Stavrogin. Si sta come d’autunno/sugli alberi le foglie… adesso che abbiamo il papa e la papessa, vogliamo fugacemente per qualche secondo volgere il pensiero a quello che aspetterà a partire dall’inizio dell’anno accademico? La crisi finanziaria è ancora lì, il panettone natalizio è incerto, il “tristo mietitore” arrota la falce, perché la prospettiva ineluttabile è quella della ulteriore, drastica riduzione dei corsi di laurea, a causa dell’impossibilità, per molte facoltà, di soddisfare i requisiti minimi di docenza nei prossimi anni, cioè di garantire, se non la stessa, almeno un’offerta didattica equiparabile a quella passata. Sullo sfondo c’è, tra l’altro, la vexata quaestio della sorte delle sedi distaccate.
Tutto questo va fatto tenendo la testa al suo solito posto, cioè sul collo: la sopravvivenza stessa di interi settori appare oramai compromessa, il rischio è di disintegrare quel po’ che rimane di competenze e specificità, per dar corso ad operazioni ingegneristiche di poco momento, di scarso significato scientifico: grandi arrosti misti di nessuna attrattiva, cioè l’opposto di quello che si va proclamando, ossia l’esaltazione della “cucina locale” e delle specificità territoriali.
La prospettiva di guardare alle inevitabili semplificazioni nell’ottica federale della “regionalizzazione”, per quanto soluzione interessante e contemplata dal DdL medesimo di prossima definitiva approvazione, mi pare che al momento sia qui solo “flatus vocis”: il sistema tende naturalmente all’inerzia, l’intellighenzia si strugge nella contemplazione delle “ruine” e della putrefazione, piuttosto che pensare alla propria rigenerazione.
Qui si vedrà se la nuova dirigenza dell’Ateneo sarà lungimirante ed avrà gli attributi per dire SI-Si e No-No.
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