Con l’offerta formativa all’insegna della “tuttologia” infiascata l’università di Siena continua a perdere studenti

Pupazzi-Unisi

Rabbi Jaqov Jizchaq. Si legge sul “Sole 24 Ore” che «negli ultimi dieci anni gli iscritti alle Facoltà umanistiche sono calati del 27%.» Seguiamo la tendenza, già in atto ad esempio negli USA, orientata verso la scomparsa degli studi umanistici, da noi politicamente teorizzata perfettamente bipartisan con la teoria delle famose “tre i” (mancava la quarta: idiota!); ma qui in Italia credo che questo sia un “trend” più ampio che investe anche le scienze “pure” in generale, i progetti di ricerca scientifici che non hanno una ricaduta immediatamente applicativa sui tempi brevi e le discipline teoretiche. Insomma, tutta la ricerca di base.

Mi viene in mente quel simpatico giornalista della “Frankfurter Allgemeine” perennemente ospite da Bruno Vespa, che con bonarietà paternalistica raccomanda agli italioti di dedicarsi alla cucina, al turismo ecc. e lasciar perdere la ricerca e l’innovazione tecnologica (che quella la fanno in Vestfalia o in Corea). Io, per la cronaca, fatta salva la necessità di sfruttare meglio turismo e patrimonio culturale, tenderei a pensarla in modo diametralmente opposto, ritenendo che le scienze pure ed applicate siano parte costitutiva imprescindibile del patrimonio culturale di questo paese, dato oggettivo che solo il prevalere per una certa fase di una cultura di stampo idealistico e storicistico ha potuto gettare nell’oblio.

Per quanto riguarda i settori cosiddetti “umanistici”, in particolare, leggo nel sito MIUR che qui a Siena tanto per cambiare è andata anche peggio, rispetto al dato nazionale: mentre rettori e presidi sbandieravano le classifiche taroccate del CENSIS e la “Ossforde” aretina, solamente dal 2008 ad oggi, Siena (includendo entrambe le sedi), nei corsi di laurea umanistici, è passata da 4600 studenti a 2900, cioè a dire ha perso quasi il 40% (diconsi il quaranta per cento!) degli iscritti in cinque anni.

È un circolo vizioso: alla disaffezione da parte degli studenti verso queste materie causata da un generale trionfo dell’ignoranza consumistica (come non pensare alla più volte citata “scomparsa delle lucciole” pasoliniana?), alla concreta difficoltà di trovare un lavoro (“con la cultura non si mangia”, ebbe a dire un celebre ministro) si aggiunge un’offerta didattica sempre più immiserita a causa delle uscite di ruolo di metà del corpo docente, dell’impossibilità di rimpiazzarlo, del disimpegno e della latitanza di molti che ritengono di essere stipendiati come “intellettuali”, e non come professori ma, temo (last but not least), anche di una politica che grida vendetta, consistita negli anni dello scialo nell’aver riempito a dismisura certi settori bizzarri e vacui in nome di una moda effimera durata lo spazio di un minuto, affossandone altri più solidi. Con ciò ammazzando l’unico motore che muove i giovani verso queste carriere: la passione.

Alla lunga, l’insieme di questi fattori ha prodotto corsi di laurea dalle denominazioni incomprensibili e dal contenuto vago, e ciò ha indotto gli studenti desiderosi di studiare qualcosa di ben preciso, e non la “tuttologia” infiascata, ad orientarsi verso altre sedi; mentre le iscrizioni colavano a picco e il corpo docente dimezzava, le competenti autorità pensavano a come mantenere in piedi periclitanti doppioni nelle sedi distaccate, “accorpando” il culo con le quarant’ore all’interno delle singole sedi, anziché abolire questi doppioni ed eventualmente le sedi stesse, fortilizi non più sostenibili, per concentrare le forze nella difesa della sede principale.

Purtroppo, in questo clima, hanno avuto vita facile i teorici dello sputtanamento globale-totale, cui si sono aperte autostrade all’interno di una comunità cittadina dove peraltro il provincialistico culto dell’effimero e la vanità, che considerano la cultura come una sorta di orpello, una “gravatta”, un belletto, in questi anni difficili di decadenza la fanno da padroni: ma se il trend è già di per sé negativo, com’è possibile che si ritenga di poter rispondere con proposte sempre più scadenti che hanno l’effetto di disorientare ed accentuare ancora di più la fuga da Siena?

E un disgraziato che volesse tentare la carriera accademica, come farà, in una sede dove, con le recenti disposizioni circa l’obbligo di possedere almeno sei borse di studio, non esisterà verosimilmente neppure un dottorato di ricerca specifico nei vari settori? Un dottorato… accorpato? E allora che minchia di dottorato sarebbe? Un respiro ed un attimo di riflessione bastano per rendersi conto che questa è una strada suicida.
Si salva (e ciò va ascritto a loro indiscusso merito) chi riesce a trovare fondi esterni con cui finanziare i dottorati; ma è evidente che ciò accade nella ricerca applicativa e nella sfera tecnologica e non è possibile estendere, se non in minima parte, il discorso ai settori di cui sopra.

Scusandomi se la mia ignoranza non è pari a quella di Lorsignori, la mia opinione ve l’ho detta: in queste condizioni di estrema scarsità delle risorse, che si ripercuote anche sulla qualità e dunque l’attrattività dell’offerta formativa, si facciano meno corsi e meno dottorati nella regione, ma buoni: si trasferisca lì la gente o si costituiscano corsi federati secondo il dettato della riforma, allo scopo di dar luogo a solidi presidî a livello regionale, costituendo corsi e dottorati interateneo (assai più di quanto non accada adesso, con gli attuali criteri cervellotici per il contributo della Regione ai dottorati interateneo) o trasferendo i docenti laddove le discipline hanno un maggior radicamento ed una maggiore possibilità di sopravvivenza, ponendo in definitiva la parola fine a questa finzione che è la claustrofobica “autonomia” totale degli atenei (monadi senza finestre).

Si dice che questo è ingenuo ed utopistico, non è “furbo” (meditate gente…) perché urta contro la suscettibilità dei baroni e i meccanismi spartitori che governano l’università italiana in regime di “autonomia”: eppure tutto ciò è scritto nella riforma, a questo mira l’articolo 3, a questo tendono i famigerati “requisiti minimi di docenza” e dunque mi chiedo chi comandi realmente in questa bottega, se persino il richiamo alla volontà (ancorché flebile) del popolo sovrano e alla matematica elementare è considerato un segno di ingenuità. E poi l’alternativa quale sarebbe? Assistere imbelli al declino accompagnando dolcemente alla pensione chi ne è stato concausa? E a cosa valgano tutti i fiumi d’inchiostro intorno all’eccellenza, alla meritocrazia, all’efficienza ecc., ecc. se poi cadono miseramente davanti ad argomentazioni così meschine.

L’ateneo senese si affossa anche con la disorganizzazione amministrativa programmata dai vertici

Altan_dirigentiUSB PI Università di Siena. Stiamo cercando nelle ultime settimane di mettere in chiaro alcuni aspetti dell’organizzazione di questo Ateneo. Tocca alle segreterie amministrative: si parla del lavoro di 72 colleghe e colleghi, ma anche di un problema più grande la contabilità di questo Ateneo e del programma che la gestisce. Vogliamo proprio partire da questo ultimo aspetto perché la questione è oltremodo complessa. Il nostro Ateneo ha deciso di fare nel 2013 il passaggio alla contabilità economico patrimoniale con bilancio unico, di utilizzare dal 2013 un nuovo programma di contabilità e di riorganizzare le strutture dipartimentali dell’Ateneo.

Attuare una trasformazione così radicale in un Ateneo normale è azzardato, farlo da noi è follia a nostro modo di vedere. Non lo scriviamo perché reputiamo che non vi siano le professionalità ma perché presuppone una organizzazione svizzera nella gestione delle fasi, che noi non abbiamo. Si può essere bravi, svegli e competenti, ma se si aumenta il carico di lavoro, e lo si trasforma per giunta in disorganizzato carico di lavoro, tutto questo vanifica le competenze e serve solo ad aumentare lo stress. Proviamo a fregarcene dello stress e cerchiamo di focalizzarci sui “benefici” di tutto questo cambiamento.

Il passaggio alla contabilità economico-patrimoniale fatto in un solo anno e prima del 2014 ci ha permesso di avere un premio da parte del Ministero di poco più di 100.000 euro! A fronte però di un lavoro allucinante di migrazione manuale di tutti i dati contabili dell’anno 2012 dei vecchi dipartimenti, degli impegni assunti e da rendicontare quest’anno e di viaggi infiniti dai dipartimenti alla ragioneria per inserire i dati (è normale, ci domandiamo, che tutte le spese di viaggio con i mezzi pubblici siano a carico dei dipendenti che si spostano per motivi di servizio?). Infatti solo da lì si sono potuti caricare i dati avendo un bilancio unico. I 100.000 euro non sono serviti a niente nemmeno ce li hanno dati in medicine per lo stress!

L’acquisto del software dal Cineca, cioè di U-GOV ci è costato molto, è uno strumento versatile, che ragiona in modo trasversale, che è tarato sul mondo degli Atenei, ma noi abbiamo acquistato la versione base! Sarebbe troppo lungo spiegare come funziona, nello scrivere questo comunicato abbiamo letto i vari manuali e oltre ad esserci spaventati, ma non è la nostra materia, abbiamo capito che non si può riassumere un enciclopedia in una pagina. Ogni volta che i nostri colleghi con competenza chiedono se si può utilizzare per fare un dato procedimento viene risposto: “si ma voi avete il pacchetto base, questo modulo va acquistato separatamente.”

La riorganizzazione delle segreterie in funzione dei nuovi dipartimenti, adempimento obbligatorio, è stato fatto senza una reale valutazione dei carichi di lavoro delle singole strutture, attraverso una aggregazione di colleghe e colleghi con diverse professionalità che nel momento in cui hanno iniziato a lavorare insieme, a conoscersi, si sono visti scaraventare addosso l’immaginabile. Sì, perché U-GOV gestisce tutto dalla contabilità, alle risorse umane, alla didattica intesa come contratti, costi, ecc., e quindi tutto ciò che insiste sui dipartimenti è stato gettato nel tritacarne delle segreterie amministrative, dove però ad essere tritati sono i colleghi e non i dati contabili, ecc.. Facciamo l’esempio del software Titolus per il protocollo: tutta la posta in entrata (didattica e amministrazione) deve essere protocollata dalla segreteria.

Ciliegina sulla torta è la cassa economale prevista per ogni dipartimento nel regolamento delle strutture scientifiche, al momento è unica e gestita centralmente. Così quando un professore oppure la segreteria ha bisogno di soldi per pagamenti pronta cassa si deve andare al Rettorato. Arriva un corriere che devi pagare al momento del ritiro e tocca dirgli: “aspetti arrivo in centro prendo i soldi e torno”, o dobbiamo anticiparli!?!

Non è stata fatta poi una valutazione della funzionalità di certe scelte di ricollocazione dei procedimenti, basta fare un esempio: master universitari. I master sono materia complessa, fondamentale per un Ateneo come il nostro che vuole differenziare l’offerta oltre i moduli classici di formazione e studio. Uno penserebbe che tutti gli attori della gestione degli stessi si fossero incontrati per mettere a punto una nuova procedura di gestione, e invece no, c’è chi ha deciso senza conoscere la materia, senza parlare con chi se ne occupava e in parte continua a farlo e con chi se ne deve occupare per intero da oggi, cioè le segreterie amministrative. Risultato? Confusione più totale, evidenziata dai segretari, ma che non trova soluzione. Alcuni vedono i suggerimenti come giudizi e si offendono irrigidendosi, non capendo che si sta cercando di lavorare bene. Ognuno pensa di essere il più sfortunato della terra, ma noi non stiamo stilando una classifica stiamo evidenziando la necessità di parlare e confrontarsi per trovare le soluzioni.

Benefici da tutto questo cambiamento non ve ne sono stati, ma solo rischio di ulcere e gastriti. La Direttrice Amministrativa può liquidare come un nulla la ventilata minaccia di dimissioni di tutti i 15 segretari amministrativi di qualche settimana fa, ma sa bene che questa non deriva da una mancanza di voglia di lavorare, ma dalla mancanza di voglia di lavorare in questo modo. In certi consessi può sminuire il senso di una tale azione, ma in privato è meglio che rifletta, e bene. La DA non ha parlato poi con i collaboratori delle segreterie e ha fatto bene perché forse, per una volta, non avrebbe potuto utilizzare i suoi modi rudi ed intimidatori, ma si sarebbe trovata di fronte 57 persone imbufalite. Le decisioni assunte a livello centrale si ripercuotono nei dipartimenti e poi sono le segreterie amministrative a dover “dialogare” con i docenti. I docenti devono capire che coloro con cui si rapportano stanno cercando di capire anch’essi perché vengono assunte certe decisioni.

O l’azione di semplificazione è coordinata fra tutti oppure si cola a picco: ma forse è quello che si vuole ottenere. Le segreterie amministrative non hanno saputo lavorare! Spiegazione utile a livello centrale, ovvia per le ditte esterne, e semplice per i docenti. Troppo comoda e falsa!

Giornata di sciopero dei bloggers senesi

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Abbiamo assistito negli ultimi mesi ad attacchi e speculazioni vergognose al solo fine di delegittimare l’opera di libera informazione dei bloggers. Non si è esitato a cercare di strumentalizzare eventi tragici che meritavano e meritano rispetto, pur di conservare le proprie posizioni di potere ed il ruolo di unici divulgatori dell’accomodante verità divulgata dal Potere.

La Magistratura ha fatto un lavoro encomiabile, ma, da parte di una certa stampa sia nazionale che locale, si tende a minimizzarne i risultati per attutire l’impatto politico e sociale della verità sul modo con cui è stata gestita la città tutta, e la sua primaria fonte di reddito (Mps) in particolare.

Il tentativo d’intimidazione si è volto anche ad utilizzare gli strumenti legali: l’azione penale è obbligatoria, ma non si può fare a meno di distinguere fra ipotesi di reato ed ipotesi di reato, fra cause ed effetti, fra miliardi di euro volatilizzati e presunti reati d’opinione.

La cattiva coscienza di molti e la responsabilità di un’intera classe dirigente (politica e finanziaria), unita alla quasi totale assenza d’informazione, ha permesso di nascondere per anni i comportamenti che hanno inquinato la società senese.

Se a Siena, piaccia o meno la cosa, si è avuto modo di conoscere fatti e circostanze di grande importanza per la comunità senese tutta, ciò si deve anche – e soprattutto – al lavoro dei bloggers.

Oggi si tenta l’ennesima grande mistificazione cercando di stravolgere la realtà e trasformando i colpevoli in vittime.

Per questo motivo oggi, 28 giugno, è indetta un’astensione per una giornata di tutti i bloggers che hanno criticato il Potere, a tutela della libertà e della verità dell’informazione.

Raffaele Ascheri (Eretico di Siena)

Federico Muzzi (Il Santo Notizie di Siena)

Carlo Regina (Bastardo senza gloria)

Giovanni Grasso (Il senso della misura)

Chiunque voglia aggiungere la sua firma, è ben accetto

In merito alla concorsopoli senese, riflessioni sulla “giustizia giusta” e sull’Ateneo “corretto”

Giustizia

Un intervento a margine dell’articolo sull’assoluzione della professoressa Anna Coluccia per un concorso di ricercatore.

Domenico Mastrangelo. Cara Anna, lieto che tu abbia trovato soddisfazione nella giustizia e immaginando che le tue dichiarazioni siano frutto anche dell’ovvio entusiasmo con il quale hai accolto la notizia, vorrei, tuttavia, invitarti (amichevolmente) ad un paio di riflessioni su quanto affermi. Una è proprio quella sulla giustizia, che a te avrà anche dato ragione, ma che in numerosissimi altri casi decide in modo, sarei per dire, quanto meno opinabile.

Nel mio caso, ad esempio, il giudice del lavoro ha stabilito che un professionista con trentatré anni di laurea in Medicina e quattro specializzazioni, esperto di caratura mondiale nel settore del retinoblastoma e già in regime di convenzione con l’azienda stessa, possa, dalla medesima, essere “licenziato” (con procedure amministrativamente discutibili, tanto per non dire peggio!) a proprio piacere e impunemente dichiarare che essa (l’azienda che ospita il centro di riferimento nazionale sul retinoblastoma!) «non ha una collocazione da dare» a questo professionista!!! Ora, si può discutere quanto si vuole, ma non mi si può venire a raccontare che questa sia una sentenza giusta o “sensata” … ergo, la giustizia funziona, ma solo in alcuni casi!

Sulla “correttezza istituzionale” dell’ateneo (al quale ti onori di appartenere!), al di là di tutta la questione del “buco” e di come e chi l’ha creato, ti chiedo se sia istituzionalmente “corretto” tenere il suddetto professionista, inquadrato al livello D3 dal 2003, con uno stipendio di 1200 euro netti al mese! …ergo, di nuovo, non dubito affatto che l’ateneo sia stato istituzionalmente corretto con te, ma mi domando se lo sia stato e/o lo sia con tutti!

Mi dirai: va bene, ma qual è il punto? Il punto è molto semplice: in maniera, sarei per dire apodittica, affermi (“in soldoni”) che la Giustizia trionfa sempre e che l’ateneo (al quale ti onori di appartenere!) è “istituzionalmente corretto”. In base alla mia esperienza, io posso dimostrarti l’esatto contrario e dunque, specialmente da te, avvocato, mi sarei aspettato affermazioni del tipo: “Nel mio caso la Giustizia ha trionfato” e “Nel mio caso l’ateneo è stato istituzionalmente corretto”! …Mi chiederai ancora: ma che differenza c’è? La differenza, cara Anna, c’è ed è sostanziale, perché una giustizia che trionfa “solo in alcuni casi”, tutto è, meno che giusta! … e un’istituzione che tratta i propri dipendenti come figli e figliastri, tutto è, meno che corretta! …se poi mi dici che era implicito che tu ti riferissi al tuo caso particolare, allora come non detto!

Gioiosamente l’ateneo senese cola a picco in un ozioso temporeggiare dei vertici

AltanfuturoRabbi Jaqov Jizchaq. Carpe diem. Il Magnifico ci informa che per l’A.A. 2013/2014, tutti i corsi di studio del nostro Ateneo (quelli rimasti dopo il dimezzamento) (Corsi totali: 63; lauree triennali: 30; lauree magistrali: 28; lauree magistrali a ciclo unico: 5. Ndr) risultano accreditati. Exultate, jubilate e soprattutto non chiedetevi cosa accadrà domani: tanto negli ultimi anni sono state approvate da una burocrazia ministeriale ottusamente complice dell’assassinio del sistema universitario, a livello di riordino dei corsi di studio, le peggiori porcate, con l’effetto di aver perso il 25% degli studenti in capo a un quinquennio. Ma negli anni successivi che succederà? Per il rudimentale computo dei requisiti minimi di docenza e la riduzione del corpo docente a un numero compreso tra i 500 e i 600 membri (cioè un quasi dimezzamento rispetto al 2008), di corsi 3+2 ne si potranno fare una ventina al massimo, come se aver perso due terzi dell’offerta formativa e quasi tutti i dottorati fosse la cosa più naturale e addirittura auspicabile del mondo. Ma si può andare avanti così, rattoppando, senza interrogarsi a fondo sul destino dell’ateneo, non dico per l’eternità, ma da qui a dieci anni?

Il gioco delle tre carte. Leggo dal sito ROARS che quanto toccherebbe a Siena (il condizionale è d’obbligo) secondo il piano straordinario per il reclutamento di professori associati (decreto interm. 28 dicembre 2012 -GU n. 27 del 1-2-2013) sono 14 unità stipendiali. Le tabelle allegate riportano le assegnazioni di punti organico ai singoli atenei: ma, riferiscono persone più informate di me, a Siena le 14 unità stipendiali esistono, misteriosamente, soltanto in teoria e che di fatto non chiameranno nessuno: che vuol dire? È il gioco delle tre carte? Qualche esegeta esperto sa essere più esplicito al riguardo? Ma quand’anche in capo a un paio d’anni si riuscisse ad elargire due o tre posti a dipartimento (a fronte di cinquecento uscite di ruolo nei prossimi anni), per lo più a persone già a libro paga dell’ateneo, che dunque in gran parte sono già conteggiate nei requisiti minimi, cambierebbe qualcosa in ordine ai conti della serva che abbiamo tentato di eseguire nei precedenti post?

Ora pro nobis. Certo non nego la rilevanza delle vicende del santo Patrono, del e della concorsopoli (unici eventi che paiono appassionare i lettori, mentre la barca cola gioiosamente a picco), ma in generale, possibile che non si riesca a impostare un discorso che vada al di là del proprio “particulare” e la punta del proprio naso? Cosa resterà di questo ateneo al traguardo del 2020, quali settori, quali corsi? Quanti esterni riusciranno ad essere stabilizzati? Qual è la prospettiva per quell’oltre metà del corpo docente che al 2020 sarà costituito da tre centinaia di ricercatori di ruolo, al di là di quell’infima parte che (forse) ascenderà al rango di associato? Che “ricerca” faranno coloro che lavorano in settori che con la riduzione ad un terzo dell’offerta formativa verranno semplicemente smantellati (sicché oltretutto nessuno li chiamerà di certo)? Che ci stanno a fare a Siena? Non credo si possano tenere ostaggio centinaia di persone o tacere ancora a lungo sulla loro sorte.

Risanamento. Mi pare evidente la sproporzione fra le uscite di ruolo e le possibili assunzioni; il che vuol dire che niente potrà essere ripristinato come era prima; quindi, o con la collaborazione del ministro e della regione si mette in piedi un piano di mobilità, l’eventuale federazione e razionalizzazione dei corsi di laurea e dei settori scientifici a livello regionale, di modo da offrire almeno uno sbocco, una finalizzazione, una prospettiva, strutture solide (anziché membra sparse, brandelli di corsi di laurea sparpagliati qua e là come di un corpo dilaniato) che possano costituire un riferimento per i singoli settori e che abbiano le gambe per crescere e l’attrattiva per competere sul piano nazionale ed internazionale, oppure non si capisce bene cosa si intenda per risanamento e rilancio dell’università, se non un ozioso temporeggiare.

Polli. Ma su questo mi pare che regni la più perfetta omertà. Sibili di corridoio, mezze parole… “si canta la mezza messa”, direbbe il commissario Montalbano. Evidentemente il pollo di Bertrand Russell dal profondo della pentola continua a fare proseliti.

Nulla dies sine linea

Quando un Rettore ha il senso delle Istituzioni

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Politecnico di Bari, si dimette il rettore Costantino

BARITODAY (24 giugno 2013). Dal primo ottobre 2013 il prof. Nicola Costantino non sarà più il Rettore del Politecnico di Bari. La decisione è stata annunciata oggi dallo stesso Costantino con una mail inviata a docenti, personale amministrativo e studenti. La scelta, spiega Costantino, è legata alle dimissioni del “suo” direttore generale, Di Guardo, trasferitosi in Friuli per un nuovo incarico.

“Quando, – chiarisce il Rettore nella sua lettera – nel redigere il nuovo statuto del nostro Politecnico, abbiamo previsto per il Direttore Generale il mandato triennale, rinnovabile, perseguivamo l’esplicito obiettivo, da tutti condiviso, di renderlo sincrono con quello esennale del Rettore, in considerazione del rapporto strettamente fiduciario che lega le due figure apicali della nostra organizzazione. Le anticipate dimissioni del Dott. Di Guardo (attuale Direttore Generale, in carica fino al 30 giugno) – a causa dell’importante incarico offertogli dalla Regione Friuli, per il quale gli porgo i più sinceri auguri – rendono ora, di fatto, impossibile conservare questa sincronia”.

“Sia il nostro statuto che la legislazione vigente mi impediscono infatti di conferire l’incarico al prossimo Direttore Generale per periodi inferiori ai tre anni, a meno di forzature contrattuali di assai dubbia legittimità e trasparenza. Ritenendo peraltro estremamente opportuno, ed eticamente doveroso, assicurare al prossimo Rettore il diritto di scelta del “suo” Direttore Generale, così come garantitogli dallo statuto, ho pertanto deciso di rinunciare al secondo dei due anni di proroga ex lege 240/2010 del mio mandato, che terminerà quindi il 30 settembre prossimo”.

Immediata la reazione dei sindacati CGIL-CISL-UIL-CSA-CONFSAL Snals Cisapuni, che con un documento sottoscritto in mattinata e inviato a tutta la Comunità del Politecnico hanno chiesto al Rettore di ritirare le dimissioni. Parallelamente è stata avviata una sottoscrizione di solidarietà alla quale hanno aderito componenti del Consiglio di Amministrazione, al Senato Accademico, docenti, tecnici, amministrativi, bibliotecari e studenti affinché il Rettore possa tornare sui suoi passi.“

Concorsopoli senese: in appello ribaltato l’esito del processo di primo grado

StemmaUnisiLa professoressa Anna Coluccia assolta perché il fatto non sussiste

Anna Coluccia. In data 20 giugno 2013 la Corte di Appello di Firenze mi ha assolta con formula piena da ogni imputazione a mio carico. Nel giorno in cui mi viene finalmente riconosciuta piena giustizia trova conferma la mia assoluta fiducia, mai venuta meno, nell’operato della Magistratura italiana. Esprimo la più viva soddisfazione per il riconoscimento della verità dei fatti, che mi restituisce la mia onorabilità di cittadina, di studiosa, di didatta e di funzionario pubblico.

Desidero inoltre ringraziare, insieme ai miei legali avvocati Enrico De Martino e Luigi De Mossi, tutte le persone – amici, colleghi, collaboratori e semplici conoscenti – che in questi anni difficili mi sono state vicine, mai dubitando della mia onestà e sempre mantenendo intatta la loro stima nei miei confronti.

Il compiacimento per la sentenza è tanto maggiore in quanto, al di là della mia posizione personale, attesta in modo inequivocabile la correttezza istituzionale dell’Università di Siena, cui  mi onoro di appartenere.

Per lo stesso spirito di giustizia con cui ho affrontato l’assurda vicenda giudiziaria che mi ha coinvolta, mi riservo di intraprendere serenamente tutte le iniziative volte a perseguire chi si sia reso responsabile di quanto accadutomi e vi abbia contributo – a vario titolo –, non escludendo il danno arrecato alla mia reputazione.

Ateneo di Siena: tutti a guardarsi la pagliuzza nell’occhio

Altan-pagliuzza

Volete Gesù o Barabba? Barabba

RSU d’Ateneo. La questione è stata sollevata per la prima volta nel mese di aprile anno corrente durante una seduta d’informazione sindacale alla presenza di tutti i rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Università degli Studi di Siena. Il 21 maggio, poi, l’Amministrazione comunica con circolare a tutto il personale, la decisione di sostituire la fruizione della festività del Santo Patrono con il Palio della Madonna di Provenzano. La RSU di fronte a tale comunicazione il 28 maggio in sede di contrattazione sindacale ha posto il problema della valutazione dell’impatto che una chiusura il 2 luglio avrebbe avuto su molte strutture che, per obblighi istituzionali, dovevano restare comunque aperte. Di conseguenza la RSU propose di fronte a tutte le sigle, in ambito di discussione aperta tra la parte pubblica e la parte sindacale, di sostituire la festività del Santo Patrono con il Palio dell’Assunta, facendo recuperare ai colleghi un giorno di ferie all’interno della chiusura obbligatoria nel mese di agosto. Di seguito alla proposta della RSU nessuna sigla sindacale si oppose e la parte pubblica accolse la proposta seduta stante. La RSU alla fine della seduta d’informazione sindacale del 7 giugno ha poi chiesto all’Amministrazione il motivo del mancato invio della rettifica. E nemmeno in questa sede alcuna OO.SS. proferì verbo.

Quindi la RSU è unica e sola responsabile di questo abominevole, aberrante, inqualificabile, insormontabile bordello/abominio. Nell’assumerci quindi la piena e totale responsabilità, non comprendiamo come mai l’Amministrazione abbia impiegato circa 20 giorni ad inviare la rettifica, né riusciamo a comprendere come mai nessuno di coloro che oggi richiamano i problemi sulla viabilità e sulla sicurezza sociale abbia, oltre che nelle due sedute, in questo lasso di tempo, ritenuto opportuno intervenire. Siamo certi che la posizione della RSU non sia assolutamente lesiva delle tradizioni cittadine ma che sia stata strumentalizzata da alcuni per motivi che noi vogliamo continuare ad ignorare perché distanti dal nostro modo di fare sindacato.

Suggeriamo a tutti i responsabili di struttura una possibile via d’uscita (non dalle porte della Città). Ai sensi del Protocollo sull’orario di lavoro, art. 1 comma 3, art. 2 comma 12, art. 3 comma 6, i responsabili possono variare l’orario di servizio delle loro strutture, limitandolo alla sola mattina. Di sicuro la presentazione di molte richieste in tal senso potrebbe convincere l’Amministrazione a estendere una tale scelta a tutto l’Ateneo. Il nostro suggerimento vale ancora di più dopo la nota del Rettore che ingarbuglia ancora di più la situazione, visto che alcuni potranno uscire alle ore 14 senza utilizzare un giorno di ferie e chi invece lavora ad Arezzo e Grosseto, o deve restare al lavoro a San Miniato e alle Scotte per motivi istituzionali, resta fregato, ed è costretto a prendere ferie. Chi decide poi quali strutture possono limitare l’orario e quali no tenendo conto anche della sicurezza? Complimenti a tutti! Vorremmo sapere se, ora, dopo quanto scritto dal Rettore le sigle sindacali che hanno raccolto i lai di alcuni colleghi si sentono soddisfatte della soluzione. Alla fine è stata tutelata la tradizione o i problemi  logistici di qualcuno?

Nel concludere ci piace notare che in cinque anni di crisi per la prima volta abbiamo sentito alzarsi il “bollore” della partecipazione, così come mai era successo. Forse questa RSU ha dimostrato di capire più la città e la sua vita che non i propri colleghi. Alcuni l’hanno capito, altri fregiandosi di una senesità dubbia hanno fatto peggio.

Sarà vero che l’ateneo si costituirà parte civile nel processo sul dissesto economico-finanziario?

Bucoverita

UGLIntesa, USB P.I. – Le scriventi OO.SS. rendono noto, con soddisfazione che, dopo mesi di solitaria pressione e mobilitazione in merito alla costituzione di parte civile dell’Ateneo al processo per il suo dissesto, finalmente l’iter per tale atto è partito.

Negli ultimi mesi abbiamo presidiato le udienze in tribunale, rimarcando che era un atto più che dovuto che l’Ateneo si costituisse parte civile nel processo per il dissesto. La questione era stata portata anche in CdA dal rappresentante del personale tecnico e amministrativo, che aveva posto in evidenza il rischio che si perdesse tempo in una decisione che doveva essere già stata assunta anni fa. Sì, di anni si tratta ormai, perché la storia del buco risale al 2008! Nel non volerci domandare se è corretto che la giustizia faccia il suo corso con tempi quasi geologici, vogliamo soffermarci sull’aspetto importante. L’Ateneo finalmente potrà pretendere di veder quantificato il danno materiale e all’immagine subìto. Tutta la comunità universitaria paga per scelte del passato assunte in totale dispregio delle leggi dello Stato. Ora possiamo pretendere giustizia e chiarezza.

Il Rettore il 28 maggio, in seduta sindacale, su sollecitazione della RSU, ha risposto chiaramente e positivamente alla domanda sulla costituzione di parte civile da parte dell’Ateneo. L’autorizzazione finale spetta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma dovrebbe essere un atto formale. Noi comunque vigileremo.

Nelle settimane precedenti UGL era arrivata a presentare durante l’udienza in tribunale la propria costituzione di parte civile, vedendosela alla fine rifiutare dal giudice, proprio per esercitare una pressione verso un silenzio assordante dei vertici dell’Ateneo. Stavamo per lanciare una raccolta di firme tra tutta la comunità da presentare al CdA per sollecitare una presa di posizione da parte dell’organo di governo di quest’Ateneo, ma per una volta possiamo accontentarci del lavoro svolto e aspettare di vedere che cosa succederà adesso. Non è sete di vendetta quella che ci accomuna, ma sete di giustizia. Noi con la nostra storia recente vogliamo che si facciano i conti.

Silenzio di tomba sull’università di Siena e sui fragili equilibri di bilancio

Altan nausea vomitoRabbi Jaqov Jizchaq. La notizia degli arresti domiciliari per Miccolis è passata sotto silenzio ed era sfuggita anche al sottoscritto: ma non era venuto a Siena con l’allure di una specie di “commissario Basettoni”? Annamo bbbene, annamo proprio bbbbene, direbbe la sora Lella. Certo non si sa più da che parte girarsi. Del resto, dal silenzio di tomba che nel dibattito pubblico circonda tutta la questione universitaria, nonostante la sua persistente drammaticità, desumo che il modo col quale a queste latitudini si affrontano certi problemi è tacendone, sperando sempre “che io, comunque, me la cavo” grazie allo stellone o all’intercessione dello zio vescovo. Si procede in ordine sparso e pare non sia a tutti chiaro che coltivando il proprio particulare entro le angustie corporative non si va da nessuna parte. Il silenzio è interrotto qua e là da sparate demagogiche o annunci trionfalistici, entrambi esecrabili: uno spettacolo intollerabile, in quella che dovrebbe costituire la palestra della dialettica e la culla del pensiero critico. Laddove un tempo si sciorinavano devozionalmente capitoli dei “Grundrisse” di Carlo Marx con scioltezza, come fossero cinque poste di rosario, ora regnano il conformismo e la rassegnazione (forse era già in nuce allora). Non fosse mai che, interrompendo per un attimo la taciturna contemplazione del proprio ombelico ci si avventurasse in analisi di respiro meno corto, “oltre “, ma intimamente legate alle pur essenziali problematiche di quegli “equilibri di bilancio” che paiono equilibrati come la famosa casa di Swift, costruita così perfettamente secondo tutte le leggi dell’equilibrio, che cadde non appena vi si posò un fringuello.