Certa stampa nega l’evidenza e dice che il buco nei bilanci dell’Università di Siena è una montatura “giustizialista”

Altan-UomodelrubareAndrea Bianchi Sugarelli (Corriere di Siena). La vicenda del Buco dell’Ateneo, che negli anni passati ha sconvolto la città di Siena ed ha dato il via addirittura a processi sommari, caccia alle streghe e calunnie, si chiude quindi con l’assoluzione con formula piena degli indagati. Il giudice Dr. Gianluca Massaro ha ritenuto che tutto l’impianto accusatorio legato al falso in bilancio dal 2004 al 2007 si è basato su accuse false.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Triumphans! Immaginavo che la prima reazione di una certa stampa sarebbe stata quella di negare l’evidenza, cioè il buco. Banca, Università, Fallimento Mens Sana… non è stato nessuno. Forse un marziano. Andiamo avanti a colpi di propaganda per dire che all’università non è successo niente (nonostante la perdita del 43% dei docenti e di parecchie migliaia di studenti): «L’Università di Siena tra i migliori atenei al mondo nella classifica 2016 del Centre for World University Rankings»Per dire che Siena si trova al 437esimo posto, due centinaia di spanne dietro a Pisa e Firenze. Mai che a certa stampa venisse in mente di affrontare, dati alla mano, i problemi che vengono posti in evidenza anche in questo blog. La galera non si augura a nessuno, ma qui sono spariti trecento milioni, le conseguenze sono state pesantissime, la vita di diverse persone è stata compromessa, l’esistenza stessa dell’Università di Siena è stata messa a repentaglio. L’ateneo non sarà più quello di prima (e chissà cosa sarà – vedi precedenti messaggi), ma non preoccupatevi, non è successo niente. Una certa stampa nega la realtà del buco.

Silvano FocardiC’è stata la falsificazione dei rendiconti […] si spendeva più di quello che si incassava, nascondendo debiti e gonfiando le entrate. E io, rettore, non potevo rendermene conto: io il bilancio lo presento al CdA con la relazione di accompagnamento della Ragioneria. Per me era veritieroNel 2008 avevo 250milioni di debito e 65 milioni di disavanzo […] Quando abbiamo scoperto il problema siamo andati dopo tre giorni in Procura, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di preparare il materiale, e dopo ci si trova coinvolti ed accusati di essere i responsabili di ciò che è stato fatto, per altro non per mancanza di attenzione ma per aver collaborato a falsare il bilancio. Io sono convinto di aver salvato l’Università. Senza la mia denuncia non sarebbe stato recuperato più niente.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Ora, prendetele come volete, ma queste affermazioni di Focardi – che sostanzialmente attribuisce ad altri la responsabilità del buco ed a sé stesso quello di averlo denunciato – mi pare siano sensibilmente diverse dalle tesi di coloro che, negando l’evidenza, immediatamente si sono precipitati a scrivere che quella del buco è stata tutta una montatura “giustizialista”: voglio dire, sono spariti trecento milioni, i conti reali sono stati occultati, ma nessuno se ne era accorto: la colpa di qualcuno sarà, oppure è un affare di alieni extraterrestri?

Philip DickA uno scrittore di fantascienza non è consentito credere a quello che racconta, altrimenti pensate un po’ che confusione.

Davvero i due dipendenti hanno autonomamente falsificato i bilanci per celare il buco provocato da altri?

BandaBassotti

Di seguito il commento di Billy (del 22 luglio 2016) e quello di Simone (del 21 luglio 2016) postati su “Eretico di Siena” all’articolo di Raffaele Ascheri «Università: tanto buco per nulla?»

Billy. Continuare ad osservare tutto quello che accade in questa città con il senso di impotenza che caratterizza la visione degli eventi è veramente difficile.
Questa dell’assoluzione dei principali imputati per la vicenda del buco all’università è un’altra goccia di un vaso senza fondo. Mi rallegro con gli imputati (in realtà solo alcuni) per essere usciti riabilitati da questa vicenda, ma i giudici ci vorrebbero raccontare che la colpa è solo dell’ex responsabile della ragioneria e della sua braccio destro? Che solo loro due avessero ordito un piano di prove truffaldine per celare un ammanco di 280 milioni, tra l’altro non da loro determinato, ma da loro soltanto nascosto nelle pieghe di bilancio che nemmeno i revisori dei conti avevano potuto constatare? Allora più che una condanna gli darei una medaglia al merito ed un sicuro incarico come ministro della repubblica o come minimo di deputato….
Mi sembra come la storia della morte di David Rossi, immediatamente derubricata a suicidio per poi essere riaperta 3 anni dopo con elementi inoppugnabili.

Io non so davvero più dove vivo. Abbiamo un comune tra i più dissestati d’Italia, un sindaco depositario di avvisi di garanzia, un ospedale in via di smantellamento, un flusso turistico in diminuzione ed in controtendenza rispetto alle città d’arte vicine (che ci raccontino il contrario è favolistico dato che un dato certo come la tassa di soggiorno è inoppugnabile e se la si evade si fa un illecito), il palione con uno dei suoi maggiori protagonisti tra i fantini inquisito per attività illecite, il mondo delle contrade in una crisi socio-culturale come non c’è mai stata, sempre meno attività e meno lavoro… e si vivacchia da un giorno all’altro senza colpo ferire. Mah….

Simone. Vorrei solo far notare come il buchetto da 200 mln non sia stato solo uno “svanire” di soldi… Per dirne una, a causa di questo buco l’Università ha dovuto svendere l’ospedale alla Regione, perdendo non tanto il valore economico del bene, ma il potere che da esso derivava… e magicamente oggi ci troviamo la MegaASL ad Arezzo, il nostro ospedale che non conta più nulla presso il centro di potere regionale con un direttore generale mandato a svernare in attesa della pensione, e fior di professionalità che emigrano (indovina un po’) a Careggi… ecco, se uno vuole “toccare con mano” cosa abbia voluto dire il crollo dell’Università (anche se non da solo, certamente) può iniziare guardando a come potrebbe cambiare il livello di qualità del sistema sanitario senese…

Siena, la città dei balocchi, dove le responsabilità non saranno punite

Voragine-ateneoIl buco della vergogna (da: Bastardo Senza Gloria, 20 luglio 2016)

Bastardo Senza Gloria. Tutti assolti per il buco finanziario dell’ateneo senese. I bilanci evidentemente si sono “bucati” da soli, in fin dei conti si fa alla svelta a perdere qualche centinaio di milioni di euro. Va da sé che il policlinico delle Scotte si è venduto da solo, e anche il San Niccolò c’ha pensato la provvidenza a venderlo, che motivi sennò ci potrebbero mai essere stati? Massimo rispetto per le sentenze, ma la storia non si cambia e quei pochi giornalisti aggrovigliati che esultano per la fine di un incubo, grazie alle assoluzioni, perché non si rilassano? Oppure perché non ci dicono loro chi ha indebitato l’ateneo, visto che li conoscono bene? Questo tipo di normalizzazione di ciò che è successo a Siena, è molto pericoloso e sta dando nuova linfa ai soliti cultori del groviglio, spalleggiati dai soliti comunicatori, giornalistini, ex portavoce e via discorrendo. Tristezza totale, ma soprattutto che pessima figura davanti all’Italia tutta, che ha di Siena ormai una immagine chiara e lampante: le responsabilità e le colpe del tutto evidenti, non verranno punite. La città dei balocchi!!

Dobbiamo prendere atto che far parte di un Cda, di un collegio dei sindaci revisori, essere rettore o direttore generale, ti esonera da qualsiasi responsabilità, anche se i bilanci sono pieni di buchi e se un ateneo va in dissesto. Sarà colpa dei tarli nelle scrivanie. Stessa cosa per chi ha distrutto il patrimonio di una Fondazione, non sono quelli che hanno votato nelle deputazioni operazioni contro lo stesso statuto di quella Fondazione, ma saranno stati i folletti sadici e burloni a compiere certi scempi. Nella vicenda di Ampugnano, è ormai chiaro a tutti che la colpa sarà stata dei volatili, così come per l’incendio della Curia senese, saranno stati i fiammiferi svedesi in modalità autocombustione.

Per dare giustizia alla città per i danni ricevuti, la soluzione è processare i blogger e chi non era “affiliato” al groviglio. Un giorno nei dettagli vi racconteremo anche di queste vicissitudini processuali e di polizia. Siena, la città dei balocchi… ma per gli aggrovigliati.

Tutti assolti: il buco e il falso in bilancio sono stati dimostrati, ma non si sa chi li abbia provocati!

Ateneo-con-buco

S’è concluso ieri il processo sulla falsificazione dei bilanci dell’Ateneo senese, con l’assoluzione di tutti gli imputati con le formule di rito «per non aver commesso il fatto» (rettori e direttori amministrativi) e «perché il fatto non costituisce reato» (revisori dei conti). Sull’argomento ci ritorneremo nei prossimi giorni! Oggi pubblichiamo l’articolo (apparso su questo blog il 29 settembre 2014) che presentava l’inizio del processo e che, all’indomani della sua conclusione, mantiene intatta la sua attualità.

Domani comincia il processo sul dissesto dell’ateneo senese

Daniela Orazioli (UGL-Università di Siena). Dopo sei anni, siamo arrivati alla prima udienza del rinvio a giudizio per i responsabili del crack dell’Ateneo senese. Auguriamoci che davanti alla sede del tribunale ci sia una ben nutrita rappresentanza di tutti quelli che da questi “scellerati“ gestori dei bilanci hanno subìto danno. Da sottolineare, comunque, che la gravità non è riferita soltanto alla natura economica, come se questa fosse di poco conto, ma soprattutto alla sfera etica. Da ricordare l’annientamento del futuro di un’intera generazione; la scomparsa dall’Ateneo di tutti quei giovani borsisti, dottorandi, etc. che avrebbero dovuto costituire il fisiologico ricambio generazionale per la nostra secolare Università. Con loro abbiamo perso ciò di cui la scienza ha più bisogno: curiosità, entusiasmo, speranza, passione giovanile. I nostri giovani, a prescindere dal risultato del processo, non saranno più recuperabili. Grazie ai responsabili del dissesto!!! I tempi biblici delle indagini e poi della giustizia non fanno certo immaginare che stiano ancora lì ad aspettare! I migliori sono andati a far crescere altri paesi, dove i cervelli non si buttano; altri si sono adattati, ripiegando su qualche palliativo che potesse consentir loro di “campare”. Chi è rimasto, come i docenti e il personale tecnico e amministrativo, che fa???? Parlando con i colleghi non sentiamo che scoramento, mortificazione, frustrazione, assenza di aspettative. Chissà quali risultati abbia sortito l’indagine sul personale tecnico e amministrativo riguardo allo stress correlato al lavoro. Sarà emerso tutto ciò? Sono quantizzabili danni del genere? Forse no, e allora finirà tutto a tarallucci e vino? Noi non ci stiamo!!!

Per l’università di Siena, non una politica ma un mercimonio di posti di lavoro e di carriere partitiche nella docenza e tra i tecnici e amministrativi

Altan-melasanaRabbi Jaqov Jizchaq. Dice Riccaboni: «Dentro l’università non c’è ingerenza politica!» È vero: dentro l’università non c’è la politica, c’è la …partitica. Non si vede, in effetti, all’opera alcuna lungimirante politica per l’università, ma si è visto nel corso degli anni un mercimonio squallido di posti di lavoro e di carriere prettamente partitiche, nel campo della docenza come in quello tecnico e amministrativo. I pesantissimi squilibri e i paradossi coi quali ci misuriamo (da un lato c’è troppo personale, dall’altro molti corsi e servizi cessano per mancanza di personale) rivelano meglio di qualsiasi altra cosa quale sia stato il ruolo della “partitica” all’interno dell’università, in assenza di una vera politica.

Personalmente continuo a ritenere intollerabile il fatto che il dibattito politico attorno all’università prescinda paradossalmente dall’essenziale: quando la FIOM o i giornali parlano della FIAT, si occupano eccome di impianti, stabilimenti, linee produttive, modelli, competenze tecniche, ingegneri, maestranze, progetti, competitività, produttività, motori, bielle e pistoni. Perché questo è ovviamente essenziale nella vita di una fabbrica; anzi, questo è ciò che tiene in vita la fabbrica; spesso quando un politico parla di università, pare che stia parlando dell’ennesimo ente pubblico da depredare, fatto esclusivamente di generici “posti” e “uffici”, dove alberga pigramente il ragionier Fantozzi e altri impiegati perfettamente intercambiabili. Un oggetto immobile e sempre uguale a sé stesso, non un corpo amputato e non una fabbrica anch’essa, che sta giorno dopo giorno perdendo impianti, professionalità, prodotti, competitività. L’ottica da cui guardare le cose non può essere quella rassegnata, ma, tutto sommato, comoda di chi va in pensione al culmine della carriera fra tre o quattro anni, ma quella di chi deve restare ancora per molti anni.

Assodato che di soldi non ne verranno, che il paese perde 480 posti di lavoro il giorno, mentre chiudono migliaia d’imprese, anziché aspettare Godot si dovrebbe puntare alla riorganizzazione complessiva del sistema universitario, e questo è un problema che travalica i confini cittadini. Più tempo passa, più la situazione sarà difficile da recuperare; non è veramente tempo di autarchia e di particolarismi feudali, di soluzioni abborracciate o minimaliste; mettere delle pezze non basta più (“peso el tapòn del buso”), ma purtroppo direttive lungimiranti e coraggiose dall’alto, ove ci si compiace, oramai esausti ma appagati (“il settimo si riposò”) di aver disegnato una riforma “epocale”, non ne vengono. La splendida trovata di trasformare le facoltà in dipartimenti dagli acronimi bizzarri, non mi pare proprio di per sé sufficiente a fronteggiare problemi delle dimensioni di quelli predetti. Di sicuro c’è solo che implacabilmente ci attendono altri tagli, senza che sia chiaro qual è al fondo la “pars construens” di questa non-politica.

L’università di oggi appare padronescamente tiranneggiata da un’insensata e meccanica burocrazia di genere sovietico: anche le “valutazioni” meritocratiche si riducono alla fine in enormi pasticci burocratici; nulla, che abbia a che fare con i contenuti e col senso delle cose, pare avere più diritto di cittadinanza. Sembra che la compulsiva emanazione di “circolari” e promulgazione di “decreti” e divieti, di complicatissime tabelle che quantificano il nulla (strumenti di tortura coi quali si infierisce sadicamente su un corpo malato), basti di per sé a coprire l’assenza di un orizzonte di senso in una macchina che in larga misura gira a vuoto.

Il buco senese è stato “scoperto” oramai da cinque anni, se non sbaglio. Sono stati messi in vendita storici edifici che nessuno comprerà e l’unico esito sarà quello di rendere ancora più spettrale il centro storico di una città già semivuota di residenti. Leggo nel sito MIUR che al 2007 a Siena risultavano 1050 docenti di ruolo; al 2012 risultavano scesi a 811. IL dato nazionale è che si è perso in pochi anni il 22% del corpo docente. Il trend non mi pare destinato a invertirsi. Il che vuol dire, con le leggi attuali, e in forza del solo dato anagrafico, che hanno chiuso e chiuderanno nei prossimi anni molti altri insegnamenti e corsi di laurea non esattamente “inutili”. In questa cornice, grandi idee per far fronte alla gravità del momento non se ne vedono; come ho già scritto, a mio modestissimo avviso il problema oramai non si risolve “intra moenia”, attraverso una sorta di ripiegamento provincialistico (“piccolo è bello”), ma solo in chiave “federalista”, cioè attraverso una fattiva e robusta interazione a livello dei maggiori atenei della regione.

Con lo scandalo Mps si torna a parlare dell’università di Siena con notizie vecchie, inesatte e folcloristiche

Unisicampo

La Toscana avvelenata dalla politica (QN, 27 gennaio 2013)

Cecilia Marzotti. (…) Il primo scossone arriva nel 2008 quando emerge l’inchiesta sul «buco» da duecento milioni di euro emerso nell’antica università. La Finanza acquisisce non solo i bilanci 2006-2007 e 2008, ma anche migliaia di altri documenti che impegneranno per mesi la Procura di Siena. Non solo. Ci sono anche intercettazioni telefoniche. «Ogni atto sequestrato apre nuovi scenari» affermeranno in quel momento gli investigatori. I magistrati cambiano, ma la giustizia, anche se lenta, arriva a iscrivere nel registro degli indagati ben diciotto persone. Il 15 ottobre 2011 l’inchiesta è ufficialmente chiusa e ora la questione è all’attenzione del giudice dell’udienza preliminare. E mentre la città (soprattutto i dipendenti dell’ateneo) si interroga come sia stato possibile giungere a quel profondo rosso da 200 milioni, all’università arriva il nuovo rettore. Angelo Riccaboni viene eletto il 21 luglio 2010 al posto di Silvano Focardi. Due settimane dopo la proclamazione, al rettorato bussano i carabinieri della polizia giudiziaria della Procura e acquisiscono i documenti relativi alle votazioni. Si apre una nuova inchiesta che porta a iscrivere nel registro degli indagati dieci persone alle quali viene contestata «la falsità ideologica». Anche in questo caso siamo davanti al giudice dell’udienza preliminare. (…)

Dal maxi buco dell’università alla speculazione dell’aeroporto tutti gli sprechi targati Mps (la Repubblica, 28 gennaio 2013)

Alberto Statera. (…) Se è vero quel che dice Mario Monti, che destra e sinistra non esistono più (ma non è vero) Siena è il laboratorio precursore della perdita delle diversità. Prendete la gloriosa Università, che naturalmente è rappresentata nella Fondazione Mps, insieme a Comune, Provincia, Regione e Arcidiocesi. Almeno tre rettori hanno contribuito a mettere insieme un buco di 200 milioni di euro, un dissesto per cui sono state rinviate a giudizio per peculato una ventina di persone, tra cui gli ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi. Per far fronte al buco sono stati venduti alcuni gioielli, come il complesso di San Niccolò. Indovinate chi lo ha comprato? Franco Caltagirone, fino a qualche mese fa vicepresidente del Monte, per 74 milioni. E lo ha subito riaffittato a 120 milioni per ventiquattro anni.
 Ostriche e aragoste consumate in gran quantità con denari pubblici sono diventate un po’ l’icona degli scandali seriali che l’Italia sta affrontando negli ultimi mesi. Potevano mancare in uno scandalo universitario? Figurarsi. E infatti negli atti d’accusa figura l’acquisto con soldi dell’ateneo di 360 chili di aragoste destinate alla contrada della Chiocciola. I magistrati, gentili, hanno scritto che sembra “materiale non pertinente”. Intanto le rette sono diventate le più alte d’Italia. Tanto per gradire, infine, l’attuale rettore Angelo Riccaboni è al centro di un’inchiesta riguardante presunte irregolarità avvenute nelle votazioni per la sua elezione. Per pietà nei confronti dei lettori tralasciamo altre inchieste a carico di consiglieri d’amministrazione e semplici professori, come quella per rimborsi gonfiati per l’organizzazione di master e corsi di aggiornamento. (…)

Senza un’autorità super partes, che intervenga a sedare le pulsioni egoistiche e localistiche, l’università di Siena non ce la farà

Rabbi Jaqov Jizchaq. (…) serve casomai qualche ulteriore prova dell’incapacità dell’università – in generale – di riformarsi dall’interno? L’unica novità è che ci sono guai più grossi: cataclismi economici e naturali ad occupare le prime pagine della cronaca. Il sistema in sé, tende all’inerzia: il buco, nell’università di Siena, non è venuto alla luce ieri, le operazioni puramente ragionieristiche come i prepensionamenti, mostrano la corda (è da valutare se siano maggiori i vantaggi o i guai prodotti, sguarnendo corsi di studio che non possedevano i mitici venti professori di ruolo per un solo settore disciplinare e accelerandone la crisi) e non mi pare che dopo anni si intravedano oggi grandi spiragli di cambiamento che inducano all’ottimismo, ma solo una insopportabile ammuina, interrotta a cadenze regolari da esilaranti dispacci burocratici. Non si delinea il volto futuro dell’ateneo, il suo rapporto col territorio, se non (per così dire) “per difetto”, man mano che con insopportabile stillicidio comparti di base entrano in crisi, né appare chiaro quale sia il destino di chi ci lavora avendo davanti a sé una prospettiva di lavoro di una ventina d’anni, atteso che le generazioni meno anziane sono state comunque beatamente fottute (e il quadro nazionale, fra recessione e terremoti, non è certo confortante), con l’eccezione forse di qualche miracolato che forse verrà scongelato e assunto in cielo per intercessione divina, usufruendo delle poche chiamate che si renderanno disponibili in diebus illis. Mi pare che vi sia un diffuso rifuggire dalle responsabilità. La kafkiana, gogoliana, bulgakoviana burocrazia, arrogante ed autoreferenziale, che oramai è la vera signora, dal canto suo si accontenta delle pure apparenze, insorgendo magari se c’è una virgola fuori posto nei famigerati “format”, ma trascurando completamente il senso delle cose, volgendo altrove lo sguardo davanti ad operazioni di dubbio gusto e lasciando che un placido fiume di maleodorante nonsenso ci sommerga. La sensazione è che questa fase non sia governata, se non dal tiranneggiare di oscuri funzionari di genere sovietico, e ciò che si fa, sia tutt’al più apporre un imprimatur sopra gli esiti spontanei di quella che somiglia ad una darwiniana lotta per la vita nella foresta del Giurassico. Non voglio apparire noioso, ma ripeto ancora che non ritengo si possa cavarne le gambe, senza che un’autorità super partes intervenga a sedare le pulsioni egoistiche e localistiche: pensare solo al campanile, a questo punto, appare superato dal precipitare degli eventi. Il blocco prolungato del turn over, le risorse sempre più scarse, il calo degli iscritti, l’uscita di ruolo di un mare di docenti e i famigerati requisiti minimi stanno riducendo, infatti, a mal partito anche le “migliori famiglie”: non avrebbe più senso dunque, in molti casi, pensare ad una programmazione regionale e alla mobilità del corpo docente? Davanti al palpabile decadimento del livello dell’offerta didattica, non sarebbe sensato di certi corsi oramai alla canna del gas averne uno o due in Toscana fatti bene, che quattro o cinque sgangherati, accorpati, malamente imbellettati, insostenibili e impresentabili disseminati qua e là, magari in molteplice copia?

L’autonomia universitaria consente anche di “taroccare” i bilanci?

ilbucoIn alcuni mesi del 2004 e 2005, per riuscire a pagare gli stipendi dei propri dipendenti, l’Ateneo senese non ha versato i contributi INPDAP, generando una situazione debitoria di 67 milioni di euro, in base alla rateizzazione fino al 2016 del debito contributivo. Una decisione di tale natura e gravità è stata presa senza informare il Consiglio di Amministrazione dell’Università, che ne viene a conoscenza solo il 29 maggio 2006 (il Mondo 16 giugno 2006). Un altro fatto sconcertante è che, nonostante mancassero i soldi per pagare gli stipendi, il consuntivo 2004 si chiuse con un avanzo di amministrazione di 6,6 milioni di euro. È forse un caso di finanza creativa? Ed in tal caso, il pubblico dipendente non ha forse il dovere di denunciare tempestivamente alla competente Procura della Repubblica e della Corte dei Conti ogni attività ritenuta illecita e dannosa? O forse qualcuno crede che con l’autonomia l’Università di Siena non sia più soggetta alla giurisdizione dello Stato? Che pure la finanzia con un fondo di finanziamento ordinario di circa 115 milioni di euro l’anno. Com’è noto, il nostro Ateneo, che ha personalità giuridica e piena capacità di diritto pubblico e privato, si è organizzato ed opera secondo un proprio Statuto, espressione fondamentale della sua autonomia. Questo, però, non significa che gli sia consentito di operare al di fuori dei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Pubblicato da: il Cittadino Oggi, 1 luglio 2006, col titolo Grasso: «Attenti ai bilanci “taroccati”».