Nelle condizioni in cui si trova l’università di Siena è meglio gongolarsi con i dati del Censis opportunamente addomesticati

Rabbi Jaqov Jizchaq. Vorrei chiedere ai sindacati, ai politici, ai manager universitari (non si dice così adesso?), ai “giornalisti” catafottuti a insegnare qualche cosa senza aver affrontato alcuna valutazione, ai tessitori del Groviglio Miracoloso, dopo che si sono satollati con i dati del Censis e hanno sciacquato i cabasisi con quelli del Sole 24 ore, se sanno cos’è l’Anvur, cos’è il Vqr, che vuol dire “impact factor”, “peer review” e quant’altro: tutti strumenti di tortura coi quali vengono oggigiorno stritolati quei giovani (in senso italico, in un paese dove le vite accademiche paiono avere durate bibliche) che si occupano veramente di “scienza”. Vorrei dunque domandare ai cantori dell’Armonia Prestabilita se hanno una vaghissima idea di quali siano gli standard di rigore richiesti per stare dentro al “gotha” della ricerca internazionale o anche degli standard professionali e il grandissimo mazzo, individuale e collettivo, creativo e organizzativo, che tocca farsi per ottenere questo scopo. Se possano concepire un’orchestra sinfonica, senza che il pensiero corra agli eserciti di Federico il Grande, se ritengono cioè di poter sopravvivere in un mondo globalizzato dove la ricerca promana da grandi istituti di livello internazionale, senza organizzazione, massa critica, teorizzando la frammentazione particolaristica e la tutela del proprio “particulare” a discapito del tutto. Il problema su cui volevo attrarre l’attenzione del gentile pubblico del blog è dunque il deteriorarsi delle condizioni stesse della ricerca.

Prendiamo la cosa da quest’angolatura: a breve partiranno i concorsi per le idoneità di associati e ordinari (i ricercatori non esistono più). Qui a Siena cambierà poco, e temo che con lo spread e l’Europa sull’orlo dell’implosione, c’è poco da sperare in risorse che cadano come manna dal cielo. Si dice publish or perish, in inglese. Qui però c’è la variante molto originale che comunque vada, “perish”, anche se “publish” a iosa, ahimè: uno si piglia l’idoneità, dopo di che, può farne un buon uso come carta igienica, visto che c’è poca trippa per gatti, e quel che è peggio, v’è più ragione per credere che la trippa residua sia per i soliti gatti (quelli del giro precedente, il rumore delle cui mandibole ancora turba le nostre notti) e altrove, non essendo cambiato molto del tradizionale sistema feudale, è assai improbabile che si accattino un “forestiero” senza adeguate entrature. Dunque, per molti si tratterà di partecipare con spirito decoubertiano subendo l’ennesima presa per il didietro e non potranno non chiedersi: cui prodest? Ciò nonostante, voglio sperare che per il sottobosco della clientela, delle “famiglie”, dei posti alle concubine e ai figlioli degli amici, ai pluripoltronati della partitocrazia, vi sia con questo nuovo corso nazionale un po’ meno spazio. E nonostante l’inerzia del sistema, mi spingo a prevedere che ve ne sarà sempre di meno: agli atenei che non si adeguano, infatti, resterà solo la magra consolazione di gongolarsi con i dati del Censis opportunamente addomesticati e interpretati dagli esegeti del Groviglio a uso dei babbei che gli danno il voto.

Non so se si capisce, messa in questi termini, l’insistenza di alcune Cassandre (fra le quali il sottoscritto) sul dramma, che pare serenamente ignorato dal dibattito pubblico, costituito dalla polverizzazione di gruppi di ricerca, dei corsi di laurea, dei dottorati, delle specializzazioni ridotte a masse informi, dello stillicidio di chiusure e soppressioni perpetrato in modo talvolta incosciente e del tutto indipendente da considerazioni di valore, sia per la tragica fatalità delle uscite di ruolo senza ricambio, sia per incapacità di fronteggiare il narcisismo e la mancanza di contatto con la realtà di personaggi che rifiutano di far fronte comune, come università statali, o addirittura segmenti della medesima università, contro le avversità di un destino oltraggioso, sia per l’efficientismo solo apparente di una burocrazia cieca, distante dalle esigenze ineludibili della scienza e della cultura.
Qualcuno in questo forum cercò di aizzare una rissa fra capponi di Renzo: i ricercatori stabilizzati contro i non stabilizzati, forse nel vano tentativo di depistare e distogliere l’attenzione dal vero problema, che qui almeno non è certo quello! Molte discipline non esattamente inutilissime, molti corsi sono stati soppressi o marginalizzati, o non hanno alcuna prospettiva di durata e di sviluppo, “pace” ogni considerazione circa la loro importanza e il valore individuale di chi ci stava dentro.

Bisognerebbe dirlo chiaramente e agire efficacemente: il giornalista germanico forse non sospetta nemmeno che quello che a casa sua il Land – erogatore degli stipendi agli universitari – è capace di fare, ossia programmare le università, chiudere un corso di laurea e concentrare i docenti in un’altra sede del medesimo territorio, se necessario, qui non pare nemmeno proponibile, benché io non veda altra soluzione all’attuale stillicidio, per tutte quelle discipline che hanno il destino segnato (e non voglio neanche più domandarmi se è giusto o no che a Siena tutto ciò che puzza di “scienza pura” sia oramai considerato superfluo mentre trionfano le cazzate). Mi permetto di segnalare che tra l’altro, stiamo parlando delle vite di diverse persone (un numero destinato a crescere, vista oltretutto la poca probabilità di sopravvivenza di certi corsi di laurea così come sono stati recentemente rimaneggiati) delle quali nessuno mai si è peritato di verificare se lavorano, non lavorano, cosa fanno, cosa non fanno: anche se questo è un costo umano reputato accettabile, da certi dispotici e algidi Gauleiter nostrani, procedere così, oltre che un danno, è semplicemente un controsenso.

Una Risposta

  1. Un po’ lunghetto, ma assai veritiero. Purtroppo.

    Mettici anche che entro il 2016-2017 andranno finalmente fuori ruolo un bel numero di ordinari associati e ricercatori e l’Accademia finalmente sarà sul punto di smaltire la sbornia pletorica derivante dalla 382/80 e dalle successive ope legis e sanatorie varie… Si parla di qualcosa come il 30-35% di tutto il personale docente e ricercatore nelle varie italiche Facoltà.

    Voglio essere anche io lunghetto.

    È evidente che una schifezza di legge simile (240 Gelmini) non potrà che avere una lunga e dolorosa coda giudiziaria amministrativa con sommo gaudio dei giudici Tar e Consiglio di Stato (che conteranno sempre di più) e dei vari pochi avvocati amministrativisti di grido (sempre loro) che diventeranno billionari.

    Gli ingenui aspiranti al Magico Cerchio Ristretto, secondo me perderanno cinque-sei anni in aspettative varie per concorsi ed idoneità varie.

    Alla fine, si tornerà alla situazione ante 382/80, maledicendo chi la ha introdotta (ed io so bene che mente ne è stata l’artefice), con una sorta di “libera docenza” vecchio stile e chiamate temporanee stile americano. Fino ad esaurimento definitivo della massa dei Capodogli… dopo il 2020 circa.

    Vengo da una vacanza a NY e nel Connecticut ed ho visitato Yale New Haven che è semplicemente stupefacente nella sua imponenza culturale e semplicità di funzionamento: ebbene noi stiamo retrocendo a livelli quasi nigeriani e gli USA mettono ben 17 Atenei nei primi 20 del ranking mondiale (lo dice la Cina). La New York University ha aperto recentemente tre nuove universitarie sedi extra USA: Dubai, Abu dhabi, Shangai. Tutte chiamate e finanziate da fuori. Noi che facciamo??

    Posso solo dire una cosa: con pochissime eccezioni, facciamo solo ridere!! Con la massa di nepoti e di incapaci che sforniamo, dei privilegiati incompetenti che foraggiamo (per fare cosa??), rischiamo tra breve di non avere una vera classe dirigente e di doverla importare dai Balcani.

    Non parliamo poi dei bilanci degli Atenei e sulla “pazienza” fin qui avuta dai giudici, PM, Corte dei Conti e politici vari: non approfondisco per carità di Patria.

    Non parliamo poi dei Magnifici Rettori che – seppur fuori ruolo da un bel pezzo – si autoperpetuano anacronisticamente come in un vecchio film in bianco e nero ampiamente rivisto.

    Continuiamo così con le “mediane” bibliometriche a prenderci in giro. Il tempo passa ed il livello cala paurosamente, perché gli altri crescono.

    È facile e giusto essere Cassandra, caro Professor Grasso, ma temo assai inutile perché nessuno ti vuole sentire, ci vuole sentire, su questo tema.

    Franco Russo

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