La favola per cui due ragionieri si sono fatti beffe di rettori, CdA, Senato Accademico, sindaci revisori e sindacati è puro surrealismo

Altan-solitamerdaRabbi Jaqov Jizchaq. Per correttezza e completezza d’informazione va detto che qualcuno sostiene che il Focardi abbia però “scoperto” il buco dopo la stabilizzazione di un numero molto cospicuo di amministrativi, come da accordi elettorali che portarono alla sua elezione. Premesso che andrebbero ricostruite le tappe che portarono all’improvvisa “scoperta del buco”, si delineano comunque due atteggiamenti politicamente diversi: quelli che negano la consistenza ontologica del “buco”, invocando una generale beatificazione delle vittime del “giustizialismo” che ha infangato il buon nome di certe animelle candide, già incamminate sulla via del paradiso, e quelli che dicono “sussiste, ma non è opera mia, anzi…”.

Focardi, mi pare, appartiene a questa seconda classe: egli non nega l’evidenza del “buho”, ma ribadisce anche nelle interviste di questi giorni di essere stato tenuto all’oscuro della realtà dei conti.
Il sospetto dei malpensanti è che la data della “scoperta del buco” sia stata in qualche modo fissata in modo convenzionale, e che il buco sia stato “scoperto” una volta portata a termine l’operazione alla quale si riferiscono le malelingue. Pur non auspicando il licenziamento o la ulteriore penalizzazione di nessuno, va detto che con l’epurazione di quasi la metà del corpo docente entro un paio d’anni, lo squilibrio che si è determinato fra personale docente e personale tecnico ed amministrativo è reale: perché allora molti continuano a tirare insistentemente in ballo il rapporto docenti/studenti che a Siena sarebbe ancora troppo “alto”?

Siena ha infatti perso il 43% del corpo docente, praticamente ha fatto fuori, in questo decennio, tutti i giovani ricercatori che allo scoppio del buco risultavano non stabilizzati, congelato per dieci anni tutti gli altri e parallelamente, tra il 2008 e il 2015, ha chiuso decine di corsi di laurea, perdendo circa 6700 studenti cioè il 30% circa degli iscritti al 2008. Di questo passo, i docenti saranno sempre “troppi”, ma vedrete che prima o poi, continuando a smantellare strutture didattiche e scientifiche, qualcuno farà presente che i docenti non sono i soli ad essere “troppi”. Mi domando pertanto come mai il tema del destino di questo ateneo, com’è stato discusso in questo blog, che investe tante persone (docenti, tecnici ecc.), sia così assente dal dibattito pubblico.

Va detto infine che la favola secondo cui un paio di ragionieri si sono fatti beffe di due rettori, altrettanti consigli d’amministrazione, senato accademico, sindaci revisori, sindacati e quant’altro, è puro surrealismo. Il problema è che quando è colpa di troppa gente, alla fine non è colpa di nessuno. Il buco nero come svuotamento di senso, “metafora giusta per chi volle essere stella e non è più che un rimasuglio di luce” (Gesualdo Bufalino), oltre che dei forzieri.

«Idealità e morale sono i mezzi migliori per colmare il gran buco che si chiama anima.» R. Musil

Certa stampa nega l’evidenza e dice che il buco nei bilanci dell’Università di Siena è una montatura “giustizialista”

Altan-UomodelrubareAndrea Bianchi Sugarelli (Corriere di Siena). La vicenda del Buco dell’Ateneo, che negli anni passati ha sconvolto la città di Siena ed ha dato il via addirittura a processi sommari, caccia alle streghe e calunnie, si chiude quindi con l’assoluzione con formula piena degli indagati. Il giudice Dr. Gianluca Massaro ha ritenuto che tutto l’impianto accusatorio legato al falso in bilancio dal 2004 al 2007 si è basato su accuse false.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Triumphans! Immaginavo che la prima reazione di una certa stampa sarebbe stata quella di negare l’evidenza, cioè il buco. Banca, Università, Fallimento Mens Sana… non è stato nessuno. Forse un marziano. Andiamo avanti a colpi di propaganda per dire che all’università non è successo niente (nonostante la perdita del 43% dei docenti e di parecchie migliaia di studenti): «L’Università di Siena tra i migliori atenei al mondo nella classifica 2016 del Centre for World University Rankings»Per dire che Siena si trova al 437esimo posto, due centinaia di spanne dietro a Pisa e Firenze. Mai che a certa stampa venisse in mente di affrontare, dati alla mano, i problemi che vengono posti in evidenza anche in questo blog. La galera non si augura a nessuno, ma qui sono spariti trecento milioni, le conseguenze sono state pesantissime, la vita di diverse persone è stata compromessa, l’esistenza stessa dell’Università di Siena è stata messa a repentaglio. L’ateneo non sarà più quello di prima (e chissà cosa sarà – vedi precedenti messaggi), ma non preoccupatevi, non è successo niente. Una certa stampa nega la realtà del buco.

Silvano FocardiC’è stata la falsificazione dei rendiconti […] si spendeva più di quello che si incassava, nascondendo debiti e gonfiando le entrate. E io, rettore, non potevo rendermene conto: io il bilancio lo presento al CdA con la relazione di accompagnamento della Ragioneria. Per me era veritieroNel 2008 avevo 250milioni di debito e 65 milioni di disavanzo […] Quando abbiamo scoperto il problema siamo andati dopo tre giorni in Procura, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di preparare il materiale, e dopo ci si trova coinvolti ed accusati di essere i responsabili di ciò che è stato fatto, per altro non per mancanza di attenzione ma per aver collaborato a falsare il bilancio. Io sono convinto di aver salvato l’Università. Senza la mia denuncia non sarebbe stato recuperato più niente.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Ora, prendetele come volete, ma queste affermazioni di Focardi – che sostanzialmente attribuisce ad altri la responsabilità del buco ed a sé stesso quello di averlo denunciato – mi pare siano sensibilmente diverse dalle tesi di coloro che, negando l’evidenza, immediatamente si sono precipitati a scrivere che quella del buco è stata tutta una montatura “giustizialista”: voglio dire, sono spariti trecento milioni, i conti reali sono stati occultati, ma nessuno se ne era accorto: la colpa di qualcuno sarà, oppure è un affare di alieni extraterrestri?

Philip DickA uno scrittore di fantascienza non è consentito credere a quello che racconta, altrimenti pensate un po’ che confusione.

L’Università di Siena come trampolino di lancio nazionale per Piero Tosi

Raffaele Ascheri

Raffaele Ascheri

Università: tanto buco per nulla? (da: Eretico di Siena, 20 luglio 2016)

Raffaele Ascheri. Come per l’incendio in Curia – e per molto altro, purtroppo -, qui che ci sia il corpo del reato, è pacifico; mandando tutti assolti, il messaggio del Tribunale è chiaro: c’è il fatto (200 milioncini svaniti), ma non c’è il reato (quantomeno per gli imputati).
Un suggerimento a chi non sta nella pelle per l’assoluzione, ai garantisti a targhe alterne: così come un imputato è da considerarsi innocente fino a che non arriva al Palazzaccio (Cassazione), così non è che dopo un’assoluzione in I grado, tutto venga chiuso in modo definitivo. Chiaro il concetto? Tutto lascia credere che ci sarà un Appello, e si vedrà allora.
E se Tosi (per ora) e Focardi (idem) possono tirare un per loro meritato sospiro di sollievo, facciamo sommessamente notare che – oltre ai profili di falsa testimonianza e calunnia che già si stagliano, nitidi, all’orizzonte per Interi e Santinelli -, la manna della prescrizione è già arrivata: non luogo a procedere per la storiaccia del bar dell’ex manicomio (fra gli imputati, l’ex Consigliere comunale piddino David Chiti, oggi uomo di punta di Scaramin Scaramelli: prescritto, Chiti, non certo assolto).
Infine, come commento a caldo (ma non a bollore): come sempre in questi casi, bisogna sapere dividere le responsabilità politico-morali da quelle (per ora) giudiziarie.
Chi è che aveva fatto dell’Università senese – per usarla come trampolino di lancio nazionale – una macchina capace di autoincensarsi ogni mezz’ora scarsa? L’ultimo dei docenti, o forse – con qualche responsabilità politica – il professor Tosi? 200 milioni, sembrano pochi, in una comunità in cui lo sport comunale era quello di fare sparire milionate di euro dai bilanci, da Mps in giù?
Il buon Focardi, almeno, portò i libri in Tribunale, con un gesto di discontinuità e di rottura, in una Siena – allora anche più di adesso, quindi fate voi – omertosa ed occultatrice fino a dentro il midollo.
Eh, vuol dire che è come per i miliardi (!) di Antonveneta, come per l’incendio in Curia et alia: lo Spirito Santo, a Siena, agisce spesso in modo originale. Per sottrazione, come dire…

Il ministro Carrozza guarderà con lenti nere i problemi dell’università di Siena?

MariaChiaraCarrozzaQuel pesce non è d’aprile (da: Il Mondo, 7 giugno 2013)

Fabio Sottocornola. Dalla Toscana per i rettori si aprono mille strade. Maria Chiara Carrozza, ex numero uno della Scuola superiore Sant’Anna a Pisa, ha preso quella verso Roma, la via governativa dell’accademia. Silvano Focardi (ex di Siena) ne ha percorsa una più lunga, finendo a Siracusa. Dove nel 2007 aveva fatto acquistare, a spese del suo centro universitario sulla sicurezza alimentare, 350 chili di pesce del Mediterraneo per complessivi 21.500 euro. Gamberi, tonni, sarde, alici e altre varietà servivano, secondo il professore, a studi sulle contaminazioni alimentari. Parere diverso della Corte dei conti che, con sentenza del 9 maggio, lo ha condannato in primo grado a ripagare l’università della stessa cifra: «L’acquisto di prodotti ittici non aveva comportato utilità per l’ateneo e addirittura non vi sarebbe prova che fosse stato acquistato dall’università». Nel senso che nessuno dei 21 dipendenti dell’istituto ha visto arrivare quei tre quintali e mezzo di pesce. Per i magistrati contabili di Firenze, unico responsabile è l’ex rettore che «sapendo di poter agire liberamente, considerando le larghe maglie che l’ateneo accordava all’impiego di risorse, ha abusato delle sue funzioni». Sempre affollata è la via giudiziaria per chi ha gestito il potere nelle accademie della regione. A giugno, occhio al calendario. Nella città del Palio, mercoledì 19 udienza davanti al gup Ugo Bellini per i sedici indagati del buco in bilancio da 200 milioni. Oltre a Focardi, è coinvolto il suo predecessore Piero Tosi. Attenzione: il procedimento continua a essere rinviato per indisposizioni di avvocati o richieste tecniche che rischiano di mandare tutto in prescrizione. Due dirigenti (Salvatore Interi e Monica Santinelli) hanno già patteggiato. Infine, venerdì 14, prima udienza (tecnica, di smistamento) per il Sum di Aldo Schiavone. Anche qui, sotto accusa sono le spese allegre con soldi pubblici.

Siena: «groviera» d’Italia

GiannelliDi seguito, il brano sull’Università, tratto da un articolo del “Mondo” (oggi in edicola) intitolato “Terra di Siena bruciata“.

La «Oxford» con il buco

Fabio Sottocornola. Luglio 2010, Angelo Riccaboni diventa rettore di quella che era considerata la Oxford d’Italia, battendo al ballotaggio Silvano Focardi per 16 voti. Numerose e pesanti le irregolarità commesse al seggio da parte della commissione elettorale. Almeno, secondo il sostituto procuratore Antonino Nastasi (lo stesso che indaga su Mps e altro) che chiede il rinvio a giudizio per dieci persone. Falso ideologico commesso da pubblico ufficiale è il capo d’imputazione. Venerdì 22 febbraio si terrà la prima udienza davanti al Gup per chi ha scelto il rito classico. Tra questi dovrebbe esserci l’ex preside di giurisprudenza Roberto Guerrini. Un mese dopo (22 marzo) toccherà a chi vuole il rito abbreviato. Qui dovrebbe esserci il suo predecessore Lorenzo Gaeta. il rettore non è coinvolto in questa storia. Ma come risulta al Mondo, in caso di rinvio a giudizio o eventuali condanne sarebbe pronto a dimettersi, lasciando la gestione ordinaria dell’ateneo a Francesco Frati (prorettore vicario) per ripresentarsi alle elezioni. Con il nuovo mandato di sei anni, vincendo rimarrebbe fino al 2019. Molto prima di allora, precisamente il prossimo mercoledi 6 marzo si terrà l’udienza sul buco da oltre 200 milioni di euro nei conti dell’ateneo. Anche in questo caso il giudice per l’udienza preliminare deve decidere se mandare a processo i 17 indagati eccellenti. Come l’ex magnifico Piero Tosi, successore di Luigi Berlinguer sulla poltrona più alta nonché capo della Crui per diversi anni: il suo nome era circolato tra i possibili ministri (Università e ricerca) del secondo governo Prodi. Sotto inchiesta un altro rettore quale Silvano Focardi, vecchi direttori amministrativi e ragionieri. A vario titolo, le accuse sono falsità ideologica, abuso d’ufficio e peculato. I bilanci sarebbero stati truccati, con interventi anche a penna, già dal 2003 per far apparire il pareggio invece del disavanzo. In aggiunta, figurano spese di rappresentanza, palchi al Palio, acquisti di pesce o vini non pertinenti all’attività di ricerca, sempre secondo gli investigatori.

Per il rettore dell’università di Siena il dissesto si risolve con il kamasutra dell’insolvenza incrociata

GiorgioMelettiSiena perde l’ateneo: i revisori chiedono il commissariamento (il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2013)

Giorgio Meletti. Due righe fulminanti, in linguaggio tecnico ma inequivocabili: il collegio dei revisori dei conti dell’Università di Siena invoca l’immediato commissariamento “prima che la situazione economica, finanziaria e patrimoniale degeneri ulteriormente”. Così si conclude il documento con cui, pochi giorni fa, i tre esperti – Cesare Lamberti, Massimiliano Bardani e Laura Pedron – hanno espresso parere contrario all’approvazione del bilancio preventivo 2013. Per la rossa Siena è una beffa stratosferica: i censori contabili invocano la prima applicazione della riforma Gelmini proprio nell’ateneo governato per lunghi anni da Luigi Berlinguer, padre della riforma che la pupilla di Berlusconi ha sovvertito. Lo stato di dissesto per le Università, infatti, non esisteva prima della Gelmini, e anzi non esiste di fatto neppure adesso: il ministro tecnico Francesco Profumo non ha ancora varato i decreti attuativi che consentirebbero la procedura di dissesto.

Se il rettore di Siena, Angelo Riccaboni, non fosse professore ordinario di economia aziendale si potrebbe sospettare che non abbia capito. Avrà dunque altri motivi per dichiarare, come ha fatto il 5 dicembre scorso inaugurando solennemente l’anno accademico, che “la fase più acuta della crisi è superata”. E per vantarsi, come ha fatto davanti al senato accademico, di una lettera di congratulazioni del ministro dell’Economia Vittorio Grilli per “l’azione di risanamento intrapresa”. Certo, è vero che le cose non vanno più così male come quattro anni fa, quando venne rivelata una voragine da 270 milioni di euro in un ateneo che ha un bilancio inferiore ai 200 milioni l’anno. Ma è anche vero che il 2012 si è chiuso con ulteriori 46 milioni di perdite, e la previsione, forse ottimistica per il 2013 è di un rosso ancora a quota 19 milioni. Adesso metteteci sopra la ciliegina: la strategia dell’economista Riccaboni per risanare l’Università è di non pagare i debiti al Monte dei Paschi. Proprio così, lo notano, con un certo trapelante raccapriccio, i sindaci revisori nella loro relazione tenuta finora accuratamente riservata. E notano anche che meglio sarebbe utilizzare il beneficio conseguente per accelerare il risanamento, anziché, come ha deciso Riccaboni, per fare nuovi investimenti e “far tornare a crescere” il campus senese (perché a Siena la mania di grandezza è dura a morire).

E così il cerchio si chiude. Non solo il Monte, malato grave, taglia i fondi alla Mens Sana basket, al Siena calcio e al Palio. Non solo la Fondazione, azionista al collasso del Monte, deve tagliare le sue generose erogazioni, anche quelle all’Università. Ma l’Ateneo a sua volta decide di sospendere per cinque anni il pagamento delle sue rate di mutuo a Mps. Un vero e proprio kamasutra dell’insolvenza incrociata. E così c’è chi chiede il commissariamento della banca, c’è chi chiede il commissariamento dell’Università, e il Comune è già commissariato. Ormai sotto la torre del Mangia i tempi sono maturi per l’intervento delle truppe Onu. Non è una battuta. Tra pochi giorni lo stato maggiore degli accademici senesi sfileranno a vario titolo a palazzo di Giustizia, dove potrebbero incrociarsi con l’ex presidente del Monte, l’amico Giuseppe Mussari, e altri big della banca finiti nei guai. Ognuno ha i suoi guai. Piero Tosi, delfino di Luigi Berlinguer e rettore dal 1994 al 2006, è alle prese con una richiesta di rinvio a giudizio per il dissesto dell’Università. Il suo mandato terminò su intervento della procura di Siena, che lo ha rinviato a giudizio per tentata concussione, con l’accusa di aver indotto a ritirarsi l’unico altro aspirante al posto di ricercatore a cui puntava suo figlio Gian Marco: per fortuna è stato assolto, e quindi padre e figlio vivono felici e contenti nella stessa facoltà, medicina.

Al posto di Tosi venne il rottamatore antiberlingueriano Silvano Focardi, che portò alla procura tutte le carte che dimostravano lo sfascio dei conti e il buco da 270 milioni. Ma anche il censore è finito nei guai, diventando celebre per le accuse sui finanziamenti alla sua contrada del Palio e sugli acquisti di quantitativi smodati di aragoste con soldi pubblici (la difesa sostiene che le aragoste servivano per certe ricerche nel campo della biologia marina). Anche Focardi attende la decisione sul rinvio a giudizio. E quindi venne Riccaboni, l’uomo della restaurazione berlingueriana (sempre nel senso di Luigi), che il 21 luglio 2010 è stato eletto contro Focardi per soli 16 voti su 570 votanti. In questo caso tra pochi giorni si decide sul rinvio a giudizio di dieci membri, di cui sette professori, della commissione elettorale: l’accusa (che non riguarda Riccaboni) è di aver truccato il voto. L’indagine è scattata subito dopo l’elezione di Riccaboni, che è stato intercettato mentre chiedeva lumi a Berlinguer, il quale lo rassicurava: convinto che l’inchiesta non poteva bloccare la nomina del nuovo rettore, sarebbe andato l’indomani a spiegare la situazione alla Gelmini. Due giorni dopo il ministro della Pubblica istruzione ratificò la nomina di Riccaboni.

L’articolo è stato pubblicato integralmente anche su Dagospia.

Con lo scandalo Mps si torna a parlare dell’università di Siena con notizie vecchie, inesatte e folcloristiche

Unisicampo

La Toscana avvelenata dalla politica (QN, 27 gennaio 2013)

Cecilia Marzotti. (…) Il primo scossone arriva nel 2008 quando emerge l’inchiesta sul «buco» da duecento milioni di euro emerso nell’antica università. La Finanza acquisisce non solo i bilanci 2006-2007 e 2008, ma anche migliaia di altri documenti che impegneranno per mesi la Procura di Siena. Non solo. Ci sono anche intercettazioni telefoniche. «Ogni atto sequestrato apre nuovi scenari» affermeranno in quel momento gli investigatori. I magistrati cambiano, ma la giustizia, anche se lenta, arriva a iscrivere nel registro degli indagati ben diciotto persone. Il 15 ottobre 2011 l’inchiesta è ufficialmente chiusa e ora la questione è all’attenzione del giudice dell’udienza preliminare. E mentre la città (soprattutto i dipendenti dell’ateneo) si interroga come sia stato possibile giungere a quel profondo rosso da 200 milioni, all’università arriva il nuovo rettore. Angelo Riccaboni viene eletto il 21 luglio 2010 al posto di Silvano Focardi. Due settimane dopo la proclamazione, al rettorato bussano i carabinieri della polizia giudiziaria della Procura e acquisiscono i documenti relativi alle votazioni. Si apre una nuova inchiesta che porta a iscrivere nel registro degli indagati dieci persone alle quali viene contestata «la falsità ideologica». Anche in questo caso siamo davanti al giudice dell’udienza preliminare. (…)

Dal maxi buco dell’università alla speculazione dell’aeroporto tutti gli sprechi targati Mps (la Repubblica, 28 gennaio 2013)

Alberto Statera. (…) Se è vero quel che dice Mario Monti, che destra e sinistra non esistono più (ma non è vero) Siena è il laboratorio precursore della perdita delle diversità. Prendete la gloriosa Università, che naturalmente è rappresentata nella Fondazione Mps, insieme a Comune, Provincia, Regione e Arcidiocesi. Almeno tre rettori hanno contribuito a mettere insieme un buco di 200 milioni di euro, un dissesto per cui sono state rinviate a giudizio per peculato una ventina di persone, tra cui gli ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi. Per far fronte al buco sono stati venduti alcuni gioielli, come il complesso di San Niccolò. Indovinate chi lo ha comprato? Franco Caltagirone, fino a qualche mese fa vicepresidente del Monte, per 74 milioni. E lo ha subito riaffittato a 120 milioni per ventiquattro anni.
 Ostriche e aragoste consumate in gran quantità con denari pubblici sono diventate un po’ l’icona degli scandali seriali che l’Italia sta affrontando negli ultimi mesi. Potevano mancare in uno scandalo universitario? Figurarsi. E infatti negli atti d’accusa figura l’acquisto con soldi dell’ateneo di 360 chili di aragoste destinate alla contrada della Chiocciola. I magistrati, gentili, hanno scritto che sembra “materiale non pertinente”. Intanto le rette sono diventate le più alte d’Italia. Tanto per gradire, infine, l’attuale rettore Angelo Riccaboni è al centro di un’inchiesta riguardante presunte irregolarità avvenute nelle votazioni per la sua elezione. Per pietà nei confronti dei lettori tralasciamo altre inchieste a carico di consiglieri d’amministrazione e semplici professori, come quella per rimborsi gonfiati per l’organizzazione di master e corsi di aggiornamento. (…)

Un manifesto da far sottoscrivere ai candidati dei nuovi organi di governo dell’Università di Siena

Portare nuovi valori anche nell’Ateneo

Zoom (6 luglio 2012). Da anni ormai le istituzioni senesi, con l’Ateneo in testa almeno per ragioni cronologiche, sono scosse da una crisi profonda che si aggrava sempre di più e, prima che crollino in modo irreversibile, è doveroso capirne le cause al di là delle soluzioni pratiche da individuare urgentemente. Uno di questi motivi, forse il principale, sta sicuramente nella costante applicazione della logica della lobby che, inevitabilmente, finisce per allontanarsi dai bisogni collettivi ispirandosi solamente agli interessi, non solo economici, ma anche e soprattutto di potere, del gruppo prevalente. È una logica che finisce per essere distruttiva e l’Università senese ne è un chiaro esempio. È dai tempi del rettorato Berlinguer, non che i suoi predecessori fossero in senso assoluto “migliori”, che il governo di questa importante istituzione cittadina risente, in negativo, degli effetti prodotti dalla prevalenza di un gruppo accademico, con comuni interessi politici e di potere. Non è particolarmente rilevante che il legame tra i componenti di questa lobby sia politico, piuttosto che accademico o economico. Ciò che conta è invece che un gruppo di persone possa prevalere su altri gruppi o sui singoli, piegando l’istituzione ai propri voleri. Questa logica si è perpetuata per un ventennio attraversando il rettorato Tosi, quello Focardi e, infine, è assurta a regola nel rettorato Riccaboni, manifestandosi con una scarsa trasparenza e con una gestione svincolata dal consenso della comunità accademica. Le nuove disposizioni normative, quali quelle della legge Gelmini, hanno favorito il fenomeno mettendo gli organi di governo dell’Ateneo praticamente nelle mani del Rettore e del gruppo che lo sostiene (e che non può smettere di sostenerlo pena la perdita di qualsiasi potere). Non è un caso che l’approvazione del nuovo statuto, in osservanza della Gelmini, provocò dissensi da parte di altri lobbisti, nel caso specifico del Comune e della Provincia che ancora oggi esprimono dei consiglieri di amministrazione. Lo stato di tensione derivò dalla presa di coscienza da parte soprattutto dell’allora sindaco Ceccuzzi che, una volta estromesso dal “gruppo”, non avrebbe più potuto esercitare pressioni come spesso avvenuto negli anni passati. Un radicale cambiamento di questa situazione può attuarsi solo con il prevalere di nuovi valori, una sorta di nuovo umanesimo che riporti al centro l’individuo o aggregazioni di singoli svincolate da logiche lobbistiche. Il consenso della comunità dovrebbe portare negli organi di governo persone estranee alle logiche della gestione ristretta del potere, motivate semplicemente dal senso della responsabilità e del bene collettivo. Le soluzioni “pratiche” o “tecniche” verrebbero di conseguenza, facendo uscire dalla prostrazione e rilanciando, davvero e non a parole, un’istituzione secolare che oggi stenta a sopravvivere.

Ateneo senese: “truffa continua”?

«Università di Siena in attesa del commissariamento» è il titolo che davo al post del 18 agosto, senza immaginare che il giorno dopo Il Corriere Fiorentino sarebbe uscito con un articolo che riportava le accuse del Nucleo di Polizia Tributaria (con segnalazione alla Corte dei conti) nei confronti di Tosi, Focardi, Bigi e dei revisori dei conti. Un’altra vicenda che, aggiunta alle altre, rende, a mio parere, ineluttabile il ricorso al commissariamento. I dati dell’articolo sono noti da tempo: si riferiscono al mancato versamento, da parte dell’ateneo nel triennio 2006-2008, degli acconti Irap (25.784.811,21 €) e della relativa penale (7.735.444,00 €). Il giornalista cita anche due anomalie del bilancio 2007, anch’esse note, che vengono riferite in modo da risultare inesatte, con confusione di ruoli e responsabilità e, soprattutto, trascurando i meriti di coloro (prima il gruppo coordinato dal prorettore Santoro e dopo la task force anticrisi del Direttore amministrativo Miccolis) che dal settembre 2008 hanno iniziato a mettere in evidenza tutta una serie di storture dell’apparato amministrativo. Gli esempi concreti citati dal giornalista fanno parte del poderoso Atto di ricognizione dei Residui Attivi e Passivi per gli Esercizi finanziari 2008 e Retro” effettuato dall’Ufficio Ragioneria sotto la direzione Miccolis, approvato dal Senato Accademico e dal CdA (in seduta congiunta il 30 marzo 2009) ed inviato alla Procura della Repubblica di Siena e alla Procura regionale della Corte dei Conti di Firenze che stavano indagando. Entrambi gli episodi sono riconducibili al rettorato del “grande timoniere” Tosi. Il primo si riferisce alla vendita nel 2001, da parte dell’ateneo senese, della Casa dello Studente di Viale 24 maggio all’Azienda per il Diritto allo Studio per un importo di 4,5 milioni d’euro. Qualcuno dice che quei soldi sono stati letteralmente “sputtanati” da un noto personaggio. Forse faranno parte di quel gruzzolo di 20 milioni di euro che sono stati inseriti nei bilanci del “grande timoniere” con l’eufemistica dizione “assegnazioni diverse” e di cui chiedo da 4 anni di conoscerne la destinazione. Ma cosa ancor più grave è che i 4,5 milioni di euro sono stati inseriti tra i crediti esigibili in più esercizi finanziari (fino alla scoperta della “voragine” nei conti) con lo scopo di portare in attivo il bilancio di competenza, come se non fossero mai stati incassati e spesi. L’altro esempio concreto citato dal “Corriere Fiorentino” si riferisce a 8 milioni d’euro di fondi ministeriali per investimenti nell’edilizia inseriti, anche questi, tra i crediti esigibili. Tale episodio, sempre riferibile al “grande timoniere” ha fatto scervellare tutti, perché non si riusciva a trovare il relativo titolo di legittimazione. Finché qualcuno, spulciando tutte le comunicazioni ministeriali, a partire dal 2000, relative a eventuali assegnazioni per l’edilizia, ha scoperto una nota del MiUR che indicava, per un determinato esercizio, proprio la cifra di 8 milioni d’euro, riferita, però, all’intero Sistema universitario italiano. Quindi, l’Amministrazione pensò bene, al fine di portare in attivo il bilancio di competenza degli esercizi di riferimento, di far inserire tra i crediti esigibili dall’ateneo senese anche quegli otto milioni d’euro, senza che il Ministero avesse mai inviato alcun titolo di legittimazione per quella somma.

A fine mese, forse, saranno noti i responsabili e l’entità reale del disavanzo nell’Ateneo senese

pettinella.jpg“Il Mondo”, oggi in edicola, pubblica un articolo con il quale informa che per la fine di marzo all’università di Siena i nodi sulla reale entità del disavanzo e sui nomi dei responsabili verranno al pettine. Auguriamoci che si tratti non di un pettine, ma di una pettinella in grado di scrinare nodi grandi e nodi piccoli.

SIENA, SUL DISAVANZO ARRIVANO I DATI. E I NOMI

Fabio Sottocornola. Martedì 31 marzo all’università di Siena i nodi verranno al pettine. Forse non tutti, ma certamente la data di fine mese si preannuncia come un punto di svolta nella travagliata vicenda dell’ateneo toscano. Che è gravato da uno dei più consistenti buchi di bilancio in Italia e il cui ex rettore Piero Tosi è sotto processo con diversi capi d’accusa legati a differenti episodi nella gestione dell’ateneo. La data è così importante che l’attuale numero uno Silvano Focardi ha convocato per il giorno precedente una riunione congiunta di Senato accademico e Consiglio di amministrazione. Probabilmente saranno anticipati alcuni passaggi di due relazioni molto attese per il giorno successivo. Infatti il direttore amministrativo Emilio Miccolis, passato nel dicembre scorso da Bari a Siena, dovrà finalmente rendere nota la reale entità del disavanzo che viene comunque stimato al di sopra dei 150 milioni di euro e riguarderebbe i bilanci di diversi anni. Una cosa è certa: al ministero dell’Università aspettano questi dati. Ma lo stesso giorno si conosceranno anche i risultati della commissione tecnica di indagine amministrativa interna che doveva accertare a chi risalgono le responsabilità di tutta la situazione. Ne fanno parte Bernardo Giorgio Mattarella, che in città è ordinario di diritto amministrativo, Antonio Davide Barretta, associato di economia aziendale ma anche delegato del rettore per bilancio e controllo di gestione, e Gaetano Prudente, un dirigente dell’università di Bari. La commissione in queste ultime settimane ha incontrato alcuni esponenti di punta della passata gestione: oltre allo stesso Tosi, anche i dirigenti Salvatore Interi, Monica Santinelli e l’ex direttore amministrativo Loriano Bigi. Risultati e verbali delle audizioni dovrebbero essere consegnati anche in Procura.