“Monologo di un ipotetico ricercatore”

Outis. Vinco un concorso per ricercatore, vengo regolarmente assunto, altrettanto regolarmente (almeno per ora) stipendiato, ho degli obblighi contrattuali per un certo numero di ore di lezione, ma perché mai sono voluto salire in cattedra? Che l’abbia fatto per “salvare” l’università è una novella che non posso raccontare a nessuno senza mettermi a ridere, fra l’altro avere l’onere di un corso mi toglie molto tempo, ma molto alla ricerca (per la quale sono stato assunto), l’ho fatto per servilismo? Un po’ forse. Per vanità? Forse un po’. Per superficialità, non valutando correttamente la situazione nella quale mi sarei venuto a trovare: pesante carico di lavoro, per di più gratuito, che mi assorbe e distrae dalla ricerca? Forse. Forse un po’ di tutto questo e allora perché mi faccio dei problemi? D’ora in poi mi atterrò strettamente ai miei obblighi contrattuali, continuerò a percepire il mio magro stipendio, i cattedratici che fino ad ora mi hanno sfruttato come un extracomunitario si metteranno finalmente a lavorare sul serio e potrò dedicarmi più seriamente alle mie ricerche. Se l’università si è retta fino ad ora sulle mie spalle crollerà miseramente e vorrà dire che non meritava di meglio, se dovrà ridimensionarsi per la mia decisione sarà meglio per tutti.

37 Risposte

  1. L’UNIVERSITÀ DI SIENA È FALLITA: PAROLA DI MINISTRO!

    http://www.corriere.it/cronache/10_settembre_11/rettori-italiani-urss_49cc4794-bd6f-11df-bf84-00144f02aabe.shtml

    Una società dove non contano i fatti ma le parole, che non devono riferire la verità ma esser consone a un bon ton che non ferisca la vanità dei capetti locali e non interferisca con il vile tran tran di opportunisti ed ignavi, è destinata a veder fallire ogni propria istituzione.
    Quel che da anni abbiamo documentato e denunciato, per dovere di cronaca oltre che per la nostra e la altrui salvezza, ora con brutale brevità e per noi poco decorosa e molto dannosa pubblicità lo sbatte in prima pagina il poco malleabile e molto austero Ministro dell’Economia…
    Naturalmente a Siena un trafiletto e tutti, anche i misteriosi (per chi?!) scassinatori che ci hanno così ridotti persistono – ancor riveriti con fetida flemma dai loro lacchè – nell’intrallazzo e nell’inciucio con color cui dovremmo consegnare la nostra spes sine spe! Eh?
    Al monologo dell’ipotetico ricercatore si accoppia il testamento di un bene identificato e inferocito professore di un ateneo… ”chiuso per fallimento”!!!
    Come Grasso e Muscettola, ribadisco e senza tema di smentita (seria) che quel che resta delle risorse umane dell’università esige un commissariamento.
    A maggiore ragione se si considera che nessuno dei direttori amministrativi subentrati negli anni del buco ha mai proferito una parola degna di un uomo.
    Sono stati solo capaci con facce impassibili e un atteggiamento spudorato d’intascarsi con i rettori emolumenti di cui non smetteremo di chieder conto.
    Proprio come quei soldi (… della comunità!) inerenti quelle “assegnazioni diverse” risalenti alla malagestione su cui resta inevaso l’interrogativo di Giovanni Grasso!
    Colleghi che continuate a tacere in un silenzio che pare assenso a condotte che hanno fatto rivoltare i nostri predecessori nei loculi, mica vi stupirete a… trovarvi un cartello di…
    chiusura per fallimento”?!

  2. In verità fallita è la intera italica istituzione repubblicana.

    Basta aggiornarsi sulle ultime notizie di cronaca nazionale …

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/12/scandalo-authority/59736/comment-page-1/#comment-698353

    Napolitano Giorgio?! Pavidità ed opportunismo ai massimi livelli: il miglior rappresentante della peggiore Italia.

    Anche in tal caso come sempre gli insigni giuristi accademici stanno a cuccia; il diritto è esclusivo gioco per pochi.

    Alle mie figlie devo dire che guardino con fiducia a tali Maestri?!

  3. Questa è la dolorosa historia di un miserando ricercatore che votò o volea votare l’intiera sua vita allo studio.
    Poniamo per assurdo che le fate di Marc Bloch dotate di gran spirito umoristico posassero nella culla di un neonato quel negletto omaggio che vien definito “vocazione” alla conoscenza. Poniamo – sempre per ipotesi, ovviamente – che costui nel corso di sua travagliata esistenza per seguir tal ineludibile richiamo si sia sottoposto ad ogni genere di rinunce, di umiliazioni, di mortificazioni ed anco di insuccessi talvolta non direttamente correlati alle proprie capacità, ma alle strategie occulte di sordidi burattinai che deliberarono cooptazioni sulla base di meriti non propriamente scientifici.
    Poniamo paradossalmente che il meschino sia dotato di una testardaggine che rasenta la stoltezza, che sia oltretutto sì immodesto da ritenere che valga la pena di percorrere un sentiero sì irto di spine, di dirupi, di miseria, non solo intellettuale, sol per tramandare il proprio magro patrimonio culturale alle generazioni di studenti che segue con un forte senso di solidarietà … Poniamo che dopo lunghi anni di speranze sempre deluse giunga per una pura casualità a ricoprire il ruolo di ricercatore …
    Poniamo, altresì, che il candido sciagurato supponga che alfine sia giunto il fatal momento di poter dedicare i lembi ormai estremi della propria vita alla ricerca … E poniamo, infine, che contrariamente ad ogni aspettativa il Maestro (sic) che ha affiancato per decenni con dedizione e lealtà non sia provvisto di qualità filantropiche e demandi al servo-ricercatore di ottemperare ad una serie di impegni che non competono allo sventurato …
    Direte voi lor Signori indignati “Orsù riséntiti, solleva il capo e opponi il ‘gran rifiuto’!” Già … opporre il gran rifiuto … Semplice e pur naturale apparirebbe il gesto, coraggioso financo, ma … Lor Signori non andate – sempre per puro accidente – obliando che l’intrinseca natura del ruolo del ricercatore è pari a quello del servo della gleba … e che i solchi del proprio destino son bagnati di servo sudor? Che la prerogativa di tal sfortunata genìa è quella di esser vincolata al perpetuo ricatto del Dominus di turno che spesso – ahimè – si veste degli abiti del difensore et paladino dei diritti umani? Non trascurate l’evidenza! Non cedete agli ingannevoli sembianti! Oltre gli invalicabili penetrali della soggezione ristà perpetua la minaccia, la coercizione, il ricatto che costringe alla sottomissione, alla schiavitù perenne che deve essere accettata con rassegnata umiltà sol per pubblicare gli sbrindellati esiti di una ricerca condotta fra i farraginosi istanti di quiete che – bontà sua – il Princeps nobilmente dona a colui che ha eletto come valletto. Altro non resta che scorrer in un silenzio disilluso il primo coro dell’Adelchi …

    E il premio sperato, promesso a quei forti,
    Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
    D’un volgo straniero por fine al dolor?
    Tornate alle vostre superbe ruine,
    All’opere imbelli dell’arse officine,
    Ai solchi bagnati di servo sudor.

  4. Insisto sulle “assegnazioni diverse” di cui Giovanni vuol conoscere generalità di assegnatari e caratteristiche della diversità! Che fino ad oggi ci sia stato ancora una volta un silenzio assordante ed una insistita protratta mancata risposta depone male assai… Perchè non si è neppur tentato di ammannire una spiegazione per ammansire l’irriverente istante? E come mai per il resto sembra che a nessuno importi l’uso che è stato fatto dei soldi pubblici? Nasce il sospetto – chiedo scusa ai benpensanti e perdono con anticipo ai querelanti – che qui non ci sia solo una viltà diffusa ma anche qualche connivenza di troppo, magari retribuita in contratti, consulenze e regalìe per un futuro, della serie …«ricordati di me quando sarà il momento…». No?!

  5. Il forte si mesce col vinto nemico,
    col novo signore rimane l’antico;
    l’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
    Dividono i servi, dividon gli armenti:
    si posano insieme sui campi cruenti
    d’un volgo disperso che nome non ha.

  6. … tra gli effetti collaterali del buco c’è l’esser diventati l’alibi del peggior governo della storia d’Italia per affossare ogni istituzione scolastica! Chi semina vento…

  7. «La macchina burocratica avrà il controllo del sistema universitario morente.» Maria Chiara Carrozza, Rettore del Sant’Anna di Pisa

    • Parla lei che è un vero barone, trucca i concorsi, ed è artefice della più grande fuga di veri cervelli da Pisa. È una vergogna dovrebbero scoprirla. E parla di meritocrazia, ma quale merito? L’unico merito è starle simpatici.

    • Ovviamente Valeria si riferisce all’unico nome di docente pisano che compare in questo post. Mi sembra doverosa questa precisazione, perché il commento è in replica al Prof. Loré, che non è un docente di Pisa.

  8. «contro lo status di oggetto con cui siamo trattati» (da un quotidiano)

    ….no, non è lo sciopero dei ricercatori, bensì quello dei calciatori!

  9. Fa più notizia quello dei calciatori… W l’Italia

  10. …beh, dal calcio abbiamo molto da imparare… particolarmente sulla società e sulla “cultura” di questo paese.
    Il fatto, ad esempio, che passata la bufera di “calciopoli” (anche se i processi mi pare siano ancora in corso) molti inneggiavano a “Moggi” (“Aridatece Moggi!”… si sentiva spesso dire) come all’eroe del calcio nazionale, la dice lunga secondo me, sui modelli e sui miti ai quali questa nazione si ispira… non solo nel calcio, evidentemente!

  11. Un volgo disperso che nome non ha.

  12. A proposito della constatazione di Tremonti: “L’università di Siena è fallita”

    1) Fino a quando (mese e anno) sarà sufficiente la liquidità, per far fronte a stipendi ed alle altre spese correnti?
    2) La regione verserà la seconda rata per l’acquisto delle Scotte?
    3) Questa seconda ed ultima rata fino a quando consentirà di far fronte alle spese correnti?
    Tra il nuovo, il vecchio Rettore, il nuovo DA: qualche risposta ci sarà data? Non per polemica, ma per capire cosa ci attende del futuro prossimo.

  13. Io sarei per chiedere:
    1. Quando sapremo chi ha rubato?
    2. Quando verranno sbattuti in galera i ladri?
    3. Quando gli stessi saranno condannati al risarcimento del maltolto, con relativi interessi?
    4. Quando verrà fatta pulizia all’interno dell’Ateneo?
    5. Quando potremo finalmente liberarci dei malfattori?
    6. Quand’è che a chi merita verrà consentito di lavorare?
    7. Quand’è che i parassiti verranno mandati a casa?
    Credo che in assenza di risposte a queste domande, non ci sia futuro per l’università di Siena.

  14. Ecco il testo del messaggio inviato oggi dal Rettore alla Comunità Universitaria
    Alla Comunità universitaria.

    Nella giornata odierna il professor Antonio Barretta lascia l’incarico di
    Direttore amministrativo della nostra Università.
    A lui ho rivolto, a nome mio personale e di tutta la Comunità universitaria, il ringraziamento più sentito per quanto ha fatto sin dal momento in cui la crisi finanziaria è stata evidenziata e gli auguri di buon lavoro per l’importante compito che va ad assumere in Regione Toscana.
    Silvano Focardi

    …e qui di seguito la mia risposta (per quel che può contare!)

    Mentre mi associo agli auguri formulati dal Rettore al Dr. Antonio Barretta, il mio pensiero non può, in questa circostanza, non andare a quella pur cospicua parte della Comunità Universitaria che, vittima di pregresse vessazioni, malversazioni e inefficienze o incapacità amministrative di vario tipo (non ancora sanate) e pur dotata di titoli e meriti equiparabili o superiori a quelli del Dr. Barretta, non solo non andrà mai a ricoprire incarichi “importanti” in Regione Toscana, ma neanche ha la certezza o la garanzia di poter riscuotere il pur misero e assolutamente inadeguato stipendio.
    Domenico Mastrangelo

  15. Desidero dare confortevole conferma ai vari commenti fin troppo pazienti e molto diplomatici di Nik alias Domenico Mastrangelo. Cordialmente Prof. Cosimo Loré

  16. Sorprende e preoccupa scoprire che Facebook – comunità nel web di cui il sottoscritto non fa parte – ha iniziato ad esercitare sulle pagine degli utenti un’attività di censura che sembra non rispondere a nessuna regola scritta ed è attuata con una discrezionalità assoluta non ancorata ad alcun limite o parametro. “La tua pubblicazione è stata bloccata a causa di una violazione delle Condizioni d’uso delle pagine” è il lapidario annuncio con cui è stato comunicato agli utenti e agli amministratori della pagina “Libertà è partecipazione” http://www.facebook.com/pages/Liberta-e-partecipazione/119377854750382?ref=mf (con 90 mila iscritti il cui scopo è opporsi al ddl intercettazioni) che avevano perso la cittadinanza in quell’angolo della piazza, che non potevano più parlare, che dovevano tacere e rinunciare ad una campagna assolutamente sacrosanta ed essenziale per chi abbia uno straccio di personalità ed un frammento di umana e civile identità. Meglio di tanti poco rispettabili “giuristi” vilmente dedicati a sproloquiare su inutili e meno imbarazzanti argomenti l’attore Leo Gullotta, che non tace: http://www.youtube.com/watch?v=uS21OnUpKE4 … o l’eroica giornalista Milena Gabanelli, che spicca come alto riferimento sulla fetusa fitta feccia di politici, prelati, professori. http://www.youtube.com/watch?v=Hq9u4tUzmgI

  17. «L’ho fatto per servilismo? Un po’ forse. Per vanità? Forse un po’.» Outis

    …Outis, non che qualcuno mi abbia mai chiesto cortesemente se volevo rifiutarmi, ma io per esempio, sicuramente l’ho fatto per vanità (vanitas vanitatum et omnia vanitas ecc…) e con concupiscenza; l’avrei sicuramente fatto anche per servilismo, se avessi capito meglio in questi anni caotici, chi era il mio padrone; perché si sa, per avere la garanzia sicura di carriera, com’è noto, nel mondo accademico, ove vige una sorta di hegeliana dialettica servo-padrone, è necessario avere un padrone importante, uno che possegga un congruo numero di terre ed armenti.
    Ma a parte questo, siccome non stiamo parlando di un mestiere impiegatizio, mi pare evidente che se uno ha mezz’etto di motivazione in quello che fa, e un po’ di competenza accumulata in anni di peregrinazioni, non si tira indietro davanti alle sfide e alle emergenze, anche perché l’insegnamento in sé non è attività del tutto estranea alla ricerca. Altrimenti, se si considera tutto ciò un insopportabile sacrifizio, c’è tanto posto in agricoltura, anche se spalare letame – diceva don Milani – è decisamente peggio… vogliamo chiamarlo “servilismo”?
    Va detto tuttavia, che se sebbene uno non si aspettasse medaglie, men che mai si aspettava di essere ricompensato con uno sputo in un occhio, come sta di fatto avvenendo.
    Quanto a ciò che chiedeva Laura, ripeto che a mio avviso le situazioni variano da contesto a contesto e non si può generalizzare: cambia l’ammontare di ore dedicate alla didattica, e l’ “indispensabilità” di ciascuno dipende dal fatto che vi siano o meno in loco altri docenti della stessa disciplina, dalla rilevanza della disciplina stessa per i piani di studio, e dal famoso computo dei “requisiti minimi di docenza”.
    Sta di fatto che vi sono (e non sono pochi) studiosi maturi che insegnano da più di dieci anni, incardinati in settori importanti come unici titolari delle rispettive discipline, i quali malvolentieri a questo punto tollererebbero di veder retrocesso il loro insegnamento, insensatamente a “didattica integrativa” (integrativa a chi e a cosa?) o addirittura veder smantellato quello che hanno costruito attorno a sé, in termini di contributo scientifico, per veder “mutuato” il proprio insegnamento da uno a cui non gliene frega niente e magari venir rimpiazzati infine da un anonimo “contrattista”, il primo venuto: mi sembrerebbe una porcata da guinnes dei primati.
    Soprattutto per questo, caro Outis, dal mio modestissimo punto di vista ritengo suicida la protesta consistente nel rifiuto dell’insegnamento, e penso al contrario che il buco dove ti hanno ficcato debba diventare la tua trincea da difendere col coltello fra i denti.

    «D’ora in poi mi atterrò strettamente ai miei obblighi contrattuali, continuerò a percepire il mio magro stipendio, i cattedratici che fino ad ora mi hanno sfruttato come un extracomunitario si metteranno finalmente a lavorare sul serio e potrò dedicarmi più seriamente alle mie ricerche.» Outis

    Ma veramente c’è chi ritiene puerilmente che qualcuno abbia chiesto ai ricercatori (come se fosse una reale opzione), gentilmente se vogliono insegnare o meno?
    Dai, questo è un modo puerile di rappresentare la realtà; normalmente oggi uno arriva alla posizione di ricercatore dopo anni di docenza a contratto: ça va sans dire che dopo, deve continuare ad insegnare.
    La semplice verità, senza troppo trasecolare, è che da diversi anni in molte facoltà, da quando è cresciuto per varie ragioni il fabbisogno della didattica e il normale avvicendamento (detto anche “turn over”), ha rallentanto fino ad interrompersi, per “ricercatore” si intende semplicemente docente di terzo livello: “prendere un ricercatore”, oramai da anni, significa soprattutto “riuscire finalmente a pagare lo stipendio ad un docente”, per cui “rifiutarsi di insegnare” non è una reale possibilità e forse anzi una contradictio in adiecto.
    Trovo persino grottesco che ad ogni inizio di a.a., puntalmente come la morte, al ricercatore venga formalmente conferito il blasone di “docente” ed egli venga autorizzato pertanto a detenere il notevole titolo di “prof. aggr.” (“aggrappato”? “aggressivo”? “aggraziato”? “aggrovigliato”?), ma solo fino a Luglio, indi tornando nell’anonimato come Cenerentola dopo mezzanotte.
    Del resto era nell’ordine delle cose che finisse in un casino: sono nodi che vengono al pettine, vista l’ambiguità della figura stessa tratteggiata dalla 382, che prima non emergeva per il semplice fatto che per i più quella di ricerctore era una tappa breve della propria carriera. Un ricercatore “puro”, infatti, che fa la ricerca da mane a sera, in posti dove la ricerca sovente non c’è nemmeno, non si capisce che ci stia a fare o perché stia proprio lì, piuttosto che andarsene altrove a lavorare. Si aggiunga che lo iato fra didattica ordinaria e didattica avanzata (più vicina alla ricerca) in questi anni è cresciuto pericolosamente, sì da rendere quasi alternativi i concetti di “didattica ” e “ricerca”.
    Il punto dolente, a mio modestissimo avviso, la piaga che spaventa tutti i medici e che nessuno vuol curare, il concetto attorno al quale ruotavano affannosamente anche i miei precedenti messaggi, è che quello che fa acqua è l’organizzazione stessa della ricerca nelle nostre università: per la ricerca scientifica strictu sensu, occorrono interlocutori, gruppi di ricerca, competenze specifiche, contesto, mezzi, obiettivi chiari, relazioni internazionali e questo non sempre c’è. La parola “ricerca” oggi è quasi un gargarismo, abusata come la parola “libertà”. Spesso e volentieri, per la ricerca in senso proprio, i ricercatori dovrebbero semplicemente andarsene dai luoghi ove sono incardinati e dove svolgono la loro attività didattica.
    Allora quando parlano di “regionalizzazione”, mi chiedo se dobbiamo prenderla sul serio, visto che io la intenderei proprio nel senso che ognuno debba essere attratto verso suo “luogo naturale”: polarizzare insomma le eccellenze a livello territoriale, non disperdere le competenze, creare gruppi di ricerca solidi e programmi di ricerca credibili. Il resto è fuffa. Ritenete che si stia andando in questa direzione? Ho i miei dubbi e come ho già scritto, il sistema tende all’inerzia e sostanzialmente della ricerca non frega una mazza quasi a nessuno (volete mettere con lo sciopero dei calciatori, notoriamente ridotti alla fame?).

    «…i cattedratici che fino ad ora mi hanno sfruttato come un extracomunitario si metteranno finalmente a lavorare sul serio e potrò dedicarmi più seriamente alle mie ricerche.» Outis

    Ma dove sono ‘sti “cattedratici” PA e PO che prenderebbero il posto dei ricercatori? Anche se i corsi di laurea riuscissero a ottenere i requisiti minimi per partire, gli insegnamenti mancanti verrebbero inevitabilmente ed oscenamente, non “tenuti” da altri, bensì “mutuati” da gente che comunque non li terrà realmente e si procederà in tal modo come alla “coop”: due corsi al prezzo di uno, nel quadro generale della svendita.
    Leggo tuttavia che altri più ricchi di noi si danno allo scialo e bandiscono decine e decine di contratti per rimpiazzare i rivoltosi:

    “Bologna: docenti a contratto per rimpiazzare i ricercatori in protesta … Non possiamo permetterci di fermare corsi fondamentali” (Repubblica)

    Mi sembra pura schizofrenia: ma allora, questi ricercatori, sono fondamentali o non sono fondamentali? Perché se lo sono, come dice il Magnifico bolognese, sarebbe anche necessario trarne delle conseguenze.
    Qui da noi, comunque, sicuramente i contratti non li faranno per le note ragioni, a meno di non tenere aperta l’università con decine di contratti gratuiti stipulati frettolosamente al primo che passa, appena in tempo per far partire l’anno accademico: se le percentuali di astensione rimarranno quelle dichiarate, provvederanno a “mutuare” il mutuabile e il resto lo chiuderanno.
    Comunque mi pare un’incongruenza totale: il ministero autorizza i rettori a cercare decine di “contrattisti” avventizi esterni, esternalizzando metà corsi di laurea, piuttosto che riconoscere a chi legittimamente insegna, da dipendente strutturato dell’università, quel minimum di diritti che reclama? E allora perché non esternalizzano a Bucarest oppure, per risparmiare, non andare a prendere un barcone di docenti clandestini (stando attenti alle motovedette libiche) nel terzo mondo, già che ci siamo? Sarebbe un modo, per quanto non ortodosso, per aprirsi al mondo. Vi sono del resto splendide università in Ghana o in India che sfornano valenti studiosi. Il problema è che di certo trovano facilmente chi li paga meglio di noi.

    Tremonti: L’altro giorno al Celio aveva confessato che se si fosse trovato oggi, e non trent’anni fa, a diventare docente non ci sarebbe riuscito. «I concorsi sono locali e non ho i contatti giusti».

    i concorsi sono ancora locali, anche secondo la riforma Gelmini (anzi, non ci sono persino le chiamate dirette?). Quanto al divo Giulio, senza “appoggi”, oggi si sarebbe semplicemente sorbito dieci anni di… precariato al culmine dei quali lo avrebbero fatto forse ricercatore, cioè insegnante. Ma non certo ai suoi tempi: allora vigeva l’ “ope legis”, quella che ha portato in cattedra il suo collega/antagonista Brunetta.
    Va bene che nell’era della politica nel boudoir (o del lupanar…), dalla bocca dei ministri si sente questo e altro, ma la smargiassata di dichiare “fallita” l’università di Siena, era meglio se se la risparmiava: anche perché sull’orlo del fallimento, di università ve ne sono un’altra ventina e sarebbe utile capire cosa ne vuol fare il ministro. Inoltre “falliti” mi paiono piuttosto certi politicanti che dell’irrisione verso l’università hanno fatto un numero tra i più gettonati del loro repertorio.

  18. @ Stavrogin
    tutto il tuo intervento si riassume in una tua frase: “Sono nodi che vengono al pettine”.

    P.S. Non mi trovo in nessun buco perché alieno dal servilismo, dalla vanità e dalla concupiscenza.

  19. For Loré.

    Facebook mi ha censurato e così la trasmissione “Farenheit”, di area piddina. Stasera ho sentito “Ballarò” e mi son cascate le braccia a sentire Casini e il “comunista” Vendola dal forbito parlare. Si aggiungano altre mende della “nostra” marcia democrazia. Intanto un amministratore senese ex contadino del pd pieno di soldi manda in saldo i suoi colleghi… e non è il solo. Già, il mattone tira…
    bardus

  20. Il rettore bolognese sulla decisione di sostituire i ricercatori che si astengono dalla didattica con contrattisti:
    «Il danno provocato dal blocco totale delle lezioni [da parte dei ricercatori] sarebbe enorme non solo per l’immagine dell’università, ma anche per le famiglie e la collettività»

    Toh? Ma non erano solo personale di supporto alla didattica che teneva solamente “didattica integrativa”?

  21. Bisognerebbe che i ricercatori adesso si astenessero dal pubblicare coi Proff. che hanno disarmato la protesta…
    Ognuno per sé e Dio per tutti…

  22. Rana, vel Universitas?

    …dum vult validius
    inflare sese, rupto jacuit corpore.

  23. Diario di un (vecchio) neolaureato

    Mi sono laureato in giurisprudenza con lode nel luglio 1992. Mi sarebbe piaciuto dedicarmi alla ricerca e rimanere all’interno dell’Università. Sentivo però i miei colleghi di studio di qualche anno più anziani, instradati verso una carriera accademica, descrivere la loro condizione poco invidiabile di “portaborse” (ed i più “generosi” la borsa la portavano davvero) accettata in virtù di (vaghe) promesse per il futuro. E non ero (e non lo sarei tuttora) disposto ad accettare ciò, anche perché, con la docenza universitaria strutturata (di fatto anche se non di diritto) per livelli gerarchici, mi sarei condannato a quella che un tempo si definiva “fine pena mai” (o, in altre parole, ulcera cronica). E poi, per natura, sono portato a diffidare delle promesse fatte con il denaro altrui.
    Quindi, meglio un’altra via, certo meno prestigiosa, ma più adatta alla mia struttura di personalità un po’ “anarcoide”. Che poi, per chi sa quale misterioso arcano, sia finito, dopo due anni, a lavorare come tecnico amministrativo all’Università è altra storia …

    Non so se l’Università abbia perso un buon ricercatore (e non so se lo sarei mai diventato). Quello che mi interessa oggi è pubblicare il mio apprezzamento per il mezzo scelto dai ricercatori per l’attuazione dello “sciopero” di questi giorni. Cosa mi piace ? Che si sia messo in tutta evidenza che un ricercatore, anche di fronte ad una delibera del Consiglio di Facoltà, sia tenuto a svolgere lezioni solo con il proprio consenso (come da stretto diritto)…
    Se poi l’opzione da “collettiva” inizierà a divenire individuale, e l’obbiettivo muterà da rivendicazione di categoria ad affermazione di “potere” autonomo e responsabile in ordine alla propria crescita professionale, nel quadro delle “prestazioni” scientifiche e didattiche dovute al “datore di lavoro” Ateneo, probabilmente il cerchio inizierà a chiudersi (Gelmini permettendo)…

  24. …dice il Preside di Scienze di Siena, a proposito dell’astensione del 60% dei ricercatori:

    «siamo in forti difficoltà. Ho 39 insegnamenti che restano scoperti, alcuni dei quali fondamentali per i corsi di laurea.»

    Corriere Fiorentino 16 Settembre. “…qui niente modello Bologna”
    http://rassegnastampa.unipi.it/sup/index.php

    …e gli astensionisti sono solo il 60%! Ma non erano quelli dei ricercatori, corsi meramente “integrativi”? Mesi or sono ho scritto che eravamo in presenza di una forma di “negazionismo”. Adesso i nodi sono venuti al pettine.

  25. Mauro Manganelli è invitato a linkare il suo nome all’indirizzo di posta elettronica affinchè color che come il sottoscritto desiderano scrivergli lo possan fare. Grazie ed a prestissimo, Cosimo Loré

  26. … mi colpisce il fatto che quanto scrive Manganelli è da me reputato logico e direi matematico a fronte dei molti che opinano!

  27. http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/17/la-mafia-cruna-dellago-della-chiesa-in-sicilia/61593

    «Se l’è cercata!» è battuta di uso comune tra i motti popolari italici che ben esprime lo spirito verace degli abitanti d’uno stivale troppo abusato dai padroni di turno e da straniere invasioni per autentici convincimenti di autoctoni in realtà refrattari ai codici e alle carte costituzionali. D’altra parte chi ha sempre innalzato il vessillo e menato pubblico vanto di “farsi i fatti propri” difficilmente potrà non sostenere eroicamente ma neppure sbirciar benevolmente coloro che alla virtù sono dedicati e alla viltà alieni fanno quel che s’ha da fare senza calcoli né cautele. Consapevoli che al mondo non v’è giustizia pure senza avere letto l’ultimo scritto di Norberto Bobbio che a questa amara verità approda e oggi ancor più costretti a riconoscere che tutto ciò che viene costruito per render vane le azioni legali scatena il crimine e ingrassa l’omertà. Questo vale anche per le storie senesi scandite da voci ricorrenti sui vani sforzi dei rari e fieri che si oppongono non fintamente in politica ma fermamente in tribunale al malaffare locale, a cominciare dall’accademico nei suoi variegati traffici in cui sono marciti bilanci e concorsi.

  28. Concordo. La pulizia va fatta. Infatti, l’Uomo può modificare il territorio, ma la Natura quando si incazza mette tutto a posto in un secondo.

  29. Su richiesta del Prof. Loré, prego il curatore del blog di voler linkare la mia e mail:
    mauro.manganelli@alice.it
    Ringrazio

  30. Stavrogin, un blogger, qui sopra, ha ragione da vendere. Alla Facoltà di Lettere faceva carriera solo chi leccava il c… ai vari “intellettuali di sinistra”, di quelli cui la trasmissione “Fahreneit” Radio tre lecca il c… (Cacciari che fa cagare ecc.). In realtà erano fascisti nell’animo, disprezzavano gli studenti, io li ho visti sghignazzare e poi riprendere il bus per Pisa ecc. Occorreva gettarli dalla finestra, allora come ora. I concorsi truccati ci saranno sempre, vigente l’attuale regime. E non servirà il maquillage del buon segretario del pd, un partito pastrocchio fra ex gerarchi pci e boss dc. Io invece, nonostante lezioni all’università come molti, e dopo 10-15 anni di ricerca para-universitaria, debbo avere le pagelle da pezzi di merda dirigenti ignoranti e repellenti. Ma non finisce qui, perdio!
    Defenestrare la mota senese!
    Il Bardo

  31. For di metafora!

    Estro, brio, vivacità, in una sola parola “verve” è quel che tra frizzi, lazzi, guizzi e sberleffi dona Il Bardo al blog, secondo la tradizione tipicamente toscana irriverente nell’invettiva verso chiunque è incautamente protagonista sulla scena sociale, dove bandito e noioso sarà sempre ogni orpello come pure svillaneggiata la subdola viltà e la altera vanità. La violenza – a scanso d’equivoci – è solo verbale!

  32. La parola defenestrazione deriva certamente da fatto truculento (Barbicone a Siena, ecc.). Ma defenestrare qualcuno non sempre è cosa sanguinosa, giusto. La passione fa parte dell’animo umano: lo dice il grande Steinbech ne “La valle dell’Eden” Diversamente, dice lui, si è mostri. Le parole cangiano… Frocio, come epiteto è vietato dall’Ue. Ma esso deriva da “froge”,l’etimologia è questa (sacco di Roma del 1527).
    Consiglio anche il nicciano omo Foucault “Le parole e le cose”.
    Alla Casta senese dedicherei “Gli Anormali”, dello stesso Autore.
    Hallò Cosimo!
    Up Patriots to arms!
    BARDO

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