Parliamo di ristrutturazione dell’ateneo senese, della sopravvivenza della ricerca e del futuro dei più giovani

Stavrogin. Vengo alle domande serie, che per me, ribadisco ancora una volta, concernono la ristrutturazione dell’ateneo, la sopravvivenza della ricerca, il futuro dei più giovani, ossia di coloro che avrebbero dovuto ricevere il testimone della tradizione, dovendo garantirne la continuità, e invece si ritrovano solo delle cambiali da pagare: la sapete la storiella di quello che andò a Lourdes perché aveva un braccio paralizzato, chiedendo alla Madonna di ritornare ad avere tutte e due le braccia uguali e tornò a casa con due braccia paralizzate? Ho il sospetto che il medesimo genere di equivoci aleggi ogni volta che si parla delle ipotetiche operazioni di ingegneria istituzionale che dovrebbero portare alla chiusura di altre sedi, dipartimenti, corsi di laurea ecc. Ho già scritto che sarei favorevole alla tanto sbandierata regionalizzazione, se ciò significasse accorpamento sensato di specializzazioni, polarizzazione di competenze, in modo che topologi andassero con topologi e gattologi con gattologi. En passant, subodoro che le cose non andranno esattamente così: vi sarà chi punterà i piedi e gli altri dovranno adeguarsi alle sue bizze. Capisco che in fase elettorale nessuno si sbilanci più di tanto, ma dopo, certe scelte risulteranno ineludibili. Non voglio passare per l’apocalittico del forum, ma entro il 2012 (data prevista dal calendario Azteco per la fine del mondo, o in diverse facoltà anche prima, se non rientra lo sciopero bianco dei ricercatori) metà di quello che oggi vediamo in termini di corsi di laurea sparirà.

Però qui, cancellando interi settori, c’è gente che si ritroverà senza un insegnamento, una cattedra, un corso di laurea, un dipartimento cui far riferimento, se non in modo del tutto pretestuoso e opportunistico per far quadrare i conti. Ai ricercatori, in particolare, si è chiesto dapprima di insegnare quanto o più degli ordinari e lo hanno fatto bene: spero che ora, nella ristrutturazione che avverrà, non si chiederà loro di abbandonare addirittura del tutto la ricerca per andare a coprire buchi negli organici di qua o di là al di fuori di ogni contesto e nesso razionale con le proprie discipline, ma surrealisticamente con l’obbligo di svolgere pure della ricerca (e senza riconoscere loro manco lo status di docente). Se ciò avvenisse, credo che sarebbe comprensibile, se costoro si rivolgessero al Tribunale del Lavoro, perché com’è noto “ogni limite ha una pazienza” e non esiste in nessun posto del mondo che un ricercatore sia così poco indipendente, da non poter nemmeno coltivare la propria materia.

Odo che in un prossimo futuro verranno giustamente applicati criteri più draconiani e tayloristici per valutare la produttività degli addetti alla ricerca: cosa valuteranno coloro che dovranno valutare l’operato degli interessati, se a questi qua non verrà consentito di operare in un ambiente consono (gruppi di ricerca, strutture, programmi di ricerca)? Se si tratta di ricercatori, mi dite che “ricercatori” sarebbero, in tal caso? Non si può ragionare come se si avesse a che fare con manovalanza generica, da spostare di qui o di là come membri della “confederazione generale dei soprammobili” (direbbe Gadda), senza tener conto delle specifiche competenze. Taluni autoctoni si sentono pateticamente esiliati, se mandati a lavorare a Follonica: al contrario, personalmente, anziché oppormi alla mobilità, tenderei a reclamarla, qualora malauguratamente si verificassero le condizioni predette; naturalmente per fare un mestiere più o meno attinente alla disciplina sulla quale sono incardinato, in un contesto dove ciò sia richiesto, apprezzato o almeno consentito, e non a fare il mero numero per fornire i requisiti minimi ad imprese altrimenti deficitarie, percependo uno stipendio come lavoratore “socialmente utile” a mo’ dei netturbini napoletani, con la prospettiva di non occuparmi mai più di ricerca e oltretutto dover anche rispondere di ciò a qualche inquisitore. Credo che di gente disposta ad andarsene altrove, pur di continuare a fare il proprio lavoro, ve ne sia parecchia: sebbene ciò contrasti con questa presa per i fondelli che è l’autonomia universitaria, si ragioni in termini veramente manageriali e federali, decidendo, senza furbate, quali settori scientifici tenere qui e quali altri mandare altrove, consentendo a coloro che a seguito di tali decisioni risultassero in esubero, di spostarsi con forme reali di mobilità, interna ed esterna, in modo da avere ancora negli atenei toscani gruppi forti e coesi, non volgo disperso a coprire gli organici di corsi di laurea sempre più opachi, non carne da macello immolata sull’altare dei giochi di potere.

17 Risposte

  1. Sei sempre giustamente calibrato, ma nel blog c’è chi propone di affidarsi a chi ha fatto il disastro! Perché non reclamare il ritorno di Tosi a gran voce? Basta chiedergli di fare il contratio di quel che fece in passato: efficiente lo era, no?
    A parte gli scherzi del buonismo “alla Gianna”, i ricercatori seriamente non disponibili a ripartire con la didattica l’anno prossimo si conoscono? In che corsi di laurea sono preponderanti? Altrimenti si chiacchera senza provocare reali conseguenze.

  2. Ogni tanto ne dici una giusta! L’articolo di Ermini sul drappellone è proprio bellino… grazie della segnalazione: qui a Siena si son lette delle cose di una banalità sconcertante! Ma è tutto così Stavrogin, chi vuoi che ti stia a sentire? Hai visto i tre-quattro candidati con che abilità evitano le domande imbarazzanti.

  3. Addio anche la tredicesima per i docenti (anche i ricercatori, stavoltano contano al 100%)… si continua a tacere…
    Il personale tecnico-amministrativo, i dirigenti continueranno a riscuoterla…
    I privilegi dei non contrattualizzati… che semper tacquit (Siena docet…)

  4. Leggo anch’io sul Corriere della Sera: “Polizia, magistrati, prefetti e docenti: tagli in arrivo nelle tredicesime

    Senza dimenticare chi è stato abbandonato nella sala d’aspetto di una stazione ad attendere un treno che non passerà, o le decine (non dimentichiamolo) di vincitori di concorso che attendono da anni di essere chiamati e per intanto lavorano gratis (solo a Firenze sono una ventina), il pensiero, per quanto concerne l’università, va a chi tiene famiglia e guadagna poco più di mille euro al mese, con stipendi probabilmente bloccati e con motivazioni pari a zero; che come rematore incatenato alla galera, svolge e continuerà a svolgere compiti di docente (senza peraltro ufficialmente essere riconosciuto come tale), semmai con incarichi didattici ed amministrativi crescenti e soverchianti un po’ qua e un po’ là, in opachi corsi di laurea da ridefinirsi nel 2011, visto il graduale pensionamento senza turn over del personale, e comunque senza coltivare speranza alcuna, né di poter accedere ad una onorevole carriera, né di potersi dedicare in santa pace e liberamente alla ricerca. Credo che il “ricercatore puro” non si attagli al nostro modello di università, ma credo altresì che una didattica completamente scissa dalla ricerca, alternativa alla ricerca, “al posto di”, invece che complementare, contrasti in modo stridente con l’aspirazione a modelli di valutazione della produttività “all’americana”, giustamente basati sul criterio publish or perish: si chiedono prestazioni sempre più eccellenti, ma simultaneamente gli “addetti alla ricerca” per antonomasia vengono pagati sempre meno, demotivati e frastornati sempre di più, distolti sistematicamente dai loro compiti, costretti ad operare in ambienti eterogenei e multiformi, senza chiari obiettivi e riferimenti, con mezzi e strutture scarse, ufficialmente aggregati gruppi e progetti di ricerca poco riconoscibili e talvolta solo immaginari, giustificando tutto ciò magari con vaghi e retorici richiami all’arte di arrangiarsi e all’italico “eroe solitario”: dall’esiliato Galileo, alle storie da tempo di guerra di una Levi-Montalcini (Dio ce la preservi) che imbastisce un laboratorio domestico nella sua camera da letto, o di un Einstein solerte impiegatino all’ufficio brevetti di Berna. Mi pare che da un lato vi sia un moto verso una sorta di “rappel à l’ordre”, un richiamo all’austerità e al rigore (almeno come retorica), e dall’altro un operare in direzione esattamente opposta, verso la pura entropia.

  5. Ottimo il post di Stavrogin! Segnalo un dato importante per la discussione che proviene dal Partito di maggioranza relativa della Toscana. Mi riferisco al Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (Dpef) 2011, approvato dalla Giunta regionale toscana lo scorso 23 giugno, che, per gli atenei toscani, prevede:
    «Come strategia di risanamento e di rilancio delle università toscane la Regione intende promuoverne l’integrazione amministrativa, didattica e di ricerca in un unico polo universitario regionale.»

  6. Grazie, Gino! Come volevasi dimostrare! Altroché rapporti per razionalizzare le “tecniche amministrative”, vi pare?

  7. Ma è ovvio… solo che il risparmio si avrebbe nel mediolungo… voglio solo immaginare i costi di coordinamento…

  8. per motivi di età non mi riguarderà…ma i problemi non sono tanto di costi, quanto di clientelismi e criteri politici anziché scientifico-didattici che presiederanno alle selezioni di ‘sopravvivenza’. Diventerà tutto come il settore sanitario?
    Why not, figlio mio?

  9. Università, il rettore de “La Sapienza”: «Cacciamo i ricercatori fannulloni»
    ….Bravo! E agli ordinari fannulloni, come ai rettori scellerati, invece, erigiamo una statua equestre.

  10. No, con la solita tessera di partito mandiamoli ad allestire mostre al Santa Maria della Scala. Il portavoce della cricca ha detto che ci son stati 160 mila visitatori, oggi il suo giornale dice 300 mila. A fine anno si batteranno i pellegrini dell’Anno Santo! La nuova collaboratrice del foglio del Toti è un’eremita del Sud. Auguri!
    Bardo

  11. Care Colleghe e cari Colleghi, Collaboratrici e Collaboratori, Studentesse e Studenti,

    desidero ricordarvi che mercoledì prossimo, 7 luglio, si svolgerà la prima votazione per l’elezione del Rettore per il quadriennio accademico 2010/2014.

    Vi invito ad andare a votare perché credo che sia importante esprimere il proprio parere ed essere protagonisti in un momento così importante della vita di questa nostra Istituzione.

    Come vi ho scritto nella lettera di candidatura, se oggi la nostra Università ha un futuro è perché tutti abbiamo messo energia, professionalità, impegno e tanto lavoro per giungere a questo punto, che dobbiamo considerare come il punto per una nuova partenza.

    Pertanto, dopo i tanti sforzi che abbiamo compiuto in questi ultimi due anni, il mio invito a tutti voi è quello di affrontare e portare a termine insieme la seconda fase del progetto: il risanamento finanziario ed economico dell’Ateneo e il rilancio della nostra Università.

    Sono convinto che insieme potremo uscire dalla crisi, trasformandola in un’occasione di rinascita per tutti noi e per la nostra Istituzione.

    Un saluto cordiale.

    Silvano Focardi

  12. Cari amici,

    gli incontri che ho avuto con tutti voi mi hanno arricchito di nuove e stimolanti idee per avviare il percorso di rinascita di cui il nostro
    Ateneo ha urgente bisogno. Mi incoraggia aver riscontrato un larghissimo consenso a voltare pagina: ristabilire insieme principi fondamentali come la centralità dell’etica, la trasparenza, la correttezza amministrativa, la valorizzazione del merito e la solidarietà, dovrà essere una priorità per tutti noi.

    Il voto di domani è una grande occasione per contribuire a scelte importanti per il nostro futuro, che accrescano l’unità della nostra comunità, rafforzandone l’immagine anche davanti al mondo esterno che guarda a noi con grande interesse. Mi auguro che tutti insieme riusciremo a cogliere quest’occasione per farne un vero momento di svolta.

    Con stima ed amicizia

    Antonio Vicino

  13. Care amiche e cari amici,

    alla vigilia del voto voglio ringraziarvi dell’attenzione che in queste settimane avete mostrato nei confronti del mio programma. Il mio ringraziamento va anche agli altri candidati per la disponibilità al confronto, premessa fondamentale per un Ateneo diverso e migliore.

    Il vostro interesse e i vostri suggerimenti hanno contribuito ad arricchire un progetto concreto e condiviso. Solo puntando alla qualità della ricerca, della didattica e dell’attività amministrativa supereremo questo difficile momento e rilanceremo l’Ateneo. La nostra comunità possiede le competenze, le energie e la dedizione che ci fanno guardare di nuovo con fiducia al futuro.

    Il voto di domani è l’opportunità migliore per cambiare.

    Un caro saluto

    Angelo Riccaboni

  14. La calma del blog misura la mestizia con cui si partecipa? o forse non si partecipa?
    A tener conto della vivacità e inventiva dimostrata dal vostro corpo di ordinari, l’astensione di buona parte degli aventi diritto sarà molto giustificata.
    Almeno finissero prima della partita, alle 20:30!
    Prof. Grasso, comunichi per questa via i risultati al più presto:
    un grazie di cuore dai forestieri tutti

  15. leggo una notizia su internet, sul blog di un professore universitario:

    “ieri sono stati votati in Commissione Bilancio gli emendamenti relativi al blocco degli scatti. Sono stati approvati gli emendamenti che salvano magistrati e forze dell’ordine. Nell’articolo che blocca gli scatti sono rimasti solo professori, ricercatori universitari e diplomatici. Quest’ultima categoria ha minacciato ieri lo sciopero e magari riuscirà a salvarsi! ”

    …era meglio se facevo l’ambasciatore a Katmandu, ma anche questo ulteriore attestato di menefreghismo verso la ricerca e l’università, mi fa sorridere, pensando ai roboanti proclami intorno alla valutazione: questi qua vorrebbero vincere il Palio cavalcando, non Bucefalo, ma Ronzinante.

  16. ma i ricercatori sono già in sciopero…

    siamo onesti…la ricerca e la cultura non servono…
    se scioperano i benzinai ci caghiamo sotto…se scioperano i prof universitari che cambia? per fare il ministro oggi è meglio un bel paio di tette…

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