Ne “il Cittadino online” Giovanni Elia pubblica un articolo sull’Università di Siena intitolato, «Osservazioni senza veli: Unisi, un gigante annegato». In un passo dell’articolo si legge: «A due anni dall’esplosione del caso mediatico del “buco” (ma qualche volenteroso urlava nel deserto parecchio tempo prima, nell’indifferenza generale)…». Sarebbe interessante sapere da Elia chi è questa voce che urlava nel deserto.
Giovanni Elia. In uno dei molti splendidi racconti di James Ballard, uno tra i maggiori scrittori anglosassoni del secolo scorso, la vita di un tranquillo paese viene sconvolta dalla misteriosa apparizione del cadavere di un gigante sulla spiaggia dell’abitato. La prima reazione degli abitanti è di stupore, meraviglia e fascinazione, ma col passare del tempo il corpo viene prima derubricato a dato di fatto, poi ignorato ed infine – mentre le spoglie stanno per disfarsi – mutilato senza ritegno, fino a che sulla spiaggia non rimangono che poche enormi ossa. L’Università di Siena, all’inizio di questo 2011, è nella stessa situazione. A due anni dall’esplosione del caso mediatico del “buco” (ma qualche volenteroso urlava nel deserto parecchio tempo prima, nell’indifferenza generale) si deve purtroppo constatare che parecchi ancora non si rendono conto che quel gigante è tecnicamente già annegato – o meglio, è stato fatto annegare.
Il combinato disposto di crisi economica, difficoltà del Monte dei Paschi e voragine finanziaria dell’Università potrebbe mettere in ginocchio un territorio che fino a qualche tempo fa sembrava inaffondabile, e per evitare che un’istituzione quasi millenaria non si risollevi mai più da questo crimine è essenziale guardare ai dati di fatto con un occhio realistico – e impietoso, dato che i medici pietosi fanno le piaghe purulente.
Punto primo: qual è il core business dell’Università di Siena? Formazione e ricerca, viene da rispondere: l’ateneo si pone sul mercato della formazione superiore offrendo curricula e competenze pari o superiori agli altri per attirare studenti da tutta Italia, e così facendo si garantisce un buon afflusso di matricole. Se questo era vero negli anni belli deve esserlo doppiamente in tempi di crisi economica globale e di disoccupazione giovanile a livelli stellari; ed è bene ricordare che molti di questi giovani hanno un titolo universitario non spendibile sul mercato del lavoro, o per insufficiente preparazione o per mancanza di domanda per quelle figure professionali. Tutto questo implica che nei prossimi anni le matricole dell’Unisi verranno qui a cercare formazione, formazione ed ancora formazione, non certo concertini gratuiti e amenità del genere, con le quali si è forse cercato di tappare le falle di un sistema che già faceva acqua di suo. A cinque, dieci o trent’anni dalla laurea queste persone non si ricorderanno certo con affetto di come si andava bene su Facebook dal wifi d’ateneo: si ricorderanno invece, e bene, di come il loro corso universitario li ha saputi preparare (o meno) alla competizione nel mondo globalizzato.
Punto secondo: è sostenibile mantenere l’organico – a tutti i livelli, beninteso – ai livelli pre-crisi e pre-buco? Evidentemente, per un ateneo a cui attualmente non basta il Fondo di Finanziamento Ordinario per pagare le sole spese correnti, no. È noto che l’Unisi ha un rapporto assolutamente anomalo fra studenti e personale tecnico-amministrativo, del tutto fuori linea rispetto alla media nazionale e parecchio lontano dalle medie dei (pochi) atenei italiani che reggono il confronto con i loro pari esteri. Vista la situazione economica negarlo è inutile, ed in quest’ottica dispiace vedere come la vivacità senza precedenti della blogosfera senese si basi un po’ troppo sulla difesa “senza se e senza ma” dei diritti acquisiti. Si tratta della stessa logica, è bene ricordarlo, che a partire da trent’anni fa ha consentito a migliaia di persone di andare in pensione ad età assolutamente scandalose, e pazienza se questo ha voluto dire piazzare sul groppone dei giovani d’oggi – e sui loro figli – un debito pubblico che impedisce a questo paese ogni prospettiva strategica. Se è vero che il pesce puzza dalla testa, insomma, non è che il corpo profumi di salmastro: e pretendere che dopo anni di vacche grasse si possa rimettere l’Unisi in piedi senza intaccare i diritti di coloro che vivacchiano scaldando sedie – magari comodamente riparati dietro una tessera sindacale – è assolutamente irreale. Questo anche nell’interesse dei tanti che invece davvero si fanno un mazzo così per tirare la carretta e garantire che il sistema universitario senese funzioni, dato che a quel punto un po’ di meritocrazia garantirebbe a coloro mobilità verso l’alto, riconoscimenti e soddisfazioni personali e professionali. Se questo discorso vale per le torme di parenti e cubiste intruppate a Roma in Atac e Ama, in definitiva, com’è possibile pretendere che non debba valere anche per l’Università degli Studi di Siena?
Punto terzo: la politica, in queste settimane che precedono le elezioni amministrative, sembra aver deciso di rimandare le discussioni franche quanto scomode in tema di risanamento dell’ateneo, dopo mesi e mesi di benaltrismi prima e di dichiarazioni roboanti ma inconcludenti poi. A pensar male si potrebbe immaginare che i possibili corresponsabili del dissesto abbiano voluto far passare la piena per poi agire senza impedimenti a valle delle elezioni, e che gli altri non abbiano troppa voglia di irritare un bacino di voti che può sempre tornar comodo; è invece proprio ora che una robusta dose di coraggio sarebbe un toccasana per tutti, visto che mali estremi richiedono rimedi estremi e che l’attendismo è un lusso che l’istituzione non può più davvero permettersi. È necessaria insomma una visione impavida e di lungo periodo, ed in attesa che la magistratura faccia il suo dovere sarebbe cosa gradita vedere che anche il sistema immunitario e di autogoverno dell’Università è in grado di operare seriamente, ed al di là degli interessi quotidiani di bottega, per limitare un corporativismo che – a tutti i livelli – ha letteralmente fatto dell’Università di Siena carne di porco. Anzi, di gigante.
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Purtroppo, almeno finché il dissesto non decise di spuntare (hoplà!) sulla stampa locale, l’unica vox in questione fu sua, Professor Grasso. Sua e di coloro che allora come oggi possono, magari sotto pseudonimo, renderci partecipi di questioni importanti per il futuro dell’ateneo.
Non vorrei sembrare una voce fuori dal coro, ma neanche voglio che continui a passare una visione dei problemi (quelli elencati nel post) che mi pare parziale e per nulla concordante con i fatti e la storia che mi riguardano… e presumendo (qui forse posso sbagliare, ma mi sembrerebbe strano che così non fosse) di non essere un caso unico, all’interno di questo ateneo, lasciate che puntualizzi quanto segue:
Formazione: benissimo; c’è bisogno di formazione e di “formatori” (docenti)… ma siamo perfettamente sicuri che nell’assegnazione e/o distribuzione delle docenze si seguano criteri di merito e competenza? Personalmente ho carte in regola per insegnare oncologia, ematologia, farmacologia clinica, biologia molecolare, genetica, epidemiologia ed omeopatia (tutto documentato)… ma non insegno nulla di tutto ciò! Come mai? Non sarà che anche nell’insegnamento vigono i criteri tanto comunemente impiegati in questo Paese e tanto cari alle passate generazioni di baroni che hanno distrutto il nostro e tanti altri atenei? Come mai prima che prendesse il via il Master di Medicina Integrata, presso il nostro ateneo, sono stato contattato perché la mia preparazione in Medicina allopatica ed omeopatica era considerata un valore aggiunto per questo insegnamento e poi, invece, si è preferito assegnare ad altri docenti, esterni, l’insegnamento all’interno del master stesso? …evidentemente io conosco tutta la storia e so perfettamente come sono andate le cose ed è per questo che dico: attenzione! Anche nella docenza non è affatto tutto oro ciò che brilla e molte questioni andrebbero esaminate più a fondo e affrontate sempre nell’ottica del “risanamento”.
Sulla questione, poi, di mantenere l’organico pre-crisi o pre-buco, mi sono già espresso anche se altri lo hanno fatto in maniera più autorevole e argomentata di me. La mia opinione è che il “voto di scambio” sia piaga nazionale diffusa e incancrenita e che il problema principe della PA nazionale è proprio questo: incompetenti inseriti in posti di maggiore o minor responsabilità al solo scopo di mantenere clientele che assicurino consensi, voti o quant’altro. Se c’è gente messa a scaldar seggiole solo perché al momento giusto può portare voti al partito o al potente di turno, è non solo opportuno, ma necessario disfarsene se si vuole cambiare questo andazzo… magari senza generalizzare e valutando caso per caso perché spesso, a scaldar sedie vengono messi personaggi capci e competenti che però hanno il “brutto vizio” di dire “pane al pane…” e sono pertanto considerati “scomodi”.
Quanto al coraggio di cambiare, anche su questo argomento si sono abbondantemente espresse opinioni certo più autorevoli della mia e che in più circostanze hanno fatto rilevare l’assordante silenzio sotto il quale viene fatto passare lo scempio che da anni si consuma ai danni del nostro ateneo… si dice che il coraggio non sia l’assenza di paura, ma la capacità di affrontare la paura con la coscienza, la consapevolezza e la forza di chi sa di essere nel giusto! …senza approfondire eccessivamente l’analisi mi pare abbastanza facile affermare come di persone con simili doti, nel nostro ateneo, ce ne siano giusto quante se ne possono contare sulle dita di una sola mano!
… sulle dita di una sola mano!
… proprio qui sta l’insanabile contrasto tra quantità e qualità, tra democrazia e meritocrazia: i più se mediocri non si sottometteranno ai rari capaci né li eleggeranno per vedersi poi valutati con obiettività e severità!
… direbbe Archimede che 2+2=4!
Quanto ai fatti, che poi son quelli con cui si cambia la realtà e si migliora la qualità della vita e della accademia, tengo a precisare che Domenico Mastrangelo fa cosa buona e giusta a metter sulla pubblica piazza oltre che sul tavolo del Magistrato la vicenda che lo riguarda per ragioni non intese da chi è in malafede.
Se un uomo tace su reati di cui è vittima o è scemo o è spaventato al punto da subire in silenzio e in tale caso si candida ad altre e più pesanti sopraffazioni ed angherie.
Inoltre è di tutta evidenza che si possono fornire molti più elementi utili alla giustizia se si è parte in causa rispetto a fatti cui si ha in genere accesso per sentito dire.
Se un uomo poi non è all’altezza di far valere le proprie ragioni avendo subito un torto è segno che il suo valore è modesto e che è destinato a perdere la stima dei suoi simili.
Il non adire le vie legali e non informare la pubblica opinione è condotta che sottende una allarmante sfiducia se non un sospetto disprezzo per una comunità civile.
Ma il motivo più importante sta nel fatto che la vittima omertosa è di fatto collusa e complice dei propri aguzzini che potenziati potranno così aggredire altre vittime.
Lo studioso in questione ha pertanto agito come era suo diritto ma prima di tutto ha fatto ciò che è il dovere di ogni persona civile e animale sociale.
Che queste osservazioni (elementari) aiutino a comprendere a quali infimi livelli da troppo tempo sono scesi i rapporti tra le persone nell’ateneo e nella città di Siena.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/19/delinquenza-concorsuale-la-reazione-dei-candidati/87241/
Ma il problema -oltre alla qualità dell’uomo- si pone per Siena, di cui l’ateneo è parte integrante. Si tratta di una quaestio of democracy. Lasciamo i servi del Pd gracchiare. La qualità della vita, delle relazioni, al di là dei tronfi commenti e statistiche, quelle care al Mussari e ai servi che odio. Han fatto di Siena una prigione, dove un rettore universitario poco si cura della real vita dei dipendenti o dove un Joe Valachi qualsiasi può già volere per sé un assessorato, avendo strizzato l’occhio al sindaco in pectore, il siluratore di Piccini, Ceccuzzi.
«Basta un profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perché nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie
del mondo.»
(Ho Chi Minh, poesie dal carcere).
The bardo
Carne di porco
In merito all’articolo occorre dire che colpevoli morali-se non d’altro-dello sfacelo accademico son quei rivoluzionari professori divenuti reazionari, per dirla con Gramsci (giudizi sul giacobinismo francese). Andavano a divertirsi senza occuparsi del tasso di democrazia e di fondersi col popolo. Ideologicamente hanno ipostatizzato fenomeni ed epifenomeni morti, vedi ad es. la cricca di etno-antropolgia di Lettere. La cricca, allevata dall’emerito Cirese, è razzista verso il mondo agrario. E’ razzismo il non evidenziare in quel mondo morto (il contadiname gramsciano) l’uomo-lavoro che si adopera per la futuribilità del futuro e segnalare solo episodi destinati al museo della storia. Quindi la cricca incarcera addirittura l’Africa e il tribalismo in un antifuturo senza speranza. Lo stesso fa per il palio di Siena, visto dalla loro “multimedialità” in senso coreografico-folklorico. In ciò si distinguono Solinas, Clemente, Putti (ricercatore), Viti, ecc. E questi ex rivoluzionari sono colpevoli, anch’essi, dell’affondamento m o r a l e del Titanic. Al posto di piloti ci sono Omar Calabrese e c. E poi si piange sul blocco storico del Bunga Bunga!!!
The bardo
Delinquenza concorsuale: la reazione dei candidati
Negli ultimi mesi sono accadute molte cose, nell’ambito dei principali concorsi pubblici italiani.
Il concorso per notai è stato sospeso durante il suo stesso svolgimento, dopo le proteste dei candidati per le gravi irregolarità riscontrate, e dovrà essere svolto di nuovo.
Ben due concorsi per l’accesso al Consiglio di Stato, che è il massimo organo giurisdizionale che decide (paradossalmente!) sulla regolarità dei concorsi, sono stati dichiarati illegittimi dal Tar.
L’ultimo concorso per diventare giudice amministrativo (Tar), stando a quanto si dice nell’ambiente dei giudici amministrativi, sarebbe oggetto di una inchiesta penale, e, per questo, gli elaborati consegnati dai candidati pare non vengano corretti da mesi.
I ricorsi giudiziari contro i concorsi universitari si sono moltiplicati.
Che pensare di fronte a questo tsunami giudiziario che sta investendo i più prestigiosi concorsi pubblici nazionali? Personalmente credo sia un buon segno.
Significa che non c’è (o non c’è più) quella rassegnazione che, ad esempio, ha reso il sistema concorsuale universitario quello che ormai tutti riconoscono come un sistema baronale e nepotistico (quasi) irrecuperabile.
Significa che il sistema giudiziario è in grado di reagire, se del caso addirittura rispetto alle irregolarità che si verificano all’interno dei propri concorsi.
Significa che la reazione forte, decisa, netta dei candidati nei vari concorsi sta avendo quindi (e finalmente!) il sopravvento.
Il silenzio, invero, è sempre stato la vera forza dei concorsi irregolari (volutamente o no), alimentando un pericoloso meccanismo omertoso che li ha resi possibili, talvolta in cambio di promesse e aspettative, altre volte di fronte alla minaccia (reale) di preclusioni di carriera.
Superata la paura di ritorsioni, l’ultima generazione di concorsisti comincia evidentemente a dare nuova speranza agli esami pubblici italiani e va contro l’atteggiamento silente che ha caratterizzato le precedenti generazioni di candidati (gli scandali non sono mai mancati… si pensi ai concorsi notarili ed universitari, per esempio).
Non ci si vende più in cambio di promesse, ma si rivendicano a gran voce i propri diritti.
Di fatto sembra stia venendo meno il presupposto stesso di quel meccanismo (che ha castrato le aspirazioni dei migliori, molti dei quali “fuggiti” all’estero), che ha contribuito a creare una classe dirigente fatta di figli di papà e di individui che spesso vantano appartenenze di ogni tipo (frammassoni, Opus dei, politica), essendo scesi a compromessi pur di raggiungere miseri vantaggi di carriera.
Personalmente spero che quello che si è avviato sia un processo ormai inarrestabile e che abbia la forza di porre definitivamente fine al cancro della delinquenza concorsuale. Ora, però, manca l’ultimo passo: la sanzione nei confronti di chi, per anni, ha gestito il sistema dei concorsi pubblici come fossero una res propria, come dimostrano, ad esempio, le numerose inchieste (e gli arresti) relativi al mondo accademico .
Staremo a vedere cosa farà la magistratura, ma, intanto, non lasciamo sola questa generazione coraggiosa.
Il pezzo precedente è del presidente dell’Associazione Magistrati Italiani, Alessio Liberati, che definisce “delinquenza” il fenomeno dei concorsi truccati, dei commissari impuniti e della gestione allegra, causa di un generale degrado della docenza e della ricerca italiane e a Siena di un immane disastro.
“Ora, però, manca l’ultimo passo: la sanzione nei confronti di chi, per anni, ha gestito il sistema dei concorsi pubblici come fossero una res propria, come dimostrano, ad esempio, le numerose inchieste (e gli arresti) relativi al mondo accademico. Staremo a vedere cosa farà la magistratura, ma, intanto, non lasciamo sola questa generazione coraggiosa.”
A Siena siamo in ansiosa attesa dei passi ulteriori che compirà una magistratura finora lasciata sola. Il protratto silenzio omertoso dei vertici istituzionali della città e della università è stato interrotto da saltuarie indecenti dichiarazioni tendenti a minimizzare e tranquillizzare. La realtà senese non si spiega solo con le molteplici collusioni e complicità ma anche con la natura pavida e l’indole ignava di molti pronti a prostituirsi anche senza un diretto vantaggio. Agratis, per vocazione …
Bravo, Cosimo! C’è responsabilità per omissione… ma ricordatevi è la stessa che scatta se ora la città (c.d. società civile) non prende in mano in qualche modo il problema elettorale.
Troppo importante, anche per la Vostra Università, per lasciarlo nelle mani dei politici di professione. No?
Qualcuno ha ricordato Archimede. Si è trasferito ad altra Università da quest’anno accademico e non vuole più aver rapporti con Siena, per ora almeno.
Addendum, scusate! Gli eventi precipitano… come di nuovo la neve.
La responsabilità di cui parlavo è non solo storica e morale. Il problema elettorale è divenuto pressante.
Tempo fa, mi sembra su questo blog, si diceva che il Vostro compito è a-politico, tutto universitario.
Ahimè, è un’illusione come gli eventi hanno dimostrato, per cui datevi da fare. Io sto organizzando un Incontro pubblico il 29 mattina p.v. dalle 10 nella sala delle lupe a Palazzo come consigliere uscente di Libera Siena per tentare di levare dalle secche per quanto possibile la situazione (e poi lasciare subito la mano ai giovani!).
Altri hanno già gettato la spugna. Facciamolo lasciando le cose un po’ meglio di come le abbiamo trovate. Banale, ma opportuno e doveroso, no?
…sacrosanto!
…magari lasciamo qualcosa anche per le gioventù “bruciate” da quei banditi, malviventi, malfattori che hanno rubato e depredato a proprio piacere portando Paese e Istituzioni sull’orlo del collasso.
Personalmente, a 56 anni mi ritrovo privato, proprio da questa feccia, di quella parte di me che avrebbe potuto dare un contributo più costruttivo ed importante ad un cambiamento in meglio e mi piacerebbe, se le cose veramente cambiassero, poter contribuire, con le energie di cui ancora dispongo, senza dover di necessità essere considerato un “vecchio” che deve fare largo ai giovani… se non altro come riconoscimento del coraggio morale per aver sostenuto battaglie, purtroppo spesso perse, contro un sistema che sarà ben difficile cambiare se non ci impegnamo tutti in prima persona, indipendentemente dall’età!
… anche l’età è fattore opinabile e relativo e se si guarda alla ricercatrice Montalcini si direbbe che sei solo nel mezzo del cammin…
L’età… ormai ci han rovinato, e continuano a infierire, promuovendo i loro lacché e silurando chi merita e vuol lavorare. La banda ha cercato anche di buttarmi in galera per le mie idee! Ma naturalmente i lor maggiori vanno a incensare Berlinguer e Dubcek. Già, proprio Dubcek che lasciò la gente a lottare a mani nude contro gli invasori sovietici: che eroe! E, naturalmente, le ideologie son finite… Il secolo breve, direbbe Hobsbawn…
bardo
Prof. Ascheri,
sarebbe una novità interessante e positiva se il candidato a sindaco presentasse anche la squadra degli assessori che intende comporre. Utopie!
In quanto a lei, penso che come assessore alla cultura potrebbe essere valido in qualsiasi schieramento; la cultura è, dovrebbe essere, super partes.
Inoltre, se quanto dicono dei genovesi è vero, lei dovrebbe essere anche parsimonioso, qualità quanto mai opportuna in questi tempi.
Dr. Mastrangelo,
Le riporto, in sintesi, un brano di un articoletto di Montanelli:
«…prendo come personaggio di riferimento un certo Guglielmo d’Orange, passato alla storia come “il Taciturno”, perché parole in vita sua ne pronunciò pochissime, anzi, dicono, soltanto quelle scandite nel colmo di una battaglia che per lui sembrava volgere alla disfatta: Non è necessario sperare nella vittoria per combattere con onore, quando la Causa per cui si combatte è quella giusta. Eppoi finì per vincere.
Certo bisogna essere sicuri che la causa sia quella giusta, rinunciando agli autoinganni.»
Di certo credo, seguendo questo blog, che difficilmente lei sarà definito “Il taciturno”; per il resto, non si arrenda.
(Mi scuso!)
Cara Gianna,
Cosimo, che conosce entrambi e che in più circostanze ho sentito esprimere parole di grande stima nei suoi confronti, sa bene che io (come lui, direi) non sono tra quelli che si arrendono tanto facilmente.
Ancora oggi, in questi giorni, in queste ore, sto combattendo la battaglia per i miei diritti violati da sedicenti amministratori di sedicenti aziende ospedaliere…argomento solo sfiorato, in questo blog, ma che meriterebbe un serio approfondimento perchè in gioco, in questo caso, non ci sono solo denari (e quanti!) buttati al vento, ma la salute della povera gente.
Credo che dedicherò gli anni della pensione a cause e processi…sembra proprio che questo sia il mio Karma e ormai me ne sono fatto una ragione,
Grazie comunque del pensiero!
Guglielmo d’Orange non era soprannominato “il taciturno” per il fatto che fosse poco loquace ma per la sua capacità di mantenere i segreti.
Aggiungo che era figlio di Guglielmo il ricco che in realtà non era affatto così benestante a conferma dell’attenzione che esigono i soprannomi.
Preciso questo perchè – come ho più volte spiegato – il senso della misura è cronaca quotidiana ma anche banca e fonte di dati affidabili.
Segnalo che in battaglia all’epoca si usavano le spade e solo un pazzo si sarebbe messo a parlare, mentre oggi l’unica arma è proprio la parola.
…ma, come diceva la mi’ nonna (e non perdeva occasione per ricordarlo a noi nipoti dalla lingua troppo “sciolta”)… “ferisce più la lingua che la spada!”…
Loré, il brano citato è stato tratto da un articolo di Montanelli; può darsi però che si sia sbagliato anche lui. A me interessava di più citare la frase, abbastanza banale, per la verità, per il dr. Mastrangelo e per altri che si trovano come lui in situazioni complicate.
La mia nonna, saggia contadina che per forza di cose era anche filosofa avendo avuto sedici figli, diceva anche che a volte si ottiene di più con una goccia di miele che con un barile di aceto.
In chiusura, riporto altro brano di Carlo Levi, personaggio più vicino a noi: “le parole sono pietre..”.
Non sempre, secondo me, ma tutto fa.
Chiudo, invitando i gestori del blog, che ha altri temi e finalità, a cancellare tutto.
Buona domenica.
Cara Gianna, tra le nevi del Lazio un grazie per avermi pensato come assessore, risparmioso per di più. Su questo non avrei dubbi, sull’assessore tanti! Quello alla cultura dovrebbe occuparsi non tanto di spettacoli o presentazioni di libri a Siena, ma della città Unesco, dei suoi tesori dall’Università alle mura, ai bottini, all’equilibio paesaggistico già ora fortemente turbato. Allora sì che si potrebbe aspirare prima o poi ad essere capitale della cultura: con l’Università in queste condizioni come ci si presenta al mondo? E, ad es., senza Fondazione MPS, come faranno a sopravvivere Siena Jazz e Chigiana? Già ora l’Università risente fortissimamente della crisi MPS, tra breve ne risentiranno tutti a partire dal Comune.
A proposito, confermo: sabato 29 dalle ore 10, introduco nella sala delle lupe di Palazzo Pubblico, un pubblico dibattito sulla Crisi della Città e ruolo della società civile – che mi sembra latitare, come del resto i docenti all’Università. E, s’è detto tante volte, è un po’ lo stesso problema… Vediamoci! Grazie, ma ora buona domenica.
Morti viventi
Si discute se l’università a Siena sia ancora in vita dopo il pazzesco saccheggio delle ultime amministrazioni che hanno reso l’ateneo l’unico in Italia dove non si può più arruolare né promuovere nessuno.
Taluno d’animo troppo nobile propone tecniche “dolci” d’approccio a chi ha calpestato codice penale e umano rispetto, mentre altri più consapevoli incitano a prendere a calci i demolitori dell’ateneo.
Se ci fosse un brandello di decoro la rivolta sarebbe stata incontenibile e invece i sopravvissuti strisciano silenziosi svolgendo dubbie attività di formazione di futuri medici, legali, letterati, biologi.
Da quando l’università è finita in mano ad irresponsabili girano questionari anonimi con capovolgimento dei ruoli e gli studenti tengono sotto scacco i professori condizionandone anche le retribuzioni.
E nella facoltà medica, dove sono in gioco la salute e la vita, la serietà è vanificata dall’esigenza di raccogliere le simpatie degli studenti e non di valutare idoneità e capacità degli aspiranti dottori.
Così la didattica si è ridotta a un guazzabuglio insensato d’una miriade di crediti affidati a folle di docenti a vario titolo inquadrati dagli esiti non comparabili con i corsi magistrali di pochi grandi maestri.
Lo sfascio imporrebbe di recuperare i soldi ma anche i posti sottratti ai meritevoli e di rimuovere i falsi docenti nati da prove truccate e da truffe provate il cui servizio non è di certo da alta scuola.
Mediocri e meschini sono sempre pronti a sottomettersi e proprio nell’antico splendido ateneo senese oggi sembra di incontrare morti viventi che si aggirano come se non fosse successo niente!!!
E come se i responsabili del disastro fossero identificabili solo con i processi penali…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/22/lezione-di-civilta-dai-tunisini/87794/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/22/cuffaro-cassazione-conferma-condanna-a-sette-anni/87802/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/06/28/cuffaro-il-processo-e-quelle-telefonate-con-berlusconi/32829/
Ferisce più la penna del cannone, scriveva Hugo, e sarebbe utile vedere tutte le porcate anche in enti extrauniversitari, dalle Scotte al comune passando per la Provincia… Certo, c’è poco da essere ottimisti, in un Paese attratto solo dal Bunga-Bunga. E dove certi ciellini come Lupi si arrampicano sui vetri pur di inficiare le prove registrate dai magistrati. Ma fortuna c’è quel coglione del capo Pd che dice stavolta stravinciamo noi… e se s-governano come a Siena… Va a finire come a Tirana e Tunisi…
Nam mioho renge kio
bardo dal karma olimpico
P.S. Ne “Le parole sono pietre” un sindacalista rosso viene fatto fuori dalla mafia…ma le sue parole perdurano. A volte, dice Levi, le parole sono pietre. Ormai però son macigni!