Per garantire al vertice dell’ateneo senese la massima autorevolezza è necessario procedere a nuove elezioni del rettore

Marco-FalorniMarco Falorni. Nonostante le gravi difficoltà del bilancio dell’ateneo dovute alle ultime gestioni, e che la presente non è ancora riuscita a risolvere, la nostra Università resta una risorsa fondamentale per Siena, una ricchezza che da secoli è parte dell’identità cittadina, della sua economia, del suo tessuto sociale. L’Università andrà quindi difesa con ogni mezzo e in ogni sede.

Il Comune non ha competenze dirette sull’Ateneo, ma può coordinare con i vertici, meglio se liberi da dubbi sulla legittimità della loro permanenza in carica, politiche e iniziative in materia di urbanistica, cultura, servizi agli studenti eccetera. Sarà opportuno stimolare gli enti competenti al fine di potenziare le capacità di accoglienza abitativa pubblica degli studenti fuori sede, e si renderà in ogni caso necessario migliorare i controlli sulla regolarità delle locazioni private agli studenti. Il Comune richiederà inoltre una revisione statutaria dell’Ateneo per ripristinare, come era in passato, la presenza in consiglio di amministrazione di un rappresentante dell’Amministrazione comunale, con il quale rapportarsi per ogni forma di coordinamento tra le due istituzioni.

L’esigenza di garantire al vertice dell’Ateneo, in questa fase così difficile, la massima autorevolezza, senza alcun dubbio sulla legittimità della permanenza in carica dei vertici, impone di invitare il rettore a porre in essere sollecitamente gli adempimenti necessari per procedere a nuove elezioni.

Anna Giunti (Impegno per Siena). Il direttore amministrativo e il Rettore dovevano risanare il bilancio della nostra Università che è stata sempre un fiore all’occhiello della nostra città, ma il risultato sembra essere l’opposto. Sono stati fatti spostamenti del personale in esubero da una sede all’altra: ma non si può mandare persone che per una trentina d’anni hanno lavorato in amministrazione a fare la didattica da un giorno all’altro e viceversa. Questo provoca un disservizio agli studenti che pagano le tasse non per avere questo, ma per essere seguiti nei vari problemi che possono avere. Hanno mandato professori in pensione e va bene, ma non gli si fanno nuovamente contratti per insegnare, ci sono tanti ricercatori a cui affidare tali insegnamenti e lo stipendio è certamente inferiore. Invece sono stati tagliati i più deboli: 64 persone della Cooperativa Solidarietà a casa e delle ore al personale delle pulizie. Ora spero che qualcuno si accorga di questo perché con tutte queste manovre più che il risanamento si voglia il tracollo dell’Università.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Per proseguire la carrellata di considerazioni surreali dei politici locali sul cadavere dell’università, leggo questa enigmatica presa di posizione di Anna Giunti e letteralmente non capisco di cosa diavolo stia parlando: risulta anche a voi che mr. Bartleby, dopo trent’anni di onorato servizio come solerte impiegato dell’ufficio pensioni sia stato comandato in cattedra ad insegnare contro la sua volontà Astronomia Extragalattica? Ma siccome tutto è possibile, la prego signora, faccia i nomi: confesso che mi è toccato vedere di peggio. “Hanno mandato i professori in pensione e va bene“? Scusi signora, concordo sul fatto che quei contratti sarebbero stati meglio spesi per favorire l’accesso, almeno temporaneo (visto che il reclutamento è bloccato), di qualche giovane, ma come crede che abbiano convinto gli interessati a prepensionarsi, se non in cambio di un lauto compenso economico che equilibrasse quello che in tal modo perdevano?

Coloro che hanno ceduto il contratto a un giovane, mi risulta siano stati due in tutto l’ateneo. Che dei precari extra luxe, quali i prepensionati, guadagnino venti volte di più di un precario normale a parità di ore di lavoro, è in effetti abbastanza iniquo e non “va bene” proprio un accidente. Inoltre i prepensionati-riassunti, in quanto usciti di ruolo, non contano negli infernali conteggi dei “requisiti di docenza” e pertanto non va bene proprio niente. Si smantella inevitabilmente mezza università un po’ a cacchio: dunque non “va bene” proprio un cavolo!

Da più di mille a meno di seicento docenti (meno di un terzo di Pisa) tra cinque anni e… “va bene”, cioè non cambia niente?!?!?! In che senso “va bene”? Mille amministrativi e poco più di cinquecento docenti e va bene? Amministrativi i quali fra un po’, se continui a chiudere roba e perdere pezzi, non sapranno che cavolo amministrare e “va bene”?!?!?! Amministrativi (o sarebbe meglio dire tecnici) che insegnano immagino che ve ne siano, sebbene non certo nei modi surreali che la signora descrive: dove? Quanti?

In ogni caso per legge non possono essere conteggiati neanche loro nei requisiti di docenza e dunque non saranno certo in numero rilevante: devo ripetere che ci vogliono 12+8 distinti e non riciclabili docenti di ruolo in una precisa miscela per dar vita ad un corso di laurea e che la fonte dei problemi, adesso, nel momento in cui va via a casaccio un docente su due, è proprio la caduta di tali requisiti? Delle due l’una: o cambi la legge sui requisiti minimi di docenza, che in quella misura non esistono in Europa e fai lavorare di più i docenti che hai (è così che funziona in Germania: con meno persone fanno più cose, ma questo è affare del parlamento e i requisiti minimi li inventò Mussi e li ribadì miss. Neutrino), oppure vai verso le soluzioni del tipo di quelle che ho additato nei precedenti messaggi: tertium non datur, smettiamola con le sciocchezze.

Ma insomma, questi poi continuano a parlare a vanvera di “eccellenze” da salvaguardare, proprio mentre si stanno di fatto cancellando anche i dottorati di ricerca: “Sono requisiti necessari per l’accreditamento… per ciascun ciclo di dottorati da attivare, la disponibilità di un numero medio di almeno sei borse di studio per corso di dottorato attivato, fermo restando che per il singolo ciclo di dottorato tale disponibilità non può essere inferiore a quattro” (Decreto Ministeriale 8 febbraio 2013 n. 94). Orbene, a questi lumi di luna sei borse sono roba da nababbi e non ce le ha quasi nessuno; dunque o si fanno ancora dei grandi calderoni con dottorati immaginari nelle Supercazzole socio-psico-medico-fisico-storico-chimico-algebrico-botanico-prematurate, o si va nella direzione che ho auspicato “ad nauseam” nei precedenti messaggi.

Non ho chiaro cosa intenda per “ricercatori” la suddetta signora, ma i ricercatori strictu sensu (ex terza fascia) già ad oggi mi risulta costituiscano oltre il 40% dell’intero corpo docente senese residuo; percentuale che desumo sia destinata ad aumentare man mano che la gente continua ad andare in pensione, essendo quelli meno anziani, anche perché uno non è che nasce “ricercatore”, ma se da sette o otto anni non esistono concorsi e chissà per quanto durerà l’astinenza (in molti settori, a Siena, durerà per sempre), come fa a diventare associato? La informo altresì che normalmente insegnano, non è che devono essere sollecitati da qualcuno a farlo: un anno fa le competenti autorità avevano pateticamente fissato un monte ore massimo (90 ore contro le 120 di associati ed ordinari) per dimostrare non so che cosa, ma dopo un solo anno il tetto è stato abolito, perché era del tutto evidente che fissando quel limite avrebbero provocato un altro cataclisma nei corsi di studio, data la attuale mancanza di docenza; anzi, se va a vedere nel sito del MIUR si rende conto di quanti siano i ricercatori che addirittura sono rimasti gli unici di ruolo nei rispettivi settori disciplinari (e in nessuna università ove abbia senso parlare di ricerca c’è un solo esponente di un settore disciplinare).

Mi pare abbastanza incredibile: quando parlano, che so, del Monte dei Paschi, tutti i politici ritengono giustamente indispensabile farlo in maniera abbastanza informata; quando parlano di Università, ognuno pensa di poter sparare la prima puttanata che gli viene in testa, la coglionata che ritengono possa far presa sul popolino che chiede la testa dei chierici, perché tanto va bene sputare sull’università (cioè in uno dei piatti dove qusta città storicamente mangia) del tutto a prescindere da dati di fatto, cifre, problemi reali, responsabilità (politiche e penali), regolamenti, leggi dello stato. È intollerabile da parte dei politici una simile ignoranza e superficialità: per piacere, esistono le leggi dello Stato, che avete fatto voi, non è che ce le ha portate la Befana: le avete lette? Leggete per favore le leggi che voi stessi ci somministrate, smettete di parlare a vanvera!

11 Risposte

  1. … P.S. bando alle ciancie, verosimilmente, sebbene in italiano parecchio caracollante, con quel “spostato dall’amministrazione” e “messo alla didattica” la signora Giunti intendeva che la persona alla quale si riferisce è stata spostata da non so quale ufficio ad un ufficio di segreteria studenti (almeno spero!). Comprendo il disagio, visto che anche nella riorganizzazione del personale non mi pare si sia brillato e di gente imbufalita ne odo parecchia; ma il discorso nel complesso non cambia: non si può fare i belli addormentati ignorando quello che sta succedendo a livello delle strutture didattiche e della ricerca e a parte il ragionamento assennato di Li Causi qui sopra ed alcune considerazioni nella stessa direzione svolte tempo fa dalla Vigni, non mi pare che da altre parti (da destra come da sinistra) siano venute analisi pertinenti poggianti su dati di realtà.

    • In italiano “spostato dall’Amministrazione” vuole dire tolto da un ufficio dove normalmente si amministra o una Facoltà, o un Dipartimento, o direttamento un ufficio di Ragioneria. “Messo alla didattica” vuole dire mandato o in una Segreteria Studenti, o in una Portineria dove si fa anche la didattica ovvero si assegnano le aule per le lezioni, per seminari, conferenze e si immettono nei computer. Ora un utente che va in questi uffici non può sapere se la persona che si trova di fronte è lì da 1 giorno o da 10 anni, le propone il suo problema e di conseguenza si trova una persona imbarazzata e questo è un disservizio! Prima di fare questi spostamenti il personale bisogna almeno istruirlo un po’, non mandarlo così allo sbaraglio. Poi i Ricercatori e i Dottorandi insegnano s, quando il prof. non può venire! Il mio italiano non è caracollante e Lei che non ha capito gli altri, sì e non c’è stato bisogno di spiegazioni.
      Anna Giunti

  2. Ma ci sono i presupposti per il commissariamento o la messa in dissesto prima di agosto 2013 o si andrà a fare nuovamente ciò che sembra essere il decorso naturale di questo ateneo: tirare a campare fino a nuovo ordine? (Che poi chissà chi lo deve dare st’ordine…)

  3. «Hanno mandato professori in pensione e va bene.» Anna Giunti

    …. mah, io continuo a rimanere basito: un paio di anni or sono, se ben ricordo, la media a livello nazionale del rapporto tra personale TA e docenti era di di 0.96: qui a Siena andiamo verso una media di due TA per ogni docente, cioè il doppio della media nazionale, e lo stupidario politico-sindacale reclama l’ulteriore diminuzione e punizione del corpo docente, ignari dell’ineluttabile dimezzamento dei docenti cui giungeremo in pochi anni anche senza il loro incitamento: da più di mille a meno di seicento, un ammontare per giunta determinato dal caso (i pensionamenti) e dal blocco del turn over, e non da una programmazione razionale delle esigenze, con tutte le conseguenze che ciò comporta, e cioè di averne molti dove non servirebbero e punti dove servirebbero: come possono pensare certi demagoghi da fiera paesana che il continuo smantellamento di strutture, la chiusura incessante di corsi di laurea, l’emorragia di studenti non abbiano ripercussioni sul personale TA?

    A Pisa nel 2010 il personale TA era costituito da circa 1400 unità e il personale docente più di 1700 unità, per un ammontare di circa 80 corsi triennali ed altrettanti magistrali: Siena fra cinque anni avrà circa 1000 amministrativi, ma coi poco più di 500 docenti in ordine sparso che le resteranno, sulla base delle vigenti norme (20 distinti docenti di ruolo per un ciclo completo, non riciclabili) si fanno una ventina di corsi o poco più, giacché è assai improbabile oltretutto che quelli che rimarranno siano proprio quelli che ti ci vorrebbero per farne i 30 aritmeticamente possibili e secondo la signora Giunti… non c’è nessun problema?

    In Germania, per esempio, da quello che so, se di venti docenti di un corso di laurea se ne vanno in pensione cinque, tu fai con i quindici che restano facendo lavorare di più i docenti, perché i requisiti minimi sono più bassi e più flessibili: ma qui non è possibile neanche questo, perché la legge sui requisiti minimi fu creata apposta da Mussi con l’ottica dei “tagli lineari” (‘a livella) e confermata dalla Gelmini per far chiudere più corsi possibile, e dice che se ti vanno in pensione cinque docenti di venti, tu chiudi punto e basta, e oltretutto oramai non sai cosa farci degli altri quindici che restano, giacché in questi anni è già stato accorpato quasi tutto l’accorpabile e la “panchina” delle riserve si è già esaurita.

    Come possono ritenere che mentre le strutture didattiche e di ricerca, i “plessi” diminuiscono drasticamente, per il personale TA, già enormemente sovrabbondante, non cambi niente? Come possono schizofrenicamente incitare a far fuori più docenti possibile e al contempo lamentarsi se un impiegato viene spostato da un ufficio all’altro? Ma vi siete accorti o no del terremoto in corso? Io sono solidarissimo coi 64 custodi licenziati, ma vi siete resi conto o no che l’università di Siena sta abbandonando parecchie delle sue sedi storiche e sta perdendo parecchie delle sue strutture didattiche e di ricerca? Chiudendo non hai più nemmeno gli studenti ed entri in una spirale negativa dalla quale non si capisce come potrebbe uscirne indenne il personale TA.

    Allora “va bene” una mazza, cara signora Giunti! Senza uscio, non può esistere l’usciere, e peraltro non si capisce come il mondo politico possa aver ignorato le decine di ricercatori e docenti a contratto – una generazione – fatti fuori con tiro ad alzo zero con la stessa metodica dei 64 custodi senza tanti complimenti. Che erano per caso tutti figliol di buone donne? E come possono pensare che l’incendio degli stabilimenti, la distruzione dei macchinari, la messa fuori combattimento di molte maestranze non abbia ripercussioni sugli impiegati e sui custodi della fabbrica? Che razza di università immaginano, questi politici? Una strana versione “parastatale” delle città ideali del socialismo utopistico, questa: tutti impiegati, nessun operaio, niente macchine e zero produzione: University of the Ripa, si mangia, si beve e si…

    Qui c’è gente – demagoghi di varia foggia, politici vecchi e nuovi, sindacalisti – che continua a dire “mandiamo via i docenti e proteggiamo il personale TA”, senza rendersi conto che sta dicendo qualcosa di profondamente stupido e di perfettamente contraddittorio.

  4. Caro Rabbi,
    ho sempre condiviso, e condivido ancora, quel che da molto tempo scrivi sulle vicende dell’Università di Siena. In questo tuo ultimo commento ripeti argomenti ovvii per tutti, tranne che per il rettore e qualche amministrativo (ed è comprensibile) non ancora a tempo indeterminato. Ho, però, l’impressione che tu non sappia quel che accadrà nel momemto in cui, risolti i problemi di bilancio, l’Ateneo dovesse cominciare ad assumere qualche docente. Ebbene, in quel momento, i pochi punti di budget disponibili per assumere qualche ricercatore o chiamare qualche professore verrebbero distratti per dar esecuzione a una sentenza del giudice del lavoro, che obbliga alla stabilizzazione, in via prioritaria, di 40 amministrativi e tecnici, che a suo tempo non furono assunti per la scoperta del buco da 270milioni di euro. In questo caso, le esigenze della docenza passano in secondo piano. Prima di tutto gli amministrativi e poi, se avanza qualcosa, i docenti. Più volte hai ripetuto che l’università non è una fabbrica di “ricciarelli”: ebbene, neppure una fabbrica di “ricciarelli” assumerebbe solo segretarie, quando ha bisogno di dipendenti che producano i dolci.
    Senza la dichiarazione dello stato di dissesto e conseguente commissariamento dell’ateneo non ne usciamo!

    • Caro Tessitore, adesso c’è anche questa novità ad intrigare ulteriormente la matassa: all’insegna del motto “largo ai giovani” e dell’eterno ritorno dell’uguale la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 della l.240/2010. In poche parole, contrordine: i professori universitari potranno restare in cattedra fino a 72 anni:

      «Negli atenei. Ricambio generazionale più difficile

      La motivazione L’esclusione dei docenti dalla proroga biennale concessa ai dipendenti pubblici viola il principio di uguaglianza. I docenti universitari possono chiedere di restare in servizio, come gli altri dipendenti pubblici, per un biennio dopo il raggiungimento dei requisiti pensionistici. Così la Corte costituzionale con la sentenza n. 83 del 6 maggio scorso, che dà un brutto colpo alle speranze di rinnovamento nelle Università, anche per il messaggio indiretto che manda al sistema.»

      (Il Sole 24 Ore – Giampiero Falasca http://www.swas.polito.it/services/Rassegna_Stampa/dett.asp?id=4028-171571246)

      «A volte ritornano: la Corte Costituzionale sul pensionamento dei professori e dei ricercatori universitari»
      (http://www.roars.it/online/la-corte-costituzionale-sul-pensionamento-dei-professori-e-dei-ricercatori-universitari/)

      Come si comporterà l’università di Siena che ha puntato tutta la politica di “risanamento” 😦 sui prepensionamenti dei docenti e sullo “smaltimento” o “rottamazione” dei professori?

  5. «Poi i Ricercatori e i Dottorandi insegnano si, quando il prof. non può venire!» Anna Giunti

    Purtroppo non è solo il suo italiano ad essere caracollante. La sua ignoranza è semplicemente abissale: cosa vuol dire “quando il professore non può venire”? “Venire” dove? È ridicolo, Lei sta sparando puttanate su puttanate ed insulta quel 40% del corpo docente (tanti sono i ricercatori), moltissimi dei quali titolari di corsi per un ammontare di ore del tutto simile a quello di associati ed ordinari: sono oramai così indispensabili, che è stato persino abolito il tetto massimo al monte ore d’insegnamento loro concesso. Se si degnasse di dare un’occhiatina al sito MIUR (lo sa, spero, cos’è il MIUR?) vedrebbe che in molti casi sono gli unici rimasti nei rispettivi SSD e senza di loro l’università di Siena (e non solo) avrebbe semplicemente già chiuso i battenti. Gentile signora, mi sa che Lei l’università non sa nemmeno che cosa sia: comunque vada avanti così; dopo aver scritto che l’eliminazione del 50% dei docenti “va bene”, adesso reclami l’eliminazione anche di quell’oltre 40% residuo, i ricercatori: è questo il suo programma elettorale? “Vaste programme!”

    • Io ci ho lavorato dentro l’Università ed ho visto con i miei occhi. Non sono “puttanate” come dice! Ci sono prof. che hanno la cattedra e nello stesso tempo un contratto in altra università e non hanno la facoltà di essere in contemporanea in due posti, pertanto le lezioni vengono fatte dai Ricercatori e Dottorandi. Lei ha frainteso io non ho niente verso questi (e sono amica di molti), ma dei Prof. che dopo essere in pensione continuano ad avere contratti, non potrebbero lasciare l’insegnamento a loro? Prima di parlare dovrebbe sapere che dentro l’Università ci sono stata 19 anni e le ho viste di tutti i colori! Forse è Lei che non le sa tutte!!

  6. …P.S. ma che c’entrano i dottorandi? Non è mica personale di ruolo! Cosa c’entrano i dottorandi coi ricercatori? I ricercatori sono titolari di corsi, i dottorandi non possono esserlo. Lei sta semplicemente scrivendo cretinate e dando aria alle gengive, senza letteralmente avere la benché minima idea di quello di cui sta parlando.

  7. …P.S. Atteso che queste considerazioni puramente aritmetiche che svolgo non sono né di destra, né di sinistra, e potrebbero condividerle il Montigiani della Lega, oppure la Vigni, perché, parafrasando Rudolph Carnap, “in matematica non c’è morale”, fornisco qualche notizia per la sig.ra Giunti, ancora attendendo di sapere cosa cacchio c’entrino gli studenti di dottorato, con quei dipendenti dell’università (ex cosiddetta “terza fascia”) denominati ricercatori di ruolo (nel calcolo della “didattica assistita” si noti però la presenza anche di quelli non confermati e a tempo determinato: con riferimento alla formula DID, non saprei dire quale sarà la quantità di didattica erogabile dopo il dimezzamento del corpo docente):

    Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013, n. 47

    Caratteristiche dei docenti di riferimento:
    «Ogni docente di riferimento deve avere l’incarico didattico di almeno un’attività formativa nel relativo corso di studio. Può essere conteggiato 1 sola volta o, al più, essere indicato come docente di riferimento per 2 corsi di studio con peso pari a 0,5 per ciascun corso di studio.
    …. Nell’ambito dei docenti di riferimento sono conteggiati:
    a) Professori, Ricercatori di ruolo e Assistenti del ruolo ad esaurimento delle Università
    italiane;
    b) Ricercatori di cui all’art. 24, comma 3, lettere a) e b) della Legge 240/10 e Ricercatori di cui all’art.1, comma 14, Legge 230/05;
    c) Docenti in convenzione ai sensi dell’art. 6, comma 11 Legge 240/10.”

    Numero minimo di docenti di riferimento:
    Laurea (triennale):
    A regime a.a. 16/17
    12 docenti, di cui:
    • almeno 4 Professori
    • almeno 9 docenti
    appartenenti a ssd di base o caratterizzanti
    • massimo 3 docenti
    appartenenti a settori affini

    Laurea magistrale:
    A regime a.a. 16/17
    8 docenti, di cui:
    • almeno 3 Professori
    • almeno 5 docenti
    appartenenti a ssd caratterizzanti
    • massimo 3 docenti
    appartenenti a ssd affini.

    Sostenibilità della didattica
    «La quantità massima di didattica assistita si calcola, con riferimento al quadro Didattica erogata della SUA, per i vari Corsi di Studio dell’Ateneo tenendo conto del numero di docenti di ruolo disponibili (professori ordinari e associati e ricercatori a tempo indeterminato e determinato) e del numero di ore di didattica assistita massima erogabili da ciascun docente, attraverso la seguente formula:

    DID = (Yp x Nprof + Ypdf x Npdf +Yr x Nric) x (1 + X)
    Ai fini del calcolo di DID:
    Nprof = numero dei professori a tempo pieno dell’Ateneo;
    Npdf = numero dei professori a tempo definito dell’Ateneo;
    Nric = numero totale dei ricercatori a tempo pieno e definito dell’Ateneo;
    Yp = numero di ore “standard” individuali di didattica assistita individuato dall’ateneo e riferito ai professori a tempo pieno (max = 120 ore);
    • Ypdf = numero di ore “standard” individuali di didattica assistita individuato dall’ateneo e riferito ai professori a tempo definito (max = 90 ore);
    • Yr = numero di ore “standard” individuali di didattica assistita individuato dall’ateneo e riferito ai ricercatori (max = 60 ore);
    • X = percentuale di didattica assistita erogabile per contratto di insegnamento, affidamento o supplenza (max = 30%).

  8. P.S. …sempre ad uso della medesima signora, informando però che il tetto delle 90 ore è stato abolito di recente per ragioni facili da capire:

    Linee guida di Ateneo per l’Offerta Formativa
    Approvate dal Senato Accademico in data 03 aprile 2012 http://ebookbrowse.com/nuove-linee-guida-d-ateneo-approvate-sa-3-aprile-2012-pdf-d406261682

    «Nel rispetto dei predetti limiti, ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti di ruolo ad esaurimento e ai tecnici laureati di cui all’art. 50 del D.P.R. 382/80 possono essere affidati, con il loro consenso e compatibilmente con la programmazione didattica, corsi o moduli curriculari comprendenti attività di didattica frontale per non oltre 90 ore… Soltanto a seguito di motivata richiesta approvata dal Senato Accademico, può essere attribuito ai ricercatori a tempo indeterminato un carico superiore a 90 ore di didattica frontale.»

    …e qui mi fermo (per adesso), vorrei che fossero chiare due cose: 1) alla luce dei criteri imposti o ribaditi dal citato decreto, il dimezzamento del corpo docente crea eccome problemi, anche per il personale TA, ovviamente, che non possono essere elusi alimentando una loffia demagogia, e 2) prima di prendere di mira a vanvera intere categorie di persone – uno sport molto di moda – si dovrebbe compiere uno sforzo minimo per informarsi. Per finire, gentile signora, Lei dice che all’università “ci ha lavorato”. Altri ci lavorano tutt’ora e le assicuro che non sono tutti delinquenti. Mi domando solo cosa c’entri questo suo ultimo messaggio (in cui curiosamente ripete le cose che ho scritto “ad nauseam” anch’io in questo blog circa i contratti dei prepensionati, curiosamente chiedendomi… che ne penso!) con i precedenti; che cosa c’entrino in particolare gli studenti di dottorato con i ricercatori (attualmente 355 su 800 docenti, ma destinati percentualmente ad aumentare, quando il complesso dei docenti sarà ridotto a meno di 600) e come tutto ciò si colleghi con l’idea che il dimezzamento del corpo docente “vada bene” e non sia problematico: vorrei che ci si rendesse conto di come, stando alle medie nazionali, il numero di amministrativi appropriato ai poco più di 500 docenti e alla ventina di corsi di laurea che resteranno da qui al 2020, compatibilmente con le leggi sui “requisiti di docenza” – ammesso e non concesso che questo svuotamento di per sé non determini il crollo definitivo – sarebbe di circa 400, mentre invece saranno 1000: dunque vorrei capire in che modo taluni ritengono di “difendere” gli interessi del personale TA incitando a far fuori ancora più docenti possibile.

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