inferni del mobbing in pie confraternite. Pare che l’aspirante rettore abbia già scelto lo slogan per la prossima campagna elettorale: Col mio codice etico, non ne dubito, vi farò tutti santi, santi subito!

5 Risposte

  1. Dementi o malviventi ai vertici delle istituzioni? Domanda certamente retorica come si comprende sol che si rifletta sul fatto che i promotori-cantori dei “codici etici” sono gli stessi che sostengono la tesi aberrante ed infame della inversione delle responsabilità tra vittime e carnefici: i guasti agli atenei li produrrebbero non gli autori dei furti aggravati (ladri in toga ed ermellino!) e sistematici di posti e di soldi, taroccatori di concorsi e bilanci, ma le vittime che osano lamentarsi o addirittura denunciare e magari contribuire all’azione della magistratura. Si pensi alla miserabile sceneggiata della firma sugli atti concorsuali apposta da rettori che si trincerano dietro all’obbligo di mero controllo formale delle procedure. Proprio a Siena si è avuto l’esempio clamoroso di come anche questa interpretazione ipocrita ed illecita della funzione e del ruolo di un magnifico rettore sia a sua volta violata: l’attuale rettore alla stregua del precedente (rimosso coattivamente con interdizione giudiziaria) sembra non capire che son da annullare analoghe prove concorsuali bandite con carte ictu oculi marchianamente false (bandi mai passati dal senato e contenenti ripetuti riferimenti a delibere di senato mai avvenute e a riunioni di senato mai tenute!). E si badi bene che per vittime sono da intendersi non solo e non tanto coloro che risultano danneggiati nello specifico episodio di malaffare accademico, ma ogni afferente alla comunità accademica, togato o meno, e a ben pensare qualsiasi cittadino che riesca a capire che i danni sono sofferti dalla intera comunità nazionale. Tutti sanno che non bastano le condanne penali per risarcire qualcuno e per restituire a qualche vittima il maltolto: la vicenda del cardiologo Eugenio Picano lo dimostra in maniera emblematica visto che, malgrado i meriti calpestati in maniera macroscopica, i commissari concorsuali condotti in galera, le intercettazioni inequivocabili, nessun ministro ha restituito seppure con grave ritardo la cattedra sottratta, nessun giudice ha risarcito il danno subito, nessun rettore ha avuto il pudore di esprimere una parola di sdegno e di scuse. Condotte così infime non si riscontrano altrove e anche fra detenuti e prostitute è dato rilevare i segni di una ben più civile umanità. Come ha dimostrato la vicenda che ha coinvolto i vertici della otorinolaringoiatria universitaria italiana non bastano neppure le sentenze definitive della cassazione penale per modificare qualcosa nella accademia. A cosa serviranno quindi i codici etici? Ad offrire ad alcuni disonesti che guidano alcuni atenei anche il supplementare perverso piacere di prendersi gioco delle vittime. Cominciamo – e facciamolo velocemente – a controllare i reali meriti scientifici e profili sociali di rettori magnifici e direttori amministrativi, perchè così potremo evidenziare inaffidabilità non solo umana ma anche culturale. Il che già si desume dalla palese malafede rilevabile attraverso una lettura intelligente degli scritti della Professoressa Lazzerini e degli altri editorialisti del blog.

  2. Ancora una volta non mi resta che elogiare il prof. Lorè per il suo coraggio di denuncia. Ma qui vorrei porre l’accento su altro fatto, forse “pertinente”. Una tivù poco affrancata locale ha trasmesso un inervento della dottoressa Piccinni Gabriella, tutto teso ad esaltare il Codice senese del 1309, fondante, dice lei citando anche i Puristi della Crusca, la lingua italiana, il volgare che “si rivolgeva a più persone”. Io avrei citato il codice del Dugento pubblicato dallo Zdekauer, ma non è qui il punto.
    Il “boss” del dipartimento di Storia nella università piccina piccina fa dei falsi storici, ripetendo le tesi manzoniane e degli esperantisti. La lingua italiana non nasce artificialmente. Un Codice non può darne la sua vivacità. Perché così dice l’Ascoli, uno dei grandi linguisti nostri.
    Oltre al Codice citato dalla Piccinni, si potevano, perché no, citare le Prediche in volgare di Bernardino… La lingua la trovi magari nel grido di Travale…
    Speriamo che la Piccinni non voglia imbalsamare oltre la lingua anche la storia… per ora si limita a mandare sponsor nel giornale dei vescovi sulla storia del Santa Maria (Toscana Oggi è la testata).
    Paolo Fedeli, Scrittore, Poeta, Ricercatore

  3. P.S. Dopo che l’ex preside di Lettere -il…latinista- mi ha bellamente preso pei fondelli, vedremo ora cosa diranno in base al mio curriculum e in base a vent’anni di ricerca sul Santa Maria della Scala – che non è patrimonio solo dell’ «uomo della cultura di Siena» (Masoni) o della Piccinni o del big Omar.

  4. «L’uomo della cultura di Siena» è tal Toti dell’Oca, in base alla definizione del giornalista amico (suo).

  5. […] è «uno strumento per redimere intrallazzatori e nepotisti», come scriveva Lucia Lazzerini, e per rifarsi la verginità? Utile, a questo proposito, la lettura del testo licenziato dalla Commissione sul Codice etico […]

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