Per la guida dell’ateneo senese occorre un candidato che rifugga dalle logiche di partito ed abbia proposte concrete e realizzabili

Un comunicato del Tavolo dell’Alternativa Senese sulla situazione dell’Università di Siena.

Il Tavolo dell’Alternativa Senese. Il 27 maggio 2010 si è svolta una nuova riunione del Tavolo dell’Alternativa Senese per proseguire la discussione, iniziata in un precedente incontro, sulla situazione dell’Università di Siena e le sue prospettive di risanamento e sviluppo. Ai lavori hanno partecipato docenti e personale tecnico ed amministrativo, al fine di avere un quadro chiaro ed approfondito della situazione ed un qualificato contributo di idee da parte di chi quotidianamente opera nell’ateneo. La discussione ha evidenziato il permanere di una situazione di estrema gravità, non solo a livello finanziario, ma anche sotto il profilo organizzativo e gestionale, e la pressoché totale assenza, da parte degli organi di ateneo, di una politica di rilancio dell’istituzione.

È stata, inoltre, da tutti sottolineata la totale inerzia dell’Amministrazione comunale che nessun contributo ha a tutt’oggi fornito per la salvaguardia dell’ateneo senese e la tutela dei suoi dipendenti. Le forze politiche partecipanti al tavolo hanno unitariamente rilevato la necessità che chiunque si candidi alla guida dell’ateneo rifugga dalle logiche politiche e di partito e presenti un programma realisticamente realizzabile, dotato di proposte concrete e privo di sterili dichiarazioni di principio e buoni propositi. Il Tavolo dell’Alternativa continuerà a mantenere alta l’attenzione sulla prestigiosa istituzione cittadina con iniziative finalizzate a favorire il confronto ed il dibattito sui problemi concreti da risolvere e sulle responsabilità che hanno determinato la situazione di gravissima crisi.

Nessuno può rilanciare la didattica, la ricerca ed il prestigio dell’ateneo senese senza un preventivo risanamento strutturale del bilancio

Roberto Petracca. Come non condividere quello che dice Riccaboni? Credo però che nessuno possa rilanciare la didattica, la ricerca ed il prestigio senza un preventivo risanamento strutturale del bilancio. Il punto focale è quello del risanamento ed è su questo che occorre dettagliare prima di tutto un programma particolareggiato di lavoro. Il fatto che la vendita dell’ospedale serve solo a pagare gli stipendi rende bene l’idea del precipizio verso cui si sta andando. Con cosa pagheremo gli stipendi quando non ci sarà più niente da vendere?
Parlare di didattica, ricerca, prestigio, internazionalizzazione, cooperazione, capacità di prendere finanziamenti, stabilire obiettivi, realizzare obiettivi, razionalizzare ed individuare i compiti corretti di ciascuno è più che giusto. Sono tutti punti su cui si può e si deve migliorare e che certamente contribuiranno al risanamento del bilancio. Si tratta di mettere in salute la fisiologia normale dell’università. Penso che però non basti; infatti non siamo in una situazione normale. C’è una situazione di eccezionale gravità che riguarda il bilancio e servono quindi misure eccezionali. Focardi non se n’è stato con le mani in mano ed alcune misure sono state già prese. Ne servono però altre. Occorre descrivere quali sono sapendo che non possiamo venderci tutti gli immobili. Se il dato più sconcertante è quello di un rapporto studenti/dipendenti uguale a tre credo che il primo punto di ogni programma serio di risanamento deve essere quello di partire dagli organigrammi per poter pianificare una razionalizzazione attendibile. Occorre descrivere come si pensa di sistemare gli esuberi di personale da un lato e di come si pensa di aumentare il numero di studenti dall’altro. Come riportare il rapporto studenti/dipendenti da 3 ad almeno 8? Come farlo a breve termine? Mi sarebbe piaciuto leggere parole più chiare su questo punto. Dato che il problema coinvolge l’intero territorio occorre almeno sapere cosa pensano di fare le altre istituzioni. La regione ha già dato e, tuttavia, penso che non possa però dormire sonni tranquilli. Poi c’è il comune, la provincia, i commercianti, i proprietari di case che affittano a studenti, gli industriali, gli artigiani, le banche, la chiesa, i barbieri, i pompieri e la protezione civile. Cosa fanno? Cosa dicono?

Colpisce l’insipienza di chi pensa che lo «shock generazionale» produrrà un effetto benefico per didattica e ricerca

Se l’università rottama i professori a 65 anni (la Repubblica, 24 maggio 2010)

Mario Pirani. Speriamo di sbagliare ma è lecito il timore che qualche spiraglio di demagogia riesca ad influenzare il Pd. Con la suggestione che laddove gli argomenti della ragione non riescono a prevalere l’appello populista, di cui – non dimentichiamolo -la destra ha l’imbattuto copyright, riesca a rianimare gli spiriti. Di qui il ricorso all’improperio di un personaggio serio e di buon senso come Bersani, ma ancor più grave il documento sull’Università votato senza discussione dalla stessa assemblea del Pd che aveva applaudito in piedi l’epiteto contro la Gelmini. Si tratta di un documento proposto da una esponente delle nuove leve, la professoressa Maria Chiara Carrozza, direttrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, responsabile del «Forum Università Saperi Ricerca» del Partito che lo aveva già illustrato in una intervista alla Stampa. Il clou dell’iniziativa è individuabile in una «rottamazione» generale dei professori al compimento dei 65 anni (di contro agli attuali 70). Da qui si dovrebbero ricavare risorse capaci di finanziare un cospicuo turn over a favore dei ricercatori.

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Un percorso per il risanamento dell’ateneo senese che punti sulla qualità della ricerca e della didattica e su una maggiore efficacia dell’attività amministrativa

Angelo Riccaboni. Care e cari componenti della nostra comunità universitaria, dopo essermi confrontato con docenti, tecnici, amministrativi e studenti dell’Ateneo, ho deciso di presentare la mia candidatura alle prossime elezioni per la carica di Rettore, proponendo un percorso per il risanamento che punti sulla qualità della ricerca e della didattica e su una maggiore efficacia dell’attività amministrativa. Sono pienamente consapevole della gravosità di tale impegno, acuita dalla difficile situazione nella quale versa ancora la nostra Università.

Il principale motivo che mi spinge a candidarmi, insieme al fortissimo attaccamento nei confronti dell’Istituzione e alla fede che ripongo nell’Università come luogo di produzione e trasmissione di ogni forma di sapere, sta nel desiderio di mettere a disposizione le mie competenze, esplicitamente pertinenti ai temi della gestione e del bilancio e ai problemi dell’organizzazione del lavoro nelle strutture complesse; confacenti, pertanto, ad una guida strategica consapevole del nostro Ateneo. Vorrei, inoltre, condividere con la nostra comunità le idee e le esperienze maturate sui temi dell’internazionalizzazione, della programmazione delle attività universitarie e dei rapporti con le istituzioni e gli enti della società civile.

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Nell’elezione del prossimo rettore dell’ateneo senese avremo il ricercatore dimezzato

Riportiamo il comunicato del Rettore riguardante la proposta di modifica dello Statuto per consentire l’ampliamento dell’elettorato attivo in favore dei ricercatori. Con molta probabilità, le elezioni verranno indette per i giorni:  30 giugno, 7 luglio e 14 luglio.

N.B. Con Decreto N. 1497 del 18 maggio, il Decano ha indetto le elezioni per i giorni: 7 luglio, 14 luglio e 21 luglio.

Carissimi Colleghe e Colleghi, Collaboratrici e Collaboratori, Rappresentanti degli Studenti,

stamani si è riunito il Senato accademico per pronunciarsi sulla proposta di modifica dell’articolo 40, comma 2, dello Statuto di Ateneo, al fine di consentire ai Ricercatori di far parte a pieno titolo dell’elettorato attivo per l’elezione del Rettore, riconoscendone il voto nella proporzione 1 a 1. Secondo quanto stabilito dallo Statuto nei giorni scorsi le Facoltà e i Dipartimenti si sono pronunciati in merito e i vari pareri sono stati oggi presentati in Senato accademico.

Non essendo stata raggiunta la maggioranza dei 2/3 dei votanti a favore della delibera, la proposta di modifica di Statuto non è stata approvata (6 hanno votato a favore, 6 contrari, 1 astenuto e 1 assente giustificato). Il rinnovo della carica di Rettore dell’Università di Siena avverrà pertanto secondo il vigente Statuto, che prevede che i voti dei ricercatori vengano conteggiati al 50% in sede di scrutinio. In seguito a tale decisione, il decano Professor Mario Comporti potrà indire le elezioni del Rettore per il prossimo mandato.

Il Rettore, Silvano Focardi

Auguri per un compleanno

A pomeriggio inoltrato, “lu villanu” (il contadino), rientrato in casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi, distanti otto chilometri dal paese, si sentì dire da Niculetta, un’anziana vicina di casa: «è nata n’authra fimmina» (è nata un’altra femmina). L’uomo rispose: «va bene!». A quel punto la donna aggiunse: «auecchiu! Nu masculu è natu!» (Bugia! È nato un maschio!). Oggi, quel neonato, ha compiuto 65 anni. Nell’augurare tanta salute e lunga vita all’amico sincero e schivo, vorrei ricordare altri episodi che tante volte gli ho sentito ripetere. Da bambino, quando gli chiedevano cosa avrebbe fatto da grande rispondeva convinto: “lu thrainiere” (il conducente del carro). E suo padre, a chi gli chiedeva quale mestiere avrebbe preferito per suo figlio, rispondeva: «meju puercu ca villanu» (meglio maiale che contadino). Non poteva certo augurare, a suo figlio, il duro lavoro nei campi, al quale anteponeva la vita da maiale. Per fortuna l’amico non ha fatto il “thrainiere” e neppure “lu villanu”. Ma nel 1965 abbandonò il paese natìo, Campi Salentina, dove non ha più fatto ritorno.

L’ampliamento dell’elettorato attivo in favore dei ricercatori è inammissibile perché modifica la composizione del corpo elettorale alterando il risultato di un voto imminente

La Prof.ssa Michela Manetti, Ordinario di “Diritto Costituzionale” nella Facoltà di Scienze Politiche di Siena, ha sottoposto all’attenzione degli organi dell’Ateneo e di tutta la comunità accademica alcune osservazioni sulla legittimità della proposta, approvata dal Senato e ora sottoposta al parere delle Facoltà e dei Dipartimenti, che mira all’ampliamento dell’elettorato attivo in favore dei ricercatori.

Michela Manetti. La proposta di revisione dello Statuto volta a modificare l’elettorato attivo per le elezioni rettorali deve ritenersi inammissibile in virtù di un principio generale applicabile a qualsiasi tipo di voto, principio che vieta di alterare le regole del gioco elettorale quando esso è già in corso. Benché infatti le elezioni non siano ancora state indette, ègià scattato il termine di centottanta giorni prescritto dall’art. 40, comma 3, dello Statuto entro il quale il Decano ha il potere-dovere di convocare i comizi elettorali; e il semplice fatto che tale potere sia divenuto concretamente esercitabile vale a precludere inderogabilmente l’esercizio dei legittimi poteri di revisione o modifica di tutte le norme che disciplinano attualmente il procedimento elettorale.

Vale la pena di ricordare che nell’esperienza costituzionale repubblicana, seppur è stato ammesso l’intervento del legislatore in questa materia, esso ha potuto riguardare soltanto quella che è definita come disciplina elettorale “di contorno”, vale a dire le modalità tecniche di espressione del voto, sempre al fine di agevolare l’esercizio del diritto da parte di coloro che ne sono (già) titolari. Ciò èavvenuto ad esempio con l’introduzione del c.d. voto assistito per gli elettori disabili, oppure con le facilitazioni offerte ai cittadini temporaneamente residenti all’estero; con l’eliminazione di determinate formalità necessarie alla presentazione delle liste ad opera dei partiti; con l’accorpamento di diverse elezioni in un’unica data, onde favorire la maggiore partecipazione dei cittadini.

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I tagli all’Università solo dopo una giusta valutazione e un adeguato approfondimento tecnico

Cosimo Loré. Il Rettore dell’Università del Salento, Prof. Domenico Laforgia, scrive una delle pagine più belle e utili nella storia dell’accademia italiana: la replica ad un politico diventa occasione per la definizione magistrale delle condizioni e delle funzioni degli atenei in questa fase delicata e, per alcuni aspetti inerenti la questione morale e la gestione finanziaria, drammatica della vita della c.d. alta scuola… In una epoca di scarsa memoria storica e troppa frenesia consumistica le parole pacate e pesanti di questo autorevole amministratore della cosa pubblica di eccezionale valore che si chiama universitas, sostantivo femminile che sta ad indicare e significare la particolare comunità dove si fa insiemericerca e formazione scientifica, risultano una pietra miliare per chi non insegue chimere. La crescita culturale è alimentata dallo spirito critico nel continuo confronto scientifico e sociale garante della credibilità del ricercatore e della dignità dell’istituzione; altrimenti vi è l’accademia dispensatrice di appariscenti quanto evanescenti diplomi nello sfarzo di cerimonie autocelebrative suggello del tradimento dei compiti decisivi della formazione dell’umano sapere e delle nuove leve. La richiesta formulata dal Magnifico di Lecce costituisce la condizione minima per la convivenza e la sopravvivenza stessa di qualsiasi comunità e società: “essere valutati con parametri giusti dopo un adeguato approfondimento tecnico” come – ahimè – avviene sempre meno in questa sciagurato scivolamento nel cupio dissolvi d’un paese ridotto a collettivo senescente e scontento.

Domenico Laforgia. Onorevole Mantovano, sono sollevato nel leggere nella Sua lettera aperta al Quotidiano, pubblicata venerdì scorso, che in qualità di rappresentante del territorio salentino Lei intenda farsi carico in concreto delle esigenze del territorio e, quindi, della nostra Università.
Già da due anni, dai primi mesi del mio insediamento come Rettore, ho avvertito tutti del rischio di commissariamento dell’Ateneo salentino se questa politica dei tagli lineari “uguali per tutti” non fosse stata rivista. Chi ha buona memoria ricorda bene che conclusi con queste parole il mio discorso all’inaugurazione dell’anno accademico 2008-2009. E veniamo al modo: io sono abituato, per formazione etico-culturale, a dare la massima trasparenza alle mie azioni. A questo si aggiunge il fatto che l’Università del Salento non è mia o dei miei colleghi, è del territorio, della gente e anche di quelli che sono stati votati a rappresentare questa gente nelle sedi istituzionali. Dunque, l’incontro, sollecitato da molti esponenti politici, non poteva che svolgersi nella forma in cui si è svolto. Dentro l’istituzione, a porte aperte, senza filtri, in piena trasparenza, perché tutti potessero farsi un’idea chiara della situazione reale, conti alla mano, e fossero liberi di togliersi eventuali dubbi.

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Con comportamenti seri e rigorosissimi, non più autoreferenziali, caratterizzati dallo spirito di servizio nei confronti dell’università di Siena, tutti insieme, forse, col tempo, una via d’uscita la si ritroverà

Pubblichiamo l’ottava puntata del resoconto integrale dell’incontro-dibattito «Salvare l’università di Siena. Quale modello per il futuro?» La prima parte: «Ci sarà un risorgimento per l’università di Siena?». La seconda parte: «La crisi dell’università è crisi del “sistema Siena” e non può essere risolta da chi l’ha creata». La terza parte: «L’università di Siena è destinata per molti anni a stare in rianimazione». La quarta parte: «L’università di Siena è cresciuta in modo disordinato, senza criteri di omogeneità e di efficienza». La quinta parte: «Università di Siena: basta con l’autoreferenzialità e con l’autonomia dell’irresponsabilità». La sesta parte: «E il proliferare di master che non portano ad uno sbocco nel mondo del lavoro ma servono a far cassa». La settima parte: «A Siena la malauniversità è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri dell’università che, com’è noto, sono didattica e ricerca».

Stefano Bisi (Vice Direttore “Corriere di Siena”) Moderatore. La parola all’ex Pro-Rettore.

Giovanni Minnucci (Già Pro-Rettore dell’Ateneo di Siena). È una sorta di costrizione questa, perché il mio intervento non era minimamente previsto. Inoltre, sono un po’ emozionato perché ho davanti a me il Magnifico Rettore di quando mi sono iscritto all’Università, cioè il professor Barni, e il Magnifico Rettore di cui ho l’autografo sul diploma di laurea, cioè il prof. Grossi; c’è, inoltre, fra il pubblico, il prof. Remo Martini che era il mio Preside nonché il Presidente della commissione di laurea; quindi, come dire, sono sistemato per le feste! Sono passati, però, più di trent’anni da allora, quindi è passata molta acqua sotto i ponti.

Ringrazio Stefano Bisi per questo invito estemporaneo. Ho molto apprezzato tutto quello che è stato detto, e non è che io abbia molte cose originali da aggiungere. Ho sentito, infatti, molti discorsi e molti argomenti condivisibili e assolutamente sensati. Mi limito ad alcune cosette che mi sono venute in mente ascoltandovi e anche derivanti un po’ dalla recente e tutto sommato breve ma intensa esperienza di pro-rettore. Terrei distinte le due questioni, vale a dire il problema del “buco di bilancio” precedente e il problema del futuro. Mettiamo da parte momentaneamente il passato che è stato ampiamente discusso. Per il futuro, oltre allo sbilancio attuale, abbiamo problemi di natura strutturale, perché non abbiamo rispettato quella buona e sana Amministrazione cui faceva riferimento il professor Grasso: quella cioè di lavorare, anche sotto il profilo economico-finanziario, avendo lo sguardo orientato al futuro lontano, attraverso un lavoro di seria e rigorosa programmazione e non, come invece s’è fatto, solo all’oggi immediato. Mi limiterei ad alcune brevi riflessioni, su qualche argomento specifico, premettendo che, per tentare di uscire da questa situazione, occorre molto rigore e molta responsabilità. L’autonomia, infatti, senza una rigorosa responsabilità genera, normalmente, dei veri e propri disastri. Anzi la mancanza di una rigorosa responsabilità è il tradimento dell’autonomia. Faccio solo un cenno ad alcune questioni, e mi scuserete se quel che dico, non essendo stato in alcun modo programmato, risulterà tutto sommato non molto organico.

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A Siena la malauniversità è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri dell’università che, com’è noto, sono didattica e ricerca

Pubblichiamo la settima puntata del resoconto integrale dell’incontro-dibattito «Salvare l’università di Siena. Quale modello per il futuro?» La prima parte: «Ci sarà un risorgimento per l’università di Siena?». La seconda parte: «La crisi dell’università è crisi del “sistema Siena” e non può essere risolta da chi l’ha creata». La terza parte: «L’università di Siena è destinata per molti anni a stare in rianimazione». La quarta parte: «L’università di Siena è cresciuta in modo disordinato, senza criteri di omogeneità e di efficienza». La quinta parte: «Università di Siena: basta con l’autoreferenzialità e con l’autonomia dell’irresponsabilità». La sesta parte: «E il proliferare di master che non portano ad uno sbocco nel mondo del lavoro ma servono a far cassa».

Stefano Bisi. (Vice Direttore “Corriere di Siena”) Moderatore. Passiamo a Giovanni Grasso che è stato Consigliere comunale del Partito Radicale, quando era sindaco Mauro Barni. Mi ricordo che era un consigliere di opposizione. Allora, Giovanni, ti candidi come Rettore, visto che sei forse il professore che più esprime le sue opinioni sull’Università ormai da tempo? Forse avresti una base o no?

Giovanni Grasso (Docente universitario). Non credo di avere una base. Comunque, non credo neppure che questo sia il momento per candidature individuali che ubbidiscano a questioni di orgoglio personale. Con la grave emergenza in atto è necessario che tutti i colleghi che desiderano impegnarsi veramente a salvare l’Università costituiscano un direttorio, un comitato di salute pubblica. In questo modo non avrà importanza chi farà il Rettore, se sarà espressione del gruppo che avrà predisposto un progetto serio di risanamento e di rilancio dell’Ateneo!

Recentemente, mi ha colpito la lettura di un articolo sulla cattiva sanità, con il quale il magistrato Bruno Tinti ha chiarito il significato del neologismo malasanità”, spesso usato a sproposito. Ebbene, da lì vorrei partire e seguendo quello schema vorrei azzardare una definizione di malauniversità. A Siena, la malauniversità è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri dell’università che, com’è noto, sono didattica e ricerca. Occorre, però, dimostrare con esempi concreti la fondatezza di tale affermazione. È quello che cercherò di fare.

Il tema di questo incontro-dibattito «Salvare l’Università di Siena. Quale modello per il prossimo futuro?» solleva altri interrogativi. Dobbiamo chiederci: “Si può ancora salvare l’Università di Siena?” E un’altra domanda, collegata con la prima: “Gli organi di governo hanno mai adottato iniziative concrete per il suo salvataggio?” Per rispondere a queste domande occorre capire che cosa è successo in questa Università. È mai possibile che ci si svegli la mattina con una voragine di 400 milioni di euro?

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