Rabbi Jaqov Jizchaq. (…) in contesti “interdisciplinari”, ove trionfa la equi-ignoranza e le mansioni intercambiabili… un igienista dentale, del resto, non può forse riciclarsi come igienista mentale? In fondo è solo questione di una consonante e come ci illustrano recenti casi di cronaca si tratta di persone dotate di grande versatilità… Mi chiedo, se il “trend” inevitabile è quello di continuare a chiudere cattedre, interi settori disciplinari, corsi di laurea e dipartimenti con la prospettiva certa di non riaprirli mai più, che desiderio avranno di restare qui nei prossimi dieci o vent’anni quelle decine di docenti/ricercatori “giovani”, ieri potenziali eredi cui sarebbe passato il testimone, oggi bollati come “inutili” e la cui specifica competenza non sarà più richiesta, a prescindere da ogni valutazione scientifica; persone che non avranno più nessun punto di riferimento, avendo già da tempo blande possibilità di potersi dedicare alla ricerca, subendo emarginazione ed isolamento e per le quali, se sono strutturati, si dovrà inventare un qualche ruolo onde giustificare lo stipendio. Con lo smantellamento di mezzo ateneo, contrariamente a ciò che afferma una certa vulgata, a prenderla in quel posto sovente non sarà dunque il “vecchio”, che prima o poi va via con tanto di lauta pensione, ma molte decine tra i più giovani (leggasi: i quaranta-cinquantenni) che restano, ai quali, come ho già detto, il venir meno di ogni punto di riferimento (insegnamenti, corsi di laurea, dipartimenti) taglia l’erba di sotto i piedi, proprio quando surrealisticamente dal livello centrale si pretende da loro un maggior …impegno nella ricerca, nel mentre che glielo si impedisce, e si impongono criteri più severi di avanzamento, pur sapendo che di possibilità concrete di stabilizzazione o di carriera non ve ne sono. Chiedendomi che senso abbiano in un simile panorama espressioni come “libertà di ricerca” e “libertà d’insegnamento”, ritengo che sia a costoro, che si dovrebbe semmai concedere un lasciapassare ed un incentivo per andarsene altrove; quello che temo, è solo che anche di questa eventuale scialuppa di salvataggio finirebbero per usufruire invece per primi quegli incauti ufficiali che hanno provocato il naufragio, un po’ come accadde per il Titanic, ma forse più ancora per la “zattera della Medusa”, con relativi episodi di sopraffazione e di cannibalismo.
Siamo seri: se stiamo parlando di campi di studio rigorosi, non si può ragionare così, e qui a scomparire non è più l’inutile scienza del bue muschiato, bensì un pezzo cospicuo dell’ateneo. Non si può tacere sul fatto che un meccanismo automatico di causa/effetto tra estromissione degli strutturati anziani e immissione dei precari, nell’immediato non sussiste: che mandare via un “vecchio” ora come ora, se abbassa la pressione sul Fondo di finanziamento ordinario, non necessariamente apre la strada a un “giovane” che lo rimpiazza, nel medesimo settore (dopo, può essere troppo tardi). Dunque almeno non raccontiamoci balle sull’esito e sul senso ultimo di certe dolorose operazioni, giacché in diversi casi esse producono la chiusura definitiva di una struttura e di una esperienza, con tutti i risvolti umani e scientifici del caso (oltre naturalmente, alle ripercussioni sul dato statistico delle iscrizioni). Naturalmente tutto ciò è “inevitabile”, dice la vulgata, but not in my Backyard, of course: ma allora, in un’ottica di ristrutturazione che appaia minimamente credibile, torno a ripetere che invece di continuare con una sorta di “conventio ad excludendum”, dovrà essere dichiarato esplicitamente e senza infingimenti, ciò che si vuol salvare e ciò di cui si ritiene di poter fare a meno in quel poco che sopravviverà di questo ateneo, dove oramai vengono considerati “residuali” molti settori di base presenti in ogni università degna di questo nome. In tutt’ Europa esiste la mobilità e la programmazione sul territorio si fa così, non essendo considerato uno scandalo chiudere delle sedi, polarizzare le specializzazioni nei diversi atenei della regione e trasferire nel luogo appropriato il personale di settori dismessi perché non più sostenibili: se non si fa questo, mi spiegate cosa cacchio si pensa di fare?
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Ed infatti quello che sta succedendo è che molti (coloro che possono) se ne stanno andando altrove e a Siena rimangono coloro che non possono andarsene (ragioni familiari o altro…) e tutti coloro che si avvicinano alla pensione…
La cosa grave non è che un cinquantenne non abbia punti di riferimento – capperi ma se a 50 anni ancora dipendi dal tuo ordinario di 70 per capire che cavolo devi fare nella didattica e nella ricerca sei alla frutta proprio… – quanto il fatto che non si facciano assegni di ricerca e dottorati… che non ci siano ingressi di forze fresche…
Se non vuoi smantellare tutto devi renderti attraente per i giovani o semigiovani – unisi che gli sta dicendo invece? Che soldi non ci sono e non ci saranno – che tanti rimarranno fino all’ultimo sia mai di redistribuire qualche fondo… che il lavoro graverà tutto su chi rimane… tu rimarresti?
Sulle chiusure dei corsi e delle cattedre vige il criterio Gelminiano e per noi quello finanziario.
Sarebbe da metterci anche quello strategico/meritocratico ma è difficile… proprio per il tuo ragionamento nimby nessuno vorrà chiudere il proprio corso perché inutile anche senza il numero minimo di studenti… anche se fa consumare risorse invece che portarle, anche se i risultati didattici sono scadenti… ed allora non so dare una soluzione. Certo che se ci fossero penalizzazioni sul FFO per la ritrosia di alcuni a mollare è necessario che il rettore lo renda ben esplicito… a tutti…
«– capperi ma se a 50 anni ancora dipendi dal tuo ordinario di 70 per capire che cavolo devi fare nella didattica e nella ricerca sei alla frutta proprio… – » cal
Nulla dies sine linea… caro Cal, ma ci sei o ci fai? Mi spieghi che ci azzecca codesta considerazione con quello che ho scritto? Mi chiedo solo se mi/ci stai prendendo in giro, visto che pare tu commenti senza aver letto.
Hai scritto che i 40-50enni si troveranno senza punti di riferimento (insegnamenti, corsi di laurea, dipartimenti)… e senza prospettive di carriera….
Ovvio dico – ma è la conseguenza della situazione finanziaria non del taglio dei corsi…
la mia affermazione era per dire che a 40-50 anni dovresti essere tra quelli che gestiscono il fenomeno dei tagli – ovvero tra quelli che indicano cosa è da tagliare… se non ci sei è perché qualcuno più anziano è al posto tuo… e allora sei alla frutta…
«…la mia affermazione era per dire che a 40-50 anni dovresti essere tra quelli che gestiscono il fenomeno dei tagli» cal
Cal, immagino che tu scriva da qualche lontana galassia, oppure che ti diverta a sviare l’attenzione, dirottare il dibattito su questioni futili, su luoghi comuni che fanno presa sull’uomo della strada, per non affrontare questioni importanti (chiamasi “disinformazia”): ho scritto i quaranta-cinquantenni per dire la maggior parte di coloro che, statisticamente, si trovano in una posizione di ricercatore, di associato, o persino di precario, perché questa (e non le tue fantasticherie) è la realtà dell’università italiana oggi, e Siena, che non è Oxford, non fa eccezione. Che il fenomeno dei tagli sia “gestito” dai quarantenni e che siano i ricercatori o gli associati ad “indicare” quello che deve esere tagliato, è una battuta vieppiù esilarante. Ma mi rendo conto che i miei sforzi per farmi capire, con te risultano vani, perché continui a fantasticare di una realtà che non c’è, a non leggere e a ripetere il tuo stornello: che bisogna mandare via i vecchi, così entrano i giovani, anche se questa di per sé, è una frase vuota. Anzi, una boiata pazzesca. Quando vieni a trovarci sulla terra, Cal?
Ma la cosa non viene gestita dai 40-50enni perché come al solito c’è una classe più anziana e riottosa ad andarsene… togli quella dai posti di comando e le cose saranno almeno discusse dai 40-50enni… la governance dovrebbe essere partecipata… che poi decidano sempre i più anziani è una prassi che è stabilità in atenei a conduzione baronale… allora ricambio ci vuole…
ma tu sei tra quelli che vuole tenere la gente a 69 anni perché sennò unisi si impoverisce… per cui di che ti lamenti? È la conseguenza del tuo modo di intendere l’accademia…
PS – Basta insulti… argomenta senza giudicare… non ci conosciamo… riesci ad esprimerti senza offendere? Che non siamo una piccola Oxford si vede anche da questo… non siete abituati al dissenso ed alla discussione. La vostra opinione è legge e non cambia…
«Basta insulti… argomenta senza giudicare… non ci conosciamo… riesci ad esprimerti senza offendere? Ma tu sei tra quelli che vuole tenere la gente a 69 anni perché sennò unisi si impoverisce… per cui di che ti lamenti?» Cal
Caro Cal, stai sparando boiate a vanvera, ragioni in modo naive, al netto di leggi e dati di fatto. Da parte mia io so esprimermi così bene… che mi sono guadagnato per ben due volte la “prima pagina” del forum: evidentemente sei l’unico a non capire, e temo dipenda da te. Soprattutto è difficile che tu capisca, se non leggi. Ovviamente sei libero di pensarla come vuoi, e io mi sono limitato ad esporre un’opinione argomentata; ma se vuoi discutere con me, evita di distorcere in modo provocatorio i miei messaggi e di buttarla in vacca. Tu stai solo gettando fumo negli occhi, aizzando una guerra sciocca dei giovani contro i vecchi, come fanno certi personaggi corresponsabili del disastro che vogliono allontanare lo sguardo dell’uomo della strada da sé e dalle vere cause della situazione attuale.
«Da parte mia io so esprimermi così bene… che mi sono guadagnato per ben due volte la “prima pagina” del forum: evidentemente sei l’unico a non capire, e temo dipenda da te.» Rabbi
Spero che nella tua vita accademica abbia pubblicazioni un po’ più rilevanti di queste – con tutto il dovuto rispetto – e che didatticamente tu sia un po’ più capace di quanto dimostri qui.
E su questa prima pagina l’unico che commenta sono io… gli altri ancora sono a metà della lettura temo…
Ciò detto, vedi bene che io sono l’unico che ha citato leggi e regolamenti. Nell’altro topic alla mia citazione su leggi e regolamenti nessuno – nessuno – nemmeno chi si autoproclama maestro ha risposto né commentato. Io non distorco il pensiero di nessuno. Io commento e pongo le mie idee… in modo meno elegante di tutti voi. Chi la butta in vacca per usare le tue parole colte sei tu che finiti gli argomenti insulti… non certo io…
Peraltro – l’unico punto dove discordiamo – a dimostrazione che io leggo tutto – è quello sui prepensionamenti. Sul resto caro mio diciamo le stesse identiche cose…
«spero che nella tua vita accademica abbia pubblicazioni un po’ più rilevanti di queste» Cal
Quelle le capiresti ancora meno, e ancora una volta dipenderebbe da te.
Adesso sono più tranquillo nel sapere che in ateneo abbiamo un tale Nobel mancato (temo del modello Brunetta però)…
Noi poveri ignoranti non possiamo capire ma solo leggere e ringraziare… grazie mille di perdere il tuo tempo con me…
Dalla recente epifania del tuo ego dedurrei che tu sia un docente… dall’abitudine al confronto dialettico che mostri dedurrei che tu sia un po’ in là con gli anni… da come scrivi e dal nome che porti dedurrei una preparazione in campo letterario/filosofico… anche noi poveri mentecatti leggiamo qualcosina quà e là di martin buber… (e non dovrebbe esserti sconosciuto il concetto di hybris)…
Se le mie deduzioni fossero giuste non saresti la fonte più attendibile per considerazioni di carattere gestionale, contabile ed amministrative… ma si sa quando uno è professore sa tutto…
«Dalla recente epifania del tuo ego dedurrei che tu sia un docente… dall’abitudine al confronto dialettico che mostri dedurrei che tu sia un po’ in là con gli anni… da come scrivi e dal nome che porti dedurrei una preparazione in campo letterario/filosofico…» Cal
…e se fossi il famoso macellaio poeta della “boutique della bistecca” di Greve? Circa la considerazione geriatrica per cui solo chi è in là con gli anni è capace di un “confronto dialettico”, dalle tue continue prediche, con le quali invochi la cacciata dei “vecchi”, si deve dedurre allora che tu vorresti mandare via dall’università tutti coloro che sono capaci di… un confronto dialettico, rimpiazzandoli con giovani? Sia ben chiaro però: purché siano rigorosamente incapaci di un confronto dialettico! Nel domandare di nuovo scusa se la mia ignoranza non è pari alla tua, ti invio queste utili riflessioni:
Le 10 regole di Chomsky per manipolare le menti
1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. È più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….
7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…
9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.
Una semplice domanda! Se tutti i docenti che ne hanno i requisiti andassero oggi in pensione o in prepensionamento, si raggiungerebbe il pareggio di bilancio nel 2015? E soprattutto si scenderebbe al di sotto del famigerato 90%? Se la risposta è no (almeno a giudicare dai dati che si leggono in questo blog), che senso ha mandare in prepensionamento i docenti ed impoverire oltre misura l’offerta formativa? Avrebbe senso solo se si mandassero in prepensionamento i docenti dei corsi di laurea destinati a chiudere! E solo quelli!
«…e se fossi il famoso macellaio poeta della “boutique della bistecca” di Greve?» Rabbi
mi staresti decisamente più simpatico… anche se non comprerei la bistecca da te, visti i fatti di cronaca…
Come diceva un mio prof, l’opposto è vero… io voglio persone capaci di dialogare e di accettare il dissenso. Tendenzialmente più in là si va con gli anni e meno si accetta il dissenso. I giovani sono più abituati a discutere, in media. Salvo le eccezioni ovviamente che ci sono da entrambe le parti.
Interessante Chomsky ma io non voglio manipolare alcuna mente. A stento governo la mia.
Risponderei anche ad Antonio Carlini ribadendo che prepensionare consente di insegnare per cui non si impoverisce un bel nulla. Non so come sia possibile che ancora questa cosa non sia chiara e palese a tutti. E con i pensionamenti si arriva al risanamento un po’ prima. Che mi parrebbe una ragione sufficiente.
Dice Cal: «Risponderei anche ad Antonio Carlini ribadendo che prepensionare consente di insegnare per cui non si impoverisce un bel nulla. (…) E con i pensionamenti si arriva al risanamento un po’ prima. Che mi parrebbe una ragione sufficiente.»
Cal, però, non risponde alle domande. Le riformulo: «Se tutti i docenti che ne hanno i requisiti andassero oggi in pensione o in prepensionamento, si raggiungerebbe il pareggio di bilancio nel 2015? E soprattutto si scenderebbe al di sotto del famigerato 90%?» La risposta è no ad entrambi i quesiti. Lo dice il rettore, non lo dico io. «Con i pensionamenti» – dice Cal – «si arriva al risanamento un po’ prima». Quanto prima? E senza pensionamenti quando si arriverebbe al risanamento? Nel 2020? Quindi con i prepensionamenti si anticiperebbe al 2018 o al 2017? Lo so perfettamente che chi va in prepensionamento continua ad insegnare. È doveroso anche dire che i colleghi che vanno in prepensionamento fanno solo 60 ore di lezioni mentre chi resta ne fa almeno 120. Non solo, ma chi va in prepensionamento prende anche un corposo incentivo: con il regolamento precedente (applicato a coloro che ne hanno usufruito nel 2010 e ne usufruiranno nel 2011) chi è andato in prepensionamento con 5 anni di anticipo prenderà 150 mila euro (oltre alla liquidazione ed alla pensione). È legittimo tutto questo? Non si ravvisa un danno erariale in tutto ciò? È corretto scaricare su chi resta le 60 ore di lezioni del collega prepensionato? Quanto all’impoverimento dell’offerta formativa, ne ha parlato diffusamente Rabbi. È sufficiente rileggersi i suoi commenti.
Per rilanciare l’università devono anche aumentare le entrate allargando l’offerta didattica ed attraendo quindi studenti.
Per farlo pensano di tagliare i professori ma, ahimé, la cosa è contro la logica comune e difficilmente potrà funzionare.
Stiamo giusto assistendo al misero fallimento di un sindaco che non ha fatto in tempo a festeggiare la vittoria che già si ritrova sepolto dalla spazzatura che aveva promesso di debellare abolendo i termovalorizzatori.
A volte però i colpi di genio potrebbero anche funzionare. All’università di Siena potrebbero in gran segreto aver copiato Marchionne e la Fiat. Potrebbero aver inventato un multijet della conoscenza che risparmiando professori aumenta la didattica, così come quel accrocchio taglia il consumo di carburante aumentando i cavalli su un’auto Fiat.
Speriamo.
Chiedendo il permesso a San Gennaro l’operazione potrebbe anche riuscire.
Il prepensionamento viene fatto per risparmiare… è una procedura insolita nella PA, ma comune nel privato. Ed il ragionamento è che ogni anno un prepensionando costa in media 100mila euro. Se lo pensiono li risparmio e gliene posso anche dare 25mila… comunque ad unisi conviene. Ritengo che dal punto di vista giuridico sia stata vagliata la possibilità/liceità di una tale misura. D’altra parte c’è gente che nemmeno per 25mila euro (più dello stipendio di un ricercatore) è disposto a mollare la scrivania.
Numero di ore di didattica. Certo magari gli ordinari ne fanno di più di 60, almeno alcuni. Però, la Gelmini fa stringere inevitabilmente l’offerta didattica e quindi ci sarà bisogno di meno ore. Molti giovani mi verrebbe da dire sono ben abituati a fare didattica (non ci nascondiamo – spesso al posto di…) quindi non credo che ciò determinerà chissà quale scompenso… ed inoltre credo che molti saranno disposti a sacrificarsi un pochino sapendo che ciò sta accellerando il momento in cui sarà di nuovo consentito bandire.
Sull’impoverimento dell’offerta io sono daccordo perfino con Rabbi (nonostante quello che lui ne possa pensare…) ma se sei a 69 anni inevitabilmente la fine carriera è vicina. Quindi questo impoverimento ci sarà comunque. D’altra parte gli studenti calano, perché Siena è abbastanza sputtanata all over the world. Quindi pensare di incrementare le entrate con gli studenti è una pia illusione. Bisogna dimagrire e irrobustire… c’è bisogno di accedere ai fondi europei per la ricerca… ai network internazionali dove i denari ci sono… e per farlo ci vuole personale competente, che conosce inglese e procedure informatiche… è cioè l’occasione di diventare un po’ più moderni e flessibili.
Pensare di aumentare le entrate aumentando gli studenti è una pia illusione, è vero. Sicuramente non basta per risolvere i problemi. Se non abbiamo idea di come poter uscire dai guai potrebbe essere meglio aumentare le entrate mandando via gli studenti da Siena e chiudendo battenti. Una università chiusa per assenza di studenti non perde soldi e funziona certamente meglio di una università aperta e con studenti che perde soldi.
Potrei non essere contrario. A che serve pianificare, studiare, programmare, tentare di azzeccare il futuro guardando in una sfera di cristallo? Davvero ci conviene suggerire ai figli di mollare Siena in favore della Bocconi o della Sapienza? Alla fine stiamo vedendo che l’unica cosa certa che otteniamo è lo scempio operato da un mondo finanziario impazzito che ci incita ad accelerare la corsa verso l’ignoto, se non verso il baratro.
Forse è inevitabile un immenso crack che ci costringa tutti a un reset e a un ritorno ai fondamentali. Fermi tutti e palla al centro. Ricominciamo dalla zappa, dalla terra e dal cavallo da soma, se non dalle caverne.
Utopia?
In Belgio sono privi di governo da un anno e stanno sperimentando con successo che senza un governo centrale che sperpera quattrini la gente sopravvive meglio. Le cose funzionano per inerzia in modo automatico e l’economia si sta addirittura riprendendo.
E’ capace che l’anarchia che finora nessuno ha mai voluto si riveli vincente per un puro accidente della storia.
Forse dobbiamo stararci la mente e ritararla adottando parametri e visioni inconsuete della società. Io ogni tanto ci gioco e vedo la Gelmini come una novella Nostra Signora dei Turchi che tra cent’anni si troverà raffigurata su un altare di San Petronio a Bologna, accanto alle maioliche che rappresentano San Giuseppe da Copertino protettore degli studenti.