Università di Siena: dissesto economico, sequestro di beni e inaugurazione dell’anno accademico

La notizia è ormai certa! L’8 novembre i Pm Antonino Nastasi e Aldo Natalini hanno concluso le indagini sulla voragine da 200 milioni d’euro nell’ateneo senese con la richiesta di rinvio a giudizio per 23 indagati. Questi i capi d’accusa: peculato, truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio. Inoltre, sembra che la Procura intenda procedere al sequestro di beni e conti correnti degli indagati, per recuperare almeno una parte del danno erariale. Anche le indagini sui presunti brogli elettorali sembrano ormai concluse e fra qualche giorno si saprà se Riccaboni è legittimato a esercitare pienamente le funzioni di rettore dell’università degli Studi di Siena. Tutto ciò avviene dieci giorni prima dell’inaugurazione dell’anno accademico, voluta e fissata dal rettore per il 21 novembre.

A questo punto, è logico chiedersi se non sia il caso di annullare la cerimonia nell’esclusivo interesse dell’ateneo. In caso contrario, considerando che tra gli indagati figurano due ex rettori, tre ex direttori amministrativi e quattro revisori dei conti, Riccaboni ha il dovere di fornire, per l’occasione, una precisa ricostruzione della vicenda che ha affossato un’istituzione dal glorioso passato. E anche se, al momento, non è tra i destinatari di un avviso di garanzia, appare quanto mai opportuna una dichiarazione per escludere ogni sua forma di responsabilità nel dissesto dell’ateneo, in considerazione del ruolo svolto come presidente del nucleo di valutazione, preside di Facoltà e presidente del Cresco. Infine, poiché è già passato un anno di rettorato, s’impone che nel corso dell’inaugurazione la comunità accademica sia informata delle ragioni di alcune scellerate iniziative, considerata la totale assenza di trasparenza che le contraddistingue. Si ricordano, in particolare: la nomina dell’attuale direttore amministrativo e la sua retribuzione (non approvata dal CdA e superiore, di circa 30mila euro, a quella prevista per il nostro ateneo); l’inesistenza di un piano di rientro dal disavanzo d’amministrazione, necessario e obbligatorio; l’azione truffaldina relativa all’utenza sostenibile per l’attivazione dei corsi di laurea in Farmacia, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Scienze Biologiche e il conseguente scadimento dell’offerta formativa; il ridimensionamento della Facoltà medica e la sua “ospedalizzazione”; l’immotivata riorganizzazione degli uffici amministrativi con attribuzione delle responsabilità a soggetti privi delle necessarie competenze; le delibere adottate in evidente conflitto d’interessi; il tentativo di speculare sull’università, con la costituzione di un fondo immobiliare che gestisse gli edifici da alienare; i rapporti mai chiariti con un operatore finanziario indagato dalla Procura di Fondi. Questi sono i temi che la relazione del rettore dovrà trattare se, nonostante tutto, persiste nell’idea di inaugurare l’anno accademico.

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Il Cittadino Online (11 novembre 2011). Anno Accademico: è il caso di inaugurarlo?

Ma che senso ha inaugurare l’anno accademico all’università di Siena?

Rabbi Jaqov Jizchaq. Si dice che «non c’è niente di male nel riportare l’ateneo senese a numeri gestibili, anche se con tagli effettuati su criteri economici…». Vecchio argomento un po’ ipocrita, se mi si consente, giacché non è mai seguito dall’elencazione di dati di fatto precisi: la gente viene dichiarata inutile “post mortem” e il ragionamento ammonta quindi ad un pirandelliano “così è se vi pare”: la storia la scrivono i vincitori e se a quello là, l’hanno ammazzato, avranno pur avuto delle ragioni per farlo. Amen. La saga dei luoghi comuni. Siamo davvero sicuri che siano state cancellate certe strutture o corsi di laurea creati artificiosamente e dispendiosamente negli anni passati e basta? A me risulta più di una situazione in cui è accaduto casomai l’esatto contrario, e che molto di ciò che si dichiara “inutile” sia ancora allegramente quanto inspiegabilmente in piedi. Quasi tutto ciò che è stato creato negli ultimi quarant’anni, non si è consolidato, spesso perché nato da un atto politico poco lungimirante e convinto, e pertanto recava già una scadenza nell’atto di nascita, come il latte e lo yogurt. Senza dire che la situazione economica del paese è precipitata. Purtroppo però si tratta, ragionando un po’ a spanne, di oltre la metà dell’ateneo: e allora che si fa? Se sbaglio, naturalmente, correggetemi, ma siate meno vaghi, cominciando a spiegarmi come ciò nonostante, le sedi distaccate sono ancora lì, con i loro doppioni, per i quali s’intravede un “radioso avvenire” a spese della casa madre, magari con quattro o cinque studenti, e le più volte dileggiate in questo forum “scienze del bue muschiato” sono più vive che mai, semplicemente perché dal punto di vista del personale (non necessariamente degli iscritti!) “troppo grosse per fallire”, come si dice ora. Questo è il punto: non aspettiamoci scelte razionali e qualitative quando si applicano criteri meramente quantitativi e “lineari”. Almeno, questo è quello che mi è dato di vedere, giacché come altre volte ho sottolineato, a me pare che in questa fase contino solo le famose staliniane “divisioni” (“quante divisioni ha il Papa?”) e come attesta anche l’episodio di Ematologia, pur relativo ad una Facoltà dove di docenti ce ne sono parecchi, di questi tempi quando se ne va un professore, può darsi che entri in crisi un intero settore: figurati dove di professori ce ne sono meno! E viceversa: la presenza di parecchio personale di ruolo, costituisce per caso ipso facto un segno di eccellenza? In molti casi poi, cosa tenere e cosa sopprimere è frutto di scelte politiche, equilibri, negoziazioni che travalicano l’università stessa, patti tra “grandi elettori” e sarebbe bene che chi compie tali scelte, almeno non nascondesse la mano, sicché si possano almeno intravedere i tratti di un disegno volto a un fine, ancorché criticabile, e non avere l’impressione di essere in balia di forze che lottano darwinianamente per la sopravvivenza o macchinazioni del tutto estranee al perseguimento del bene comune. Siamo sicuri dunque che siano stati criteri “economici” e di razionalità a guidare i tagli? Io mi azzardo a dire di no, perché il meccanismo dei “tagli lineari” (leggasi “requisiti minimi di docenza” più pensionamenti) decapita un po’ a casaccio e togliere un pollo a chi ne ha ventidue o toglierlo a chi ha solo quello, non è la stessa cosa, né la specchiata onestà o il valore di qualcuno si giudicano necessariamente dai polli che conta il suo pollaio. Posso certo sbagliarmi, ma sfido chiunque ad argomentare per dimostrarmi il contrario, giacché trovo che a cinque anni dall’eplosione del “buho”, non sia più tollerabile porre queste questioni in termini vaghi ed interrogativi. Per piacere, guardiamo in faccia la realtà! In ogni caso, se fossi uno che deve trascorrere ancora qualche lustro in questa sede, direi: “fate quello che volete: continuate a puntare sulle “scienze del gatto e del bue muschiato” e a dichiarare inutile magari la meccanica quantistica, la genetica o la topologia differenziale, ma per amor del cielo, chiarite a chi non sia prossimo alla pensione e veda scomparire attorno a sé le condizioni stesse del proprio operare, cosa deve fare nei prossimi dieci o venti anni”, perché non si può semplicemente tenere in ostaggio una generazione o due. Torno a ripetere che il problema, a mio modestissimo avviso, non si può risolvere “intra moenia”.

A grandi passi verso un’unica Facoltà medica della Toscana

Francesco Lauria. Magnifico Rettore, Ill.mo Sig. Preside, Colleghi di Facoltà. Non riesco a dissimulare una certa amarezza e disappunto per l’anticipata conclusione della mia attività di Professore Universitario e Responsabile Clinico dell’Ematologia. Quanto è accaduto in questi ultimi due anni è stato veramente terribile e vissuto con il solo conforto e la solidarietà dei miei collaboratori più stretti e di qualche amico. Purtroppo però, non ci sono limiti al peggio, infatti dopo aver “polverizzato“ l’Ematologia e Trapianti, una tra le strutture meglio funzionanti sia dal punto di vista scientifico che assistenziale, l’opera di distruzione non ha risparmiato nessuno, neanche la prof. Bocchia, Professore Associato di ottima reputazione nazionale e internazionale sia come docente che come riferimento assistenziale che avrebbe avuto tutte le capacità di assumere la direzione della struttura. Pertanto, non comprendo la necessità di richiedere all’Università di Firenze un Ordinario che svolga un’attività di “tutoraggio” un giorno alla settimana, se non pensando a specifici disegni futuri a cui l’Ematologia fa da cavia creando un “pericoloso precedente”, che comporterà un inevitabile indebolimento della Facoltà come sostenuto anche dal prof. Petrini, Ordinario di Ematologia e Preside della Facoltà di Pisa. Concludo auspicando che la Facoltà Medica possa uscire quanto prima da questo momento oscuro, inquietante e cinico e auguro a tutti di avere una fortuna migliore della mia.

Mario Petrini. Caro Francesco, ho appreso con sorpresa, nel corso del recente Congresso Nazionale di Ematologia, della tua decisione di dimetterti. Spero che sia ancora possibile che tu ritorni sui tuoi passi: infatti una simile scelta priverebbe l’Ematologia di un Professore Ordinario universalmente conosciuto ed apprezzato, Ricercatore di fama internazionale e Coordinatore di studi di grande respiro che suscitano notevoli speranze. Ho avuto modo di esporre la situazione al Collegio dei Professori Ordinari del nostro settore scientifico disciplinare e tutti, indistintamente, si sono stupiti e dichiarati amareggiati per l’indebolimento che la disciplina avrebbe con un tuo ritiro. Il prestigio internazionale di cui l’Ematologia italiana gode è frutto di studiosi come te che la rappresentano nei congressi più importanti e con pubblicazioni di elevatissimo impatto come quelle che hai prodotto. Oltre che per queste considerazioni sono profondamente contrariato, come Preside della Facoltà di Medicina di Pisa, per l’assetto didattico e assistenziale che deriva da una simile decisione non opportunamente preparata. La copertura che le tre Università offrono, per quanto attiene all’Ematologia, è infatti precaria con una offerta assistenziale al limite del fabbisogno. L’ipotesi che il tuo Preside mi ha prospettato, di una condivisione con il Prof. Bosi, Ordinario di Firenze, mi stupisce, come ho avuto modo di dirgli e mi amareggia non essere stato coinvolto. In primo luogo avete, a Siena, un Professore Associato di grande rilevanza, la Professoressa Bocchia, coordinatore di uno studio di interesse internazionale aperto anche all’industria, che gode di ottima reputazione sia come Docente che dal punto di vista assistenziale. La Professoressa ha, a mio avviso, tutte le capacità per proseguire la tua opera e non vedo necessità di tutoraggio o di un periodo di attesa. Anche strategicamente, la condivisione non strettamente necessaria, di Docenti porta inevitabilmente all’indebolimento della stessa Facoltà che potrebbe risultare sminuita rispetto alle altre. Vero è che questa soluzione appare temporanea, ma ugualmente il precedente è pericoloso. Ho più volte sottolineato come, a mio avviso, una programmazione delle attività sul territorio regionale debba essere fatta arrivando perfino alla rinuncia coordinata di corsi di laurea triennale mentre l’idea della condivisione porta in se i rischi dell’inefficienza ed avvia verso un’ipotesi di Facoltà unica della Toscana. Non credo che la tradizione, l’esperienza ed il prestigio delle tre Università possano consentire una simile evoluzione che ha in se il germe della perdita di autonomia.