Università di Siena, giornaletti locali e primati nascosti

Corrierino

La voce circolava da tempo: «fra venti giorni vedrete che bomba; così la finiranno i detrattori della nostra università!». Erano queste le espressioni usate dal “Magnifico” negli incontri sindacali e istituzionali, senza mai precisare a cosa si riferisse. «Sta per essere reso pubblico un risultato clamoroso sull’ateneo cittadino» aggiungevano sindaco e presidente della Provincia di Siena, opportunamente allertati. A chi mi chiedeva qualche notizia, rispondevo che, forse, la Ministra Carrozza aveva deciso di dirottare qualche milione d’euro sull’ateneo senese; oppure che qualcuno aveva proposto l’assegnazione al rettore – sempre più percepito come figura priva di credibilità, autorevolezza e senso delle istituzioni – di un riconoscimento per la sua innovativa politica, basata su: pensionamento dei docenti senza turn over (per ridurre le spese strutturali), eliminazione delle prove d’ammissione (per accaparrarsi più studenti), congelamento per cinque anni delle rate dei mutui (per cercare di chiudere qualche bilancio in attivo).

Finalmente, venti giorni dopo, s’è scoperto l’arcano. La classifica Censis-Repubblica ha assegnato quest’anno il 1° posto all’ateneo senese, considerando alcuni indicatori che tengono conto del rapporto tra quantità di servizi (numero di posti letto, di pasti erogati, di posti in aule e biblioteche, di borse e contributi) e numero di studenti iscritti. Per tale graduatoria non sono stati valutati parametri di qualità essenziali, tipo la didattica, la ricerca e gli strumenti usati nei laboratori didattici. Ebbene, in questo modo, paradossalmente, è possibile che sia assegnato il 1° posto proprio all’ateneo che perde più studenti. Per restare in ambito senese, si scopre che nell’anno accademico 2012/2013, l’università di Siena ha perso circa tremila studenti: la sola Facoltà di Farmacia ha avuto un calo, riferito all’anno precedente, di 920 unità (-83%). Un primato assoluto. Notizia, questa, che nessuno ha mai riportato! È del tutto evidente che con gli indicatori usati dal Censis, un ateneo moribondo (che gli studenti scelgono sempre di meno), se mantenesse inalterata la quantità di servizi erogati, occuperebbe sempre le prime posizioni. Trasformandosi in un ateneo con tanti servizi ma pochissimi studenti e, per quanto riguarda Siena, anche con pochi docenti e molti amministrativi. Altro che bomba, la notizia del 1° posto nella classifica Censis. Si trattava di una bombetta puzzolente che tanta ilarità ha destato in tutti gli atenei e che è stata clamorosamente smentita con la pubblicazione della classifica Arwu delle 500 migliori università al mondo, nella quale Siena non esiste. Eppure si sono sprecati i titoli: «L’ateneo migliore d’Italia è Siena» o, addirittura, «tra i migliori atenei del mondo», come scriveva un giornaletto senese. Questa etichetta non è piaciuta all’inventore del groviglio armonioso, che mi ha scritto: «Il giornaletto locale di cui parli è fatto di persone che lavorano, che lavorano molto, anche il giorno di Ferragosto, che hanno combattuto per fare questa professione». Non metto in dubbio che lavorino e che abbiano combattuto per farlo. Il problema è cosa scrivono, censurano e perché. È facile definire un organo che censura le notizie scomode o stravolge la realtà. Dire che è un giornaletto locale… fatto da ragazzi, è certamente preferibile per tali giornalisti “in erba e in trincea”!

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3 Risposte

  1. […] Università di Siena, giornaletti locali e primati nascosti […]

  2. IL 27 SETTEMBRE SARÀ LA NOTTE DEI RICERCATORI

    …sì, una “Noche Oscura”, e a proposito di “primati”:

    “Ricercatori, l’Olanda paga 5 volte di più, Italiani ultimi per stipendi, sudcoreani primi”

    (http://www.corriere.it/cronache/13_settembre_16/ricercatori-olanda-paga-cinque-volte-di-piu_4a2b22e0-1e89-11e3-808f-8b9926394b81.shtml)

    …ciò si riallaccia ad un discoro che avevo sottoposto alla gentile attenzione del blog circa gli investimenti nella ricerca e nella scuola da parte della Corea del Sud. Complessivamente a Siena oggi i 355 ricercatori “strictu sensu” costituiscono il 44% del corpo docente di ruolo. Molti ricercatori insegnano ed hanno sempre insegnato-gratis et amore dei – quanto associati ed ordinari (i quali “non vengono”, come ebbe ad esprimersi una gentile signora che voi sapete, perché in molti settori disciplinari, con il dimezzamento del corpo docente semplicemente non esistono più). Inoltre, come docenti, sono oramai indispensabili nel computo dei “requisiti minimi di docenza”. Nel giro di quattro anni, con la fuoriuscita di altri 200 docenti (per lo più ordinari ed associati) percentualmente andranno a costituire forse un 60% dell’intero corpo docente residuo, dopo il suo dimezzamento. Prospettive di avanzamento… mah, forse per un paio di decine? E le prospettive di lavoro, cioè di poter produrre, in un quadro così devastato, quella “ricerca” della quale ogni tanto ci si fregia sventolando i passati rapporti dell’ANVUR? Peggio è andata a chi, non essendo di ruolo, è stato semplicemente catafottuto fuori dall’università, senza tante quisquilie “meritocratiche”. Sarebbe simpatico capire cosa pensano di farne di questo probabile 60% del corpo docente, se non si dà adito alle soluzioni auspicate nei precedenti messaggi, visto che in molti casi, con i ranghi così ridotti, risultano sempre più essenziali non solo per la ricerca, ma (in forza dei famigerati “requisiti minimi”) anche per la già dimezzata didattica.

    1+1=2
    “The above proposition is occasionally useful.” (Bertrand Russell)

  3. […] il solito giornaletto locale, imbattibile nella sua opera di disinformazione sui problemi universitari, con riferimento al discorso del Primo Ministro presso […]

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