Supineria magistrale: da studiare all’università di Siena

Francesco Meucci

Francesco Meucci

Siena riparte e l’università è già al top (da: QN 27 luglio 2015)

Francesco Meucci. Prima in Italia secondo il Censis e sesta (prima delle toscane) nella classifica compilata ogni anno dal Sole 24 Ore. L’Università di Siena ha vissuto una settimana da leone, conquistando una ribalta nazionale che solo qualche anno fa meritava per ben altre vicende. Ricordate? Travolta dai debiti e dagli scandali, alle prese con una quantità di grane giudiziarie e beghe interne. Per qualcuno il suo destino era segnato verso un lento declino fino alla fatale scomparsa. Invece no. L’ateneo – e di pari passo, sebbene con numeri diversi, anche l’Università per Stranieri di Siena – ha riannodato i fili del discorso, colmando quei buchi lasciati da precedenti gestioni dissennate e rilanciandosi come luogo di studio «top». Vuoi per la vivibilità complessiva che offre ancora Siena, vuoi, soprattutto, per una offerta didattica matura e al passo coi tempi. Basterà dire che dal prossimo anno partirà il primo corso di laurea interamente in inglese: si studia economia e si impara una lingua; i classici due piccioni. La storia dell’Università di Siena, insomma, diventa l’emblema e il simbolo del «si può fare». Meglio: del «si può ancora fare». Con quello spirito tutto italiano di sacrificio, impegno e dedizione; del non abbattersi di fronte alle difficoltà e, anzi, farne uno strumento di rinascita. L’ha capito e messo in atto il rettore di Siena, Angelo Riccaboni, ligure trapiantato in Toscana. Che nel fare di necessità virtù ha preso il meglio di due culture: il pragmatismo delle sue terre natali, con l’estro e la fantasia di quelle dove vive e lavora. Oggi gongola, giustamente. Perché sa di essere riuscito in una missione impossibile. Non solo per aver salvato l’Università, ma per aver trasformato il peggio esempio di quello che siamo nel miglior modello di quello che dovremmo essere.

7 Risposte

  1. …oltre il grottesco. Se il sole 24 ore dice poco rispetto ai problemi di cui si dibatte anche in questo forum, questo disinformato signore è riuscito nell’arduo compito di non dire assolutamente nulla in 24 righe.

    • oltre tutto gli si dev’essere consumata la lingua per le troppe leccate. Ma pecunia non olet.

  2. «L’ateneo ha riannodato i fili del discorso, colmando quei buchi lasciati da precedenti gestioni dissennate…» Meucci

    Siamo sempre in attesa di conoscere come Riccaboni avrebbe colmato i buchi di bilancio. Mi sembra più corretto l’uso del condizionale, visto che l’articolo di seguito linkato non ha mai ricevuto da Riccaboni alcuna smentita.
    https://ilsensodellamisura.com/2015/05/14/i-conti-nelluniversita-di-siena-dalle-discese-ardite-alle-risalite/

    • “Non solo per aver salvato l’Università, ma per aver trasformato il peggio esempio di quello che siamo nel miglior modello di quello che dovremmo essere.” (Meucci)
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      “Il peggio esempio di quello che SIAMO”, caro Meucci, lo dici alla tu’ zia: qui c’è gente che si è fatta un mazzo così, non sono tutti raccomandati figli di papà (quale peggior esempio di certi giornalisti che parlano a vanvera?). Non è che per il buco di bilancio siano individualmente responsabili tutti i lavoratori dell’università (molto sospetto: tutti colpevoli, nessun colpevole); senza dire che Siena non è mai stata l’università “Parthenope” di Napoli: transeat sulla rappresentazione romanzesca di una rottura politica col passato che non mi pare di aver intravisto, ma non è che la ricerca all’università di Siena, prima facesse schifo e solo dopo l’avvento di Riccaboni, in un paio d’anni abbia cominciato a competere con le meglio università italiane. Parlare di ricerca vuol dire parlare di tempi lunghi, programmi, competenze e gruppi di ricerca che si imbastiscono faticosamente e producono risultati nell’arco di un decennio almeno. Significa articoli sottoposti a revisione i cui tempi di pubblicazione si misurano in anni. La ricerca qui è sempre stata abbastanza buona, ovviamente nei settori in cui esisteva, e in ogni caso i risultati che leggi oggi, si riferiscono alla ricerca svolta ieri. Vorrò vedere cosa diranno le agenzie DOMANI, quando registreranno i dati di oggi, cioè a dire di un’epoca in cui molti comparti di ricerca gradualmente vengono cancellati.

      Prima in Italia secondo il Censis e sesta (prima delle toscane) nella classifica compilata ogni anno dal Sole 24 Ore. L’Università di Siena ha vissuto una settimana da leone, conquistando una ribalta nazionale che solo qualche anno fa meritava per ben altre vicende. (Meucci)
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      Mah, o di chi saranno le colpe di quell’altre vicende? Sarà senz’altro colpa della Merkel…
      E poi Siena “prima” e Pisa “ventiquattresima”; ma insomma, un po’ di realismo: Mosche cocchiere…e in quali settori daremmo del filo da torcere a Pisa? Forse agraria o veterinaria? In orientalistica? In chimica industriale? In ingegneria chimica, meccanica, civile, aerospaziale o navale? In fisica o in filosofia? Sto parlando di cose che a Siena non esistono più, esistono solo come diplomi triennali, oppure non sono mai esistite. Per non apparire menogramo ometto di citare quei settori delle scienze pure per i quali si sa già da ora che non vi sarà futuro, con l’incedere dei pensionamenti che dimezzeranno da qui a pochi anni il corpo docente (senza rimpazzo).

      “Basterà dire che dal prossimo anno partirà il primo corso di laurea interamente in inglese” (Meucci)
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      Veramente di corsi di laurea in inglese a Siena già ne esistono da diversi anni in diversi settori (dall’ingegneria alla linguistica), appunto per venire incontro all’esigenza di “internazionalizzazione”, visto che proprio secondo il CENSIS Siena risulta meno internazionalizzata di Sassari (su populu sardu, si sa, ha da sempre un carattere cosmopolita). Tanto per dire che se per fare il giornalista basta essere leggermente disinformati, per fare il direttore è indispensabile esserlo del tutto (corollario della legge di Murphy sulle gerarchie). Meucci, informati: sai, hanno inventato il telefono.

      “una offerta didattica matura e al passo coi tempi.”
      (Meucci)
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      Ma che vuol dire? Allude alla metà dei corsi di laurea chiusi, a quelli prossimi alla chiusura o agli accorpamenti cinobalanici? A Meucci risulta che siano state aperte nuove aree di specializzazione? A me risulta semmai che siano stati cancellati molti dottorati e lauree magistrali. La cruda realtà è che con la massiccia fuorisucita di metà del corpo docente, per molti corsi di studio, anche basilari, non è stato più possibile soddisfare i “requisiti minimi di docenza” richiesti dalla legge: una livella, un taglio lineare che non c’entra un tubo con la qualità e l’importanza dei corsi. Poi con lo scioglimento delle facoltà (ma perché l’hanno fatto?) il problema si è ripresentato pari pari ad un altro livello, con i mega-dipartimenti che le hanno rimpiazzate, per i quali la legge prescrive numeri elevatissimi. Così si è proceduto ad accorpamenti davvero “originali”. Del resto non è solo un problema senese: clamoroso il Dipartimento di Scienze Geologiche e Psicologiche di Chieti (psicologia del …. profondo?). Va inoltre segnalato che è proprio la classifica del Sole 24 ore sottolinea una carenza forte nella sostenibilità dei corsi senesi.

      Ecco insomma un deprimente modello di giornalismo italico: un giornalismo schierato che non solo non distingue la notizia dal commento, ma più di una volta omette del tutto la notizia, rimpiazzando l’acribia del segugio con la propaganda. Non c’è modo di affrontare una discussione seria e concreta, senza giungere subito agli epiteti e ai pesci in faccia. Sarà che personalmente vedrei la comunità scientifica come una sorta di comunità monastica, ma trovo stucchevole questo parlare salottiero di faccende serie, questo sovrappiù di propaganda e di millanteria narcisistica, che a mio avviso contrasta con la sobrietà e col naturale understatement che dovrebbe caratterizzare il tono dei discorsi intorno alla scienza e alla cultura. Qui oramai “la ricerca” la fanno le gazzette e francamente l’aspetto più ridicolo dei ripetuti peana di certi giornalisti (troppo “embedded” per concepire una analisi critica dei dati), è che non si capisce chi sia l’antagonista idealizzato a cui si rivolgono con tono di sfida, quasi che i successi nella ricerca fossero esclusivo merito loro, dei loro protégé e di quattro politicanti analfabeti, e non della intera famiglia dei ricercatori medesimi, tra i quali coloro che lanciano l’allarme per il corso che hanno preso gli eventi.

  3. […] sull’incredibile commento sull’Università e sul Rettore che il caporedattore de “La Nazione di Siena”, Francesco […]

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