Eppure, il solito giornaletto locale, imbattibile nella sua opera di disinformazione sui problemi universitari, con riferimento al discorso del Primo Ministro presso l’Università di Siena, lo chiama “elogio” e titola in prima pagina: «Letta elogia Siena e l’ateneo». L’articolo su quattro colonne si conclude con le parole pronunciate dal capo del Governo: «Siamo in una delle più straordinarie città d’Italia e in una delle migliori università del Paese insieme a Pisa…». Due parole scarne (ma proprio due) di circostanza, che Letta doveva necessariamente pronunciare, come ospite nell’aula magna dell’università! Ma preoccupandosi, subito, di mitigarne la portata, accostando l’università di Siena a quella di Pisa, per riportare il discorso alla dura e cruda realtà. Infatti, nella classifica internazionale Arwu delle 500 migliori università al mondo, Pisa è prima in Italia e Siena non esiste. E questo, il pisano Letta e la pisana ed ex rettore Carrozza (presente alla cerimonia), lo sanno bene. Come conoscono bene la situazione economico-finanziaria dell’ateneo senese e l’analfabetismo gestionale del rettore e direttore amministrativo.
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«Nella competizione virtuosa per ottenere finanziamenti di Stato le università dovranno puntare soprattutto sul miglioramento dei servizi destinati agli iscritti, sulla promozione dell’integrazione territoriale fra atenei e centri di ricerca, sul potenziamento dell’offerta didattica in lingua straniera». http://www.repubblica.it/rubriche/la-scuola-siamo-noi/2013/09/29/news/decreto_carrozza-67496909/?ref=HREC1-2
Così parlò la ministra. Vabbè che, data la perdurante instabilità politica prodromica all’inconcludenza, anche queste rimarranno chiacchiere e si perderanno nell’aria “come scorregge nel cosmo” (memorabile aforisma di un ispirato Umberto Bossi, quasi a parafrasare il celebre monologo del replicante di Blade Runner), ma insomma, qui a che punto siamo sul piano dell’integrazione territoriale fra corsi di laurea e strutture di ricerca a livello regionale di cui parla la ministra? Zero. Dobbiamo aspettare che sia venuto giù tutto, per mettere mano ai lavori di consolidamento? Aspettare che i buoi siano usciti, per chiudere la stalla? Inutile che annoi ancora il gentile pubblico del blog con le quattro elementari considerazioni di ordine, non ideologico, bensì meramente aritmetico (“hypotheses non fingo”) dalle quali si evince che, volenti o nolenti, quelli di cercare un’integrazione, forse addirittura ridisegnando l’intera offerta formativa dei tre atenei principali sul territorio regionale, è un destino ineluttabile per salvare molti corsi di laurea e settori disciplinari.
A Siena sta uscendo di ruolo il 50% dei docenti, che verranno rimpiazzati solo in infima parte: non riduzione di un terzo, dunque, bensì dimezzamento, e probabile riduzione non di un terzo, ma ad un terzo, dell’offerta didattica (e verosimilmente del numero di studenti); inutile ripetere che molti settori disciplinari, di quelli che non avevano venti membri, ma uno o due, e di conseguenza molti corsi di laurea (per la caduta dei famigerati “requisiti di docenza” e per la caduta di interesse verso un’offerta così raffazzonata) sono venuti o verranno meno, e che (siccome se a Siena si piange, altrove non si ride) l’integrazione dell’offerta didattica fra atenei contigui, a norma dell’art. 3 della recente riforma appare l’unica maniera per salvare alcune strutture e tradizioni scientifiche sull’intero territorio toscano, sfruttando al meglio le sinergie e a Siena in particolare, per giustificare lo stipendio di coloro che restano, naufraghi dei corsi disciolti. Non mi pare per ora che vi siano state smentite; del resto forse nessuno ci ha pensato: qui siamo ancora troppo concentrati nelle pratiche onanistiche delle “sedi distaccate”, per alzare lo sguardo verso l’orizzonte.
Politicamente, da parte della maggioranza provengono solo rosee e lisergiche dichiarazioni d’ottimismo (dal “meglio ateneo del mondo”, alla dichiarazione unilaterale di guarigione del paziente, mentre il paziente agonizza), dall’opposizione solo una sequela di luoghi comuni buoni per ogni occasione, tipo “tutta colpa del ’68”, “sono tutti fannulloni”, “non ci sono più le mezze stagioni!”, “nella botte piccola c’è il vino buono”, “una rondine non fa primavera” e perché no, “tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino” (asserzione palesemente falsa). Dunque mi par di poter concludere che vi sia una sorta di accordo, implicito od esplicito, tra maggioranza e opposizione, intorno alle sorti dell’ateneo senese. Peccato che non ce lo dicano.
[…] Se, quello del pisano Letta, è un elogio dell’università di Siena…! […]
…sarà che sono febbricitante, ma quando ho letto questa notizia ho avuto la sensazione di aver avuto un’allucinazione:
«il Comune e l’Università degli Studi di Siena hanno sancito un’importante forma di collaborazione interistituzionale in ambito didattico… Grazie alla convenzione approvata ieri dalla giunta, sarà possibile affidare incarichi didattici a dipendenti comunali esperti in campo scientifico e professionale. Questo perché il Comune e l’Università degli Studi di Siena hanno sancito un’importante forma di collaborazione interistituzionale in ambito didattico.» UGL
Mi spiegate cosa vuol dire esattamente? Come saranno reclutati? Chiamata diretta? Che vuol dire che comune e università hanno stretto un accordo? Perché un dipendente comunale dovrebbe avere canali d’accesso diversi da un comune mortale? Perché i suoi titoli dovrebbero essere pesati con un criterio diverso rispetto ad altri? Come farà gente non di ruolo all’università a contare nel calcolo dei requisiti minimi? Le uniche “sinergie” possibili a questo riguardo, oramai sono quelle che si possono mettere in campo attraverso una fattiva integrazione fra atenei.
«Chiediamo al Magnifico Rettore di imitare il Sindaco di Siena nell’attenzione verso il proprio personale e di non sminuirne le potenzialità, dimenticando che tra i suoi dipendenti esistono tutte le risorse necessarie per impedire, nel prossimo futuro, la chiusura di molte attività di ricerca e di didattica.» UGL
È vero, c’è gente che è rimasta congelata nella posizione in cui si trovava allo scoppio del “buho”: si pensi a quel 44% del personale docente senese ad oggi costituito da ricercatori. Sfruttare le sinergie per non far chiudere i corsi di laurea è una bella frase, ma guardate che la legge non funziona esattamente così; date un’occhiata qui, D.M. 47 del 30 gennaio 2013 -allegato A: http://attiministeriali.miur.it/anno-2013/gennaio/dm-30012013.aspx 12 :
Laurea:
• almeno 4 Professori
• almeno 9 docenti
appartenenti a ssd di base o caratterizzanti
• massimo 3 docenti
appartenenti a settori affini
Laurea magistrale:
8 docenti, di cui:
• almeno 3 Professori
• almeno 5 docenti
appartenenti a ssd caratterizzanti
• massimo 3 docenti
appartenenti a ssd affini
Come si vede, e si evince dal seguito del testo più volte citato, sono richiesti docenti/ricercatori di ruolo in una esatta quantità e precisa miscela (ovviamente non riciclabili in più di un corso, per quanto attiene all’afferenza). Il resto è sovrappiù: se c’è, bene, ma in questi conteggi non è concesso rimpiazzare personale docente di ruolo con personale non docente. Le attività didattiche che hanno chiuso o chiuderanno, lo hanno fatto o lo faranno per lo più per il venir meno di questi requisiti, che possono essere recuperati (e la legge incita a farlo) a questo punto, in presenza della fuoriuscita del 50% del personale docente a turn over bloccato – e quando si sbloccherà, ne rientreranno un decimo se va bene, solo attraverso una integrazione fra atenei; ma perché, anche da parte delle organizzazioni sindacali, non si guarda finalmente in faccia la realtà?
P.S. Scusate, ma come si valuteranno coloro che sono dipendenti del comune o dell’università, che comunque dovranno affrontare un “concorso” per ottenere l’incarico? Avranno un canale privilegiato nei concorsi a prescindere dai titolo? Se sì, allora non capisco le giornalate sui concorsi truccati, perché questi sarebbero palesemente truccati; se no, se cioè gli interessati dovranno affrontare una normale valutazione come gli altri all’interno di un concorso passabilmente onesto, allora non capisco il senso di tali “convenzioni” e di tanto clamore.
Caro Rabbi,
vedo che sei rimasto in “splendida solitudine” ad affrontare le tematiche di questo blog, al quale mi riaffaccio dopo tanto tempo, non senza aver constatato un discreto “calo” della partecipazione.
Ma tu ci sei e spesso, soprattutto quando non ti dilunghi troppo, continuo a leggerti.
Credo di aver capito (anche perché lo hai ripetuto tante volte) qual è la natura del tuo disappunto, ma permettimi di dissentire dalle ultime considerazioni che fai. Parli di leggi e della loro applicazione, di concorsi “possibilmente onesti”, ecc., ecc., come se non conoscessi il cosiddetto “Paese Reale”! … Spero tu non abbia dimenticato che questo è il paese nel quale non vengono applicate neanche sentenze emesse al terzo grado di giudizio! …ti potrei fare esempi “illustri”, ma ci sono anche esempi più “terra terra”!
In più, c’è un’altra questione: prendiamo l’esempio del cosiddetto personale TA (di cui io faccio parte) …io e quelli che, come me, di “amministrazione” non capiscono “una beata…” (anche se più di tanti sedicenti “amministratori”), siamo degli “irregolari”, ossia gente che è stata messa lì, più o meno a forza (perché non c’era altra via da seguire!), a svolgere mansioni che con l’amministrazione non hanno nulla a che fare! Dunque, il nostro “inquadramento” è contrario, per definizione, alle leggi vigenti, ma si fa tranquillamente finta che tutto vada bene … tranne, poi, essere tutti convocati per compilare un tristemente famoso questionario nel quale chiedevano, tra l’altro, a laureati in medicina o biologia, quante fotocopie fanno durante l’anno!!!
Stando così le cose, vedi bene che richiamarsi a leggi e/o ruoli, non è certo la strada perché i primi a non rispettare leggi e ruoli, sono proprio quelli che hanno istituzionalizzato queste figure “ibride” di super laureati o pluri specializzati che fanno i “Tecnici Amministrativi”!
La via alternativa? Pragmatica, direi: e se, anche richiamandoci alla tanto spesso e tanto male menzionata “autonomia”, cominciassimo a far fare le cose a chi le sa fare, infischiandocene di qualifiche, ruoli, concorsi e altre seghe di questo genere?
Credimi: con trentaquattro anni di laurea e diverse specializzazioni, io sarei in grado di insegnare tante cose a questi giovani …e non è affatto detto (anzi!) che chi può fregiarsi del titolo “nobiliare” di docente, sappia e possa fare meglio di me!!!
Caro Domenico, con trentaquattro anni di laurea e diverse specializzazioni, sei sicuramente in grado di insegnare tante cose a questi giovani …lo sei in forza dei titoli scientifici, non in quanto impiegato comunale! Vorrei capire che razza di titolo di preferenza sarebbe, in un concorso universitario, quello di essere impiegato del comune e perché acciò si debba varare una apposita “convenzione” (ove si conviene che cosa?).
…sì …sì, conosco bene questi polli! Io intanto, siccome il buon senso è diventato utopia, faccio l'”utopista” …tanto non c’è speranza!
«Vedo che sei rimasto in “splendida solitudine” ad affrontare le tematiche di questo blog, al quale mi riaffaccio dopo tanto tempo, non senza aver constatato un discreto “calo” della partecipazione.» Mastrangelo
Un fesso del resto, anche in questo blog, ci dev’essere, a sollevare il problema, e se ti paio troppo prolisso oppure troppo fesso, sappi che un fesso può anche scrivere un saggio (ma non viceversa): del resto, se cerchi di discutere di queste cose nella vita “vera”, ossia in quella realtà non meno virtuale al di fuori di questo mondo virtuale della rete, l’esito non è diverso: alcuni sogghignano, onde comunicare, con la beffarda torsione del labbro, una certa qual vivacità intellettuale, che dovrebbe intimorire intellettualmente l’interlocutore fino a indurlo ad astenersi dell’esprimere un’opinione qualsivoglia; altri tacciono, volgendo lo sguardo e il pensiero altrove, perché quella sorta di “understatement” che consiste nel sottovalutare tutti i problemi sino ad infischiarsene bellamente del mondo intero, è forse l’atteggiamento che più si confà al perfetto gentiluomo, costantemente passivo davanti a tutte le cose: “il perfetto gentiluomo” – scrive Aldo Busi – “per principio lo prende sempre in c…” (A. Busi, “Manuale del perfetto Gentilomo”).
«…e se, anche richiamandoci alla tanto spesso e tanto male menzionata “autonomia”, cominciassimo a far fare le cose a chi le sa fare, infischiandocene di qualifiche, ruoli, concorsi e altre seghe di questo genere?» Mastrangelo
Non capisco bene cosa intendi dire, giacché tu non hai la possibilità di imbastire corsi e conferire diplomi contro la Legge, e io come già detto, “hypotheses non fingo”: io sto alla realtà, e la realtà si chiama Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013 n. 47: se sei in grado di soddisfare i requisti di docenza elencati nella tabella dell’allegato A, nei tempi previsti, sopravvivi, altrimenti ti fanno chiudere all’istante, non è questione negoziabile, né ipotetica. Molti hanno già chiuso (da 66 corsi 3+2 a 33) e se i miei banali calcoli non sono del tutto errati, chiuderà due terzi dell’offerta didattica che c’era prima della crisi: ti risulta che ciò sia avvenuto sulla base di considerazioni scientifiche? Non direi. Le leggi non le faccio io e le leggi non sono consigli per gli acquisti. Da quello che vedo, dell’esistenza di questi limiti draconiani la gente se ne accorge solo quando ci batte il grugno (la ben nota lungimiranza che ha condotto questo ateneo ad essere il “meglio ateneo del mondo”). Queste norme sull’accreditamento dei corsi, non v’è modo di aggirarle, dunque non capisco bene in che senso, parlando dei futuri assetti dell’ateneo senese, si possa prescinderne.
«Credo di aver capito (anche perché lo hai ripetuto tante volte) qual è la natura del tuo disappunto.» Mastrangelo
Non è solo “il mio disappunto” e oramai anche ai vertici degli atenei, di certe cose si sibila più o meno apertamente: del tema della più o meno vasta integrazione didattica e scientifica tra sedi contigue e della programmazione territoriale, per esempio, più o meno apertamente si sta parlando, non foss’altro perché vi è una precisa direttiva politica in tal senso. L’alternativa è dunque, o prendere consapevolezza dello spirito del tempo e nella misura del possibile indirizzarlo, oppure semplicemente subirne passivamente gli effetti. Il tema è all’ordine del giorno, ma francamente mi pare che vi sia motivo di allarme, se a decidere rimangono solo le burocrazie, in non si sa bene quali antri, di sicuro non molto “democraticamente”. Se tutto viene pattuito ad un livello troppo verticistico e dirigistico, è legittimo il sospetto che in questa operazione di riordino degli atenei prevalgano interessi non dichiarati e Siena finisca per costituire il classico vaso di coccio tra i vasi di ferro di Pisa e Firenze, riducendosi a succursale. Ritengo a tal proposito comprensibilissime le riserve di chi non è con l’acqua alla gola (niente problemi di numero di studenti, o di “requisiti minimi di docenza”) e non ritiene di dover cedere sovranità e la propria autonomia in cambio magari di un piatto di lenticchie; condivisibili tutte le riserve in ordine alle difficoltà logistiche ed amministrative ecc. ecc. …ma per gli altri che sono già in mezzo al guano e non solo a Siena?
«Università telematiche con il baco…la scarsità dei professori incardinati e la libertà di attivare corsi di laurea senza numeri minimi di ordinari. Per non parlare poi di docenti poco decenti: improvvisati o impreparati. Insomma, ce n’è abbastanza per intervenire.» Sottocornola
Una ristretta casta che, senza averne avuto incarico e poggiando su un diritto inesistente, si arroga il diritto di vita e di morte con metodo da caporalato una vasta platea di avventizi: e questo sarebbe l’epilogo del ’68! Tornando alle nostre miserie locali, mi sorprende vieppiù il fatto che tutti trascurino allegramente i dati intorno all’uscita di ruolo di quasi il 50% del corpo docente, per lo più ordinari ed associati, che sarà solo in minima parte rimpiazzato: il che vuol dire che i corsi sostenibili, approssimativamente, in forza dei “requisiti di docenza”, da qui a qualche anno saranno verosimilmente appena un terzo di quelli che erano nel 2008. I conti li ho fatti nei precedenti messaggi e non vi sono state smentite. Avendo già accorpato l’accorpabile localmente, in pratica avrai decine di docenti a spasso, residuati dei corsi disciolti, con una prospettiva di vita accademica di dieci-venti anni, ma di fatto inutilizzabili in sede locale. Seppur in maniera minore anche nelle sedi contigue questo fenomeno comincia a delinearsi.
Si pone dunque il problema urgente di salvare almeno una copia dei corsi di laurea, ma decente, concentrando questo personale in esubero in una delle sedi principali, oppure realizzando corsi federati, operazione entro certi limiti suggerita dalla legge di riforma. L’opzione del trasferimento coatto dei docenti, al momento non è consentita dalle vigenti leggi, né mi pare se ne parli in alcuna sede. Siena per varie ragioni, in primis i pensionamenti (lo ricordo, il 50% del corpo docente, senza turn over) che hanno colpito come un meteorite un po’ a casaccio, ha abbandonato molti settori e solo un marziano può pensare che da qui a tre o quattro anni tali settori possano essere rimpinguati e ripristinati, sì da tornare a risplendere “più belli e più superbi che pria”.