Con i ricercatori siamo veramente alla resa dei conti?

Il Coordinamento Ricercatori Interfacoltà Unisi. Cari Colleghi, nel raccomandarvi di mantenere la vostra non-disponibilità alla didattica, ignorando i bandi che verrano emanati dalle vostre facoltà, desideriamo invitarvi ad una riflessione.

Innanzitutto è chiaro che le facoltà stanno tentando di coprire tutti corsi mutuandoli, aumentando il carico didattico di Proff. associati e ordinari, assegnandoli per contratto e cercando di convincerci ad accettare gli incarichi.

Uno degli interrogativi che alcuni colleghi si sono posti è il seguente: che facciamo se ce la fanno a fare i corsi senza di noi? Probabilmente non sarà possibile, ma qualora accadesse ne prenderemo atto. Questo vuol dire che in questi anni in cui abbiamo creduto di fare volontariato per “salvare” l’Università lo abbiamo invece fatto per alleggerire il carico didattico di Proff. associati e ordinari. Vi va di continuare?

Un altro punto che emerge è che i requisiti minimi evidentemente non servono. Quindi il tempo impiegato per ottemperare a tali requisiti (ed è stato tanto, tanto tempo, lo ricordate?) è del tutto inutile. Ovvero, nell’Università si parla “del nulla” per un tempo “lungo a piacere”. Vi va di continuare?

E perché allora si sono dovuti chiudere dei corsi? Perché creare tensioni e litigi in facoltà? Forse i requisiti minimi valgono quando fa comodo. O forse valgono, ma proprio per questo i nuclei di valutazione hanno fatto finta di non ricevere le nostre comunicazioni (di fatto impedendoci di dire di no, trascurando il fatto che un ricercatore assume un incarico didattico “solo se vi consente”). Quindi, in sostanza la possibilità di fare didattica si è tramutata per i ricercatori in una attività obbligatoria (ne dubitavate?), cui non possono rinunciare anche solo perché il nucleo di valutazione non prende in considerazione le dichiarazioni di rinuncia. Vi va di continuare?

Sembra anche che adesso si possano fare contratti. Se li si fanno a persone di “comprovata qualità scientifica” probabilmente saranno retribuiti, ma allora ci sono dei soldi??? Ma non per noi. Se li si fanno a giovani non strutturati, saranno probabilmente gratuiti, e verranno accettati per il “miraggio” di una “ricompensa”: una nuova generazione di ricattabilissimi portaborse (senza futuro). Vi va di continuare?

Quasi dimentichiamo il ritornello: “siete rimasti solo voi”. Questo è falso e ribadirlo è intimidatorio: a Siena i dati delle indisponibilità non sono cambiati e da contatti con Firenze e Pisa sappiamo che anche lì le astensioni dalla didattica hanno percentuali altissime (70-80%). In tutta Italia inoltre la protesta sta andando avanti e ne avrete notizie ancora più certe dopo le riunioni dei vari comitati che si terranno verso la metà del mese.

Infine, un po’ di retrospettiva per convincere i ricercatori che hanno dato la disponibilità a prendere in considerazione l’ipotesi di ritirarla. Era la fine di aprile quando ci siamo incontrati tutti insieme la prima volta ed abbiamo cominciato a discutere di quello che nelle varie facoltà si stava organizzando per contrastare (o anche no) l’iter del DdL Gelmini: dalla riunione è emerso un quadro complesso, variegato, con posizioni diverse di facoltà in facoltà. Questo ci ha spinto a creare un coordinamento che è riuscito ad armonizzare le varie forme di protesta convogliandole in una modalità unica: disponibilità o non disponibilità queste le due opzioni tra le quali scegliere.

A fine maggio il “tavolo tecnico” voluto dai Presidi, ha proposto di uniformare ancora di più le nostre diverse posizioni: “disponibilità condizionata o non-disponibilità condizionata” che fosse, a settembre, in assenza di un cenno di riscontro verso le nostre richieste, nessun ricercatore avrebbe fatto lezione. Tutti uniti, tutti compatti, con mozioni di facoltà approvate ed il sostegno del Rettore, dei Presidi, di Proff. associati e ordinari. Una manovra questa che, a detta degli stessi Presidi, prevedeva il silenzio-assenso: a meno che uno non se ne dissociasse ufficialmente, ci si aspettava che accettasse di ritirare la sua eventuale disponibilità, qualora si fossero verificate le condizioni per farlo (come di fatto è accaduto). Conosciamo un solo collega che abbia ufficializzato il suo dissenso. Voi lo avete fatto? Salvo poi scoprire che si è trattato comunque di parole al vento. A settembre il DdL è immutato e nelle facoltà si fa finta di niente emanando i bandi interni e programmando di fare contratti dove non si arrivi con i bandi. Eravate disponibili, vi hanno voluto rendere disponibili in subordine alla modifica del DdL, ovvero non-disponibili, adesso siete di nuovo disponibili: avete mai avuto la possibilità di scegliere per voi stessi? Vi va di continuare? Come considerazione finale: è oltremodo frustrante rendersi conto di avere nelle nostre stesse Facoltà interlocutori la cui parola non vale niente, questo crea un clima di mancanza di fiducia inadatto ad ogni azione costruttiva, in sostanza il dialogo si esaurisce. E tuttavia abbiamo deciso di mantenerlo questo dialogo, mostrando, con la comunicazione che è stata poco fa spedita ai Presidi ed al Rettore, che noi ricordiamo, ed abbiamo una parola sola.

10 Risposte

  1. …ma de che stemo a parla’?! I docenti d’ogni ordine e grado specie se preparati e dedicati a questa scuola alle pezze son ormai solo oggetto di spintonate da parte di forze dell’ordine acritiche servitrici dei mafiosi magnaccia e della corte delle puttane e dei piduisti padroni di una ben squallida società che ha sempre menato vanto di essersi disinteressata di politica e di farsi i fatti propri. Così ha lasciato che i peggiori prevalessero nella indegna pantomima delle finte militanze in partiti che hanno usato le parole cristianesimo democrazia e libertà ad uso di farisei e fessi.

    Vedi http://www.youtube.com/watch?v=zVr-demR1hQ

  2. Monologo di un ipotetico ricercatore

    Vinco un concorso per ricercatore, vengo regolarmente assunto, altrettanto regolarmente (almeno per ora) stipendiato, ho degli obblighi contrattuali per un certo numero di ore di lezione, ma perché mai sono voluto salire in cattedra? Che l’abbia fatto per “salvare” l’università è una novella che non posso raccontare a nessuno senza mettermi a ridere, fra l’altro avere l’onere di un corso mi toglie molto tempo, ma molto alla ricerca (per la quale sono stato assunto), l’ho fatto per servilismo? Un po’ forse. Per vanità? Forse un po’. Per superficialità, non valutando correttamente la situazione nella quale mi sarei venuto a trovare: pesante carico di lavoro, per di più gratuito, che mi assorbe e distrae dalla ricerca? Forse. Forse un po’ di tutto questo e allora perché mi faccio dei problemi? D’ora in poi mi atterrò strettamente ai miei obblighi contrattuali, continuerò a percepire il mio magro stipendio, i cattedratici che fino ad ora mi hanno sfruttato come un extracomunitario si metteranno finalmente a lavorare sul serio e potrò dedicarmi più seriamente alle mie ricerche. Se l’università si è retta fino ad ora sulle mie spalle crollerà miseramente e vorrà dire che non meritava di meglio, se dovrà ridimensionarsi per la mia decisione sarà meglio per tutti.

  3. Nessuno ha letto l’articolo di ieri sul Corriere di Siena, dal titolo “L’università di Siena è fallita”?
    L’ha detto il Ministro Tremonti, parlando a Frascati, alla Fondazione Magna Carta. Aggiunge “…è una cosa strana, in genere succede alle aziende”. E prosegue con un’analisi molto dura.

    Ora il mio commento è: possibile che nessuno lo abbia letto, visto che era anche sulla locandina?
    Questo blog è molto interessante e utilissimo per varie ragioni.
    Ma …e non aggiungo altro perché avendo a che fare con persone intelligenti e colte, il resto del discorso viene da solo.
    Se, invece, il mio pensiero è malizioso, mi scuso.

    Auguri, tanti, a chi teme di restare disoccupato.
    Servono a niente, ma intanto queste persone devono sapere che la loro pena è condivisa.

  4. «Se uno vuole avere un’idea di cosa era l’università sovietica bisogna avere un contatto con la conferenza dei rettori». Tremonti

    ….assolutamente geniale questa strategia del vate Tremonti per combattere la “baronia”:

    “il costo per ogni prof delle prime fasce di carriera ci si rende conto che ricercatori e i docenti più giovani perdono circa 500 euro al mese.
    Gli esperti in calcoli sono indecisi su chi ci perda di più. Se è vero, come sottolineano gli economisti Massimo Baldini e Enza Caruso in un calcolo pubblicato su «Lavoce.info», che «il prezzo più elevato viene pagato dai ricercatori non confermati, per i quali la manovra assume un peso che va dal 26 per cento al 34 per cento sul reddito netto».
    Insomma un taglio di un terzo di quanto guadagnano. Oppure se i più penalizzati saranno coloro che hanno iniziato la carriera l’anno scorso: 7.659 euro all’anno in termini di mancati aumenti, il 32,7% dello stipendio annuale. Nell’intera carriera – hanno calcolato le associazioni di ricercatori – la perdita sarà di circa 400 mila euro.”
    F. Amabile, La Stampa

    L’altro giorno al Celio aveva confessato che se si fosse trovato oggi, e non trent’anni fa, a diventare docente non ci sarebbe riuscito. «I concorsi sono locali e non ho i contatti giusti». Tremonti

    e che cosa sarebbe cambiato con la riforma gelminiana?

  5. @ Gianna. «Possibile che nessuno abbia letto l’articolo “L’università di Siena è fallita”? (…) Questo blog è molto interessante e utilissimo per varie ragioni. Ma… e non aggiungo altro perché avendo a che fare con persone intelligenti e colte, il resto del discorso viene da solo. Se, invece, il mio pensiero è malizioso, mi scuso.»

    La settimana scorsa, a cena, Giulio mi disse che ancora una volta avrebbe preso spunto da “il senso della misura” per un altro suo intervento: quello di Frascati. Lo ringraziai per l’attenzione che l’ufficio stampa del ministero dedica al mio blog che, invece, continua ad essere ignorato dai mezzi di informazione locali. Ovvio che, dopo la pubblicazione sul Corriere della Sera (in seguito anche sul Corriere di Siena), tenessi un po’ riservata la cosa, considerando la vecchia amicizia con Giulio.

    Scherzi a parte! Gianna credi veramente a quello che sospetti e non dici? Forse sei una frequentatrice nuova del blog! Ti consiglio, allora, di leggere tutti i post elencati nella categoria: «Commissariarla per salvarla». Oppure puoi limitarti ai 4 che seguono. Ci troverai anche quello su un altro intervento di Tremonti che riporta altri dati de “il senso della misura”. Perché, dimenticavo di dirti, se la cena con il ministro è uno scherzo, non lo è, invece, il fatto che l’ufficio stampa del ministero legga questo blog.
    1. Università di Siena: quando il governo centrale “segue” «il senso della misura».
    2. Crisi dell’università di Siena: non è più tempo di maquillage nei conti ma è l’ora del commissario.
    3. Sincerità è un elemento imprescindibile per un risanamento stabile che punti alla rinascita dell’università.
    4. Dissesto dell’ateneo senese: è il primo anniversario o il quarto?

  6. Scusate, ma il pubblico ordinario, cui appartengo, riceve troppi segnali contraddittori, probabilmente perché anche nel mondo dei ricercatori c’è di tutto, chi fa e chi non fa, chi non sa che fare, chi è eccellente e dovrebbe da tempo essere ordinario ecc. La filosofia giova appoco, temo, se non per parlare dei propri personali desideri.
    Ma delle conseguenze in concreto a Siena dello stato di agitazione dei ricercatori che cosa si può dire?
    I responsabili del coordinamneto lo sapranno, no? E i presidi, esistono sempre? Grazie.

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