Un docente anticonformista che ha curato lo sviluppo del senso critico e della responsabilità degli studenti

Il Prof. Antonio Viti con alcuni studenti di Medicina e Chirurgia

Il Prof. Antonio Viti con alcuni studenti di Medicina e Chirurgia

Il 27 gennaio 2009, la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Siena ha ricordato, con le parole del Preside Alberto Auteri, la scomparsa del prof. Antonio Viti.

È molto difficile ricordare un Collega scomparso senza cadere nella retorica dei sentimenti ma questo deve essere evitato, soprattutto parlando di Antonio Viti, che ha sempre vissuto lontano da ogni conformismo.

Molti di noi non dimenticheranno Antonio Viti. Un carattere schivo ma un uomo generoso, amatissimo dagli amici e sopratutto da generazioni di studenti.

Ha avuto la capacità di trasmettere il vero significato della figura del docente universitario; una sintesi di risorse culturali, morali e spirituali.

Come succede alle persone di talento ha teorizzato, con anni di anticipo, la necessità di riformare il modo di fare didattica nell’Università. Aveva capito che la crescita continua della conoscenza stava rendendo instabile ogni sapere. Questa provvisorietà richiedeva che il docente curasse soprattutto lo sviluppo del senso critico e della responsabilità, rinunciando ad affollare lo studente con nozioni destinate a cambiare.

Non sempre è stato capito, perché non sempre l’Università è riuscita a guardare oltre le proprie tradizioni e consuetudini. Probabilmente questo e la sua lunga malattia hanno contribuito al senso di solitudine che ha caratterizzato gli ultimi anni della sua vita.

I nostri sentimenti di profondo cordoglio sono per i suoi cari, la moglie e le figlie.

Un paese di baroni o di bari?

paesedibaroni.jpgUn nuovo libro sul malcostume accademico: Chiarelettere editore, Milano 2009, € 14,60.
Sommario. Prima parte (Un sistema «mafioso»): Gli infiltrati tra i baroni. La grande truffa dei concorsi. Parentopoli d’Italia. Seconda parte (I poteri che contano): La massoneria in cattedra. Mafia e ‘ndrangheta alla conquista di Messina. Poteri trasversali. Baroni virtuali. Terza parte (La politica): Le consulenze. I baroni del Mediterraneo. Un esercito di primari. La facoltà dei figli di papà. Epilogo (La rivolta): Il coraggio di testimoniare. Il Masaniello di Modena. L’architetto che voleva diventare associato. Quirino Paris, profeta in patria. L’indovino. Il capopopolo figlio del preside.

Davide Carlucci e Antonio Castaldo. Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti. Il libro è dedicato ai tanti «ribelli» che in questi ultimi anni hanno denunciato abusi, hanno aperto blog e siti internet contro il malcostume accademico, e hanno scritto, spesso firmando con nome e cognome, ai quotidiani nazionali. E ai tantissimi professori e ricercatori onesti. Perché non perdano la speranza. Per non darla vinta ai baroni, e per non essere costretti un domani a comportarsi come loro. Grazie a essi l’Italia risulta ai primissimi posti di una speciale classifica di merito stilata dalla rivista «Nature» nel 2004, e calcolata in base alla proporzione tra investimenti ricevuti e qualità delle pubblicazioni sulle principali riviste di ricerca internazionali. Come dire: nonostante i pochi soldi, i concorsi truccati, la corruzione e molto altro, i ricercatori italiani ottengono risultati eccezionali. Incredibile ma vero.

Ateneo senese: tardivo ma efficace documento degli assegnisti che chiedono concorsi di ricercatore a tempo determinato

«(…) Gli assegnisti di ricerca rappresentano la colonna portante della ricerca svolta nell’ateneo senese: tutelare e qualificare il lavoro degli assegnisti di ricerca significa salvaguardare i livelli di qualità della ricerca, una priorità sottolineata nel piano di risanamento. L’eccellenza della nostra ricerca permetterà di mantenere elevati i parametri di valutazione sui quali dipenderà in maniera sempre crescente l’erogazione dei fondi ministeriali alle Università. (…) Sono necessarie azioni urgenti per garantire la continuità del nostro lavoro, perché la ricerca svolta dall’ateneo non subisca drastiche riduzioni o interruzioni: devono essere assunte iniziative perché il piano anticrisi non comprometta la continuità delle collaborazioni esistenti con i ricercatori non strutturati.
Le opportunità per favorire la continuità di tale percorso e garantire così la qualità della ricerca si trovano, infatti, strette in una “doppia tenaglia”: da una parte il piano di risanamento riduce i Par progetti (che hanno sinora consentito a molti giovani ricercatori di avanzare nel percorso accademico e di contribuire in modo decisivo alla produzione scientifica dei dipartimenti) e gli assegni di ricerca, che costituiscono un’opportunità cruciale nel percorso formativo di un ricercatore, opportunità già gravemente compromessa da un dimezzamento della durata degli assegni da 4 a 2 anni, a seguito di una decisione della quale è difficile cogliere il senso strategico. Dall’altra, la normativa nazionale sul blocco del turnover esclude l’ateneo senese dalla possibilità di bandire concorsi per il reclutamento di ricercatori, in quanto ateneo non virtuoso finanziariamente, seppure tra i migliori del paese per qualità della didattica e della ricerca, cui la produzione scientifica dei ricercatori non strutturati contribuisce in modo decisivo.
Gli assegnisti di ricerca, consapevoli della difficile situazione dell’Ateneo senese, ritengono tuttavia prioritaria la salvaguardia dell’attività scientifica dei ricercatori non strutturati e, con essa, della possibilità stessa di trasmissione e rinnovamento delle tradizioni intellettuali e dei settori di ricerca che costituiscono il prezioso patrimonio identitario dell’Università di Siena. (…)»

A parte rievocare un “glorioso passato”, quali sono le tre mosse decisive per rilanciare l’ateneo senese sul piano qualitativo?

Stavrogin. Dove eravamo rimasti prima delle vacanze? Non ricordo a che punto era il dibattito circa il risanamento. Allora, vendiamo Pontignano o vendiamo al mercato degli schiavi un po’ di ricercatori, salvando gli edifici, monumenti che nondimeno rimarranno irrimediabilmente vuoti, a causa del blocco degli avvicendamenti e degli imminenti pensionamenti? Come freniamo l’esodo inevitabile verso altre sedi di quegli studenti più motivati, che non intravederanno qui la possibilità di continuare gli studi ai livelli specializzati, e probabilmente di quei docenti che si vedono qui preclusa ogni possibilità di carriera? Il piano di risanamento è anche piano di rilancio?
 Oggi la minestra della ministra Gelmini è legge e dunque aut mangiare ’sta minestra, aut saltare: gli atenei con i conti a posto potranno assumere nuovo personale; si distribuiscono soldi alle università in base a standard di qualità. La lista dei “buoni” – leggo – sarà compilata a breve in base ai parametri individuati dal Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e dal Cnvsu. “Il blocco al 20 per cento del turn over stabilito dalla Finanziaria 2009 prevede una deroga per gli atenei virtuosi, che potranno coprire fino a metà dei posti liberatisi per effetto dei pensionamenti a patto di destinare il 60 per cento dei nuovi ingressi ai ricercatori”: riuscirà la retorica della peccatrice pentita, dell’università che risorge dalle ceneri dopo aver effettuato un serio e contrito esame di coscienza a guadagnare a Siena l’indulgenza plenaria o almeno uno sconto di pena?

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