5 Risposte

  1. Uno dei migliori atenei del mondo!?!?!?!?!?! È presto verificabile dalla più accreditata classifica internazionale http://www.shanghairanking.com/ARWU2012.html, dove
    Siena non appare fra le prime 500, mentre Pisa, Roma, Milano e Padova galleggiano fra il centesimo e il centocinquantesimo posto.
    E da quand’è che l’ANVUR e il CENSIS valutano le università … estere? Il MIUR fa il VQR per l’università di Pechino? Ma questi giornalisti, hanno una sia pur vaga idea di ciò di cui stanno parlando?
    Stanno trasformando un risultato incoraggiante (ma in parte, ahimè, relativo al passato, cioè a dire prima della crisi e della fuoriuscità di metà del corpo docente) in una autentica farsa: “v’è gente vana come la sanese”?
    Ma chi ha bisogno delle lusinghe di questi giornalisti, che gonfiando puerilmente i dati, da un lato finiscono per ridicolizzarsi e ridicolizzare chi effettivamente opera nella ricerca, dall’altro danno l’idea di voler assolvere i responsabili dello sfascio presente e negare le pesanti ipoteche sul futuro?

    La rana e il bue

    Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue. Essi risposero di no. Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.
    Quelli risposero: – Il bue.
    Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.
    Quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono male.

    Fedro

  2. …comunque questi picciottazzi sono veramente simpatici. Sono passati in fondo pochi mesi da quando, come un sol uomo, politici di tutte le razze, bipedi e quadrupedi, sindacalisti e gazzette varie incitavano a picchiare duro sulla docenza senza troppi distinguo, nonostante sapessero che il 50% del corpo docente senese stava uscendo di ruolo a turn over bloccato, che il personale TA si avviava a diventare il doppio di quello docente, che si stava smantellando all’incirca la metà dei corsi di laurea (in attesa di smantellarne prossimamente due terzi), che l’80% del personale di ruolo non fosse costituito dai famigerati “baroni” (leggasi: ordinari), che anzi il 44% fossero ricercatori e infine che a fronte di settori disciplinari gonfiati a dismisura per motivi politici, ve ne erano altri in pesante sofferenza senza che vi fosse alcun nesso con la necessità o l’eccellenza.

    Dal dileggio alle lodi, senza soluzione di continuità: schizofrenia pura, e mi domando cosa si intenda e come sia concepita “la ricerca” in certi ambiti, se alcuni venerabili esponenti della pubblica opinione non si rendono neppure conto che cosa significa pubblicare risultati apprezzabili su rivista scientifica internazionale: cioè come ci si arriva (non è come scrivere letterine a Babbo Natale, né trafiletti sulla cronaca locale), il lungo percorso che porta alla eventuale pubblicazione di un lavoro scientifico contenente risultati originali. Macché, l’òmino della strada – che Giove lo strafulmini – dice: “questi qua un fanno una sega: lezione tre volte alla settimana e poi ci hanno pure due o tre mesi di ferie”, come se insegnare non comportasse alcuno sforzo preliminare o si esaurisse nella lezione frontale, e la ricerca venisse dal cielo.

    Anziché pianificare sedi e corsi sul territorio, questi geni prima hanno appoggiato imprese folli e dissipatorie, dopo hanno teorizzato il disfacimento di tutto quello che esisteva; oramai da anni si va avanti, infatti, mettendo nel frullatore quello che c’è rimasto, alchemicamente sperando di ricavare dall’intruglio qualche farmaco miracoloso. In una “guida per il giovane autore” ho letto questa raccomandazione preliminare: “Ask your supervisor and your colleagues for advice on manuscript type. Sometimes outsiders can see things more clearly than you”. Questa, per quanto possa apparire ovvia, è in realtà la sostanza del discorso: la ricerca scientifica è fatta di strutture, organizzazione, di una serie di filtri e di controlli: i ricercatori giovani che lavorano accanto a ricercatori “senior”, in quella bottega che a tutti gli effetti è simile (mutatis mutandis) alle botteghe degli artisti.

    La polverizzazione, l’isolamento, la mancanza di riferimenti e di obiettivi, della “bottega”, sono pertanto letali per la ricerca, così come lo è per la didattica il “divertissement” di burocrati, e pedagoghi “à la page” di questi ultimi anni, consistente nell’assemblare corsi di laurea accorpandoli “a pene di segugio” oppure in alternativa raddoppiandoli (per citare il maccheronicissimo latinorum di Formigoni http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/18/tagli-ad-canis-cazzium-il-latino-di-formigoni/297036/), “ad canis cazzium”, con operazioni di bassissimo profilo che cozzano in modo stridente con l’intento di preservare lo sbandierato “primato” vero o fasullo, che avevamo precedentemente nel campo della ricerca.

    Poi l’omino della strada (versione urbana dell’omino degli orti dell’Eretico) legge le laudi della “mejo università der monno” per la ricerca prima che questa tendenza divenisse conclamata, e per quanto si tratti per lo più di balle (la collocazione esatta di Siena, negli anni precedenti alla crisi, risulta dalle suesposte tabelle), non gli viene nemmeno in mente di fare due più due e di chiedersi, se il suddetto culturame veramente passa le giornate al bar quando scende dalla cattedra (ove naturalmente sonnecchia), come siano stati conseguiti questi risultati, chi ha lavorato alla ricerca, chi ha fatto le scoperte, chi ha scritto gli articoli su riviste accreditate ecc.

    Sfugge all’omino, che quando parliamo di ricerca non stiamo parlando del genio che dà alla luce il suo ponderoso “Trattato” dopo decenni di faticoso e solitario travaglio, molando nel frattempo lenti come Spinoza per guadagnarsi il pane; né delle titaniche imprese di inventori pazzi che sorgono dalla penombra di una cantina esclamando “Eureka!”, ma di un lavoro collettivo, che si compie all’interno di strutture e gruppi di lavoro ben strutturati e se vogliamo, anche gerarchici.

    Oggi il Bisi si congratula col Bezzini, che a sua volta si congratula col Valentini, che si complimenta ecc. ecc. è tutto un congratularsi per i confortanti risultati della ricerca dell’intervallo temporale 2004-2010, cioè prima della crisi catastrofica che ha investito l’ateneo senese, da parte di gente che non c’entra un cazzo. Ma, di grazia, chi li ha ottenuti questi risultati, forse gli Uffici Imperialregi per la Propaganda dell’Immagine, o qualche sindacalista arrampicatore? O non piuttosto parecchi di quei ricercatori che avete assassinato nella culla? E vi siete chiesti cosa scriverà l’ANVUR nei prossimi sette anni, quando buona parte di ciò che è stato oggetto della valutazione non esisterà più?

  3. E per tornare terra terra alla miserabile contabilità, come rimane plausibile che ancora nessuno, dico nessuno, dei fenomeni che ora ricevono imbrodature dai descritti personaggi e che, non dimentichiamolo, hanno prodotto un simpatico dissesto da quasi trecento milioni di euro (ed è tutto da dimostrare che i brillanti risultati 2004-2010 poggino la loro base sul predetto dissesto) nel silenzio assoluto di tutti gli organi di controllo e valutazione, come è possibile che non siano stati perlomeno sanzionati? Perché, carissimi, fatta eccezione delle aragoste dell’ex magnifico e del danno all’immagine di un ex sindacalista, operazioni che oserei definire come “morso del topino” (una ventina di migliaia di euro uno e sedicimila l’altro), a parte loro gli altri, tutti, godono di stipendi, posti di prestigio, conti in banca intonsi e così via. Allora viene da domandarsi: questa valanga di milioni (fra Banca, afFondazione, Università, ASL, Policlinico e quanto altro) che mancano dove sono andati a finire? Tertium non datur: o sono sbarcati dei marziani e ce li hanno ciulati oppure queste fave del Calabar (http://it.wikipedia.org/wiki/Physostigma_venenosum) che sarebbero preposte alla scoperta ed al sanzionamento di questi infami comportamenti predatori (cit. Ceccuzzi, sì lui, quello del pastificio Amato e cucinatore di nane nella Torre) sono dei debosciati che, sopresi nel sonno ultradecennale, interrotto da qualche straccione elemosinante sul corso da rimettere sulla corriera per Firenze, non hanno né i mezzi, né la voglia di lavorare seriamente non dico per recuperare il maltolto (operazione peraltro al di fuori delle capacità di qualsiasi essere umano), ma almeno di catafottere fuori dai coglioni questa congrega di banditi e mandarli davanti alla Coop con la combinazione cane (pulcioso) + Tavernello. Il tutto, va detto, nel silenzio assordante dei cittadini e residenti (o meno) a Siena che, mano a mano che si va avanti in questa situazione deprimente, sembrerebbe popolata (fatte salve rarissime eccezioni) di minus habentes fatti e finiti che prendono tutti i giorni legnate e sputi in faccia, ma se ne fregano per una serie di motivazioni che preferisco non sapere, anche se, purtroppo, le immagino. Mi vien da dire che il famoso motto che si sente su tutte le bocche “chi ‘unn’è di Siena stianti” ben presto andrà rovesciato, grazie alla sagace azione combinata di Profumo, Criccaboni, Valentini, Rossi e cricca varia, in “chi è di Siena stianti”. E stianterà, sicuramente, purtroppo tirandosi nell’Ade svariate decine di persone che hanno fatto sempre e comunque coscienziosamente il proprio lavoro nella massima correttezza, impegno e trasparenza. Purtroppo quando piove, piove sui giusti e sugli ingiusti.
    Saluti

  4. …a me pare semplicemente che il tema del dissesto dell’università e delle sue conseguenze future (oltre che presenti) sia semplicemente uscito dall’ordine del giorno di maggioranza e opposizione, accomunate dall’appello ai luoghi comuni più sciatti.

  5. […] d’Italia è Siena» o, addirittura, «tra i migliori atenei del mondo», come scriveva un giornaletto senese. Questa etichetta non è piaciuta all’inventore del groviglio armonioso, che mi ha scritto: «Il […]

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