Rabbi Jaqov Jizchaq. Si dice che «non c’è niente di male nel riportare l’ateneo senese a numeri gestibili, anche se con tagli effettuati su criteri economici…». Vecchio argomento un po’ ipocrita, se mi si consente, giacché non è mai seguito dall’elencazione di dati di fatto precisi: la gente viene dichiarata inutile “post mortem” e il ragionamento ammonta quindi ad un pirandelliano “così è se vi pare”: la storia la scrivono i vincitori e se a quello là, l’hanno ammazzato, avranno pur avuto delle ragioni per farlo. Amen. La saga dei luoghi comuni. Siamo davvero sicuri che siano state cancellate certe strutture o corsi di laurea creati artificiosamente e dispendiosamente negli anni passati e basta? A me risulta più di una situazione in cui è accaduto casomai l’esatto contrario, e che molto di ciò che si dichiara “inutile” sia ancora allegramente quanto inspiegabilmente in piedi. Quasi tutto ciò che è stato creato negli ultimi quarant’anni, non si è consolidato, spesso perché nato da un atto politico poco lungimirante e convinto, e pertanto recava già una scadenza nell’atto di nascita, come il latte e lo yogurt. Senza dire che la situazione economica del paese è precipitata. Purtroppo però si tratta, ragionando un po’ a spanne, di oltre la metà dell’ateneo: e allora che si fa? Se sbaglio, naturalmente, correggetemi, ma siate meno vaghi, cominciando a spiegarmi come ciò nonostante, le sedi distaccate sono ancora lì, con i loro doppioni, per i quali s’intravede un “radioso avvenire” a spese della casa madre, magari con quattro o cinque studenti, e le più volte dileggiate in questo forum “scienze del bue muschiato” sono più vive che mai, semplicemente perché dal punto di vista del personale (non necessariamente degli iscritti!) “troppo grosse per fallire”, come si dice ora. Questo è il punto: non aspettiamoci scelte razionali e qualitative quando si applicano criteri meramente quantitativi e “lineari”. Almeno, questo è quello che mi è dato di vedere, giacché come altre volte ho sottolineato, a me pare che in questa fase contino solo le famose staliniane “divisioni” (“quante divisioni ha il Papa?”) e come attesta anche l’episodio di Ematologia, pur relativo ad una Facoltà dove di docenti ce ne sono parecchi, di questi tempi quando se ne va un professore, può darsi che entri in crisi un intero settore: figurati dove di professori ce ne sono meno! E viceversa: la presenza di parecchio personale di ruolo, costituisce per caso ipso facto un segno di eccellenza? In molti casi poi, cosa tenere e cosa sopprimere è frutto di scelte politiche, equilibri, negoziazioni che travalicano l’università stessa, patti tra “grandi elettori” e sarebbe bene che chi compie tali scelte, almeno non nascondesse la mano, sicché si possano almeno intravedere i tratti di un disegno volto a un fine, ancorché criticabile, e non avere l’impressione di essere in balia di forze che lottano darwinianamente per la sopravvivenza o macchinazioni del tutto estranee al perseguimento del bene comune. Siamo sicuri dunque che siano stati criteri “economici” e di razionalità a guidare i tagli? Io mi azzardo a dire di no, perché il meccanismo dei “tagli lineari” (leggasi “requisiti minimi di docenza” più pensionamenti) decapita un po’ a casaccio e togliere un pollo a chi ne ha ventidue o toglierlo a chi ha solo quello, non è la stessa cosa, né la specchiata onestà o il valore di qualcuno si giudicano necessariamente dai polli che conta il suo pollaio. Posso certo sbagliarmi, ma sfido chiunque ad argomentare per dimostrarmi il contrario, giacché trovo che a cinque anni dall’eplosione del “buho”, non sia più tollerabile porre queste questioni in termini vaghi ed interrogativi. Per piacere, guardiamo in faccia la realtà! In ogni caso, se fossi uno che deve trascorrere ancora qualche lustro in questa sede, direi: “fate quello che volete: continuate a puntare sulle “scienze del gatto e del bue muschiato” e a dichiarare inutile magari la meccanica quantistica, la genetica o la topologia differenziale, ma per amor del cielo, chiarite a chi non sia prossimo alla pensione e veda scomparire attorno a sé le condizioni stesse del proprio operare, cosa deve fare nei prossimi dieci o venti anni”, perché non si può semplicemente tenere in ostaggio una generazione o due. Torno a ripetere che il problema, a mio modestissimo avviso, non si può risolvere “intra moenia”.
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…la storia si ripete:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/09/studenti-occupano-store-delluniversita-mettono-cartelli-monumenti/169492/
Ora che finalmente la magistratura ha risolto il teorema di Fermat, l’Università si costituirà parte civile?
Concordo… il problema è identificare il bue muschiato e il gatto (che forse era quello famoso di Fontebranda di focardiana memoria)
Ci stai forse suggerendo che la prima cosa da fare sia quella di almeno eliminare i doppioni?
«Ci stai forse suggerendo che la prima cosa da fare sia quella di almeno eliminare i doppioni?» Cal
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..beh, mi pare di averlo suggerito ripetute volte, additando ciò come la prova provata che non si stanno eliminando “le cose inutili”, ma sovente quelle senza sponsorizzazioni politiche. Non solo, ma è la prova palpabile che l’unico “disegno” di ristrutturazione dell’ateneo che si intravede è di tipo sostanzialmente “darwiniano”, in cui la selezione non la fanno però l’eccellenza e il merito. Ho invitato i sostenitori della tesi “stiamo eliminando le cose inutili” a darmene prova, ma tutti tacquero. Inoltre, conoscendo come vanno le cose in questo mondo, mi par di poter pronosticare – e a dire il vero è qualcosa di più che un mero pronostico – che se elimineranno i doppioni, magari faranno fuori l’originale per tenersi la copia (come potrebbe recitare un corollario della legge di Murphy). Continuo incredulo a chiedermi: ma con quello che succede, la crisi economica e l’assalto della speculazione internazionale, la riforma – bella o brutta che la si consideri – a cui mancano la maggior parte dei decreti attuativi, il dissesto finanziario dell’ateneo senese al quale non si intravedono spiragli (e anche gli altri atenei mi paiono piuttosto malmessi), venticinque fra dirigenti ed accademici sotto processo … stiamo ancora a perdere tempo con queste guerricciole di posizione, quando, come attestano anche le vicende discusse in questo blog, la cabina di regia e lo scontro sono oramai ad un livello più alto, come minimo regionale? Forse è utopistico pensare che un nuovo ministro entro un governo, sperabilmente tecnico, presieduto da un ex rettore, possa finalmente dire basta a questo malcostume, visto che il sistema non appare in grado di autoriformarsi?
«Il problema è identificare il bue muschiato e il gatto (che forse era quello famoso di Fontebranda di focardiana memoria).» Cal
Dai, per piacere: se non sei capace di riconoscere un bue muschiato, che ti ci mandiamo a fare all’università?
Beh allora elencali i buoi muschiati.
Perché è vero che «Ho invitato i sostenitori della tesi “stiamo eliminando le cose inutili” a darmene prova, ma tutti tacquero» ma è anche vero che neanche tu fai elenchi. Facciamoli sti elenchi. Prendiamocela una mezza responsabilità di dire a qualche collega: insegni la scienza del bue muschiato.
Penso che l’onere della prova ti spetti…
…caro Cal, a me pare che questo blog non faccia altro da anni. Sei veramente “a case study”: scrivi, ma non leggi.
Sì, ma tu non sei il blog. Prenditi le tue responsabilità. Facci l’elenco dei tuoi buoi muschiati. Magari ci sono anche io dentro senza saperlo… Coraggio non ti nascondere nel mezzo dei fiori…
«Sì, ma tu non sei il blog. Prenditi le tue responsabilità. Facci l’elenco dei tuoi buoi muschiati. Magari ci sono anche io dentro senza saperlo… Coraggio non ti nascondere nel mezzo dei fiori…» Cal
Cal, a me pare che tu abbia la lingua più veloce del cervello.
Che facciamo riprendiamo con gli insulti? A me pare che si parli per parlare se non si e’ in grado di dire quali sono le nostre scienze del bue muschiato.
Senno’ e’ qualunquismo spicciolo. E facile facile. O ci si nasconde dietro la massa del blog o si svia abilmente l’argomento. Siccome affermi che siano stati salvati corsi di scienze del famoso bue, dicci quali sono per favore.
@ Cal: «dicci quali sono»
In quanto autore, modestamente, della definizione credo spetti a me fare la dichiarazione richiesta. Dunque, ci sono almeno due specie di bue muschiato, una è quella naturale, Scienza della comunicazione, per esempio, è un intero troupeau di buoi muschiati; l’altra è una metamorfosi, o se vuoi mutazione genetica; si tratta cioè della trasformazione in bue muschiato di nobilissime materie che buoi non sarebbero; immagina che invece di leggere, tradurre e commentare un classico, facendo poi seguire il tutto da un robusto scritto, come potrebbe essere la traduzione di un tre pagine dal Dialogus de oratoribus, si discetti, scimmiottando Benveniste, sulla posizione socio-politico-economica delle lavandaie romane, o sui costumi religiosi dei venditori di caldarroste dell’epoca sillana, il tutto senza disturbare la lingua latina che è, come tutti sanno, materia spiacevolissima, della stessa qualità della merda che, giusta un proverbio russo, se non la tocchi non puzza.
Di queste facezie le tre Facoltà di lettere di cui si fregia codesto ateneo sono ricolme. Soddisfatto?
Sì, soddisfatto e condivido pure. Aspettiamo la lista del Rabbi.
Cal, come fai ad essere d’accordo con Outis, ma non con me, se abbiamo detto la stessa cosa? A case study…
Chi ha detto che non sono d’accordo con te? Ma non mi pare tu abbia mai fatto nomi e cognomi come outis? Sono solo questi o hai altri buoi muschiati nella tua lista?
😦 ma porca miseria Cal, ci sei o ci fai? Ho detto le stesse cose ed ho citato i medesimi esempi di Outis! Diciamo pure che tu parti all’assalto senza nemmeno leggere cosa scrivono coloro che aggredisci: eppure se per l’ennesima volta il prof. Grasso mi ha concesso l’onore della prima pagina, vuol dire che altri hanno capito benissimo! A case study…
Io non aggredisco. A differenza tua. Si vede che gli altri hanno la pazienza di leggere le 500 righe di ogni tuo post. Sarà mica un forum di pensionandi? In quelli che ho letto io mai menzionavi nomi e cognomi… si vede che me li sono persi tra le dotte citazioni e le allusioni. Certo che un corsettino di efficacia nella comunicazione tenuto presso la Facoltà di scienze del bue muschiato non ti farebbe scomodo… la sostanza sopra la forma amico mio… oltre le 10 righe l’efficacia sfuma…
«…oltre le 10 righe l’efficacia sfuma…» Cal
…e questo sarebbe un aspirante professore universitario.
Cal, a case study 😦
…Cal, casomai ti fosse sfuggito, i miei messaggi sono di una sessantina di righe, non cinquecento, ma ho sospetto che anche i consiglieri d’amministrazione, sindaci revisori e quant’altri sotto indagine, alla domanda su come mai non si fossero addentrati nella lettura accurata dei bilanci, risponderanno come te: “oltre le dieci righe, l’efficacia sfuma”.
Cal, a case study 😦
Sì ma un conto è non leggere atti ufficiali su cui deliberare e un conto è non leggere tutta la tua logorrea. Non ti prenderai troppo sul serio? Non è che a forza di chiamarti Rabbi pensi davvero di esserlo? Outis ha scritto 10 righe e si è capito… tu hai secondo me molta forma e poca sostanza. Un perfetto docente accademico per la Facoltà di scienze del bue… Proponiti chissà che non ti trovino come impegnare le ore in cui scrivi i poemi nel blog
«Sì ma un conto è non leggere atti ufficiali su cui deliberare e un conto è non leggere tutta la tua logorrea.» Cal
Gentile signore, nessuno la obbliga a compiere lo sforzo titanico di leggere più di dieci righe, ma per piacere dica qualcosa di suo: i suoi interventi nel blog sono costellati di insulti e nessuna riflessione; ha cominciato con gli insulti ai professori “vecchi”, per proseguire insultando coloro dei quali non conosce nemmeno il punto di vista, in quanto autori di messaggi che superano le dieci righe.
Cal, a case study 😦
Non credo che lei intenda case study come un vezzeggiativo nei miei confronti. Siccome nel tempo ho imparato che qui l’insulto è del tutto tollerato, adeguandomi all’andazzo, la informo apertis verbis che lei non ha trovato nei miei scritti alcuna riflessione probabilmente perché non è in grado di comprendere altro che la sua medesima logorrea (che non è poca cosa invero). Per cui a foggia della coda del proverbiale suino lei logorroicamente gira e rigira intorno al solito qualunquistico argomento del criticare tutti senza proporre niente. E senza outis che esprimeva chiaramente nomi e cognomi avrebbe annaspato in cerca di ossigeno intellettuale dal blog accusando il sottoscritto di non leggere cose che lei non ha scritto chiaramente; come se leggere le sue quotidiane 60 righe non fosse di per sè un supplizio sufficiente per chi come me lavora. La invito nuovamente dopo averlo fatto per i precedenti 80 thread ad ignorarmi.
«Come se leggere le sue quotidiane 60 righe non fosse di per sè un supplizio sufficiente per chi come me lavora…» Cal
…immagino che leggere sessanta righe ogni due settimane sia una fatica insopportabile, per chi lavora in campo accademico. Sarà colpa di Lisbona? Di Bologna? O di Stigliano? Lei può tranquillamente evitare di leggere quello che scrivo (non ne soffirò), purché poi non si azzardi a criticare ciò che non ha letto, come sta protervamente continuando a fare. Ma in fondo non la deploro: succede anche nel mondo scientifico.
(A case study :-()