Rabbi Jaqov Jizchaq. A nove colonne “La Nazione di Siena” riporta le già citate conclusioni delle prestigiose valutazioni “di Shanghai”, rompendo la cortina fumogena di autoincensamenti e reciproci salamelecchi con i quali giornale e autorità politiche sono soliti congratularsi vicendevolmente. Va detto che è la prima (e unica) volta che i giornali locali insinuano che il re è nudo: vecchi tempi in cui ebbri gazzettieri vaneggiano del “mejo ateneo der monno”! Intorno al tema dell’università si è creata una sorta di “spirale del silenzio”, per cui è considerato addirittura riprovevole il solo dubitare delle granitiche certezze ripetute come un mantra “ar popolino” da lor signori. Non è per disfattismo antipatriottico, ma per la profonda ostilità verso la bêtise dei fastidiosi luoghi comuni somministrati alla pigrizia mentale dell’uomo della strada (non ancora investito dal tram), verso ogni sorta di superficiale e vanesio “ottimismo”, di conformismo, di demagogia da impostori e di piaggeria, che ritengo apprezzabile questo articolo de “La Nazione”, invero di tono assai più sobrio e realistico di altri improntati ad un frivolo “ottimismo”. Esorto i lettori a meditare sul “memento mori” lassù in altro a destra (il grafico delle uscite di ruolo), incrementando la cospicua lista dei commiati col numero, non indifferente, purtroppo, di decessi occorsi negli ultimi due anni, e riconsiderare, uno per uno, tutti i punti critici che sono stati evidenziati anche in questo blog, onde “resettare” il dibattito pubblico, finalmente ponendolo su basi meno fantasiose, auspicando in tal modo che al pessimismo dell’intelligenza faccia seguito un maggiore “ottimismo” (cioè determinazione) della volontà.
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[…] Il rettore di Siena felice sul trono del mejo ateneo der monno! […]
Da leggere anche l’articolo di Gaetano Cervone sul Corriere Fiorentino del 17 agosto:
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secondo questi altri Siena viaggia tra il quattrocentosettantunesimo e il quattrocentottantottesimo posto. Come si vede, le principali classifiche internazionali convergono grosso modo sulle stesse valutazioni, che, bada caso, differiscono radicalmente da quelle del CENSIS. Non so se la situazione si riacchiappa, nel senso che il danno è fatto, il vaso di coccio è rotto: è l’entropia, baby, e se non vogliamo scomodare il Clausius, si può anche citare San Gerolamo: “factum infectum fieri nequit”, e nel nostro caso ciò che è stato fatto è il danno, economico, d’immagine e di reputazione.
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University of Siena 471-480
Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…
chi ha dato, ha dato, ha dato…
scurdámmoce ‘o ppassato
Tutti dicono che l’ateneo del futuro sarà un’altra cosa: per l’appunto, cosa?
p.s. leggo che il Rettore esulta per i risultati della classifica Quacquarelli Simonds, che al sottoscritto parevano viceversa preoccupanti: “da questa emerge senza dubbio che siamo tra le migliori istituzioni di educazione al mondo”. E con ciò, saltuti e baci e arrivederci a tutti i problemi che anche in questo blog sono stati posti in evidenza. Constatare la tenuta di ciò che è rimasto dell’ateneo, nonostante il terremoto, dal punto di vista della ricerca, non può voler dire buttarsi dietro alle spalle la pesantezza della situazione presente, né tantomeno invocare l’oblio su di essa: tutto va bene madama la marchesa, e chi lo nega è un disfattista; essere cinquecentesimi è il nostro recente obiettivo, all’insegna della massima mozartiana: “se non può quel che vuole, vorrà quel che può”.