Si riportano le riflessioni del segretario provinciale della Lega Nord a margine dell’incontro-dibattito sulla crisi dell’Università di Siena.
Francesco Giusti. La speranza è che si riesca a smuovere qualcosa, anche se, al termine di un dibattito dal quale non si sono volute far emergere le chiare responsabilità politiche ed al termine del quale le proposte sono state ben poco incisive, i dubbi sulla capacità della classica politica senese di fare qualcosa di concreto in tal senso, e sulla reale volontà di farlo, sono forti, soprattutto se la nostra Città manterrà questa maggioranza politica e quei condizionamenti lobbystici che la governano. In particolare, mi preme di citare positivamente l’intervento dell’ex Rettore Grossi e del professor Grasso: il primo si è soffermato sulla sproporzione del numero di iscritti/abitanti (che incide sulla scarsa qualità della didattica, mentre è necessario puntare sulla qualità), sull’errata urbanistica universitaria che ha finito per danneggiare sia gli studenti alloggiati in tuguri ad alti prezzi e non nei moderni campus alla stregua delle più moderne città europee, sia i senesi cacciati dal loro centro storico; il professor Grasso, invece, ha snocciolato impietosamente dati spaventosi e, di conseguenza, evidenti responsabilità ancora non chiarite, cosa tra l’altro da lui puntualmente fatta nel suo blog su internet e quindi ben noti a tutti noi. Purtroppo, in alcune zone del nostro Paese, si assumono tanti forestali, tanti spazzini, tanti impiegati, tanti amministrativi o docenti all’Università, non perché devono produrre di più o migliorare i servizi, ma perché è un sistema per ottenere i consensi elettorali, sprecando risorse e mettendo in crisi anche aziende sane. Tutto questo è ciò che è successo a Siena con l’Università (ultimo di tanti casi di mala gestione della sinistra senese): né più né meno differente dai 10.000 forestali calabresi, con i loro 160 milioni di euro che vanno a gravare sul bilancio dello Stato. Questo è avvenuto grazie alle scelte scellerate della politica locale, che ha finora espresso i Rettori, i membri del Consiglio di Amministrazione e i Revisori dei Conti dell’Ateneo, ovvero una gestione bulgara e arrogante di un bene della collettività al pari di tante altre istituzioni, Banca MPS e Fondazione MPS in primis, guarda caso anch’esse alle prese con una crisi mai vista prima. Chi oggi viene a subire le conseguenze del piano di risanamento dell’Ateneo sulle proprie spalle deve capire che la colpa è degli eccessi del passato. Di chi ha voluto che la nostra Università fosse un poltronificio ed uno stipendificio, sperando che mai il “bubbone” scoppiasse, e che mai venissero accertate le vere responsabilità. A Siena, dunque, c’è troppo personale. Esso è entrato in una struttura gonfiata da chi ha fatto promesse che non doveva fare e non poteva mantenere. È stato deciso di raggiungere un numero altissimo di dipendenti rispetto al fondo di finanziamento ordinario. Questi sono metodi parassitari che fanno ribrezzo, sia da un punto di vista politico che economico, e che non fanno certo onore né al nostro territorio, né all’Istituzione universitaria, né ai suoi dipendenti, uniche vittime di certi personaggi e del “sistema” che questi rappresentano. Chi tra gli ordinari dell’Ateneo senese non è estraneo o, peggio, colluso al disastro? Dove pensano di arrivare i tre che si candidano a Rettore? Chi ha il coraggio di ammettere gli errori del passato o di rendere pubblici i veri problemi dell’Ateneo? Che dire dei governanti senesi, che si battono per la legalità, tirano le banane al Governo e poi chiedono per l’Ateneo senese – disastrato dalla loro parte politica – dei provvedimenti ad hoc che vanno contro la legge e contro ogni logica di buonsenso: un intervento straordinario del Governo – idea dell’onorevole Ceccuzzi – a favore delle università che versano in situazioni finanziarie difficili (come Siena). Come se fosse giusto, equo, logico ed onesto che tutti – anche i contribuenti delle zone ove si trovano i cosiddetti Atenei “virtuosi” – pagassero per i disastri del nostro Ateneo. Oltretutto, senza aver ancora fatto gli aggiustamenti necessari ad un’autonomia gestionale e senza aver accertato le responsabilità del dissesto, che, in teoria, potrebbero essere riferibili anche a persone tuttora interne all’Università. Come Lega Nord, crediamo che sia utile fare una valutazione seria, che indichi le vere aree di eccellenze dell’Ateneo cittadino, individui gli sprechi e provveda ai tagli, anche se dolorosi, ma necessari al risanamento del nostro Ateneo, e quindi a garantire il suo futuro funzionamento e la tranquillità dei suoi dipendenti.
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Esatto, non si possono scagliare i precari contro i referenti governativi locali che non hanno colpa, anche perché tagli quasi non ce ne sono: da 143 a 139 milioni annui è ben poco punitivo… il parametro della virtuosità ricordo sarebbe il non spendere più dell’80% per il personale (lordo) lasciando almeno il 20% a ricerca, sviluppo, manutenzione, ecc..
Qua si è ben oltre il 100% coi soli stipendi netti! Quanto può durare? Bisogna che il PD cominci a raccontare la verità ai dipendenti, ancor prima che ai cittadini-elettori tutti.
Un buon commento, che però si è forse dimenticato di altri interventi molto precisi, tra i quali quello del prof. Ascheri che ha fatto un collegamento importante tra la crisi universitaria e il “sistema Siena”, con l’inquinamento tipico indotto da rettori fortemente politicizzati come ogni altra istituzione senese e pertanto operanti con scelte di favore per il partito e i suoi membri. Ha anche ricordato come si dimentica che l’Università di Siena si vantava di essere una università di sinistra e che la stampa locale ha esaltato questo suo carattere e ogni sua nuova conquista con grandi annunci.
Mentre sulle evidenti responsabilità di questa sinistra nel disastro Università, e nel sistema Siena, le uniche inchieste serie vanno ricercate in qualche raro articolo della stampa nazionale. È una città allo sfascio; che aspettano i veri senesi a riprendersela?
L’ultimo treno passa nella primavera del 2011.
In effetti, avete ragione, ho già fatto “ammenda” con l’amico Mario tramite email. Tra l’altro Ascheri ha fatto un ottimo intervento, pienamente condivisibile. Me ne sono completamente dimenticato e me ne scuso!
2011: ora o mai più.
Egregio Professor Grasso
le scrivo questa mail schifato! Io lavoro per la Cooperativa che ha l’appalto con l’Università. A giugno non so che fine farò. Che senso ha assumere tanto personale amministrativo e docente e mandare a casa precari come me, gente come me che non ha fatto niente?Io sono anche un disabile delle categorie protette. Dove sono i signori che comandano Siena, i signori che dicono di “aiutare le fasce più deboli della società”? Perché le Istituzioni senesi (vedi Comune, Provincia) non hanno mosso un dito per aiutare i lavoratori della Cooperativa? Dei Sindacati ancora peggio! Loro che dovevano aiutare i lavoratori ancora peggio! Un saluto da un precario incazzato!
Massimo Pelosi – Siena
Caro Massimo, sull’argomento Coop abbiamo anche presentato un’interrogazione in Provincia qualche mese addietro. L’interrogazione è stata completamente snobbata dalla maggioranza a guida PD.
Ha ragione Rodolfo; ma vedo che Giusti correttamente ha già fatto “ammenda”. Mi chiedo, però, come mai sul Corriere di Siena ci sia un resoconto così scarno. Purtroppo, non mi è stato possibile partecipare all’incontro-dibattito sull’Università di Siena, ma a giudicare da quello che ho visto su Canale 3 Toscana e letto sui giornali, qualcosa non torna. Per esempio, il ruolo del curatore di questo blog risulta completamente inesistente secondo la stampa, mentre Giusti lo esalta. Invito, pertanto, il Prof. Grasso ed il Prof. Ascheri a riportare su questo blog una sintesi del loro intervento.
Ringrazio il segretario Giusti della Lega Nord di Siena per l’interrogazione in Provincia! Ma la mia e-mail era riferita “ai signori che governano questa città. Al Pd”. Il Pd di Siena pensa di essere il “padrone della città”! Decidono il futuro dei cittadini! A Siena dovrebbe esserci più “meritocrazia”. Negli Enti Pubblici dovrebbero essere assunte persone che servono “veramente”. Non assumere persone a livello “clientelare” e sprechi a non finire! Io sono del parere di aiutare gli Enti Pubblici a livello governativo, ma se serve veramente. Io, Governo, ti do i soldi, ma come li usi? Mando dei controllori a controllare la gestione dell’Ente Pubblico; se non corrispondo i dati di cui dispongo, l’Ente non riceve niente! Un saluto
Massimo
Per rispondere, in parte, a Remo Tessitore vorrei segnalare quanto riportato dal Corriere di Siena di oggi. Per il resto, concordo con lui sul’opportunità di un resoconto da parte dei diretti interessati, Grasso e Ascheri o altri partecipanti al dibattito.
«La data per le elezioni del rettore è stata fissata: il 21 giugno. Se Mario Ascheri, docente all’università romana di Tor Vergata, chiede il rinvio delle elezioni, un altro professore (Giovanni Grasso) propone ai candidati a rettore di formare un direttorio, una sorta di comitato di salute pubblica per risolvere la crisi dell’università.
Insomma, Silvano Focardi, Antonio Vicino, Angelo Riccaboni e, se decide di candidarsi, Giovanni Minnucci, dovrebbero formare il direttorio. Ma è questa la soluzione? Sul tappeto c’è ora anche questa ipotesi. È la migliore per evitare la bancarotta dell’università?»
«Purtroppo, in alcune zone del nostro Paese, si assumono tanti forestali, tanti spazzini, tanti impiegati, tanti amministrativi o docenti all’Università, non perché devono produrre di più o migliorare i servizi, ma perché è un sistema per ottenere i consensi elettorali, sprecando risorse e mettendo in crisi anche aziende sane. Tutto questo è ciò che è successo a Siena con l’Università (ultimo di tanti casi di mala gestione della sinistra senese): né più né meno differente dai 10.000 forestali calabresi, con i loro 160 milioni di euro che vanno a gravare sul bilancio dello Stato…
…chi ha voluto che la nostra Università fosse un poltronificio ed uno stipendificio, sperando che mai il “bubbone” scoppiasse, e che mai venissero accertate le vere responsabilità. A Siena, dunque, c’è troppo personale. Esso è entrato in una struttura gonfiata da chi ha fatto promesse che non doveva fare e non poteva mantenere. È stato deciso di raggiungere un numero altissimo di dipendenti rispetto al fondo di finanziamento ordinario.» Giusti
…dunque, mi rifò ai dati di partenza pubblicati qui mesi or sono dal prof. Grasso (se sbaglio, correggetemi…), secondo i quali avevamo press’a poco mille amministrativi e mille docenti: un rapporto balordo, ma che sarebbe addirittura andato peggiorando, essendo che cinquecento di questi ultimi (professori anziani e male in ponto, a differenza dei primi) sarebbero stati pensionati nell’arco di un decennio senza poter in alcun modo venir sostituiti; ma vedo che la mia esortazione ad indagare e precisare meglio chi e dove ha assunto troppo, non ha mietuto molti successi. Che vi siano genericamente “troppi docenti” ovunque indistintamente, è semplicemente falso, a meno di non voler significare con ciò, che interi comparti e corsi di laurea debbono venir comunque soppressi; opinione sulla quale si può anche convenire, purché mi si dica quali e perché, nell’ottica di quale programmazione e di quale prospettiva di rilancio. Inviterei semmai ancora a riflettere sul destino funesto di precari e ricercatori, che non mi pare abbiano in quest’orgiastico banchetto, goduto un granché: e dopo esser stati chiamati, non si può concedere loro nemmeno un “lasciapassare” per andarsene, loro che, complessivamente, vengono considerati “in esubero”. Quello che c’è di assai grottesco, è che i maggiori scialacquatori sono quelli che verosimilmente con più facilità sopravviveranno, avendo in passato pienato il carniere di personale docente e pertanto con questa riserva essendo in grado di soddisfare i sempre più draconiani “requisiti minimi di docenza”, anche in tempi di carestia. Questo criterio, ossia lo staliniano “ma tu quante divisioni hai?”, naturalmente non c’entra un fico secco con la qualità, l’eccellenza scientifica, la programmazione ecc. ecc. … è solo un fatalistico adeguamento a un andazzo, a posteriori giustificato con nobili ideali. Ma in Italia è così: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei guadagni.
«Che dire dei governanti senesi, che si battono per la legalità, tirano le banane al Governo e poi chiedono per l’Ateneo senese – disastrato dalla loro parte politica – dei provvedimenti ad hoc che vanno contro la legge e contro ogni logica di buonsenso: un intervento straordinario del Governo – idea dell’onorevole Ceccuzzi – a favore delle università che versano in situazioni finanziarie difficili (come Siena). Come se fosse giusto, equo, logico ed onesto che tutti – anche i contribuenti delle zone ove si trovano i cosiddetti Atenei “virtuosi” – pagassero per i disastri del nostro Ateneo.» Giusti
…va bene, ok, ma fate anche voi penitenza! I politici locali accusano il governo, scaricandosi dalle proprie responsabilità, mentre coloro che sono al governo nazionale fanno altrettanto, accusando esclusivamente la politica locale: un dibattito sterile e un comodo lavacro per entrambi. A Siena si è determinata la grande deflagrazione e si è dato l’esempio di una cattiva gestione scialacquatoria; ma oggi mi par di constatare che c’è almeno una ventina di atenei, compresi atenei ex “virtuosi”, prossimi alla canna del gas: diciamo che cadendo dal grattacielo, qualcuno si trova al livello del trentesimo piano e qualcun altro si è già spiaccicato al suolo; ma quello che ancora sta cadendo non può contentarsi di ripetere: “sin qui tutto bene”. Per il 2011 il gran capo della Crui, la conferenza dei rettori, Enrico Decleva, dice: “Non siamo in grado di subire per il prossimo anno un taglio del 18-20% rispetto alle risorse del 2008, sarebbe il collasso dell’ intero sistema universitario. Nessuno riuscirebbe a chiudere i bilanci”. Insomma, non è che il governo può tirarsene fuori, facendo nascere ogni giorno una provincia per blandire i localismi e dare un posto al Trota di turno (e dopo le recenti elezioni, temo, anche al forestale calabro di turno…), e al contempo tagliare fondi a scuola ed università. L’intero sistema universitario italiano non esce da solo dalla crisi in cui è precipitato. Quanto alla dimensione della città e alle case dello studente -fermo restando che neanche Oxford è una metropoli, che la città di Siena si è letteralmente svuotata di residenti per via dei costi esosi delle abitazioni, a prescindere dalle topaie in cui albergano gli studenti, e che non credo sia augurabile persino la maledizione di una ulteriore diminuzione degli studenti-, ma c’è mai stata a livello nazionale una vera, autentica politica volta al diritto allo studio, che magari (come si dice oramai con espressione logora) “premiasse il merito”? No! Ma quando mai si è pensato a costruire “cittadelle universitarie” e ad offrire borse di studio (non elemosine) in misura numericamente e quantitativamente significativa? Si è preferito piuttosto accettare l’espulsione definitiva della classe operaia e del ceto medio dall’ “ascensore sociale” costituito dalla formazione superiore, o portare la montagna da Maometto, la piccola inutile università sotto casa, e per un bel po’ di tempo i politici di tutti i colori si sono fregiati davanti al loro elettorato locale col lustro di queste “realizzazioni”. Abbiamo la metà dei posti in casa dello studente rispetto alla Germania (e Siena non è nemmeno fra quelli messi peggio!), un sistema di reclutamento bizantino, non abbiamo nessuna fisiologica mobilità fra atenei: molte degenerazioni sono legate al fatto che gli atenei sono stati ridotti a monadi, sistemi isolati, e come si sa in un sistema isolato ….. “sono possibili solo le trasformazioni che portano ad un aumento dell’entropia (o alla sua conservazione)” e il crescere dell’ “entropia” è proprio il fenomeno che stiamo osservando attraverso il susseguirsi pressoché annuale di riforme degli ordinamenti e riforme delle riforme, accorpamenti, aggiustamenti, tagliuzzamenti a cacchio, annacquamenti ecc. senza un disegno, un progetto, un obiettivo. Senza rimuovere gli equivoci dell’attuale sistema della cosiddetta “autonomia” del resto, ho l’impressione che nessun progetto razionale sia possibile, tanto che reputo una chimera persino la prospettiva di deportazioni forzate di docenti da una sede all’altra paventata da MM; saremo costretti a languire, fino ad estinguerci: “Così finisce il mondo / Non con fragore ma con un gemito”, scrive Eliot.
Si è giunti alle cosiddette porte co’ i sassi, espressione tipicamente senese che rende bene l’ineluttabilità del momento: le decisioni sono da prendere ora, con una dolorosa drasticità magari, ma non sono rimandabili. È stato già detto nell’articolo che le scelte del passato sono state scellerate, scelte frutto di un clientelismo ancora peggiore di quello di stampo democristiano (a Siena sono coinvolti politici, amministratori – pubblici e privati – sindacati e movimenti locali non che la popolazione con la sua mentalità immobile): i buoi sono ormai scappati dalla stalla, dunque fanno ridere le iniziative di certe organizzazioni universitarie, come il Das, pronti a fare le solite manifestazioni e occupazioni che oltre che sterili sono di intralcio al già penoso svolgimento delle attività didattiche. Fanno ancora più ridere le dichiarazioni di meraviglia di certi rappresentanti locali che sembrano cadere dalle nuvole (verrebbe da dire “per favore almeno non offendete la nostra intelligenza!”). Adesso c’è ben poco da fare se non vendere il vendibile, tagliare il superfluo, e forse anche ciò che non lo sarebbe, per far rimanere pochi dipartimenti all’interno di poche facoltà per far si che queste siano espressioni di una eccellenza che ormai appartiene al passato. Tutto il resto è la solita aria fritta: chiacchiere che dimostrano non solo una certa ipocrisia, ma persino come sia in atto una vera lotta per il mantenimento della poltrona o del ruolo. L’immagine che salta alla mente è quella di fiumi africani nei periodi di secca: i pochi pesci sopravvissuti si dimenano per cercare il rimanente ossigeno e magari di spingere fuori dall’acqua gli “avversari” nel vano tentativo di sopravvivere. Questa è la situazione, magari estremizzata, di Siena e del suo ateneo: il periodo delle vacche grasse è ormai alle spalle e la politicizzazione dell’università e del gruppo MPS ha comportato conseguenza drammatiche. Dobbiamo essere pronti ad affrontare una crisi che non è imminente ma già in atto, non capirlo e non fare nulla vorrebbe dire precipitare nel baratro senza alcuna possibilità di salvarsi.
Allora continuate a votare PD e ad aspettare l’illegale contributo a fondo perduto voluto dal Ceccuzzi.
Accolgo l’invito e presto pubblicherò una sintesi del mio intervento; per completezza, metterò la registrazione in mp3 divisa in 7 parti dell’intera seduta.
Cari Amici,
oggi consiglio comunale (il pomeriggio dedicato all’incostituzionalità della legge sulla sicurezza e la cittadinanza senese di Mussolini!), domani Firenze per settimana cultura (si esiste solo fuori Siena!), tra sabato e domenica risistemo gli appunti che avevo e che ho usato solo in parte. Grazie per l’interesse e ancora una volta complimenti per il gran lavoro che fate.
Suggerisco maggiore sintesi e/o schematismo per orientarsi meglio. A presto comunque da
m.a.
Troppi docenti de che? A Francè ma stiamo parlando di università non di scuola superiore…
Il compito dei docenti è fare ricerca e didattica. Se per la didattica pure fossero troppi potrebbero comunque essere impiegati nella ricerca. Il prblema è che molti – non tutti – ricerca non ne fanno e non ne hanno mai fatta ma è una questione diversa.
P.S. Ho la vaga sensazione che pure babbo monte abbia qualche “forestale” in eccesso assunto chissà come… o sbaglio?
Pare 1.200… il meglio deve ancora venire, vedrete!
Felice di andarmene via da questo ateneo del cavolo ad aprile 2011 per scadenza di contratto… precaria, laureata, istruita ad un certo tipo di lavoro, con un figlio in arrivo, preferisco andarmene a fare le pulizie, se non troverò di meglio, sicuramente verrò trattata con molto più rispetto!!!
Elisa sicuramnte non sarai sola! A noi della cooperativa che veniamo tagliati, per cosa?
Come si dice in questi casi: il bambino e l’acqua sporca! Noi i precari siamo l’acqua sporca da buttare via! Loro pensano di fare colpi di “magia”. Puoi vendere Le Scotte, San Niccolò, Via Roma, puoi tagliare tanti precari! Ma il problema non si risolve. Come dice un proverbio: il pesce puzza dalla testa. Per fare funzionare meglio le cose – come ha detto il professor Grasso al dibattito sull’Università al Comune – ci vorrebbe solo una cosa: maggiore “responsabilità” dei docenti e degli amministrativi e tutti insieme fare “una buona università” con meno sprechi, meno nepotismo familiare, ecc…
Saluto il Prof. Grasso, che con il suo blog dà modo di esprimermi, un giorno vorrei conoscerla.
Massimo
«…ci vorrebbe solo una cosa: maggiore “responsabilità” dei docenti e degli amministrativi e tutti insieme fare “una buona università” con meno sprechi, meno nepotismo familiare, ecc…» Massimo
…hai detto bene Massimo, ma hai sbagliato tempo del verbo
ci voleva solo una cosa… adesso non siamo più in tempo.
La storia non si fa con i se…
Al pari di come si possa concordare con la scoperta dell’acqua calda, concordo con Francesco Giusti quando sostiene che “in alcune zone del nostro Paese, si assumono tanti forestali, tanti spazzini, tanti impiegati, tanti amministrativi o docenti all’Università… per ottenere consensi elettorali”.
Essendo Francesco Giusti il segretario provinciale della Lega Nord la domanda sorge però spontanea: nell’Università di Siena produrrebbe meno danni un novello Umberto Bossi senese capace di trasformare una trota in consigliere regionale lombardo?
E su quali basi un leghista può oggi fare apprezzamenti sulla gestione della Fondazione MPS quando la Lega Nord ha deciso di impadronirsi di tutte le banche senza il minimo pudore?
Il malcostume è radicato nella Lega Nord in maniera più radicata e, ultimamente, anche più sfacciata che negli altri partiti. I leghisti non hanno quindi le carte in regola per prospettare un’alternativa migliore all’assunzione di diecimila forestali in Calabria per crearvi benessere e permettere ai calabresi di mandare i loro figli a studiare a Siena. Visto lo stato pietoso della moralità leghista, che nelle situazioni calabresi i leghisti farebbero di peggio non è un dubbio ma una certezza.
Gentile Sig. Petracca,
se nella Lega Nord regna il malcostume… se un leghista secondo la sua opinione non può fare apprezzamenti sulla gestione della Fondazione MPS… se i leghisti non hanno quindi le carte in regola per prospettare un’alternativa migliore all’assunzione di diecimila forestali in Calabria per crearvi benessere e permettere ai calabresi di mandare i loro figli a studiare a Siena, io da cittadina semplice di Siena consiglio a Lei di avere un po’ più di umiltà, tutti hanno diritto di esprimere le proprie opinioni.
Ah… non sono della Lega, ma rispetto tutti e soprattutto ascolto tutti perché da tutti si può imparare!
«Ora le università toscane sono troppe: come gli aeroporti.» Ascheri
Le università toscane sono tre: Pisa, Firenze, Siena. Di “troppo”, nelle università toscane, c’è quella senese, e non è solo questione delle facoltà aperte negli anni ’70. Se una di esse chiuderà, sarà la più debole, ossia Siena, già preda di un cupio dissolvi e di tendenze autolesionistiche. Francamente, l’idea, che evoca la “zattera della Medusa”, di salvarla buttando a mare più facoltà possibile, ossia indebolendola ancor di più perdendo metà degli iscritti, mi pare inconcludente: sotto una certa dimensione, semplicemente si chiude e basta. A questo punto diteci solo dove manderanno la legione di docenti e ricercatori di mezz’età “chiamati” a Siena a farsi prendere per i fondelli: per chi “viaggia leggero” non ci sono grandi problemi di spostamento. Qui si sta come d’autunno, sugli alberi le foglie, c’è gente che ha visto la propria vita e la propria carriera scientifica andate in fumo in un attimo, a causa di quello che agli occhi di molti è sembrato un crollo improvviso tipo Wall Street del ’29. Non è chiaro concretamente cosa si pensa di farne di chi lavora all’università di Siena e non è prossimo alla pensione, che pure è una università statale italiana e non un istituto privato del Burundi: dal mio punto di vista, constatato che la politica degli accorpamenti alla lunga darà luogo ad un’offerta didattica sempre più vaga e meno specializzante, trovo che l’unica scelta seria sarebbe quella di chiudere i comparti che non vengono reputati “interessanti” per l’ateneo senese e consentire l’esodo presso altre sedi di chi ci lavora, con legge speciale partorita all’uopo e cospicui incentivi per il trasferimento, piuttosto che tenere qui come ostaggi schiere di persone oramai considerate inutili, a languire coltivando nevrosi.
«…presenza a Siena di fortissime personalità più interessate alla politica che alla ricerca, a partire soprattutto da Luigi Berlinguer, puntarono sull’espansione dell’immagine dell’università e della propria immagine al tempo stesso; l’università divenne spettacolo, gadget, consumismo, discipline e corsi dal dubbio statuto scientifico.» Ascheri
Purtroppo è vero: io chiamo questa attrazione fatale per il rutilante mondo dello spettacolo, luccichii e paillettes, “berlusconismo di sinistra”; a mio avviso, che questa mentalità abbia fatto breccia, è stato un logico corollario, non solo di una certa superficialità degli autoctoni (“v’è gente vana come la sanese?”) o di uno smarrimento culturale delle classi dirigenti, ma anche del fatto che non vi fossero, non vi fossero più, o fossero minoritarie a Siena radicate e solide tradizioni scientifiche “strictu sensu”, come ad esempio ve ne sono a Pisa, dove storiche facoltà tipo quella di Fisica, hanno in qualche modo implicitamente fornito il paradigma di uno standard di rigore qualitativo anche per gli altri. Tuttavia in questi trenta anni, l’ateneo senese ha prodotto alcune “eccellenze” scientifiche: solo che molti, abbagliati dai luccichii, non se ne sono accorti. Adesso il punto è che sono stati comunque chiamati a Siena aitanti ricercatori: chi si arroga il diritto di vita e di morte su di loro, ergendosi a “primum super pares” pecorellesco? Quali settori sopravviveranno? Siccome come dicono gli avvocati “factum infectum fieri nequit”, pavento (come ho già detto) che alla fine sopravviveranno quelli politicamente più potenti che stalinianamente dispongono di “più divisioni” e non necessariamente di più sostanza scientifica.
«Ma c’era l’obiettivo che quel modello che è venuto maturando dagli anni ‘90 in poi fosse, in sostanza, mirato e avesse realizzato un grande sogno: fare di Siena l’Oxford d’Italia.» Grossi
Una delle più grandi bufale della storia, frutto della scarsa considerazione della sproporzione fra mezzi e fini; come del resto la speranza di veder conferire a Siena il titolo di capitale della cultura, in competizione con Istanbul. Sembra si sia persa la consapevolezza del fatto che per ottenere dei risultati, occorre mettere in campo delle azioni appropriate. Per quanto riguarda le case, Siena si è svuotata a causa di un mercato immobiliare a livelli di strozzinaggio: una famiglia normale va a vivere a Monteroni, perché non sono molti quelli che possono permettersi affitti oltre il 1500 euro o costi vertiginosi al metro quadro; in questo credo che la presenza degli studenti abbia un peso relativo, sebbene sia giusto ribadire che, se in Italia il numero di posti letto in case dello studente è di circa trentacinquemila, il sistema tedesco degli Studentenwohnheime ammonta a oltre duecentomila posti. Dal punto di vista urbanistico ed architettonico, la bruttezza dei nuovi insediamenti della provincia senese è quella dei “non luoghi”, secondo una felice espressione, né più belli, né più brutti di altri non luoghi, non peggiori delle “Beirut bombardate” della speculazioni del centro sud, né delle rovine postindustriali e i megacentri commerciali del centronord. Tale bruttezza illustra bene l’incultura di un popolo, come quello italiano, antropologicamente regredito (come non ricordare “l’articolo delle lucciole” di Pasolini?) e la mostruosa fantasia cementizia di architetti e geometri.
«Università di massa creata dal post-68, liberalizzazione degli accessi e nuove prospettive che si pensò di dare a Siena, come con Lettere e Scienze bancarie, oltre che con la trasformazione della Scuola per Stranieri in università (fui l’unico a criticarla)… L’Università è crollata in questo contesto: non crediate di poter uscire dalla crisi senza investire il “sistema”.» Ascheri
Mah… Possiamo parlare di università di massa perché da un certo punto in poi agli studi superiori è stata ammessa anche la figlia del sottofattore e della serva, invece che solo il figlio del notaro e del padrone, ossia è stata concessa qualche stilla di democrazia in un paese illiberale in cui vige ancora il feudalesimo? Ma dov’è l’università di massa, con quanto costano gli studi oggi e in presenza di una vertiginosa discesa del numero di iscritti?
Ahimè, qui a Siena non si è brillato per lungimiranza, non si può che convenire con Ascheri, ma l’università è crollata anche altrove: il sistema è stato “investito”, nel senso che ha preso una tramvata; rimando al mio precedente post e alle considerazioni del presidente della CRUI circa il fatto che l’anno prossimo quasi tutti gli atenei saranno gambe all’aria. Quanto al nesso fra apertura e dequalificazione, a casa mia l’unica possibile selezione meritocratica però, funziona così: tu poni l’asticella a una certa altezza, chi la supera va avanti.
Siccome l’eguaglianza livellatrice è il contrario esatto dell’ascensore sociale, sarei più sensibile, per così dire al tema della “Liberalizzazione dell’uscita“, ossia lo spaccio di lauree per inseguire le “medie europee”, o per contrastare la concorrenza di ingombranti vicini in un’indegna gara al ribasso; insomma l’assenza per lo più di criteri miranti al raggiungimento dell’eccellenza in qualche campo. O almeno la non adeguata distinzione fra livelli diversi; non si avverte infatti il necessario salto fra scuola e università, fra triennale e magistrale, magistrale e dottorato e il problema è che le successive “riforme” di questi anni (una metastasi di insulsa burocrazia pedagogico-ministeriale la cui apoteosi è stata raggiunta con i formidabili “descrittori di Dublino”, enigmatica opera d’inchiostro di vago sapore joyceano) hanno determinato in ultima analisi solo uno spappolamento dei percorsi formativi, imponendo un adeguamento ai livelli più bassi. Ma collegare questo (“post hoc, propter hoc”) alla liberalizzazione degli accessi mi pare un po’ azzardato e lasciatemi dire che trovo stucchevole una certa invenzione della tradizione per cui “prima” (in un passato mitico) tutto era roseo.
«Io credo, e non lo credo solo io, l’investimento più grosso che un paese possa fare è sui giovani, che sono il futuro del paese.» Ciarrocchi
Per adesso “i giovani” sono stati “aiutati”, in primis facendo fuori tutti i precari a mezzo decimazione e avviando a rottamazione tutti i quasi venticinquemila (quattrocento a Siena) ricercatori, che verranno sepolti vivi senza ancora avere avuto la soddisfazione di uno stato giuridico, dopo vent’anni che insegnano quanto è più di molti ordinari: una politica lungimirante e “meritocratica”, non c’è che dire, quella che aumenta le province (il Giusti dovrebbe spiegarci cosa ne pensa della recente sortita bossiana, in cui si vagheggia addirittura la divisione in due dell’Emilia- Romagna), ma taglia più di un miliardo alla ricerca e prende a mazzate in testa tutti coloro che hanno dai trentacinque ai cinquant’anni, nel Campansi del mondo accademico italico. D’altro canto lo spauracchio della Grecia credo che induca l’esimio Tvemonti a tenere stretti i cordoni della borsa; in futuro subentreranno i contratti a termine, esauriti i quali o uno diventerà associato, o buonanotte al secchio: ipotesi del tutto teorica, perché il problema sarà semmai capire come uno diventerà associato “sua sponte”, visto che di danari e quindi di concorsi… nisba.
«Il compito dei docenti è fare ricerca e didattica. Se per la didattica pure fossero troppi potrebbero comunque essere impiegati nella ricerca. Il prblema è che molti – non tutti – ricerca non ne fanno e non ne hanno mai fatta ma è una questione diversa.» Cal
Ma tu l’hai capito infine qual’è il “compito” delle varie componenti del corpo accademico? Io no. La confusione dei ruoli è totale, e l’ipocrisia, condita da un atteggiamento struzzesco, è insopportabile, come già si evidenzia in questi giorni nel dibattito intorno alla rottamazione dei ricercatori in cui, cadendo dalle nuvole, taluni scoprono che i ricercatori insegnano (dimenticando che i ricercatori universitari in Italia sono 24.438 all’interno di un corpo docente costituito da 61.685 unità e coprono più del 35% della didattica da anni). Paradosso dei paradossi, se la protesta degli interessati andrà avanti nella forma stabilita, in diversi corsi di laurea essa provocherà solo disagio, ma in altri determinerà la chiusura e “suicidare” un cospicuo numero di corsi di laurea è esattamente ciò che le preposte autorità richiedono: una scelta pertanto nichilista, una sorta di “amor fati” che imprimerà una accelerazione drammatica e imprevedibile alla crisi, poiché verranno a cadere i famigerati “requisiti minimi di docenza”, queste arcane formule cabalistiche delle quali, mi accorgo con grave sconforto, persino molti blasonati ordinari ignorano bellamente l’esistenza, mentre altri ritengono che si tratti di una diavoleria recente parto della perfida ministra, dei marziani o della propaganda sionista…
Elisa ti ringrazio la storia non si fa con i “se “, ma nemmeno con i “ma”. Morale della favola a pagare saremo noi precari! Elisa riguardo alla tua “osservazione” sul signor Roberto Petracca e sulla Lega Nord di Siena. Come dice la signora Elisa bisogna sentire tutte le opinioni! Io sono un ragazzo di 38 anni, e penso che in talia bisognerebbe che ci fosse meno odio – e tutte le
parti politiche si trovassero d’accordo – per i cittadini sarebbe un bene! Saluto la signora Elisa
e le auguro buona serata. Massimo
Molte cose di buon senso come sempre, Stavrogin! Ma le università non sono tre, perché non tieni conto della Stranieri, delle altre due pisane (Normale e S. Anna) e dei centri di eccellenza lucchese e fiorentina. A voler dimenticare l’università europea, che un politico non può dimenticare (se mai saprà che esiste): costa assai al sistema italiano!
È vero però che nel momento in cui si farà una valutazione complessiva dei rami da salvare o da tagliare, il giudizio tecnico (di chi?) sarà poi fortemente ritoccato dai politici. Che conosciamo, ahimè, anche se quelli di Siena possiamo presumerli i peggiori su un piano comparativo. E poi che conteranno con la crisi montante del MPS? Finita la centralità senese grazie alla banca, resterà solo quella dei voti PD, ma viste le perdite degli ultimi tre anni, anche da questa c’è poco da sperare.
Sul piano demografico Siena non conta un bel nulla. Ricordate 54mila in città, 250mila tutta la provincia! E ora con Valdelsa e Brunello-nobile che non hanno più lo smalto di un tempo.
Fate un bel 2+2 e pregate che la Novartis non sposti in Cina o altrove! Aspetterà almeno a incassare dai regali che le derivano dai piani urbanistici di questa forte sinistra anti-capitalista… hanno approvato, no?
No, avverrà martedì dopo una giornata, lunedì, dedicata a sicurezza e vivibilità annunciata dal Ceccuzzi con la sua usuale vivacità sonnecchiosa al compiacente Canale 3…
Pare che al parco scientifico Novartis possa estendersi fino a 90mila mq, cioè… a 9 campi di calcio! Vari casoni tipo Biotech attuale, per fare esperimenti di alta pericolosità – pare di nuovo, e pronti a correggerci se replicheranno in modo formale – alla faccia della sicurezza dei senesi abitanti a pochi passi… ma a chi interessa? Vedremo martedì al canale civico che cosa verrà fuori. Il pessimismo è quasi d’obbligo! O no?
…resterà il Pd… Ma non è detto! Il Pd è un partito di chiara ispirazione fascista, kennedyano, nei casi migliori. Il suo giornale potrebbe anche titolarsi “Gerarchia”.
Lo spirito del pd lo riassume bene un noto Azzeccagarbugli, uno senza laurea che si era ben piazzato al Rettorato: “A Siena siamo una mafia e diamo le cose a chi pare a noi”.
Bardo