Il silenzio assordante sulla crisi dell’ateneo senese è carico di oscuri presagi

Stavrogin. Leggo su un quotidiano: «Università, a picco gli iscritti nel 2009. 
Nuove immatricolazioni giù del 4,4%». Questo è l’andazzo: recessione economica, scarsa utilità di molti corsi di laurea rispetto allo scopo di trovare un lavoro soddisfacente. È inutile che i burocrati dai loro oscuri antri ci assillino con i “Descrittori di Dublino”, a fronte della recessione e di una crisi economica che travolge interi comparti dell’economia produttiva: nella presente congiuntura l’imperativo è resistere. Ma bisogna anche riconoscere che la scarsa appetibilità di molti corsi di studio è dovuta in larga misura alla loro futilità come progetti culturali. Il modello della vendita delle indulgenze è superato. Declinata mestamente l’era delle “Scienze della Comunicazione” e delle lauree-straccio poco formative che non insegnano alcun mestiere (”mestiere” latu sensu, inteso come competenza: che sia il filologo o il dentista non importa), resta da chiedersi che senso abbia puntare sullo spaccio di lauree brevi, che manifestamente non hanno più alcuna attrattiva, e se è verosimile che una università tutta protesa al raggiungimento di un simile obiettivo (che dunque ignori la ricerca e specializzazione) possa reggersi e pretendere di richiamare addirittura studenti.
 Ora, ad ascoltare il silenzio assordante di questi giorni, rotto solo da comunicati tecnico-burocratici di tono apparentemente asettico, pare che la crisi non ci sia più. Eppure è un silenzio carico d’oscuri presagi: come il seme sotto la neve, qualcosa sta prendendo forma, qualcuno da qualche parte sta ridisegnando l’assetto futuro dell’ateneo.
 Sarebbe utile capire meglio cosa bolle in pentola.

41 Risposte

  1. «Sarebbe utile capire meglio cosa bolle in pentola.»

    A che scopo?

  2. «Sarebbe utile capire meglio cosa bolle in pentola.» A che scopo?
    Pinguino
    ……………..
    …mah! Forse per pura concupiscenza… Hai ragione, a che vale sapere? La vita non ha senso, viva la muerte: gute Nacht di falsche Welt….

  3. Molto giusto! Quindi:
    1 – avete saputo com’erano le iscrizioni al 31.dic.2008 nelle due vostre università?
    2 – all’Università per stranieri ci sono più docenti che matricole? Gira questa voce e il rettore (attivissimo con Riforndazione, ora, e persino ai Lions va!) la maschererebbe deviando l’attenzione sui corsi di lingua non pagati dal Ministero. Quanti esami all’anno vi fanno i docenti?
    3 – chi delle nostre università è coinvolto nelle iniziative di ricerca della Fondazione?
    Il rapporto città-due Università deve costruirsi nella chiarezza, no?
    Archimede

  4. Ma la decisione “urgentissima” della vendita degli immobili che sembrava non più prorogabile, altrimenti “Babbo Monte” non avrebbe più sganciato un euro che fine ha fatto? Nessuno ne parla più? Nei verbali dei CdA non compare nemmeno più. Cos’è, nessuno vuole assumersi la responsabilità di vedere associato il proprio nome alla vendita dei pezzi da 90 del patrimonio immobiliare, Pontignano in primis?

  5. Amici, posso dirvi che qualcosa si sta muovendo. Sta scricchiolando the old power… Troppa cappa su città e liberi pensatori… Intanto Vedovelli che fa, va da quelli di rif. com. buoni (i vendoliani)? Finora era sul carro in maschera del Cenni, assieme a variopinte macchiette. Domani forse sarà col Berlusca se gli garantiranno soldi e poltrone.
    Bardus
    PS Mi raccomando, o voi “tecnici”: qualcuno attende la mappa familistica della ns. università. Coraggio!!!

  6. Mi sento ancora una volta chiamato in causa dagli ultimi due interventi (oltreché da quello principale di Stavrogin).
    Vado con ordine dicendo la mia anche su Ceccuzzi e compagnia bella.

    @ Arlecchino
    L’intervento da te riportato a proposito delle proposte del PD da il destro per dire che al PD hanno poche idee, ma ben confuse o – per dirla con Gadda – tre idee di cui due fisse ed una mirabilmente articolata. Notare bene che per quanto attiene alla “gòvernans” avevo già messo in guardia da queste pericolose e sciocche proposizioni, facendo di recente un reportage.
    Per Ceccuzzi e la sua legge speciale da cento milioni il ragionamento è più complesso. Egli infatti si dimentica di dire che è proprio in buona parte grazie al partito che lo ha fatto eleggere nelle proprie liste che la situazione anche dell’Ateneo, ma soprattutto della Banca che avrebbe dovuto aiutare a parare il colpo, è miserevole. Quando si legge che in una sola settimana si è stati capaci di perdere 800 milioni, quando si legge che l’Antonveneta vale un terzo di quello che è stata pagata, quando agli inizi della crisi dell’Ateneo è stata porta la mano incavata a cucchiaio per chiedere l’elemosina, questa è stata negata non per soddisfare l’enunciato nitzcheano che la carità è tanto vergognosa per chi la fa quanto per chi la riceve, ma perché di soldi non ne aveva neanche la Banca. E la situazione peggiora di giorno in giorno. E chi la controlla la Banca caro Ceccuzzi? Immaginatevi che di quei 233 milioni sparsi dalla Fondazione una buona parte è andata a monasteri ed enti ecclesiastici vari (come dimostrato dalla lista postata non mi ricordo più da chi). Immaginatevi che quei cento milioni che Ceccuzzi vorrebbe far sputare allo Stato sono la cifra esatta che si vuole impegnare per uno stadio e un palazzetto in una zona pressoché irraggiungibile, sopra un corso d’acqua sulla base di un progetto delirante che non prevede neanche tutte e due le curve e che – by the way – fra i tifosi non vuole nessuno. Siamo d’accordo che nei libri di storia non ci finiranno certo il Rettore e il Direttore Amministrativo di turno, ma dobbiamo essere altresì d’accordo sul fatto che finiranno i dirigenti prima dei DS e della Margherita e poi quelli del PD che hanno dato la stura ad una classe amministrativa che ha fatto più danni della grandine e che ha gettato sul lastrico una città florida e ricca, includendo in questa distesa di macerie anche quelle dell’Ateneo. La mossa della legge speciale puzza di voler suddividere le proprie responsabilità con altre forze politiche, imputando a queste ultime un diniego rovinoso. In sintesi quindi non è una mossa – come asserisce giustamente Giovanni – né propagandistica, né demagogica, né goliardica: è una furbata con cui si cerca di spostare l’attenzione dalle manchevolezze della classe politica locale (e non solo) incapace di gestire alcunché senza fare danni enormi. In altri tempi quei cento milioni erano argent de poche per questa città.

    @ Stavrogin, Archimede e Roberto
    Vorrei sottolineare che tutte queste vostre proposizioni (sacrosante) non attengono ad altro che al mitico (mitologico ormai) piano di risanamento. Prima che la discussione su questo blog venisse deviata su altre questioni (per carità legittime e serie come e più di quella della crisi universitaria), si è affrontato un lungo dibattito sulla leggerezza o pesantezza, sull’adeguatezza o meno del piano di risanamento, lo ripeto ancora una volta scritto dal Senato e approvato dal CdA. E pareva che i destini di molti dipendessero dall’attuazione del detto piano, del quale – è bene ricordarlo – facevano parte anche le dismissioni immobiliari, la riduzione dei contratti, i prepensionamenti del personale tecnico-amministrativo (e anche dei ricercatori) e lo spianamento dei poli salvo Arezzo e Grosseto. Domanda: quanti di questi punti sono stati anche solo affrontati? Ve lo dico io: 6 affitti dismessi (ma si smette di pagare tra tre-sei mesi) e il taglio di 1.600.000 euro per le cooperative (di cui 400.000 già rimangiati per la proroga di tre mesi). Stop.
    San Giovanni Valdarno? È ancora lì. Follonica? È ancora lì. Colle Valdelsa? È ancora lì. Gli altri affitti incluso quello della cripta di Economia? Sono ancora lì (volesse mai il cielo che con una mossa si scontenta la Curia cui vengono versati 212.000 euro annui e il buon Riccaboni bada caso preside di quella Facoltà). Le dismissioni immobiliari? Nota giustamente Roberto che non se ne parla neanche più. Il Senato che fa? Si preoccupa dei parcheggi e di prendere tempo per i prepensionamenti dei ricercatori con quaranta anni di servizio perché alla finanziaria è stato proposto un emendamento dai Confederali per togliere questa disposizione. A parte l’osservazione che un ricercatore con quaranta anni di servizio – date tutte le professioni di eccellenza della ricerca e della didattica fatte in questo blog – non mi pare esattamente un esempio di eccellenza, ma dico: che vogliamo fare? Si cincischia? Bene: cincischiamo pure. Voglio però dire che il problema della proiezione negativa delle iscrizioni – scusatemi che mi imbrodo un po’ – l’avevo posto qui https://ilsensodellamisura.com/2008/12/valorizzare-anche-la-didattica-nella-selezione-e-valutazione-dei-professori-universitari/#comment-1998 e documentandolo. Non è che mi faccia piacere dire “l’avevo detto”, è solo per rispondere anche ad Archimede che chiede com’erano le iscrizioni al 31.12.2008.
    E i verbali del Senato non lasciano trasparire proprio niente di quello che dice giustamente Stavrogin sull’offerta formativa. Sono stati tagliati dei corsi (per via della legge Mussi). Va beh. Però di rivedere l’offerta formativa in senso sostanziale e non formale non se ne parla neanche. In compenso si parla (a vanvera direi) di “gòvernans” e di autovalutazioni.
    Caro Stavrogin la crisi c’è eccome, perché la gente che deve avere i soldi rimane e di tutte le buone intenzioni (scritte e firmate) “non è rimasto neppure tanto” come dice Ungaretti. Finora è stata discesa, ma davanti c’è la cima Coppi, solo che Coppi è morto tanti anni fa.
    Uno sconsolato Favi di Montarrenti

  7. Vuol dire che tutto è stato accentuato ad arte, ad esempio per far fuori il Focardi?
    Quando s’è visto che non ci si riusciva – neppure mettendo in gioco i calibri da 90 (un tempo) come il Detti – si è rientrati prontamente per non perdere tutto…
    Sintomatico che non si è più parlato della querela di Berlinguer-Tosi a Libera Siena, Vi ricordate?
    Due novità per il mio Arlecchino all’estero:
    1) il Sole di lunedì dà notizia della Fondazione Scuola di Alta Formazione per il Terzo settore – una delle forme di privatizzazione dell’università promosse dal ‘pubblico’ che non interessa però stranamente all’Onda e a Rifondazione.
    Nel Comitato di gestione figura, stando al Sole, l’economista Angelo Riccaboni: ma che è, lo stesso preside di Economia che si tiene stretto l’affitto (pagato da Pantalone) della cripta? Beh, la nuova Scuola è della Fondazione MPS nota per elargire all’Ateneo Lateranese e ai preti in genere, avendo peraltro tra gli amministratori un rappresentante dell’arcivescovo – che ha cominciato la causa all’Ascheri junior ecc. ecc. Allora tutto è chiaro? Fate Voi se volete 2+2.
    2) oggi al Canale civico durante la noiosissima ma interessante trasmissione del Consiglio comunale le liste civiche hanno notato che nella proposta di bilancio presentata dalla giunta non c’è più lo stadio. Deo gratias, amici! La crisi ha qualche aspetto positivo, no?
    Archie

  8. Rinnovo la richiesta di una mappa familistica nelle facoltà, magari “ufficiosa”. E magari per far arrabbiare qualche “folklorista”. Ma io conosco almeno tre casi dove figlie e mogli subentrano e concorrono…
    Ma sarà un caso. Ora telefono a Di Pietro, se è sempre a piede libero.
    Bye bye
    BARDUS

  9. Beh, digli allora che non si dimentichi dell’Università per stranieri, che è interessante anche da questo punto di vista… 2+2!

  10. Infatti almeno un caso rientra colà. E pare che un noto prof. abusi del titolo… Ora mi sintonizzo su Montenero di Bisaccia.

  11. Di Pietro è pronto a mettere sul blog ogni denuncia anche inerente l’Ateneo sputtanato, quello der bu’o.

  12. Che è anche alla Stranieri… bada, dove nonostante il deficit ammesso a bilancio ora chiameranno nuovi docenti per nuovi studenti inesistenti! Cominciamo a tamponare le crisi quando si manifestano e non aepettiamo le frane…
    Forse, l’idea di qualcuno di fare un’assemblea sulle due università senesi è matura… chiedere alle Liste Civiche? Chi altri ci dà una mano? Rifondazione? la CdL? mah…
    Archie

  13. Altro silenzio assordante è calato sul problema della fusione di dipartimenti: ma non vi illudete, giacché tutto tace, ma si lavora dietro le quinte e prevedo – sulla base di un fastidioso olezzo che promana dai discorsi di corridoio – che verrà fatta carne di porco (cassazione di dipartimenti come preludio all’annichilimento di chi ci lavora: mors tua, vita mea); alla fine sopravviverà forse chi meriterebbe di essere soppresso: chi probabilmente ha più potere politico, incrementerà il suo potere e come conseguenza di tali vertiginose operazioni ingegneristiche ci ritroveremo con dei dantisti dentisti. Una volta assassinate le competenze e umiliata ogni specializzazione, vedrete che “qualità” della ricerca e “attrattiva” sul pubblico! Non si ammazzano così anche i cavalli? Questo ateneo sta diventando una sorta di grande Guantanamo e verrebbe da dire: “fate quello che volete, ma io voglio scendere”, ma come si sa, nell’università italiana la mobilità non è prevista. Ma siamo matti? Qui arriviamo alle coltellate! La gente strologa tre o quattro cifre imparucchiate e decide della vita altrui: chi ha il diritto di distruggere la vita e la ricerca di altri, a tutti gli effetti suoi parigrado? E perché tutto avviene nell’oscurità degli antri del potere politico-accademico?

  14. So che qualcuno mastica amaro… ed è pronto a una rivalsa. Ma le maschere o mascherine son conosciute. Vedrete che forse qualche cambiamento ci sarà. Stavrogin non disperi… e Archimede tenga a mente: unire tutti coloro che possano essere uniti (anche solo temporaneamante).
    So che Siena e non solo è in una cappa di piombo… ma anche le campane crepano… a volte per troppa crapula!
    PS. Ho già riferito mi pare. Un professore amico mi ha detto che alla Stranieri le aule son pericolanti e che si son fatti abusi edilizi. Pare, mi dice, che circoli, in zona, del denaro “sporco” (ovvero riciclato, mafiosamente). Non dò per certe tali notizie, tuttavia occorrerebbe garantire, se necessario, la salute pubblica… prima che si giunga sul posto con studenti e proff sotto le macerie. Un film già visto. Ma non voglio creare inutili allarmismi. Vedovelli dorma pure il sonno dei giusti, si pacifichi tra due guanciali. Qualche potente al Palazzo veglierà su di lui.
    Buonanotte.
    Bardo

  15. Non che nella pentola bolle e ribolle la mitica fondazione? Non una fondazione regionale, scongiurata dal pres. Martini, ma una autonoma e privata della repubblica senese? Se fosse vero: mi chiedo, ma con questa situazione economico-finanziaria, se non paga (qualcosina) Pantalone, chi ci mette i quattrini tra i privati?!! Se pensano di autofinanziarsi con le tasse d’iscrizioni… il calo degli iscritti darà una mano!! Solo una domanda ma siamo già risanati o quasi: quando sbloccheranno i nostri fondi, per pagare i fornitori-creditori?

  16. Che Stavrogin e gli altri siano indovini? Leggo oggi sul Corriere di Siena:
    «Ateneo, seduta straordinaria del Consiglio di Amministrazione»
    «Il processo di risanamento dell’università di Siena va avanti; passerà anche dalla seduta straordinaria del CdA fissato per lunedì 16 in cui il rettore Silvano Focardi e il direttore amministrativo Emilio Miccolis presenteranno lo stato di avanzamento del piano che dovrà portare al superamento delle criticità finanziarie.»

    Gino Greco

  17. Veltroni, che non è certo parente del Veltro dantesco, ha detto, a Siena, che qui c’è un altissimo senso dell’amministrazione pubblica e che la Fondazione MPS è il nec plus ultra nel pensare… alle medie imprese! Per il non comunista del partito comunista (ex) il popolo non esiste. Evviva le… belle bandiere!
    A lui piace la Meloni. A me no.
    Il Bardo.

  18. Domani sabato 7 febbraio 2009 ore 17,15 presidio davanti alla Prefettura con la Costituzione in mano!!

    In questo momento credo sia importante che tutti coloro che credono nella laicità dello Stato manifestino il loro forte dissenso e la loro preoccupazione per l’atto golpista ed anti democratico del Governo Berlusconi. Anche Siena deve far capire che è contro questa intrusione grave e che danneggia irrimediabilmente la nostra Costituzione. Domani tutti e tutte alle 17,15 davanti alla Prefettura di Siena con una copia della nostra Costituzione in mano. Con Beppino ed Eluana Englaro per la difesa della Costituzione e dell’Italia laica e repubblicana. Vi prego partecipate e diffondete. Fiorino Iantorno

  19. Sicuramnte sig. Fiorino c’è da dire una cosa: la chiesa interviene con troppa veemenza nella politica italiana, nella società italiana. Di Pietro ha detto che Berlusconi è un nazista. Va detto che egli ha giurato sulla Costituzione e dire ora che essa è filosovietica lascia di stucco (la vuol cambiare). In realtà fu firmata da Pda, Pci, Dc, Psi ecc. Poteva il premier pensarci prima di giurare… È vero che non è la bibbia di Obama o il Corano, ma è pur sempre una carta per il reciproco convivere. Semmai è stata quasi sempre disattesa… anche dalla “Sinistra” italiana. Io son malato, ma sono con Lei con la Carta in mano. Mi son sempre opposto agli estremisti che la giudicavano carta “borghese” come ora mi oppongo al Cavaliere che la giudica di matrice stalinista!
    Grazie per il suo nuovo intervento che lascia spazi di dialogo. Del resto la dialettica è anche, mi pare, nel Prc, almeno qui a Siena è comparsa… Evviva la coerenza, comunque.
    Il Bardo

  20. @ Stavrogin
    Scusami, ma io veramente non riesco a capire quali siano le tue paure rispetto a questa faccenda dei dipartimenti. A parte le boutades, vale a dire i dentisti dantisti, che mi immagino saprai bene essere tali per l’appunto, i dipartimenti sono la struttura di supporto all’attività scientifica. La ragione per cui si è deciso (ma non ancora applicato e la vedo lunga) di accorparli è per ottimizzare neanche le risorse umane (il che è ovviamente impossibile), ma quelle inerenti ai materiali ed ai macchinari. Io ora capisco che tu sei un umanista e quindi della cosa – scusa l’espressione – te ne dovrebbe fregare un bel po’, considerato che in un dipartimento di (la butto lì per fare un esempio eh) filologia, se afferiscono anche dei profughi di (sempre per fare un esempio) un dipartimento di lingua e letteratura non italiane, non vedo cosa cambi in meglio o in peggio per gli afferenti. Ci sarà sempre una struttura amministrativa con segretario e collaboratori che si preoccupano di gestire i fondi della ricerca, le missioni, l’acquisizione di beni o servizi (anche libri eventualmente a seconda del collegamento con la biblioteca di Facoltà), i Prin, i Par e così via. Se c’è un tecnico o due per le macchine e i computer, continuerà a fare quello che ha fatto sinora. Dov’è il problema? Scusa, ma veramente non riesco a capirlo. Il consiglio di dipartimento continuerà a non fare una mazza come ha fatto finora e a guardarsi bene dal valutare chicchessia (già perché nel delirio sulla valutazione questo non lo avevamo considerato: che il consiglio di dipartimento valuta le relazioni triennali dei ricercatori, per dire) e avanti Savoia.
    Per le facoltà scientifiche il discorso cambia perché lì c’è un maggiore introito di fondi esterni e – soprattutto – c’è una marea di macchine e di tecnici specializzati che pendono – per così dire – dalle labbra dei docenti, i quali, pur mantenendo in consiglio esattamente gli stessi atteggiamenti che rimproveravo due secondi fa – con questo accorpamento (che ancora, lo sottolineo, non è avvenuto neanche in un caso) dovrebbero (si spera) scontare la diffusa abitudine (rectius: vizio) di acquisire macchinari, beni e servizi onde personalizzarli al massimo e impedire al resto della comunità accademica di esserne partecipi. Un viziaccio che avevo già menzionato in precedenza. A parte questo, però, non vedo dove sia il problema a meno che tu non ritenga (ma non te ne faccio capace) che i Dipartimenti di Siena siano come quelli di Oxford dove i colleghi (sì figuriamoci se si ritengono colleghi fra sé ordinari, associati e ricercatori) si trovano tutti i giorni davanti al caffé e si scambiano lunghe e dotte elucubrazioni sulle proprie comuni ricerche, traendone reciproco godimento e ristoro. Siccome immagino che tu sappia benissimo che questa scenetta che ho appena descritto è quanto mai lontana dalla realtà, mi confermo perplesso di questo tuo terrore.
    Cordiali saluti a tutti dal Favi di Montarrenti

  21. Favi, anche tu dimentichi che la relazione triennale andrebbe, ai sensi della 382/1980, presentata da associati e ordinari.
    Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
    archie

  22. Scusami, ma io veramente non riesco a capire quali siano le tue paure rispetto a questa faccenda dei dipartimenti. favi
    ——————-
    Ohibò, continui a darmi dell’ “umanista” (contento te…) e mi domando se l’alternativa è solo essere “disumano”, ma le ragioni condivisibili che esponi, eccellenti nel migliore dei piani di risanamento possibili, confliggono un po’ con la realtà sul campo. Aspetta e vedrai. Nel frattempo ti prego di non distorcere il mio pensiero, giacché io non mi sono opposto alla semplificazione delle strutture di ricerca (stiamo forse parlando -per estremizzare- di azzerare tutto e di ricostruire pazientemente e ragionevolmente i dipartimenti a partire dagli “atomi”, ossia dalle singole discipline? No, non mi pare), ma alla loro semplificazione affrettata, comunicata con dispacci inappellabili.
    Intanto batto un colpo: come oscuro presagio di quelli che saranno i criteri di riorganizzazione, mi giunge notizia da laggiù (sarà vero?), che hanno deciso di “accorpare”, cioè di dare in pasto (e dunque cancellare) Filosofia a Scienze della Comunicazione, mentre v’è più ragioni per ritenere che a pagare dazio avrebbero dovuto essere principalmente questi ultimi, autori di un clamoroso flop e di una dissipazione di risorse che non ha pari. Il nesso disciplinare poi (fosse perché non sono abbastanza “umanista”) mi sfugge: sarà forse perché sono un inguaribile nostalgico o non frequento abbastanza i salotti e le osterie appropriate, o forse non mi rendo conto dei formidabili cambiamenti intercorsi nella cultura italiana negli ultimi decenni, ma (giusto per fare un confronto con la tradizione degli atenei pisano e fiorentino con cui quello senese è in competizione) non ce li vedo un Garin o un Casari, un Cesa o un Lolli o un Cambiano, dedicarsi a progetti di ricerca intorno alla comunicazione enogastronomica.

  23. @ Stavrogin
    Ti do dell’umanista perché il contesto letterario e sintattico in cui ti leggo, ti dipinge come un umanista. Non pensavo fosse un’offesa, anzi. Alternative ci sono anche oltre il “disumano”, per esempio “subumano”, ma insisto a dire che non è mia intenzione offendere nessuno e tantomeno te. Non mi sembrava neanche di aver distorto il tuo pensiero perché non ho mai affermato che “ti opponi alla semplificazione”. Osservavo solamente che non è chiaro il perché di tanta preoccupazione. E continuo a sostenerlo perché questa dell’accorpamento di Filosofia con Scienze della comunicazione, per esempio, è una notizia inesistente. Non so chi te l’abbia riferita, ma presumibilmente mente. E insisto a dire che anche fosse vera non si capisce come il singolo afferente possa venir da ciò in qualsivoglia modo danneggiato. A meno che tu non sappia qualcosa che io non so o che nel dipartimento cui afferisci le cose si svolgano in modo diverso da quanto ho raccontato nel post precedente. Fra l’altro anche i direttori di dipartimento, incluso il loro collegio ed il loro presidente, nell’attuale configurazione della “gòvernans” hanno abbastanza potere per soffiarsi il naso dietro richiesta in triplice copia all’amministrazione centrale e al preside (e per quanto possa sostenere il buon presidente della commissione “gòvernans” le cose rimarranno così a lungo), sicché sei libero di temere accorpamenti a capocchia (che comunque sono fusioni e non acquisizioni), ma ti garantisco che il mio era solo un tentativo di tranquillizzarti e non di farti dire cose che non hai detto o attribuirti pensieri non tuoi.
    Un periferico Favi di Montarrenti

  24. Favi, il mio disappunto (per non dire il mio disprezzo) va ad una certa tendenza che si è oramai affermata da anni e che è corresponsabile del declino dell’università: ossia il “famolo strano”, il dileggio delle competenze e delle specificità disciplinari, per poi parlare (come fanno molti) di matematica con i poeti, di poesia con i biologi, di filologia romanza con gli ingegneri o di diritto costituzionale con i fisici. I confini tra le discipline scientifiche esistono e per produrre ricerca originale non bastano infarinature. In Germania, una volta (forse anche adesso), esisteva l’istituto del Nebenfach, cioè della doppia laurea: in buona sostanza se vuoi essere trasversale tra due materie, devi saperle tutte e due, e non nessuna delle due.

  25. @ Stavrogin
    un umanista è un po’ diverso da un cialtrone che annaspa tra diverse discipline. Il sapersi muovere con competenza in campi diversi, ma concuidado, è forse preferibile alla specializzazione assoluta che, talora, com’è frequente nei giocatori di scacchi, porta diritto al manicomio. Capablanca finì per giocare direttamente con Dio, al quale concedeva sempre la prima mossa. Anche gli scienziati puri non scherzano, si va dalla depressione alla follìa vera e propria: Cantor, Goedel, Boltzmann.
    Il caso di Hoelderlin, tra gli “umanisti” è abbastanza raro. Nulla vieta che uno possa essere un buon filologo e un ottimo falegname, o un dicreto musicologo, anzi è augurabile che sia così. Nabokov, che ha scritto del povero Luzhin, era un entomologo di fama mondiale, Sinopoli era un medico. Il mio professore di filosofia al Liceo, ci ripeteva spesso: philosophus purus, asinus purus. Perciò, demone dostoevskiano, non te la prendere se ti dànno dell’umanista, è un complimento.

  26. Si abbia pietà della cultura ma prima di tutto si abbia pietà degli uomini! La cultura è salva quando gli uomini sono salvi. Brecht, Parigi, 1935 “Come far cadere il nemico?
    Bardo

  27. «Anche gli scienziati puri non scherzano, si va dalla depressione alla follìa vera e propria: Cantor, Goedel, Boltzmann.» outis

    …se non fosse stato più che matto, Cantor, al suo tempo, non avrebbe certo potuto concepire il “paradiso di Cantor”! La scia dei matematici folli è pressoché sterminata: da Erdos, con la sua valigia (unico bene che possedeva), a Nash, a Turing… a quel russo che ha risolto la congettura di Poincaré… ma se uno non vuol impazzire (soprattutto se non è un genio) può anche fare il netturbino, invece dello scienziato.
    In ogni caso qui voliamo assai più in basso: non si è capito bene chi vieti ad un chimico di ascoltare Kurtag o Shostakovich, e il giudice Zagrebelskij ha scritto un bel saggio su Dostoevskij (lo dico più che altro per la rima). Nella vita privata è auspicabile che un professore universitario non sia un ignorante, anche se temo che l’intellettuale a tutto tondo sia morto più o meno con la fine dell’Impero di Kakania. Il punto che più umilmente volevo sottolineare, rifacendomi alla pragmatica proposta dell’ambasciator Spogli, è che molto difficilmente potrà competere alla gara per la cosiddetta “eccellenza”, chi non potrà esibire competenze specifiche.

  28. …Poi c’è umanista e umanista. Ci sono i postmoderni e i vetero. Difficile, secondo Einstein, che sorgano discepoli di Erasmo o anche di un Pascal (umanista a suo modo, anzi unì scienza e filosofia seppur cristiana). Da noi c’è lo “storico” molto moderno Flores D’Arcais. Un giorno lo vedi abbracciato a Sgarbi, un altro abbracciato ai caporali di AN sulle foibe, l’altro ancora bacia la Malanima. È superattivo. Bene. Se hai c… lo trovi al bar del Cenni e gli puoi offrire da bere. Solo così si esaltano questi umanisti.
    Bardo

  29. «…E continuo a sostenerlo perché questa dell’accorpamento di Filosofia con Scienze della comunicazione, per esempio, è una notizia inesistente. Non so chi te l’abbia riferita, ma presumibilmente mente.» Favi

    Me l’ha riferita un tizio che vive dentro una botte (almeno finché qualche teppista non gli dà fuoco) e va in giro a dire che cerca l’uomo… Aspetta e vedrai, o Favi! Come ti ripeto, accorpare è umano e anche auspicabile, ma bisogna farlo tenendo la testa nel suo solito posto (cioè sul collo) e soprattutto chiamare le cose col loro nome.

  30. Complimenti per i dotti conversari… intanto sappiate anche, terra terra, che oggi passando all’ora di pranzo in via Duprè, solitamente affollata per la mensa non c’era praticamente nessuno.
    Per via degli esami?
    Speriamo… a Urbino, mi dice un collega, hanno avuto 700 matricole in meno…
    Gaudeamus igitur…!
    Archie

  31. Siccome si parla di numeri e dobbiamo stare terra terra, parliamo di numeri. Quand’è che l’università ha cominciato a gonfiarsi come la rana di Esopo, rischiando ora di fare la medesima fine? Quando si è democraticamente deciso prima di non fare selezione nella secondaria superiore, poi di aprire tutte le facoltà a tutti, qualunque fosse il diploma di scuola superiore, dando così la possibilità, sempre democratica, di frequentare la facoltà di lettere classiche ai diplomati dell’istituto nautico, o dei professionali. A questo punto si è innescata una corsa da parte di insegnamenti come greco, latino et similia a rendere ridicole le lezioni, pur di avere clienti, e, conseguentemente, gli esami, a far scomparire gli scritti (ricordo il mio: “De Horati carminibus cum Lucili saturis comparantes disserite” ve lo immaginate lo spasso se lo dessero ora?), a far diventare secondarie materie fondamentali anche in discipline come giurisprudenza: diritto romano p.e. (il professor Frezza usava aprire a caso il Codex e far commentare il passo, ovviamente in latino), senza considerare il deprimente livello culturale a cui, prima la secondaria superiore, poi l’università si è dovuta adeguare. Storia romana senza testi in lingua, idem Storia greca (ah l’orazione dei Meli!). Siamo riusciti ad avere professori di filosofia che non sanno leggere un rigo di Aristotele nel testo, senza parlare di opere come il Cratilo che vanno lette esclusivamente nel testo greco. Un macello, ma… è arrivata l’onda, quella vera, quella che quando è passata livella tutta la spiaggia. Cattedre su cattedre, pentole su pentole come nella novella di Buchettino, ma dov’erano così tanti ingegni quanti ne servivano? Non contenti di aver quintuplicato, decuplicato qualche volta le cattedre, ci siamo anche inventati discipline cervellotiche e, addirittura intere facoltà (sempre cervellotiche); si è dovuto inventare poi anche il numero chiuso ed altre amenità falsamente selettive, per tamponare l’assedio a certe facoltà ritenute dal volgo lucrose. Un mio amico, dopo mezzora che la candidata parlava del mindo delle idee, osò chiederle di cosa si trattasse, al che la fanciulla rispose candidamente: non lo so, ma così c’è scritto negli appunti. Al che io: l’hai buttata fuori! – No, perché tengo famiglia.
    Se qualche famiglia fosse costretta a campare in maniera più dignitosa sarebbe meglio per tutti, ma non c’è pericolo, possono stare tranquille, da noi non ci sono i traslochi con gli scatoloni come in America, continueranno a vivere come hanno fatto fino ad ora, come saprofiti, fino alla pensione, saprofitica anche quella.

  32. «Quando si è democraticamente deciso prima di non fare selezione nella secondaria superiore, poi di aprire tutte le facoltà a tutti, qualunque fosse il diploma di scuola superiore, dando così la possibilità, sempre democratica, di frequentare la facoltà di lettere classiche ai diplomati dell’istituto nautico, o dei professionali.» outis

    …quando è cominciato l’andazzo? Direi da quando anche gli studenti liceali sono diventati, ahimè, ignoranti come capre. E poi personalmente sono per la selezione naturale, non per l’eugenetica: standard uguali per tutti (possibilmente alti) e va avanti chi ha i numeri, a prescindere dall’araldica. Perché in Italia la selezione (nella scuola come nell’università) deve essere a priori e di classe, anziché a posteriori? Cos’è che impedisce di valutare uno studente per quello che sa? Poi guarda, sei fuori strada: lo spaccio di diplomi triennali, la riduzione della didattica a propedeutica di qualcosa che non arriva mai, è cominciata solo per gonfiare furbescamente le statistiche dei laureati. È possibile che (caso unico in Europa) l’università italiana debba aver paura della democrazia o non riuscire a conciliarla col rigore? Infine non vedo che rilevanza statistica abbia la tua osservazione. I numeri ci dicono che il calo di iscrizioni all’università è sempre più allarmante: l’industria cerca con le mani e coi piedi diplomati degli istituti tecnici; un perito nautico, oggi come oggi, anziché perdere tempo con l’università, si indirizza verso la professione, guadagnando assai più di un professore associato.

  33. Infatti Outis. Prendi Omar Calabrese. La sua disciplina è semiologia degli audiovisivi. Tale disciplina sarebbe una costola della mia, sociologia della letteratura. Ma vallo a toccare, è capace di andare direttamente da Veltroni e Dalema… Si, tante, tantissime cattedre e cattedrali nel deserto!
    Comunque il blog dice del silenzio asordante. È terribile. Vivere nell’Era del Veltrusconismo è terribile.
    Ahi, serva Italia… come diceva un amico del
    BARDO

  34. @ Stavrogin
    Ti ricordo che quel tizio che ti ha riferito del dipartimentone di scienza della comunicazione filosofica presumibilmente di fronte a tanta gente avrebbe chiesto che si levassero di fronte alla botte perché gli paravano il sole. Voglio significare – se non si fosse capito – che la ricerca si fa per lo più da soli. E per inciso se me lo metti per iscritto con la marca da bollo che i confini disciplinari esistono, io te lo firmo davanti ad un notaio. Figuriamoci se non ti do ragione. Quello che volevo dire è che uno che fa ricerca (senza essere Goedel o Hoelderlin) la fa indipendentemente dalla denominazione o dal numero di afferenti e di che materie del dipartimento di cui fa parte. Sarebbe completamente diverso se il nostro fosse un sistema di tipo anglosassone dove tutti i partecipanti si trovano continuamente, vivono in comune, cenano insieme e interagiscono quotidianamente in modo da fare tesoro delle esperienze singole. Così non è e non si affermi il contrario perché è spergiuro. L’eccellenza sarà raggiungibile solamente da chi mostrerà competenze specifiche, questo è fuori discussione.
    Se invece intendevi dire che gli accorpamenti saranno fatti a capocchia perché – nel caso specifico che citavi – verranno accorpati degli studiosi di qualcosa di assennato con studiosi (?) di qualcosa di dissennato tipo la gnoseologia del vino o l’estetica della tagliatella al tartufo, ti rispondo che il disastro in questo caso non dipende dalla foggia a capocchia dell’accorpamento, ma dalla foggia a organo sessuale canino di certe cosiddette materie. E qui bisogna ringraziare Outis qui sopra perché il fenomeno lo spiega molto, ma molto bene (da oltre quarant’anni mi spiega le cose molto, ma molto bene se è per quello). Come spiega benissimo a Archimede che il terrore del calo degli studenti è sì giustificato, ma inevitabile per la medesima ragione: la cosiddetta “offerta formativa” (espressione che mi fa schifo quasi quanto “gòvernans”) è talmente disarmonica, mescolando contenuti disciplinari definiti e netti con uno spumone di troiai (chiamiamoli con il loro nome, bravo Stavrogin) tale che a nulla varrà la svendita delle lauree, il taglio dei corsi ex legge Mussi (e c’è mancato poco che c’entrasse anche la legge Muss[ar]i a tagliarli in maniera definitiva), le lauree regalate ai carabinieri, agli spazzini (oops: operatori ecologici) e a chissà quante altre categorie. Sinceramente mi pare che l’accorpamento – se è quello che deve decidere dei destini dell’Ateneo – sarà largamente insufficiente. E purtroppo in questo senso sarà insufficiente qualsiasi cosa.
    Un attendista Favi di Montarrenti

  35. @ Stavrogin
    Che gli studenti liceali e no siano ignoranti come capre zucche l’ho detto prima io e dipende ovviamente dal fatto che non insegnano loro nulla, un po’ perché i professori sanno sempre meno, un po’ perché facendo selezione (ci vuole, altrimenti arrivano come arrivano e l’università non è mai stata selettiva, salvo istituti come la Normale che selezionano – pardon – selezionavano gli ingressi) anche i professori delle superiori si troverebbero a spasso, o come si dice tecnicamente a disposizione, a stare cioè magari 12 ore in sala insegnanti a leggere il giornale in attesa di qualche supplenza improvvisa, e fare solo 6 ore di cattedra (caso reale), o andare a Montorsaio, quindi anche loro tengono famiglia e come padri di famiglia si comportano. La classe poi non c’entra nulla (se è di classe sociale che parli), quando facevo il liceo oltre il 90% dei miei compagni aveva il padre pescatore o operaio, o disoccupato, chi ce l’aveva, io p.e. non ce l’avevo, e la scuola era anche un modo di scalare la classe; è proprio quando non c’è selezione sulla qualità e sull’impegno che i favoriti saranno sempre i figli dei ricchi, dei professionisti, dei commercianti, che avranno l’avvenire assicurato, indipendentemente dalle qualità e dai risultati, saranno dei ricchi ignoranti e gli altri rimarranno dei poveri ignoranti. Il lavoro che fa la superiore l’università non può e non saprebbe farlo, non si imparano le declinazioni, o la formazione degli aoristi passivi all’università, né è possibile accostarsi al Petrarca a vent’anni, senza aver mai visto nulla prima, la letteratura, le lingue antiche, che sono anche la base per imparare a fondo le lingue moderne, non si mprovvisano in un corso universitario, per quanto buono, se faccio un corso sulle Supplici ho bisogno di gente che conosca già il greco, non posso fare la grammatica del ginnasio ed Eschilo contemporaneamente, qualcuno lo pensava, ma si sbagliava di grosso; o non gliene fregava nulla di Eschilo.

    P.S. Sarebbe bene che i diplomati degli istituti andassero a lavorare nell’industria, ma non ci vanno, tant’è che le industrie li cercano, ma non li trovano, perché? Perché vanno tutti all’università. Qui dalle mie parti la SNAM cercava disperatamente saldatori specialisti per le tubazioni del gas, nota che qui c’è un IPSIA con la specializzazione saldatori, ebbene li ha dovuti far venire dalla Romania (14) perché sulla piazza non ne ha trovato nemmeno uno.

  36. «P.S. Sarebbe bene che i diplomati degli istituti andassero a lavorare nell’industria, ma non ci vanno, tant’è che le industrie li cercano, ma non li trovano, perché? Perché vanno tutti all’università.» Outis

    Ma dai! Ci vanno eccome, almeno finché l’industria non entra in crisi e comincia al licenziare. Le industrie non li trovano perché non ce ne sono abbastanza. Che vadano tutti all’università è opinabile. Solo quest’anno le iscrizioni sono calate del 4,4%; all’università non si iscrive più nessuno, perché costa e non dà garanzie di lavoro, tantomeno si iscrivono i figli dei ceti più poveri, massacrati dalla recessione, appena ammessi e subito ricacciati indietro dal sistema dell’istruzione pubblica di questo paese che non riesce a conciliare efficenza e democrazia.
    Oppure la gente fa il corsettino triennale in informatica bocciologica, “laureandosi” sotto casa, nella sede decentrata di Canicattì. Lettere classiche poi, è in declino in tutt’Italia e nessuno (non solo i diplomati degli istituti tecnici) ci si iscrive più: anche a Siena sono letteralmente quattro gatti. Sei in preda al panico perché temi che un perito chimico possa diventare filologo classico inficiando la “purezza della razza”? Quanti ne conosci? E ti sembrano questi i problemi dell’università italiana di oggi?
    Personalmente poi, scusa tanto, ma non condivido l’umore di fondo dei tuoi messaggi; ti dico solo che sono poco interessato all’araldica e abolirei il valore legale del titolo di studio. Se vuoi la qualità, poni l’asticella più in alto e non porti il problema dei quarti di nobiltà di colui che spicca il salto. Il valore di una persona si stima solo dai risultati che consegue.

  37. Ben vengano i periti chimici filologi classici e viceversa, ben venga l’abolizione del valore legale del titolo di studio, in quanto all’asticella più in alto, fattelo dire da uno che è stato nazionale junior di atletica leggera, senza allenamento e senza insegnamenti molto, ma molto seri, non si va da nessuna parte, la qualità tua è il risultato della messa a frutto di molte qualità altrui. In quanto al panico mi posso permettere di guardare queste cose da una certa distanza, i lavori che faccio li firmo quasi sempre con pseudonimi, non devo fare carriera, “non ci tengo né ci tesi mai”; che lettere classiche sia poi in declino in tutta Italia non inficia affatto quello che ho affermato nel post di cui sopra. Anzi.

  38. Attenti, maoisti… post-litteram! C’è la Gelmini in ausculto: vi farà il c… Periti chimici filologi: un segno dei tempi, ah! ah! ah!
    Bardo che ride

  39. Cari e dotti bloggers,
    chi mi dice se la diminuzione è dovuta alle ormai molte università telematiche? Hanno l’obbligo di dare dati ufficiali al Ministero? E quelle private tipo Legionari di Cristo? O quella in Sicilia (Zeus lo perdoni!) di quel boss a suo tempo socialista?
    Favi, sai che amo il 2+2!
    Grazie, Archie

  40. Poiché i flussi scolastici non sono costanti, mi sembra necessaria una piccola precisazione sulla diminuzione delle iscrizioni (leggo, Corriere della Sera di oggi, cronaca di Firenze, che a Firenze sarebbe del 5,12%, a Siena del 4% o giù di lì, nelle altre università non so, ma probabilmente il calo è generale), prima di individuarne con sicumera le ragioni si sa quale è stato il numero di diplomati del 2007 rispetto a quelli del 2008, almeno in regione? Perché se ci fosse un calo di diplomati allora, e solo allora, si potrebbe passare ad un’analisi della ripartizione dei deficit tra le varie università (vedi mai che qualcuna si fosse fatta una fama peggiore di altre), se non c’è stata alcuna diminuzione passare ad indagare anche altre eventuali motivazioni.
    P.S. Costì all’ultimo piano, da cui probabilmente scendete di rado, forse non vi rendete ben conto di cosa sta succedendo ai piani bassi, farse tragiche che prima o poi arriveranno costassù, rispetto alle quali certe lamentele sulla preparazione degli studenti si faranno cenere. Uno di questi giorni vi narrerò qualche aneddoto che alcuni miei allievi rimasti prigionieri nella Giudecca mi hanno riportato.

  41. No, no, per carità, ne abbiamo già evidenti prove, anche nei corsi più ‘avanzati’! Ma è vero, continuiamo a impegnarci (quelli che si impegnano, chiaro, una metà/un terzo circa del personale?) senza tener conto di questi sviluppi di ‘base’: la solita incomunicabilità disastrosa, ma che dobbiamo fare? Andare tutti in pensione e chiudere bottega?
    La crisi che razionalizzazione richiede, caro Veltroni? Basta rivedere la ‘gòvernans’ come dice il Favi? Mavvia, non siamo ridicoli!
    Archie

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