La crisi dell’università è crisi del “sistema Siena” e non può essere risolta da chi l’ha creata

Si riporta l’intervento che Mario Ascheri ha tenuto nel corso dell’incontro-dibattito: “Salvare l’Università di Siena. Quale modello per il futuro?”.

Mario Ascheri. È imbarazzante intervenire per me, perché ho abbandonato l’università di Siena per Roma Tre in implicita ma ovvia polemica con quanto stava accadendo; in queste ultime vicende non vedo purtroppo che la crisi annunciata, facilmente intuibile da tempo. C’è stato il convergere di più fattori:

– finanza allegra degli anni ’80-’90 che compendiamo nel trinomio CAF, e che ha prodotto (con la complicità del PCI) la voragine che ancora mette in pericolo i nostri conti pubblici: dopo Grecia, Spagna e Portogallo ci siamo noi: si sa. Si pensava che bastasse investire, ampliare gli apparati pubblici, assumere, tanto qualche santo avrebbe provveduto;

– università di massa creata dal post-68, liberalizzazione degli accessi e nuove prospettive che si pensò di dare a Siena, come con Lettere e Scienze bancarie, oltre che con la trasformazione della Scuola per Stranieri in università (fui l’unico a criticarla);

– presenza a Siena di fortissime personalità più interessate alla politica che alla ricerca, a partire soprattutto da Luigi Berlinguer, puntarono sull’espansione dell’immagine dell’università e della propria immagine al tempo stesso; l’università divenne spettacolo, gadget, consumismo, discipline e corsi dal dubbio statuto scientifico: trionfò nei media nazionali anche grazie alla neonata Scienze della Comunicazione e aprì ai rettori di Siena la Crui e il posto di ministro, cui era destinato notoriamente lo stesso Tosi.

Di qui le celebrazioni mastodontiche per il 750° (mi onoro di non esser stato a San Francesco), l’espansione edilizia allegra con interventi pesantissimi tipo via Mattioli e discussi come il Santa Chiara, nel quadro di un trionfalismo su cui si trovarono concordi forze politiche e mezzi di informazione. L’intreccio politica-potere universitario-potere sindacale e dell’informazione funzionò benissimo. L’Università di Siena, l’università rossa trionfava nei media come tale e un operator della politica come Omar Calabrese faceva divenire oltre a Gargonza il residence di Pontignano un perno visivo della trionfante politica nazionale della sinistra, mentre s’acuiva l’interesse del partito egemone per il MPS, gestito come fosse un tesoro di famiglia con i risultati che oggi cominciano a essere sotto gli occhi increduli di tutti. La città perplessa si manifestò ad es. negando il palio straordinario per il 750°, ma nel complesso l’invasione studentesca faceva comodo a molti e i docenti non potevano che applaudire alla crescita esponenziale di allievi, mentre il personale non docente largamente assunto faceva comodo essendo venuta meno l’espansione tumultuosa del MPS.

Sembrava tutto perfetto, salvo qualche voce critica (come la mia) facilmente marginalizzata. Ma le riserve si manifestarono anche in Consiglio di Amministrazione; ho ritrovato ad esempio il rendiconto Muscettola 2004-2007; sconcertante, come lo è divenuto il blog di Giovanni Grasso, con la sua puntuale informazione e dibattito cui si è risposto con il silenzio. Altro che i trionfanti dibattiti di un tempo su Siena novella Cambridge! La crisi trovava un corpo docente disarmato, drogato, narcotizzato dai fasti di tanti anni. I documenti di oggi sono elenchi di sogni degni di quei tempi, parole vuote tipiche dei politici, non programmi operativi reali.

Non si vede alcuna discontinuità: basti considerare i candidati di cui si parla per il nuovo rettore – salvo Minnucci, che mi sembra sostanzialmente nuovo in questa cornice. Addirittura si riparla di chi ha avuto responsabilità – se ben capisco – come capo della valutazione, uno dei servizi che più avrebbe dovuto suonare l’allarme! Il Comune e la Provincia sono stati inerti, mentre la Fondazione MPS “butta” valanghe di soldi nella Siena Biotech e ora nella Nanotech. Il Consiglio comunale aperto sull’università lo pretendemmo noi come Liste Civiche e allora, 16 gennaio 2007 si badi, vennero evidenziate carenze gravissime nei bilanci delle due università che avrebbero dovuto accelerare il processo di risanamento ben prima del traumatico autunno 2008. Il sindaco arrivò poi ad irridere sostanzialmente il rettore andato in Procura, peraltro facendo risparmiare circa 40 milioni di euro di sanzioni. I tavoli inter-istituzionali nulla di concreto hanno prodotto e si è scoperto che venivano convocati solo su richiesta dei sindacati solidali col sistema politico e con esclusione dei sindacati indipendenti!

Istituzioni locali completamente non all’altezza della gravità della situazione, come dobbiamo constatare che non siano state all’altezza della situazione – almeno di regola – le persone da loro mandate come rappresentanti nei consigli delle due università. Come al solito persone scelte, alla pari a quanto sembra di quelle per la Fondazione e per la grande banca ora in crisi, con puri criteri di affiliazione ed equilibri partitici o di fedeltà di clan, senza seria valutazione della preparazione necessaria per compiti così delicati. La segretezza d’antico regime che copre la Fondazione è emblema del sistema.

La crisi dell’università è così crisi del “sistema Siena” e non può essere risolta da chi l’ha creata. Perciò il coordinamento in un sistema universitario regionale tutto da costruire può essere una via seria da percorrere, ma di nuovo se sarà un percorso serio, cioè non fatto con criteri di partito. Perciò anche sarebbe bene che le elezioni del nuovo rettore si tenessero quando sarà chiarito l’iter giudiziario delle inchieste in corso. Qualche punto fermo sulle responsabilità del disastro – sapendo ovviamente distinguere tra morali, politiche e giudiziarie – è necessario prima di ripartire: del resto nel frattempo deve chiarirsi il quadro normativo che risulterà dalla Gelmini; anche perciò è utile aspettare. Chiarire deficit e responsabilità prima, poi si potrà costruire! Si potrà, ma in modo aperto e con valutazioni anche internazionali chiarire quali rami tenere aperti e quali invece recidere o ridimensionare fondendoli con altri esistenti. Ora le università toscane sono troppe: come gli aeroporti; troppe e inadeguate come gli obbrobri edilizi (1721 appartamenti!) che ripartiranno per effetto del regolamento urbanistico che questa sciagurata amministrazione imporrà alla città a pochi mesi dalla sua scadenza.

Ma con il PD bloccato dalle aspirazioni e concorrenze interne e l’informazione praticamente imbavagliata, come si può sbloccare il dibattito? C’è persino quella specializzata nel dileggio sistematico dei (pochi) dissenzianti. Oliviero Toscani, dimettendosi da candidato radicale alla Regione Toscana, ha detto quel che le nostre accademie narcotizzate (compresi gli accademici radicali!) non sanno più dire (vado a memoria da vecchietto e mi perdonerete): l’unica URSS moderna possibile l’hanno costruita in Toscana! Il problema allora è come cambiare, se persino le opposizioni sono in qualche modo coinvolte, come lo sono addirittura – come certi indicatori fanno pensare – certe associazioni tradizionali del libero pensiero.

L’Università è crollata in questo contesto: non crediate di poter uscire dalla crisi senza investire il “sistema”.

Buon lavoro – ma anche buon 25 aprile: per una difficile Resistenza critica!

8 Risposte

  1. Adesso capisco meglio, grazie. La situazione “sovietica” si è perfezionata con l’incontro di potere nel PD tra due tradizioni autoritarie, la comunista e quella cattolica. Hanno visto la convenienza e non gli è parso vero di poter cogliere l’occasione. Giornalisti già poco avvezzi alla libertà si sono adeguati senza difficoltà.
    Ci sono responsabilità a diversi livelli: morali, politiche, giuridiche. Mi sembra però sbagliato se si fanno dei nomi, come fa l’Ascheri, non ricordare altri che hanno sguazzato per anni e anni intorno ai rettori in incarichi vari.
    Il problema è come procedere. Il manifesto Cotta è debole anche perché ha imbarcato troppi dei coinvolti nell’antico regime. Gli intellettuali del PD o non esistono o parlano di altro, come in Metìs, essendo per vari versi coinvolti.
    L’università è come la città, ormai spenta. Non sa scuotersi. Lo si vede da come si avvia alle elezioni comunali con le solite manfrine.
    Chi si occupa di cose scientifiche può spiegare i rapporti tra Biotech, Toscana Life Sciences, Novartis ecc.? Non sono chiarissimi o sbaglio?

  2. Il pezzo dell’Ascheri mi sembra ottimo! Storico, come l’autore, da archivio, chiude il discorso. Si possono solo fare postille. E me ne consentirà una.
    Mi ricordo quando alle politiche del 1993(?) lui era candidato radicale e Berlinguer per il PCI(si chiamava ancora così?) e in patetici foglietti elettorali che avrò ancora in qualche libro gli rimproverava l’andazzo all’università. Profetico anche se non è servito a molto, visto come reagisce l’università. Una volta tanto do ragione a Arlecchino. Tutto scorre e si ripete.
    A Siena non si impara niente. Prima un sardo ora un calabrese e quello di Montepulciano o giù di lì, terre fiorentine per tanto tempo. E’ da mo’ che non sanno riguardarsi.
    Solo il crollo del Monte può scuoterli questi qui. Ma come facciamo ad augurarcelo?
    2+2, cioè oggi: cacio e baccelli sotto il sole!

  3. Mi dicono ora che all’incontro c’è stato un bello scontro Ascheri-Bisi sulla libertà di dibattito a Siena!
    Bisi, per sostenere la libertà a Siena, ha ricordato che al convegno sulla revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini chiunque poteva intervenire. Chi crede di prendere in giro? Sanno tutti che il suo giornale può fare polemiche sull’illuminazione in città o altre cosette minori (criticare il Focardi vi sembra da cuori di leoni?) ma non criticherà mai e poi mai il MPS e la relativa Fondazione ad esempio se non su una sciocchezza come l’aumento delle prebende, delle quali il suo giornale non ha mai chiesto l’ammontare!
    Il suo angolo dell’unto è studiato sottilmente per costruire postiviamente certi personaggi e per distruggerne altri ridicolizzandoli appena può (come l’Ascheri guarda caso). Il giochino è ovvio anche se il lettore frettoloso, cioè quello normale, non se ne accorge. E perciò ne sappiamo più noi a Firenze della crisi del MPS (ma vedasi “Repubblica” nazionale di venerdì) che non i senesi.
    Forza, sveglia senesi, stavolta è venuto il momento.
    Uno che di “servitù” se ne intende, a.

  4. Chiesero un giorno al mio Signore: “Licet censum dare Caesari an non?”. Cognita autem Iesus nequitia eorum, ait: “Quid me tentatis, hypocritae? Ostendite mihi nomisma census”. At illi obtulerunt ei denarium. Et ait illis: “Cuius est imago haec et suprascriptio?”. Dicunt ei: “Caesaris”. Tunc ait illis: “Reddite ergo, quae sunt Caesaris, Caesari et, quae sunt Dei, Deo”. Et audientes mirati sunt et, relicto eo, abierunt.

    La Pulzella

  5. Chiarisco lo significato del mio dire: “Lo Potere esiste, e vuole quel che gli appartiene. Il resto è per la tua felicitate”.

    La Pulsella

  6. Concordo che chi ha generato il danno non sia adeguato a rimediarlo ma perché gli unici che si candidano son proprio quelli con le maggiori mani in pasta? Possibile che nessun ordinario non coinvolto nella genesi del problema abbia il coraggio di presentarsi? Tutti accidiosi?
    Altra faccenda: ma possibile che uno come Martinelli sia ancora revisore?

  7. […] Mario Ascheri. La crisi dell’università è crisi del “sistema Siena” e non può essere risolta da chi l’ha… […]

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