Il rettore di Siena felice sul trono del mejo ateneo der monno!

TronoUnisi

Rabbi Jaqov Jizchaq. A nove colonne La Nazione  di Siena riporta le già citate conclusioni delle prestigiose valutazioni “di Shanghai”, rompendo la cortina fumogena di autoincensamenti e reciproci salamelecchi con i quali giornale e autorità politiche sono soliti congratularsi vicendevolmente. Va detto che è la prima (e unica) volta che i giornali locali insinuano che il re è nudo: vecchi tempi in cui ebbri gazzettieri vaneggiano del “mejo ateneo der monno”! Intorno al tema dell’università si è creata una sorta di “spirale del
silenzio”, per cui è considerato addirittura riprovevole il solo dubitare delle granitiche certezze ripetute come un mantra “ar popolino” da lor signori. Non è per disfattismo antipatriottico, ma per la profonda ostilità verso la bêtise dei fastidiosi luoghi comuni somministrati alla pigrizia mentale dell’uomo della strada (non ancora investito dal tram), verso ogni sorta di superficiale e vanesio “ottimismo”, di conformismo, di demagogia da impostori e di piaggeria, che ritengo apprezzabile questo articolo de “La Nazione”, invero di tono assai più sobrio e realistico di altri
improntati ad un frivolo “ottimismo”. Esorto i lettori a meditare sul “memento mori” lassù in altro a destra (il grafico delle uscite di ruolo), incrementando la cospicua lista dei commiati col numero, non indifferente, purtroppo, di decessi occorsi negli ultimi due anni, e
riconsiderare, uno per uno, tutti i punti critici che sono stati evidenziati anche in questo blog, onde “resettare” il dibattito pubblico, finalmente ponendolo su basi meno fantasiose, auspicando in tal modo che al pessimismo dell’intelligenza faccia seguito un maggiore “ottimismo” (cioè determinazione) della volontà.

Se, quello del pisano Letta, è un elogio dell’università di Siena…!

Enrico Letta

Enrico Letta

Eppure, il solito giornaletto locale, imbattibile nella sua opera di disinformazione sui problemi universitari, con riferimento al discorso del Primo Ministro presso l’Università di Siena, lo chiama “elogio” e titola in prima pagina: «Letta elogia Siena e l’ateneo». L’articolo su quattro colonne si conclude con le parole pronunciate dal capo del Governo: «Siamo in una delle più straordinarie città d’Italia e in una delle migliori università del Paese insieme a Pisa…». Due parole scarne (ma proprio due) di circostanza, che Letta doveva necessariamente pronunciare, come ospite nell’aula magna dell’università! Ma preoccupandosi, subito, di mitigarne la portata, accostando l’università di Siena a quella di Pisa, per riportare il discorso alla dura e cruda realtà. Infatti, nella classifica internazionale Arwu delle 500 migliori università al mondo, Pisa è prima in Italia e Siena non esiste. E questo, il pisano Letta e la pisana ed ex rettore Carrozza (presente alla cerimonia), lo sanno bene. Come conoscono bene la situazione economico-finanziaria dell’ateneo senese e l’analfabetismo gestionale del rettore e direttore amministrativo.

Università di Siena, giornaletti locali e primati nascosti

Corrierino

La voce circolava da tempo: «fra venti giorni vedrete che bomba; così la finiranno i detrattori della nostra università!». Erano queste le espressioni usate dal “Magnifico” negli incontri sindacali e istituzionali, senza mai precisare a cosa si riferisse. «Sta per essere reso pubblico un risultato clamoroso sull’ateneo cittadino» aggiungevano sindaco e presidente della Provincia di Siena, opportunamente allertati. A chi mi chiedeva qualche notizia, rispondevo che, forse, la Ministra Carrozza aveva deciso di dirottare qualche milione d’euro sull’ateneo senese; oppure che qualcuno aveva proposto l’assegnazione al rettore – sempre più percepito come figura priva di credibilità, autorevolezza e senso delle istituzioni – di un riconoscimento per la sua innovativa politica, basata su: pensionamento dei docenti senza turn over (per ridurre le spese strutturali), eliminazione delle prove d’ammissione (per accaparrarsi più studenti), congelamento per cinque anni delle rate dei mutui (per cercare di chiudere qualche bilancio in attivo).

Finalmente, venti giorni dopo, s’è scoperto l’arcano. La classifica Censis-Repubblica ha assegnato quest’anno il 1° posto all’ateneo senese, considerando alcuni indicatori che tengono conto del rapporto tra quantità di servizi (numero di posti letto, di pasti erogati, di posti in aule e biblioteche, di borse e contributi) e numero di studenti iscritti. Per tale graduatoria non sono stati valutati parametri di qualità essenziali, tipo la didattica, la ricerca e gli strumenti usati nei laboratori didattici. Ebbene, in questo modo, paradossalmente, è possibile che sia assegnato il 1° posto proprio all’ateneo che perde più studenti. Per restare in ambito senese, si scopre che nell’anno accademico 2012/2013, l’università di Siena ha perso circa tremila studenti: la sola Facoltà di Farmacia ha avuto un calo, riferito all’anno precedente, di 920 unità (-83%). Un primato assoluto. Notizia, questa, che nessuno ha mai riportato! È del tutto evidente che con gli indicatori usati dal Censis, un ateneo moribondo (che gli studenti scelgono sempre di meno), se mantenesse inalterata la quantità di servizi erogati, occuperebbe sempre le prime posizioni. Trasformandosi in un ateneo con tanti servizi ma pochissimi studenti e, per quanto riguarda Siena, anche con pochi docenti e molti amministrativi. Altro che bomba, la notizia del 1° posto nella classifica Censis. Si trattava di una bombetta puzzolente che tanta ilarità ha destato in tutti gli atenei e che è stata clamorosamente smentita con la pubblicazione della classifica Arwu delle 500 migliori università al mondo, nella quale Siena non esiste. Eppure si sono sprecati i titoli: «L’ateneo migliore d’Italia è Siena» o, addirittura, «tra i migliori atenei del mondo», come scriveva un giornaletto senese. Questa etichetta non è piaciuta all’inventore del groviglio armonioso, che mi ha scritto: «Il giornaletto locale di cui parli è fatto di persone che lavorano, che lavorano molto, anche il giorno di Ferragosto, che hanno combattuto per fare questa professione». Non metto in dubbio che lavorino e che abbiano combattuto per farlo. Il problema è cosa scrivono, censurano e perché. È facile definire un organo che censura le notizie scomode o stravolge la realtà. Dire che è un giornaletto locale… fatto da ragazzi, è certamente preferibile per tali giornalisti “in erba e in trincea”!

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Con i parametri adatti alla valutazione di un asilo infantile, l’università di Siena è prima in Italia

Rabbi Jaqov Jizchaq. Scrive la Santarpia che «l’Università di Siena è scomparsa dalla classifica Arwu, mentre l’Università di Pisa ha ottenuto un risultato lusinghiero anche per quanto riguarda i macrosettori: in Scienze naturali ha confermato la leadership, essendo l’unica italiana presente tra le prime 100 al mondo; in Matematica e Fisica ha ribadito l’eccellenza, posizionandosi per entrambe tra il 76° e il 100° posto al mondo; e in Chimica e Informatica è entrata tra il 101° e il 150° posto.»

Invece, secondo la classifica del Sole 24 ore, Siena è quinta e Pisa diciannovesima: con l’enorme e sincero rispetto che ho verso i nostri ingegneri, sicuramente campioni nel loro campo, non ho ben capito come sia possibile che Siena sopravanzi Pisa nel campo ingegneristico non avendo né l’ingegneria civile, né quella nucleare, né quella navale, né quella aerospaziale ecc. ecc. ecc… Lo stesso dicasi per la fisica e per le altre scienze, pure ed applicate: qualcuno coniò anzi l’espressione sarcastica, per cui a Siena il problema sono appunto le “scienze… avanzate” (segue sghignazzo 😦 ), che avanzano e pertanto sono destinate a finire nell’immondizia. Neppure il Censis è riuscito però quest’anno a sciogliere i consueti peana verso le facoltà di lettere (senza più filosofia) di Siena. Arezzo non ci risulta, ma naturalmente la ragione è che sono impegnati in un’aspra e disegual tenzone per il primato galattico con Oxford, Harward e altri siti stellari, sicché queste quisquilie provinciali non li sfiorano. Venuto alla luce lo “scandalo” dell’assenza dalle addomesticatissime classifiche del Censis (fonte oramai di ilarità per studenti e docenti), subitaneamente si è commentato che i divi che davano lustro alla facoltà, o perirono prematuramente sul campo rattristando l’ateneo tutto (per quanto in realtà studiosi di ben altro calibro laggiù operanti siano andati al creatore senza che l’ateneo li degnasse neppure di un necrologio), o si avviarono mestamente à la retraite: stronzata sesquipedale, giacché al momento della rilevazione erano tutti vivi, vegeti e a libro paga; ma che la ragione sia al contrario da ravvisarsi nella scomparsa, da oramai almeno due riforme degli ordinamenti, dei Corsi di Laurea Basilari (sostituiti da un generico quanto inutile “humanities”) e dalla pratica impossibilità di specializzarsi in alcunché, pare che a questi geni della comunicazione del Nulla che aborrono la parola “specializzazione” non sia passato nemmeno per l’anticamera del cervello. Per la classifica surreale del Censis, comunque, addirittura Siena… è prima; per il Sole 24 Ore Siena sopravanza Pisa di quattordici posizioni: una presa per i cabasisi notevole, si direbbe, dalla quale si conclude che secondo i parametri adottati da queste agenzie, il livello scientifico degli atenei nel campo delle scienze pure ed applicate, non conta una emerita mazza, ma contano altri parametri, più adatti, forse, alla valutazione di un asilo infantile, che ad un ateneo.

Per favore, il momento è grave, siamo seri: lasciamo ai buffoni della politica-avanspettacolo, dei “comunicatori” del Nulla, dei politicanti ricicciati come professori di qualche cosa d’indefinito e fumoso e dello stuolo di nani e ballerine che gli vanno appresso, il puerile divertimento di bamboleggiarsi con “le statistiche”.