Definizione di consulente – resa nel Tribunale di Siena nel corso di un processo che coinvolge l’università – emblematica del modo di procedere, atmosfera costante e tuttora prassi nell’ateneo senese. «Il consulente ha l’obbligo di leggere le leggi e di trovare il modo per eluderle.» Ipse dixit.
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È prassi in uso non soltanto all’ateneo senese. Quasi ovunque nel nostro Paese i consulenti servono ad alleviare le conseguenze di leggi e regole o a creare la migliore situazione giuridica, economica, tributaria per i loro clienti o committenti. Pensiamo a tutti i consulenti di enti pubblici e privati che esplicano professionalmente e legittimamente la loro attività per agevolare e difendere gli interessi di chi li stipendia. In questo clima è normale in fondo che anche le Università siano coinvolte!
Paolo Padoin
Caro Padoin,
m’ammetterà che una cosa è consigliare la strada migliore tra varie opzioni come fa il notaio, ben diversa cosa è fare l’apologia della frode alla legge. Che poi di tale elusione tenti di avvantaggiarsi un’università, che dovrebbe essere modello di sana e legittima amministrazione, mi sembra grave! E che non lo si capisca fors’anche peggio, ma spiega perché il sig. Mocenni abbia ritenuto del tutto normale che – evidenziatosi il bu’o – i revisori restassero al loro posto.
Ad aiutare ad eludere meglio la legge vista la situazione? Da quando si è ‘saputo’ c’era l’obbligo di provvedere per obbligo di carica; e quando a verbale venivano messe riserve pesanti (dal 2004 mi pare) gli altri amministratori avevano il dovere di informarsi. E non l’hanno fatto per negligenza o per deferenza al Potere o per tutte e due le cose assieme. Sono o non sono dei leoni? Nominati nell’interesse ‘pubblico’, mah…
Non è così che si fa 2+2?
Archie
Sì 2+2 si fa così… e allora a tutti costoro non starebbero bene un bel paio di braccialetti e un soggiorno a Santo Spirito?
Ho una fine anno “a la dipietro…”—
Dalla corruzione di un singolo professore si passa alla corruzione di un gruppo, indi si fa sistema, si posiziona una casta, una lobby, protetta da un partito o da due o da enti finanziari, metti la Fondazione o la Cooperativa o banca xy. Così ha funzionato. Metti poi l’aderenza a qualche ministro o a qualche persidente del consiglio. Metti l’inciucio, decantato da quel sinistro personaggio che è Massimo D’Alema. Intanto la casta si scava delle nicchie: occupa degli uffici, si fa finanziare una collana editoriale, mette al servizio qualche sindacalista o tecnico amm.vo che poi promuove col ridondante titolo es. Antropologo, Storico della Medicina, ecc.
Tutte le porte vengono serrate da questi supercervelli (in realtà son solo dei notai con la passione – quando c’è – della lettura) e solo qualche amico può addivenire al Gotha, da portaborse a ricercatore e poi, dopo aver mangiato tanta polvere, forse il Magnifico Titolo di Professore con concorso burla: basta aprire un libro e il parente o l’affiliato ti proclama professore: d’ora in poi lavorerai tre ore al mese e beccherai 5 volte lo stipendio di operaio al mese.
Questo è il “Sistema” e non c’è Gelmini che tenga a riformarlo. Lo ‘riformerà’, se mai, la crisi: ma allora si dovrà parlare delle elites e della istruzione negata de facto ai più, e… in culo la Costituzione.
E i nostri proff. amici di sindaci e assessori? Di loro si possa dire col Bardo Inglese:
“Han portato le loro latrine sugli altari dei grandi”
bardus
E che dire del successo della politica dei prepensionamenti? 4 domande su 92 aventi diritto… tutti indispensabili alla ricerca ed alla didattica di unisi..
«E che dire del successo della politica dei prepensionamenti? 4 domande su 92 aventi diritto… tutti indispensabili alla ricerca ed alla didattica di unisi…» cal
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Senti Cal, mettiamo che tu sia un precario, agganciato alla cattedra di Bocciologia; che il titolare della cattedra accetti il prepensionamento, dunque la cattedra chiuda (per mai più riaprir), cioè a dire ti seghino le gambe definitivamente – a te, non al pensionando -: cosa ci guadagneresti tu e tutti quelli nella tua posizione, segando il ramo su cui stai seduto, tagliando alla radice ogni possibilità, anche teorica di rimanere lì (o anche altrove, visto che se uno esce di ruolo – non facciamo le verginelle -, ben difficilmente potrà sostenerti anche fuori)? Spesso mandare in pensione il titolare, visto che non vi è possibilità di ricambio, vuol dire chiudere la cattedra sic et simpliciter (personalmente conosco almeno cinque o sei casi di questo genere) e non esito a pensare che molti non accettino il prepensionamento per puro senso di responsabilità: chiudere una cattedra universitaria non è uno scherzo, è un fatto grave; in molti casi può voler dire smantellare tutto ciò che ci sta intorno, persone comprese, non è come prepensionare un maestro, un bidello o un impiegato: per piacere, non continuiamo a scambiare l’università per la scuola elementare. In altre situazioni magari questo problema non c’è, e allora lì credo che abbia prevalso soprattutto il timore che questi quattrini promessi, visto l’andazzo, alla fine non glieli diano.
Se anche ne conoscessi 10… ne rimangono sempre 82… Le gambe me le hanno segate già da tempo… non sono i 2 anni in più dell’anziano luminare… anzi prima se ne va e prima si bandisce di nuovo… magari proprio in bocciologia un bel posticino da ricercatore… e amen…
Mandare in pensione un ordinario non è chiudere una cattedra… molto spesso… se il precario ha bisogno dell’ordinario per avere legittimazione accademica siamo a posto… splendido poi il commento sulla paura di non avere i quattrini… non ci credo… se questo è il timore mi cadono le braccia per non dire altro… e allora i precari? Che dovrebbero dire….
Sarei curioso di vedere i famosi 88 tra due anni che contributo avranno dato alla ricerca ed alle pubblicazioni di unisi…
“Quand je pense a Fernande je bande, je bande”
Ma di quali bandi si va sognando? Dove sono i danari? «i precari che dovrebbero dire?», nulla dicono, sono ammutoliti dal terrore e dallo sconforto, perché, loro almeno, hanno capito.
«Se anche ne conoscessi 10… ne rimangono sempre 82…» cal
Se gente che già latitante e “prepensionata” di fatto lasciasse il campo senza nuocere, non avrei obiezioni, ma temo che siano molte le situazioni in cui non è così; io ho detto che io ne conosco almeno cinque, non che sono cinque: e quattro o cinque in uno stesso posto, senza possibilità di ricambio, equivale a smantellare un corso di laurea. Aggiungi che stiamo tutti attendendo la sorte del DdL della ministra per capire quali saranno i nuovi parametri e quanti altri corsi toccherà cancellare, per renderti conto di come aleggi su tutto una specie di cupio dissolvi. Considera che ai fini del conteggio dei famosi “minimi”, pare che vi sia un preciso limite all’utilizzo dei prepensionati riassunti a contratto. Non in tutti i posti le cattedre sono state moltiplicate a go go.
E per favore, basta con le ironie sull’inutilità dei corsi di laurea: non è che gli studi scientifici “seri” sono solo quelli da avvocato e da dentista; se qualcuno lo pensa, si impegni a concedere un lasciapassare per trasferirsi in sedi più appropriate a quelle decine di ricercatori chiamati malauguratamente in questo posto a farsi prendere per i fondelli da una mentalità provincialoide e sostanzialmente ottusa.
«le gambe me le hanno segate già da tempo… non sono i 2 anni in più dell’anziano luminare… anzi prima se ne va e prima si bandisce di nuovo.» cal
No, guarda, non ti illudere: per ora non bandiscono un bel niente. Se “l’anziano luminare” se ne va senza passare il testimone a nessuno, è una pia illusione che fra qualche anno vengano a cercarti per riaprire la bottega. Se il titolare della cattedra se ne va, si chiude e buonanotte ai suonatori. Del resto, subdolamente, caldeggiando reazioni “indignate”, ma – scusa tanto – fuor di luogo, è questo a cui si mira, ossia chiudere cattedre per chiudere altri corsi di laurea.
«Mandare in pensione un ordinario non è chiudere una cattedra.» cal
Altro che: in molti casi lo è.
«Se il precario ha bisogno dell’ordinario per avere legittimazione accademica siamo a posto… splendido.» cal
Perché, non te ne eri mai accorto? Veramente cado dalle nuvole: dove diavolo vivi? Toglimi una curiosità: Come sei diventato “precario”?
«Poi il commento sulla paura di non avere i quattrini… non ci credo… se questo è il timore mi cadono le braccia per non dire altro… e allora i precari? Che dovrebbero dire…» cal
Si, ma non cadere dalle nuvole, il paragone è improprio e non ho mai visto San Martino aggirarsi dalle parti del Rettorato. Facciamo una piccola sintesi: tu reclami la cacciata di un centinaio di professori senza ricambio, con la conseguenza probabile di tagliare il ramo sul quale anche tu stai seduto: cui prodest?
“Bandire”… “Mantenere una cattedra”?
Ma voi siete tutti ubriachi.
La verità invece è che dovete arrendervi al fatto che siete falliti.
Ragioniamo su quanti studenti ha sto corso di laurea… perché se ne avesse 10 forse il sacrificio si potrebbe fare… sai a Economia quanti iscritti ci sono alla laurea in Scienze conomiche? Pochi – i docenti strutturati di ruolo sono 5 volte di più… unisi è cresciuta troppo e ora deve stringere e stringere vuol dire diminuire l’offerta formativa.
Lo so che non bandiscono ma per bandire serve scendere sotto soglia e sotto soglia si arriva prima e forse unicamente mandando via gli stipendi più elevati. Che in molti casi – non dico in tutti – non servono più secondo me.
Precari si diventa iniziando una carriera che poi non ha sbocco per ragioni finanziarie… ecco come si diventa… il ramo su cui sto seduto spero che siano le mie pubblicazioni… non il mio boss… anzi il mio boss beneficia talvolta delle mie capacità…
«il ramo su cui sto seduto spero che siano le mie pubblicazioni… non il mio boss… anzi il mio boss beneficia talvolta delle mie capacità…» cal
Devo concludere che vivi sulla Luna. Se chiudono la cattedra presso la quale lavori, semplicemente devi andare a cercare fortuna altrove, punto e basta: hai presente come funziona “altrove”?
Sono giovane… ho ancora dei sogni e per parafrasare il poeta “voglio un mondo all’altezza dei sogni che ho”!
Nel mio settore, morto – accademicamente – un ordinario ce ne sono molti altri… avrò io una visione parziale… ma a 68 anni alla ricerca si ha da dare poco in genere… se uno è ordinario da 30 anni e non ha mai pubblicato su una rivista referata non comincia certo a 68 anni o no? E allora basta… a casa… peraltro cosa vieta a casa di fare quello che si fa in ufficio? A 68 anni c’è bisogno dello stipendio da ordinario? Non si è succhiato abbastanza dalla mammella di unisi?
Bene Cal… ma l’ordinario deve mantenere il suo potere sul cui pernio girano girandole di mosche cocchiere e di imbroglioni, di parvenu e di pupattole. Come è triste tutto ciò. Come quel prof sulla via del tramonto che ho visto in Pantaneto, ormai nel ridotto di Lettere con 4 ciarlatani. Ormai parla e ride da solo, come i matti. E pensare che mi additava – ero un ragazzo – il cielo e mi diceva che l’avvenire sarebbe stato radioso… Poi mandò a fare in culo gli amici e si rinserrò nel covile di Lettere… dovette pure sorbisrsi le canzoni della Nannini… Sic transit gloria mundi…
In ufficio – magari non unisi ma nei dintorni – sarai incompreso, inascoltato, evitato, puzzerai di intellettuale e tu, per delicatezza, non dirai a massaie e ragazzotti travet “teste di legno”…
Com’è triste… Venezia!
Il Bardo
Allora diciamolo… non si va in pensione in molti casi perché si vuole mantenere il potere… sui concorsi… soprattutto perché la possibilità di fare ricerca la concede anche la misera pensione di un ordinario integrata ampiamente dal regolamento… idem dicasi della didattica…
Vedi che allora le ragioni appaiono meno nobili???
Il caso Asor Rosa mi sa che dà ragione a Cal: credo che anche ottuagenario presieda ai concorsi. Quando giudicava me era già “grinzoso”, all’epoca del fatto di Monticchiello. Sarà pure il ‘pàtron’ della sinistra unita a est del Pd, ma il potere lo gestisce e lo gestiva eccome. E questo nonostante “Scrittori e popolo” sia un orrore anti-nazional-popolare!
Citate pure altri casi e fate pure i caz… altrui, tanto c’è chi fa i caz… nostri… o vostri…
bardissimo
Pel signor Pietro, che ho visto ora. Il suo inciso suona come una maledizione. Ma chi è fallito? E se fosse fallito o in via fallimentare il “Sistema”? È bene, comunque, che cadano le pie illusioni. La gestione oltraggiosa di certi dipartimenti ecc. doveva far capire che, dopo i tuoni, sarebbe piovuto… La città in fiamme, “quando verrà l’ora del tuono”? (Come dice il poeta-psichiatra Karadzic, ora internato).
Bardo
«Allora diciamolo… non si va in pensione in molti casi perché si vuole mantenere il potere… sui concorsi…» Cal
Ok Cal, siamo tutti farabutti: tranne tu. Va bene così? Se la butti sulla retorica da quattro soldi non ti seguo. Prepensionamenti o no, qui nel prossimo decennio va in pensione metà del corpo docente e per sette o otto anni non ci sarà la possibilità di bandire nuovi concorsi. Metà di quello che esiste, scomparirà; quando il titolare andrà in pensione, molte cattedre chiuderanno punto e basta: tranne forse quella a cui afferisci tu, e allora mi viene da pensare che tu pianga col topo in bocca.
P.S. Che i più deboli debbano soccombere, mi pare un concetto lievemente nazista, anche perché i più forti politicamente, sovente sono delle emerite mezze seghe sul piano scientifico. Infine vorrei chiederti la lista dei corsi “con dieci studenti” cui fai riferimento, e soprattutto perché dal computo del numero di docenti, slitti senza soluzione di continuità al computo degli studenti: i due dati non sono affatto correlati, al punto (non farmi fare nomi) che vi sono dei corsi pieni zeppi di docenti che non hanno più studenti. E viceversa. Stranamente in questi computi non si fa mai riferimento alla qualità e alla valutazione.
Solo per la cronaca vi riporto quanto affermato da Claudio Vigni (Cgil) nella conferenza di fine anno sulla situazione dell’Università…
«Siamo ancora molto lontani dalla soluzione, – ha affermato severamente il segretario Cgil – il disavanzo di 32 milioni è comunque un segnale di forte preoccupazione e del resto le cifre non mettono di buonumore. Ma la cosa che più ci preoccupa è il fallimento del piano di prepensionamento, solo nove persone andranno in pensione e il numero non incide minimamente sulle previsioni fatte dal piano di risanamento che parla di novanta prepensionamenti. È un problema serio e io credo che qualcuno debba mettersi una mano sulla coscienza e fare uno sforzo, altrimenti da questa situazione non se ne esce.»
Dice delle cose condivisibili, ma vorrei fargli una domanda… cosa faceva negli anni passati nel tosismo imperante quando una lobby rettor-sindacale (Cgil) ha fatto il bello e il brutto mettendo sindacalisti (mogli e amiche) a vertici di uffici di cui a posteriori possiamo dire sicuramente non adatti e preparati per volgere quella mansione visto le dimenticanze e gli errori che hanno fatto?
Adesso il Vigni alza la voce e dice cose giuste (ovvie), ma solo qualche giorno fa i suoi rappresentanti si scandalizzavano perché non avevano avuto l’adeguamento stipendiale; in una situazione così grave avevano la faccia tosta di chiedere ancora soldi.
Dove era quando impunemente si assumevano inutilmente centinaia di amministrativi dei quali non c’era assolutamente bisogno?? In questo modo si va a delegittimare una istituzione sacrosanta e giusta “il sindacato” che dovrebbe tutelare i lavoratori!!!
Invece ci accorgiamo amaramente che essere sindacalisti non fa che essere il viatico per raggiungere i vertici degli uffici, basta fare un giro sul sito dell’Unisi e ci accorgiamo che sono quasi tutti sindacalisti coloro che hanno posizioni di responsabilità. Per esempio i rappresentanti del personale tecnico amministrativo nel coniglio di amministrazione sono stati o sono tuttora segretari di qualche confederazione a conferma di quanto sto dicendo.
Forse il sig. Vigni dovrebbe sciacquarsi la bocca prima di parlare di lavoratori!!! Questo non fa onore assolutamente a tale nobile istituzione.
Anche i lavoratori dovrebbero essere un po’ più furbi e farsi rappresentare da istituzioni più sane e con comportamenti più coerenti con il loro mandato!!!
Buon anno al Prof Grasso e a tutti i frequentatori di questo Blog.
…anch’io trovo grottesca questa politica: riempire l’università di impiegati, ma al contempo mandare via professori e troncare la carriera a ricercatori (stabilizzati e non). Io non capisco veramente cosa si aspettavano dalla politica di prepensionamento del personale docente, sapendo – come ripeto – che a breve termine non vi è la prospettiva di un rimpiazzamento: può darsi che in certi casi di docenti ordinari e strutturati in genere ve ne siano “ad abundantiam”, ma in non pochi casi ciò significa invece chiudere una cattedra, azzerando tutto quello che vi ruota intorno e rovinando coloro che ci lavorano, specie se senza avere una posizione stabilizzata, e mettendo a repentaglio l’esistenza stessa di corsi di laurea.
Tra misfatti e commenti si perde alfine di vista l’essenza della Universitas che sta nel carisma oltre che nella conoscenza del Cattedratico Doc, nella sua capacità di instaurare appassionanti rapporti Maestro-Allievo e di costruire competitivi gruppi di ricerca. Altrimenti sul fronte didattico basterebbero autonome acquisizioni corroborate dall’insegnamento e-learning in atenei virtuali dedicati alla mera trasmissione del sapere.
La ricerca sarebbe impraticabile visto l’imprescindibile lavoro di squadra richiesto da qualsiasi progetto scientifico.
Quanto alle vicende senesi si ripete per l’ennesima volta che la politica perseguita è stata stolta e suicida per l’azzeramento della ricerca, il blocco di ogni arruolamento e progressione dei docenti, il loro auspicato anticipato pensionamento a fronte di un costante potenziamento del personale impiegatizio che nulla ha a che fare con i fini istituzionali e con la doverosa informatizzazione di uffici e procedure.
Salvo minacce e maldicenze degli ultimi rettori cui fanno da contraltare le parole nobili e amare di Barni e Grossi che ressero lo Studio Senese in maniera Magnifica, per il resto il panorama è avvilente viste le chiacchiere senza senso dei protagonisti delle istituzioni senesi ed il silenzio apparentemente accondiscendente del corpo docente e della popolazione residente.
Eppure nessuno può fingere di non sapere vista la scientifica analisi della realtà locale pubblicata in rete, edicola e libreria da Giovanni Grasso con Il senso della misura, Mario Ascheri con ZOOM e Raffaele Ascheri con Le mani sulla città.
A costoro dovrebbero rivolgersi una città e una università che avessero a cuore la propria sopravvivenza.
Auguro a Fitzgerald ed a tutti i lettori del blog un buon 2010; lo ringrazio, inoltre, per aver segnalato questo “importante” passo del rappresentante sindacale. È un’idea fissa dei dirigenti sindacali senesi, che scambiano l’università di Siena per una fabbrica di pentole. A questo proposito è utile la rilettura dei seguenti post e dei relativi commenti:
1) L’Università di Siena secondo la Cgil: docenti in pensione ed amministrativi in cattedra.
2) Per i sindacalisti di Siena l’università è forse un insieme di uffici in cui depositare il venerabile didietro dei loro funzionari in carriera?
3) Cogestione sindacale e trasformazione dell’ateneo in un ente assistenziale alla bancarotta.
Questi sindacalisti e, purtroppo, alcuni docenti attribuiscono una funziona taumaturgica al piano di prepensionamento dei docenti che, nella migliore delle ipotesi (cioè il pensionamento di 90 docenti), porterebbe a risparmiare circa 10 milioni di euro. Senza risolvere il problema; anzi, aggravandolo, come correttamente e opportunamente ripete Stavrogin su questo blog. Inoltre, Vigni sembra un po’ sbadato o superficiale, almeno per quanto riguarda i problemi dell’università di Siena. Altrimenti si sarebbe accorto che il disavanzo per il 2010, a giudicare dai dati pubblicati sulla stampa e dalle dichiarazioni di Focardi e Barretta di questi giorni, supera i 70 milioni di euro. Se per Vigni «è un segnale di forte preoccupazione il disavanzo di 32 milioni di euro…» ci dice, per favore, cosa rappresenta per lui il disavanzo di 70 milioni di euro per il 2010 e come pensa di risolvere la situazione. Forse mandando in pensione 300 docenti? Oppure mettendo in mobilità 600 amministrativi? O entrambe le possibilità?
Una università è composta da studenti e docenti, coadiuvati, per i fini istituzionali (didattica e ricerca), da personale tecnico ed amministrativo. Nell’Ateneo senese vi è un esubero di personale: ci sarà pure esubero di docenti in qualche settore scientifico-disciplinare, ma quello che è evidente, anche ai dirigenti sindacali, vi è un esubero di amministrativi, circa 600, assunti in maniera clientelare. Si percorra pure la strada del prepensionamento dei docenti (la risposta, fortunatamente per l’istituzione, sarà limitata) ma quello che è imprescindibile è porre in mobilità gli amministrativi. Quanti e quali? Vi sono circa 300 amministrativi che sono stati stabilizzati illegalmente, quando la voragine nei conti era già nota agli organi di governo: mancava per tutti il budget e mancavano per molti i requisiti per la loro assunzione. È doloroso pensare a questo, ma non c’è altro da fare, se si vuole salvare l’istituzione e il posto di lavoro degli altri dipendenti. E bisognerebbe iniziare proprio da quei responsabili sindacali di cui tanto si parla in questo blog: «sarebbe un atto di forte rilevanza etica» (per usare le stesse parole del sindacalista Iacoboni, si legga il post del 26 novembre 2008 in questo blog) e potrebbero sempre essere assunti dal loro potentissimo e ricchissimo sindacato. Per gli altri 300 si rende necessaria la mobilità.
@stavrogin
Io non ho mai detto che siete farabutti. Non mi permetterei mai. Dico solo che a fronte di questo casino 9 su 92 è un dato molto basso e che sarebbe una mano sostanziale a fronte di una situazione individuale che cambierebbe gran poco.
Poi certo le cattedre… ecc. ecc. ma di certo molti non mollano perché alla fine andandosene si perde il potere… o no? O sono 92 anime pie?
Sui corsi di laurea lo so bene che studenti e docenti non sono correlati… e ti pare un bene? A me no…
@stavrogin
«Io non ho mai detto che siete farabutti.»
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“Siete” chi? Chi sarebbero “noialtri” e “voialtri”?