Il ministro Carrozza guarderà con lenti nere i problemi dell’università di Siena?

MariaChiaraCarrozzaQuel pesce non è d’aprile (da: Il Mondo, 7 giugno 2013)

Fabio Sottocornola. Dalla Toscana per i rettori si aprono mille strade. Maria Chiara Carrozza, ex numero uno della Scuola superiore Sant’Anna a Pisa, ha preso quella verso Roma, la via governativa dell’accademia. Silvano Focardi (ex di Siena) ne ha percorsa una più lunga, finendo a Siracusa. Dove nel 2007 aveva fatto acquistare, a spese del suo centro universitario sulla sicurezza alimentare, 350 chili di pesce del Mediterraneo per complessivi 21.500 euro. Gamberi, tonni, sarde, alici e altre varietà servivano, secondo il professore, a studi sulle contaminazioni alimentari. Parere diverso della Corte dei conti che, con sentenza del 9 maggio, lo ha condannato in primo grado a ripagare l’università della stessa cifra: «L’acquisto di prodotti ittici non aveva comportato utilità per l’ateneo e addirittura non vi sarebbe prova che fosse stato acquistato dall’università». Nel senso che nessuno dei 21 dipendenti dell’istituto ha visto arrivare quei tre quintali e mezzo di pesce. Per i magistrati contabili di Firenze, unico responsabile è l’ex rettore che «sapendo di poter agire liberamente, considerando le larghe maglie che l’ateneo accordava all’impiego di risorse, ha abusato delle sue funzioni». Sempre affollata è la via giudiziaria per chi ha gestito il potere nelle accademie della regione. A giugno, occhio al calendario. Nella città del Palio, mercoledì 19 udienza davanti al gup Ugo Bellini per i sedici indagati del buco in bilancio da 200 milioni. Oltre a Focardi, è coinvolto il suo predecessore Piero Tosi. Attenzione: il procedimento continua a essere rinviato per indisposizioni di avvocati o richieste tecniche che rischiano di mandare tutto in prescrizione. Due dirigenti (Salvatore Interi e Monica Santinelli) hanno già patteggiato. Infine, venerdì 14, prima udienza (tecnica, di smistamento) per il Sum di Aldo Schiavone. Anche qui, sotto accusa sono le spese allegre con soldi pubblici.

Informare il pubblico sui concorsi truccati non è diffamazione

Augusto Marinelli

Augusto Marinelli

L’ex rettore dell’Università di Firenze, Augusto Marinelli, ha perso due cause civili nel giro di un mese. Il professore di economia agraria dell’ateneo fiorentino si era ritenuto diffamato a mezzo stampa per via di una trentina di articoli pubblicati dal quotidiano La Repubblica, a partire dal luglio 2004 e quasi tutti a firma della giornalista dott.ssa Franca Selvatici. Quegli articoli erano centrati sulla denuncia del professor Quirino Paris, docente all’University of California, presentata a diverse Procure d’Italia riguardo allo svolgimento dei concorsi universitari nel settore scientifico disciplinare Estimo ed Economia Agraria.

Della prima causa civile contro il professor Quirino Paris, e persa da Marinelli, si è già scritto su “Il senso della misura”. La seconda causa fu fatta da Marinelli contro il quotidiano La Repubblica e la dott.ssa Franca Selvatici come firmataria degli articoli ritenuti diffamatori. La competenza era quella del Tribunale Civile di Roma dove La Repubblica mantiene la sua sede legale. Marinelli chiedeva 700.000 euro di risarcimento.

Il giudice di Roma, dott.ssa Anna Mauro, ha concluso che «La critica della Selvatici è, si ritiene, del tutto legittima in quanto espressione, pacata, del diritto di manifestazione del pensiero. (…) Ella, nell’articolo sopra menzionato e poi in tutti gli articoli per cui è causa, si limita a riferire, in modo assolutamente neutro, quanto denunziato dal Paris e non lo fa in modo insinuante o ultroneo, ingigantendo o modificando le gravissime denunzie del professore Paris, ma porta alla conoscenza del pubblico dei lettori, con uno  scritto severo, ma non oltraggioso, denunzie e fatti obiettivi e lo stato delle indagini che hanno preso avvio dalla denunzia. (…) Il diritto–dovere di pubblicazione discende dal rilevantissimo interesse pubblico rivestito dalla vicenda, che si inquadra nell’ambito della più ampia questione – di cui si è interessata molte volte la magistratura penale, la stampa, politici e studiosi – dell’esistenza, negli atenei italiani, di vere e proprie lobby di potere e della gestione nepotistica e clientelare delle cattedre e dei concorsi per ricercatore e borsista. (…)

In conclusione, dunque, per le cose dette risultano rispettati, sia il requisito della verità delle notizie, sia quello dell’interesse pubblico, sia della continenza non risultando travisati i contenuti della denunzia e dei provvedimenti giudiziari che da essa sono scaturiti, né suggerisce nuove o diverse ipotesi accusatorie e apparendo le notazioni critiche della giornalista mutuate dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria che comunque ha espressamente stigmatizzato gli aspetti sociali della vicenda nel suo complesso.»

Il professor Marinelli si è visto negare i 700.000 euro richiesti e come soccombente è stato condannato alla rifusione dei compensi processuali liquidati in 8420 euro oltre alle spese generali, IVA e CPA (Cassa Previdenza Avvocati).

Articolo pubblicato anche dail Cittadino Online (29 maggio 2013) con il titolo «Marinelli contro La Repubblica: il giudice è per la libera informazione».

Ora è l’università di Siena a finanziare la Fondazione Monte dei Paschi

FondazioneMps

La Fondazione Monte dei Paschi di Siena, con le sue ultime erogazioni, ha assegnato oltre due milioni d’euro all’ateneo cittadino, che ha un suo rappresentante nel consiglio d’amministrazione. Ovviamente, secondo la prassi, l’università ha anticipato i finanziamenti ai docenti beneficiari, che li hanno usati per attività di ricerca, quali acquisto di materiali di consumo, attrezzature, contratti e borse per i giovani. Nella fase conclusiva, la ragioneria universitaria predispone il rendiconto economico-finanziario e quello scientifico, da presentare alla Fondazione, per poter riscuotere i corrispondenti importi. Ecco, il problema viene fuori proprio nella fase finale: la Fondazione Mps non è più in grado di onorare l’impegno preso due anni prima con l’ateneo. E l’università, che nel frattempo ha speso quei soldi, che fa? Rinuncia a quei contributi? Ebbene, sembra proprio che sia questa la strada percorsa da Riccaboni e dalla Fabbro, che rinuncerebbero così a più di due milioni d’euro, in cambio dell’alta consulenza informatica di Alessandro Francini, un dipendente della Fondazione. Orbene, l’Università non sa che farsene di un consulente esterno d’informatica, se si considera che dispone d’alte (e in alcuni casi eccellenti) professionalità interne, costituite dai numerosi dipendenti informatici e dai docenti del Dipartimento d’Ingegneria dell’Informazione e Scienze Matematiche. Inoltre, scorrendo la lista delle erogazioni della Fondazione, negli ultimi venti anni, si vede che i docenti beneficiati sono sempre gli stessi, pertanto non è accettabile che, in questo momento d’emergenza, distraendo una cifra così ingente dal bilancio d’ateneo si continui a penalizzare proprio gli esclusi da quelle elargizioni “politiche”. Infine, il rettore e il direttore amministrativo non hanno titolo ad assumere decisioni del genere che, invece, rientrano tra le prerogative del Senato Accademico.

Articolo pubblicato anche da: il Cittadino Online, 25 maggio 2013 (con lo stesso titolo) e Fratello Illuminato-Il blog, 25 maggio 2013 (con il seguente lunghissimo titolo: «Ci sarebbe da mandare i carabinieri nell’ufficio dei tre dissestatori di enti della città: del Criccaboni e della Fabbro e in quello di Gabriello Mancini – Sul blog di Giovanni Grasso ci trovate una notizia che noi divulghiamo e che imporrebbe l’intervento immediato delle autorità e il sequestro dei bilanci dell’università e una verifica sulle erogazioni passate della fondazione MPS – Chi ha dissestato la città e oggi sostiene Bruno Valentini continua con la gestione disinvolta e dissestante degli enti – VERGOGNA!!!»).

Le prime semplici, ragionevoli e concrete proposte per salvare l’università di Siena

SienasimuoveSiena si muove. Da più parti sono arrivati rimproveri a chi, come il professor Giovanni Grasso, alcuni blog, “Siena si muove”, Laura Vigni e altri (pochi) candidati alle prossime elezioni comunali, ha sottoposto alla pubblica attenzione un’aspra critica alla gestione dell’Ateneo senese, passata e presente. A parte coloro, come Valentini e i numerosi membri della lobby universitaria che lo appoggiano, impegnati soprattutto a minimizzare la reale portata del dissesto (non soltanto finanziario, sia chiaro), altri argomentano che non siano state presentate proposte costruttive. È venuto dunque il momento di avanzarle, queste proposte, pur premesso che se non verranno individuate e adeguatamente sanzionate le responsabilità, l’Ateneo non avrà alcuna possibilità di salvarsi, perché troppi sono ancora coloro, inclusi gli attuali vertici, che hanno contribuito a gestire in modo dissennato la massima istituzione culturale cittadina.

Le proposte:

  1. È fondamentale chiudere tutte le sedi distaccate e richiamare i dipendenti – docenti e no – a Siena. La didattica e la ricerca sono state gravemente danneggiate dalla mancata sostituzione nell’organico dei docenti nel frattempo andati in pensione (o prepensionati e poi premiati con cospicui contratti). L’Ateneo ha bisogno di tutti a Siena. Se Arezzo, Grosseto, Colle, San Giovanni vogliono l’università sotto casa devono investire risorse proprie. Il Comune di Siena non si ritenga estraneo a questa dinamica, perché il dialogo con gli altri comuni interessati è cosa di evidente pubblica utilità.
  2. È necessario che il Comune di Siena si costituisca parte civile nei processi che hanno a oggetto l’Ateneo, in particolar modo quello sul dissesto. Tutta la retorica sulla cittadinanza studentesca, l’attrattività per gli studenti, rimane priva di senso se non si riesce a capire che l’Ateneo è attrattivo solo quando ha i conti in ordine e riesce a dispiegare la propria funzione di produrre cultura ed educazione, evitando di alimentare – con mosse infelici come il taglio del salario accessorio e la riduzione dei servizi – la macelleria sociale effettuata sui Collaboratori Esperti Linguistici e sulla Cooperativa Solidarietà e dando un’idea di armonia e concordia in cui tutti collaborino: docenti, personale TA e studenti. Finora, come è evidente, non è stato così, si è anzi alimentato un incomprensibile conflitto tra poveri. Soprattutto, si deve avere la consapevolezza della portata del danno causato al Comune e a tutti i cittadini, danno anche economico, oltre che sociale e culturale.
  3. Chi rappresenta gli enti locali nel Consiglio di amministrazione deve in tutti i modi perorare l’applicazione della legge. Legge pessima (n. 240/2010, la famigerata Legge Gelmini), ma che, come tutte le leggi dello Stato, deve essere rispettata ed applicata nella sua interezza. Se Siena non ce la facesse a mantenere la propria autonomia, andrebbe avanzata la proposta (anche a salvaguardia del personale docente e tecnico amministrativo) di federazione di atenei contigui prevista dall’art. 3 della legge. In questo modo si potrebbero ridistribuire le risorse con Firenze e Pisa, con proficuo vantaggio di tutti. Meglio un po’ di pendolarismo tra città vicine che essere mobilitati a forza (nel caso del personale TA), oppure rimanere senza strutture didattiche e scientifiche per mancanza di requisiti minimi. Sarebbe più equo, onesto e trasparente per tutti. Non ne risentirebbe, almeno sul piano della ricerca e della didattica, neppure l’indipendenza dell’Ateneo, la cui autonomia semmai è stata finora più volte compromessa dalla pesante mano della politica.
  4. Un’applicazione troppo rigida della succitata (e pessima) legge Gelmini, ha consentito di trasformare la Direzione amministrativa dell’Ateneo in una sorta di burocratica satrapia orientale. A cascata, vi è stata un’enfatizzazione dei ruoli amministrativi a danno di didattica e ricerca, un tempo autentiche ragioni sociali e pubbliche di una università, ora umiliate sotto una coltre di regolamenti spesso ai limiti, talvolta oltre il grottesco.

È tempo che studenti, docenti e lavoratori tornino al centro della vita dell’Ateneo senese.

Un anno fa De Risi chiedeva le dimissioni di Riccaboni ora, insieme a Tucci, chiede risposte esaurienti e chiare

Tucci-DeRisiIl 13 maggio, il giudice del lavoro condanna l’Università di Siena a pagare il salario accessorio 2011, illegittimamente sospeso al personale tecnico e amministrativo da Riccaboni e Fabbro. Da quel momento, “Il senso della misura” comincia a pubblicare le posizioni sull’argomento rinvenute sulla stampa e in rete: quella di Eugenio Neri, di Francesco Giusti, di Laura Vigni, di Marco Falorni, di Pierluigi Pelosi, di Bruno Valentini, di Michele Pinassi, dei sindacati Uil, Cisapuni, e Usb. Manca quella d’Alessandro Corsini, Mauro Marzucchi ed Enrico Tucci, che restano silenziosi. Mi rendo conto che qualcosa può sfuggire, anche perché, l’unico candidato a sindaco che sistematicamente invia i suoi comunicati al curatore del blog è Laura Vigni. Sei giorni dopo, questo blog pubblica altri interventi (Gianni Guazzi, Katia Leolini, Carlo Regina) e, nel contempo, sollecita, con garbo e un pizzico d’ironia, i tre candidati a pronunciarsi sulle dimissioni o sulla “beatificazione” di Riccaboni e Fabbro. Un commento anonimo (Il Tolkeniano) segnala la posizione di Tucci sulla vicenda, di seguito integralmente riproposta. Fin qui nulla da eccepire, una migliore pubblicizzazione delle posizioni del candidato avrebbe evitato l’equivoco.

La seconda parte del commento, del tutto irricevibile, impone, però, alcune precisazioni. Dal link indicato dal Tolkeniano si vede che la posizione sull’università della lista “Cittadini di Siena” viene postata il 17 maggio: a questo punto, però, la sentenza del giudice del lavoro ha ceduto il passo a un nuovo argomento, l’udienza in Tribunale sul dissesto dell’ateneo. Non è vero, come dice “Il Tolkeniano” che sia una posizione molto vecchia. Di vecchio, c’è la mozione di Gabriele Corradi ed Enzo De Risi della Lista “Per Corradi” (del 12 febbraio 2012), consultabile nella sua forma integrale proprio su questo blog. A distanza di 15 mesi, è pur sempre necessario che De Risi chiarisca, pubblicamente, che la sua posizione non sia cambiata e che, soprattutto, sia condivisa da Tucci e dalla nuova lista “Cittadini di Siena”. Prendo atto che ciò è avvenuto l’altro ieri con il post sul sito della lista, anche se, trattandosi di una posizione vecchia di un anno, è arrivata troppo tardi rispetto alla sentenza del giudice del lavoro. Risulta, pertanto, indebito e inaccettabile il finale del commento che suggerisce una mia precisa volontà di danneggiare Tucci, attraverso l’accostamento ingiustificato “a quegli altri due”.

Enzo De Risi (candidato lista “Cittadini di Siena”). Si chiede al Sig. Sindaco:

− che, in ragione del legame secolare tra il Comune di Siena e l’Università degli Studi di Siena, si attivi immediatamente per chiedere al Rettore, e di conseguenza a tutti i componenti dell’attuale amministrazione, di rimettere il mandato nelle mani del Ministro dell’Università e della Ricerca, per consentire di far rientrare l’Ateneo Senese in un contesto di legittimità, legalità e trasparenza, unici elementi costitutivi per il risanamento e il rilancio dell’Università degli Studi di Siena, bene primario della Città e del territorio;
− di valutare la possibilità che il Comune di Siena si costituisca parte civile in eventuale azione giudiziaria, e/o a procedere ad un’eventuale azione di responsabilità verso coloro che saranno riconosciuti responsabili del dissesto, anche in linea con quanto dichiarato dalle stesse forze di maggioranza, e diffuso con specifico volantinaggio in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2012.

Questa la conclusione di una mozione da me presentata il 12 febbraio 2012, mai messa all’ordine del giorno.

In queste ultime settimane continuano purtroppo ad accumularsi notizie negative sulla gestione amministrativa dell’Università, dalle dimissioni del presidente del Collegio dei Revisori dei Conti al recentissimo pronunciamento del Giudice del Lavoro che impone il pagamento dell’indennità accessoria al personale tecnico-amministrativo condannando l’Università al rimborso delle spese legali dei ricorrenti, passando per la condanna dell’ex-Rettore Focardi per spese non giustificate.

Spiace dover constatare, dopo poco più di un anno dalla presentazione di quella mozione nella quale invitavo il Rettore a riconsiderare il suo ruolo, come l’Ateneo senese sia stato continuamente oggetto d’indagini e sentenze senza che nessuno abbia, per ora, avuto il buon gusto di fornire chiarimenti o magari di scusarsi.

Spiace anche ricordare che questa mozione, da me fortemente voluta, non sia mai stata discussa, forse anche per volontà di quei consiglieri che ora si proclamano araldi del cambiamento, ma all’epoca erano occupati a tutelare le loro poltrone nel Monte dei Paschi e nelle varie società del gruppo e noncuranti dei gravi problemi dell’Università.

Oggi siamo al punto che il Direttore Amministrativo è stato sonoramente bocciato dal Giudice e non sente nemmeno il bisogno di dare una spiegazione. È possibile che di fronte a tanta, purtroppo acclarata, inadeguatezza non si cerchi di provvedere correggendo gli errori e gli atteggiamenti, anziché perseverare?

Mi auguro che il Rettore stavolta si renda conto che è giunto il momento di dare risposte esaurienti e chiare ai futuri amministratori, ma soprattutto alla cittadinanza.

Tre candidati a sindaco che non si sono ancora pronunciati sulle dimissioni o beatificazione di Riccaboni e Fabbro!

Triosenese

In attesa di una parola chiara sui vertici dell’università di Siena da parte dei tre candidati a sindaco, riportiamo le posizioni di altri candidati, del direttore de “Il Cittadino Online” o di semplici lettori.

Raffaella Zelia Ruscitto. La sentenza di qualche giorno fa, che ha dato ragione ai dipendenti dell’Ateneo senese in merito al salario accessorio (con un sostanzioso danno economico per l’istituzione “culturale” cittadina), non ha scosso i suoi vertici. Nessun commento, nessun “atto penitenziale”, nessun passo indietro da parte di rettore e direttore amministrativo. Alcuni candidati a sindaco ne hanno chiesto le dimissioni (non tutti, a onor del vero) ma non sono stati neppure “smusati”. La ragione è che la politica, quella che ancora conta in città (o che crede di poter ancora contare) appoggia queste nomine e non fa mancare segnali di “rafforzamento” in barba ad ogni possibile, umano, opportuno pudore.

Gianni Guazzi e Katia Leolini (candidati Pd). La sentenza del Tribunale di Siena va nella direzione di quanto il Partito Democratico sostiene da anni, ovvero che non possono essere i dipendenti con gli stipendi più bassi a sostenere il peso maggiore del risanamento dell’ Università. Centinaia di lavoratori si vedono finalmente riconosciuto un diritto ingiustamente negato, che costituisce una parte importante della retribuzione per moltissime famiglie senesi. Vogliamo ribadire con forza che l’azione di risanamento dell’Ateneo senese, avviata negli anni scorsi, deve proseguire con forza ma senza colpire le fasce più deboli della popolazione universitaria. È necessario proseguire nell’accertamento della verità e di tutte le responsabilità nella gestione economico-finanziaria dell’Università. Riteniamo poi che il prossimo Consiglio comunale dovrà valutare urgentemente l’opportunità per il Comune di Siena, visto il danno subito dalla città, di costituirsi parte civile nel processo in corso.

Francesco. L’Università si avvia verso la federazione, ma forse sarebbe meglio dire assorbimento, con Firenze. La parte universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese (AOUS) è già stata venduta alla regione e i risultati di una mancanza di politica lungimirante e di difesa degli asset si vede dal progressivo smantellamento della facoltà di medicina, facoltà storica, fonte di attrazione studentesca e che ha già perso odontoiatria. L’Università in se è poi sempre alle prese con un disavanzo strutturale crescente che la pone in condizione di subordine rispetto alle concorrenti regionali in materia di offerta didattica e funzionamento e quindi sopravvivenza.

Carlo Regina (candidato di “Siena si muove”). Ma lei sig. Valentini ha dovuto aspettare una sentenza sacrosanta di un giudice, per prendere le parti di coloro che erano stati privati di un loro diritto sacrosanto, sancito dalla costituzione? Si rende conto che nella sua posizione sarebbe meglio tacere? Mi spiega sig. Valentini dove era fino ad ora? Lo sa che ben due componenti del suo partito, il PD, sedevano nel CDA dell’università quando venivano deliberate certe decisioni sul salario? Come si sono comportati al riguardo il sig. Cucini rappresentante del comune di Siena ed il sig. Morrocchi rappresentante della provincia? Ci ha parlato allora? Se ne è preoccupato? Deduco che lei abbia dei problemi di comunicazione nel suo partito. Mi pare che la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra. Quindi? Lei vorrebbe governare? Vogliamo parlare di coloro che hanno sostenuto i vertici dell’università ed ora presenti nelle sue liste di sostegno o candidati consiglieri? Ma lei Valentini pensa davvero che qui a Siena siamo tutti con l’anello al naso?

Udienza sulla voragine nei conti dell’università di Siena: respinta la richiesta di costituzione di parte civile, due patteggiamenti e nuovo rinvio

Ateneo-con-buco

Lo scorso 6 marzo, l’udienza davanti al Gup Ugo Bellini, sulle richieste di rinvio a giudizio per i sedici indagati del dissesto dell’ateneo senese, fu spostata al 15 maggio a causa dell’indisposizione dell’avvocato De Martino, difensore di Piero Tosi. Così commentai la vicenda, che confermava la voce che circolava da alcuni giorni in città. «La prescrizione, che aleggia da mesi su questo filone universitario, ha ormai trovato un venticello caldo e tranquillo che la sta spingendo lentamente verso un porto calmo e sicuro.» Orbene l’udienza di ieri non ha certo scalfito tale impressione, considerando un altro rinvio, al 19 giugno. Questa volta è stato il difensore di Loriano Bigi, l’avvocato Pisillo, a chiedere lo stralcio per il suo assistito e una perizia sulle intercettazioni telefoniche, alcune delle quali ritenute irrilevanti e inutilizzabili. Il Gup, accogliendo in parte le richieste ha aggiornato l’udienza al 19 giugno per tutti gli imputati, tranne che per Salvatore Interi e Monica Santinelli, che avendo scelto il rito abbreviato, il 17 maggio dovrebbero usufruire di una forte riduzione della pena prevista, considerando anche la collaborazione da loro fornita alla Procura durante le indagini preliminari. Il Gup ha, inoltre, deciso di non accogliere la richiesta di costituzione di parte civile presentata dal rappresentante provinciale del sindacato Ugl-Intesa e membro della Rsu Università di Siena. Singolari, le argomentazioni dei legali degli indagati che, ovviamente, si sono opposti al tentativo che qualcuno, stante la latitanza dei vertici dell’ateneo, si ponesse al centro della vicenda giudiziaria come parte attiva per la tutela del bene collettivo. Gli avvocati, infatti, negano l’esistenza di un danno per i lavoratori, che, al contrario, sono stati favoriti mediante assunzioni, stabilizzazioni del loro rapporto di lavoro, concessioni d’indennità di vario tipo, attuate proprio nel momento in cui l’inesistenza della copertura finanziaria avrebbe dovuto impedirne l’adozione.

Articolo pubblicato anche dail Cittadino Online (16 maggio 2013) con il titolo «Udienza sulla voragine nei conti dell’università di Siena: respinta la richiesta di costituzione di parte civile»

Eppure il rettore diceva che pagare il salario accessorio sarebbe stato illegale!

Ciucciu 'mbardatu

Ciucciu ‘mbardatu

E ora? Ci ridate ciò che è nostro!

USB P.I. Università di Siena. La decisione del giudice Cammarosano farà scuola e ha una valenza a livello nazionale. Da molti Atenei chiedono copia della sentenza e appena sarà disponibile ai ricorrenti la inoltreremo. Nel 2012 davanti al Prefetto di Siena le sigle sindacali chiarirono che il salario accessorio non si tocca. Ci sono voluti 18 mesi per farlo mettere per iscritto da un giudice, ma alla fine quello che è sempre stato sostenuto dalle sigle è stato certificato da un soggetto esterno.

Ora, il Rettore dovrebbe scusarsi con tutto il personale, con il CdA e le sigle per tutte le volte che ha accusato chi chiedeva il pagamento del salario accessorio di voler aggirare la legge chiedendo a Lui e alla Dott.ssa Fabbro di compiere un atto illegale. Solo un atto illegale è stato commesso in questo Ateneo: la sospensione unilaterale del salario accessorio! Ed è stato commesso dal Prof. Riccaboni e dalla Dott.ssa Fabbro.

La cosa più importante è che l’Ateneo è stato condannato a pagare le spese processuali, € 350 per ogni ricorso. Proponiamo un semplice problema da elementari al nostro Magnifico: in un Ateneo ci sono 860 dipendenti che hanno diritto di farsi pagare il salario accessorio 2011. Di questi 150 hanno fatto già ricorso e con sentenza del giudice si vedono riconoscere ciò che gli spetta. Il giudice condanna l’Ateneo a pagare le spese processuali nella misura di € 350 per ogni ricorrente. Quanto costano le spese processuali dei ricorsi presentati? Quanto costerà all’Ateneo il pagamento delle spese processuali se tutti gli altri dipendenti dovessero presentare ricorso? Il Magnifico può utilizzare, per risolvere il problema, la calcolatrice del suo potente cellulare da 260 euro comprato con i soldi dell’Ateneo.

Il fatto che il giudice abbia condannato l’Ateneo al pagamento delle spese processuali non è un fatto isolato, ma sta succedendo per tutte le cause tra Ateneo e lavoratori che arrivano sulla sua scrivania. Questo vuol dire che il giudice manda un messaggio chiaro all’Ateneo: smettetela di far arrivare così tante cause in tribunale, smettetela di costringere i dipendenti a rivolgersi al tribunale per la vostra incapacità di risolvere i problemi di lavoro all’interno dell’ente. Almeno sulle materie che ricadono nella competenza del tavolo della contrattazione, forse questa sentenza farà capire ai nostri vertici che si devono trovare compromessi e riconoscere i diritti dei lavoratori senza posizioni preconcette e di chiusura. Vedremo se cambieranno atteggiamento.

Chiediamo il pagamento delle spettanze del 2011 a tutto il personale tecnico e amministrativo. Chiediamo il pagamento di tutte le spettanze del 2012. Chiediamo la certificazione del fondo 2013 e il pagamento dell’IMA 2013 da subito e la definizione di un nuovo CCI per il 2013.

Prove generali: Riccaboni s’è dimesso dal CdA del Polo Grossetano

Dimissionidal-CdA

Tempi duri per gli apprendisti stregoni che guidano l’ateneo senese

Bucoverita

L’Università di Siena condannata a pagare il salario accessorio e soccombe anche nelle spese

Uil-Rua – Csa della CisalUniversità. Con la sentenza del 13 Maggio il Tribunale di Siena ha affermato il diritto alla retribuzione accessoria per il personale dell’Università di Siena come invocato fin dal principio dalle OOSS – Uil-Rua – CISAL che incoraggiavano le cause dei singoli dipendenti. Il Tribunale ha condannato l’Università al pagamento dell’accessorio oltre alle spese e gli interessi legali relativamente all’anno 2011, dichiarando cessata tra le parti la materia del contendere per l’anno 2012 visto che è stato sottoscritto un contratto collettivo da alcune  organizzazioni sindacali.

Con questa sentenza c’è l’affermazione del principio che la retribuzione si compone di una parte fissa e una accessoria, ma entrambe  facenti parti del trattamento fondamentale del personale, e che questa non è nella disponibilità né dell’ateneo né degli organi vigilanti. Inoltre è stata sconfessata la road map che prevedeva un accordo in cui l’Ateneo avrebbe conguagliato al Mef risorse erogate in eccedenza, devolvendo l’intero ammontare 2011 a scapito dei lavoratori, scaricando sugli stessi le scellerate scelte delle gestioni precedenti. L’ultimo goffo tentativo di dichiarare nullo il contratto disdetto unilateralmente solo nella parte economica e non quella giuridica ha danneggiato ulteriormente l’Ateneo condannato a pagare perfino le spese legali.

Ricordiamo che senza la presentazione dei ricorsi anche il 2012 avrebbe ricevuto il blocco illegittimo da parte dell’amministrazione, tanto che la contrattazione si è svolta tardivamente nel corso del 2013 al solo scopo di limitare i danni, permettendo a qualche sigla di appropriarsi di meriti che francamente non ravvisiamo perché a nostro avviso se non ci fosse stato l’accordo, che riduce le somme erogate a titolo di accessorio, le spettanze dal 2012 in poi sarebbero state congrue e pari a quelle 2011, mentre invece sono ridotte dall’accordo.

La Uil e la Cisal a questo punto chiederanno all’Università di ripristinare le spettanze 2011 per tutti i lavoratori (e non solo per i ricorrenti vincitori) al fine di evitare l’attivazione di tanti nuovi ricorsi per tutti coloro che non hanno partecipato alla prima tornata; e vista la decisione del Giudice, ogni sconfitta porterebbe costi aggiuntivi per il ristoro delle spese legali. La condanna inflitta dal Giudice del Lavoro di Siena – Delio Cammarosano – conferma  il nostro giudizio negativo verso chi ha optato per una simile scelta: inopportuna in quanto si è rivolta alla parte più debole del sistema, incompetente rispetto a chi l’ha decisa, dimostrando scarsa conoscenza dei diritti dei lavoratori e del sistema che si vorrebbe amministrare.

Un grazie a quanti hanno sostenuto e condiviso le nostre scelte,  supportate dagli Avvocati Alessandro Cassigoli e Luigi De Mossi.

Quella processuale è stata l’unica via per ottenere quanto stabilito dalle norme contrattuali e battere un ingiustificato sopruso

La Confsal Federazione Snals Università – Cisapuni esprime tutta la propria soddisfazione per aver ottenuto, grazie all’abilità e alla tenacia dei propri legali Alessandro Cassigoli e Luigi De Mossi, il riconoscimento dell’illegittimità della sospensione del salario accessorio a far data dal 1/1/2011 messa in atto dall’Amministrazione dell’Ateneo.

L’oggetto dei ricorsi presentati era il salario accessorio per l’intero anno 2011 e di quello è stata ottenuta la restituzione nonostante i ripetuti dinieghi dell’Amministrazione e la scarsa collaborazione, per non dire la contrarietà ai ricorsi, di alcune sigle sindacali che oggi saltano inopinatamente sul carro dei vincitori.

Auspichiamo che l’esito di questa vertenza, chiusa in modo totalmente positivo per i ricorrenti e con la condanna dell’Amministrazione al risarcimento e al pagamento delle spese processuali, instradi le future contrattazioni verso comportamenti più corretti e legittimi, pur nel rispetto di ciascun ruolo. Duole dover constatare che quella processuale sia stata l’unica via per ottenere quanto stabilito dalle norme contrattuali e non; altresì duole considerare la mancata unità sindacale di fronte a quello che, come messo nero su bianco dal giudice, appariva – e lo abbiamo sostenuto sempre e con pervicacia – un sopruso del tutto ingiustificato.