Crisi dell’università di Siena: responsabilità, questione etica, costituzione di parte civile

Si riportano alcuni brani (quelli funzionali al dibattito in corso) di un interessante documento sulla crisi dell’Università di Siena redatto dal circolo “Città domani-Sinistra per Siena”, rimandando per gli approfondimenti alla lettura della versione completa.

Circolo Città domani-Sinistra per Siena. (…) L’unico modo per uscire dalla crisi economica e sociale che sta attraversando il mondo occidentale è quello di investire nel sapere: il progresso e l’innovazione tecnologica che sono i frutti dell’investimento in conoscenza rappresentano il fattore di crescita in grado di assicurare la competitività dell’Italia nel mercato globale.

La crisi dell’ateneo senese. All’interno del desolante quadro italiano, il nostro ateneo sta attraversando una peculiare situazione di difficoltà: una crisi strutturale e drammatica che rischia di compromettere in modo permanente non solo l’immagine ma anche il funzionamento del nostro ateneo che è stato e deve continuare ad essere un elemento fondamentale della vita culturale e sociale della nostra comunità. Il futuro della città è strettamente legato al futuro dell’università, il cui ridimensionamento porterebbe con se l’impoverimento dell’intero territorio senese compromettendone le sue capacità di crescita e sviluppo.

Difendere l’autonomia. L’autonomia e l’autogoverno dell’Università lungi dall’essere espressione del potere corporativo del mondo accademico sono la necessaria garanzia perché possa adempiere pienamente al suo compito istituzionale e sono poste, come, per altri versi, l’autonomia della magistratura, nell’interesse della società nel suo complesso e sono parte integrante del suo essere pubblica. Solo una comunità accademica libera da condizionamenti del potere economico e politico è in grado di svolgere compiutamente la sua funzione formativa e di ricerca e di essere volano di crescita culturale, sociale ed economica del territorio.

La crisi finanziaria. La crisi finanziaria del nostro ateneo non è il risultato di malversazioni, corruzione o spese folli di chissà chi, quanto di scelte gestionali errate che hanno determinato un persistente deficit nei conti annuali della Università rese più gravi dalle sempre più ridotte risorse che provengono dal governo centrale. La crisi è strutturale; ciò che preoccupa non è tanto il forte indebitamento, quanto lo sbilancio milionario a due cifre fra entrate ed uscite d’esercizio. Per questo non può essere risolta solo con le misure di alienazione di parte del patrimonio immobile dell’università ma occorre al contrario determinare un riequilibrio permanente fra i costi e i ricavi. (…)

La causa della crisi. La causa della crisi è stata la forte lievitazione delle spese dell’ateneo a fronte di entrate addirittura in riduzione. La lievitazione delle spese si deve in parte ad una politica immobiliare eccessivamente espansiva ma principalmente alla lievitazione delle spese del personale, docente e non docente. Ovviamente tutto ciò è stato pesantemente aggravato dalla politica di continua e miope riduzione del finanziamento della scuola e dell’università da parte dell’attuale governo.

Il meccanismo della crisi. Il meccanismo che ha condotto alla crisi è stato tuttavia una serie incredibile di gravissimi errori contabili che hanno portato alla redazione di bilanci economici dell’Ateneo che non rappresentavano la reale situazione finanziaria in cui l’Università di Siena si trovava ad operare. È oramai notoria non solo la “dimenticanza” del pagamento dei contributi all’INPDAP, ma, quel che è peggio, la non evidenziazione in bilancio della posizione debitoria che emergeva nei confronti dell’ente previdenziale.  La ponderatezza delle decisioni economiche delle famiglie così delle altre istituzioni, ivi compresa l’Università, dipendono in modo cruciale dalle informazioni di cui dispongono coloro che sono chiamati a scegliere. Non vi è alcun dubbio, oramai, che negli ultimi anni la comunità universitaria ha preso le proprie decisioni in un regime nel quale le informazioni che gli venivano presentate erano incomplete, distorte ed errate. Decisioni di assunzione o stabilizzazione di personale che possono essere ritenute corrette, almeno in termini di compatibilità economica, se il bilancio è in pareggio, appaiono decisamente destabilizzanti se il bilancio è in grave deficit.

Le responsabilità dirette. Le responsabilità principali sono quindi da ascrivere alla struttura amministrava e contabile dell’ateneo che ha rappresentato in termini non veritieri la situazione economica  non permettendo che il processo decisionale avvenisse in modo corretto e razionale. Se si tratti di errore per incompetenza, negligenza o dolo sarà la magistratura, si spera, ad accertarlo. Così come la magistratura dovrà accertare se la presentazione di un bilancio non veritiero sia stata suggerita o imposta dagli organi del governo politico dell’ateneo: in questo caso sarebbero loro i principali responsabili della crisi.

Le corresponsabilità. In parte corresponsabili della crisi sono tutti i membri della comunità universitaria che non hanno esercitato il dovuto controllo (con le maggiori responsabilità da ascriversi, ovviamente, ai vertice politici dell’ateneo e a tutti coloro che lo hanno direttamente o indirettamente gestito, sindacati compresi) che hanno a vario titolo tratto vantaggio dall’espansione del personale sia docente che non docente. Al di là delle gravi carenze informative nelle quali la stragrande maggioranza di essi si sono trovati a decidere era, ed è, evidente che facendo un confronto con gli altri atenei italiani il rapporto fra personale (docente e, principalmente, non docente) e studenti iscritti nella situazione senese era fuori da ogni logica di buona amministrazione. L’ateneo di Siena è quello con il più alto numero di personale tecnico amministrativo in rapporto agli studenti iscritti rispetto a tutte le università degli studi italiane. C’è un dipendente tecnico-amministrativo ogni 13 studenti a Siena contro una media nazionale di 30 (34 a Firenze e 37 a Pisa). E dati analoghi valgono per il personale docente.

Parte civile. Per questo appare assolutamente necessario che, quando sia proceduralmente possibile, l’Università in tutte le sue componenti si costituisca parte civile nel procedimento penale che speriamo si celebri al più presto contro coloro che hanno raggirato centinaia di lavoratori e l’intera società civile senese producendo, per errore o per dolo, una contabilità non veritiera e contro coloro che ne fossero stati gli eventuali ispiratori.

L’ateneo senese: un animale ferito. L’ateneo di Siena è un animale ferito, indebolito, come i suoi simili del resto d’Italia, da una politica scellerata del governo nazionale, ma duramente colpito dagli errori e dai comportamenti delle persone che dovevano lealmente gestirlo. Anche per questo è diventato facile preda di tanti avvoltoi che hanno iniziato a volteggiargli sopra. In prima fila c’è ovviamente il governo nazionale che non aspetta altro che normalizzare l’università in genere, ma principalmente quegli atenei che nel passato si sono maggiormente distinti nell’esercizio del pensiero critico e libero che tanto spaventa i potenti, e piegarla agli interessi politici e a quelli dei grandi potentati economici. Subito dopo vi è l’establishment politico locale che da tempo mal digerisce l’autonomia dell’Università rispetto alla partitocrazia e il cui sogno sarebbe quello di riuscire ad influenzare la vita universitaria così come fa nel campo della sanità, del Monte  o delle società miste di gestione delle public utilities. Ma anche parte della società senese ha spesso vissuto con sospetto e quasi come un corpo estraneo la sua università, non comprendendo a sufficienza come la presenza di tanti studenti fuori sede e di tanti docenti che provenivano da altre università e da altre regioni (quando non dall’estero) costituisse un elemento di straordinario arricchimento della sua comunità che tante, troppe volte corre il rischio di richiudersi colpevolmente in se stessa e nella rimirazione onanistica della sua pur straordinaria storia.

Università e questione etica. La crisi del nostro ateneo dimostra, ancora una volta, come la questione etica debba essere posta al centro del dibattito politico. Come si è detto da più parti, la questione etica non significa semplicemente non rubare. E nel caso del nostro ateneo la crisi finanziaria non è dovuta a ruberie e malversazioni, almeno per quanto è dato sapere al momento. Etica pubblica significa anche gestire la cosa pubblica con la stessa oculatezza e la stessa avvedutezza con cui ciascuno di noi gestirebbe i conti della propria famiglia o della propria impresa. Significa anche restituire cittadinanza all’interno della amministrazione pubblica (e anche all’interno della sinistra) alla parola efficienza. Senza aumentare l’efficienza di tutti i servizi pubblici, ivi compresa l’università, non riusciremo a difendere le conquiste in termini di welfare che i nostri predecessori hanno ottenuto per noi. Appare indiscutibile che al di là delle responsabilità penali ed amministrative che dovranno essere accertate in tempi rapidi dalla magistratura, l’intera comunità universitaria (rettore, docenti, non docenti e loro sindacati) non abbia gestito l’ateneo con la stessa oculatezza con cui avrebbe gestito  i propri affari familiari. E questo è eticamente deplorevole nonché politicamente e socialmente ingiusto visto come la maggior parte del carico fiscale con cui l’inefficienza alla fine si paga grava perlopiù su altri lavoratori.

Uscire dalla crisi. (…) Tocca allora alla comunità universitaria e alla comunità locale e regionale assumersi l’onere delle scelte coraggiose e dolorose che permetteranno il salvataggio e il rilancio dell’ateneo senese. La comunità senese deve essere consapevole della centralità della sua Università nel suo progetto di città futura. L’ateneo senese è ricco di competenze e volontà, sia a livello di personale docente che amministrativo, e deve e può trovare dentro di sé la coesione, la fantasia, il coraggio di intraprendere la strada giusta per tornare ad essere uno dei più importanti atenei del nostro Paese.

2 Risposte

  1. Analisi lucidissima e pienamente condivisibile.

  2. Responsabilità, questione etica non riguardano certo solo unisi, ma tutto il sistema. Il problema vero è l’omertà dietro la quale si nascondono i tanti favoriti dai vertici, gli inciuci finanziari perché in questo si è trasformata l’università italiana. Chi osa opporsi è fatto “fuori” accademicamente e psicologicamente e umanamente. Attenzione al cambio al vertice della CRUI, prossimo. Non ci si faccia illusioni….

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