In fondo è tutta colpa del bajon
Bruno Valentini. La sentenza emessa dal Tribunale di Siena conferma quanto abbiamo già sostenuto e cioè che il necessario risanamento finanziario non può sostanziarsi in tagli lineari e quindi alla cieca, che colpiscono pesantemente la categoria dei tecnici amministrativi. Questo non è un modo né corretto e né efficace di amministrare un deficit così grande. Il salario accessorio è una voce importante e fondamentale della retribuzione ed è stata una decisione sbagliata la sospensione del pagamento. Chi ha deciso così ha commesso un errore, forzando la normativa e violando un diritti garantito dal Contratto Nazionale di Lavoro. L’Università è un’istituzione autonoma e vediamo troppi tentativi di ingerenza esterna, spesso solo per mera speculazione elettorale, ma non possiamo esimerci da domandarci chi e con quale competenza ha indirizzato il Rettore verso questa scelta, che ha innestato un’ulteriore conflittualità interna alla comunità universitaria, seminando zizzania in un comparto fondamentali per il buon funzionamento dell’Ateneo e dei servizi che eroga agli studenti. La città si attende quindi chiarezza su perché e chi ha la responsabilità di questo comportamento, sanzionato dalla magistratura.
Per Siena è fondamentale che l’Università funzioni bene, nella massima sintonia fra componenti interne, recuperando l’armonia necessaria per realizzare la dura ma necessaria ristrutturazione che allinei i conti economici con i finanziamenti ministeriali, a cui andrà aggiunta una forte azione di rilancio della ricerca e di internazionalizzazione per garantire una ancora maggiore competitività del sistema universitario senese. A nessuno, però, è consentito minare sistematicamente la credibilità dell’Università di Siena, che ha un ruolo irrinunciabile per lo sviluppo del nostro territorio e che tutti dobbiamo aiutare a mantenere un eccellente standard della didattica, in modo da attrarre molti studenti, che è una condizione indispensabile per avere il sostegno adeguato da parte dello Stato, che nonostante l’enorme Debito Pubblico deve continuare ad investire nell’Università per contrastare il declino.
La colpa non è mia è colpa del bajon
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«Chi ha deciso così ha commesso un errore, forzando la normativa e violando un diritti garantito dal Contratto Nazionale di Lavoro. L’Università è un’istituzione autonoma e vediamo troppi tentativi di ingerenza esterna, spesso solo per mera speculazione elettorale, ma non possiamo esimerci da domandarci chi e con quale competenza ha indirizzato il Rettore verso questa scelta, che ha innestato un’ulteriore conflittualità interna alla comunità universitaria, seminando zizzania in un comparto fondamentali per il buon funzionamento dell’Ateneo e dei servizi che eroga agli studenti.» Valentini
Chi e con quali competenze ha deciso di…???
Chiedo scusa: chiunque e con quali competenze l’abbia consigliato, è una decisione sua!!! E ne deve rispondere lui. La stessa considerazione vale interamente per la Direttrice Amministrativa! Oppure non avevano soldi abbastanza per avere una consulenza specifica????
Caro Giorgio e cari tutti, è proprio così: la decisione è dei due incompetenti e ora la responsabilità è loro. Anche per il danno erariale che perviene dal dover pagare interessi e spese di giudizio quantificate in 350 euro a ricorrente. Comunque per sapere, così per curiosità, chi è il suggeritore di una cazzata così cataclismica basta leggere qui: http://shamael.noblogs.org/?p=7308
Ossequi
Cesare Mori
«Il paradigma di Antigone e l’anticonformismo come anticorpo contro il degrado del potere.» Fulvio Mancuso, Il Cittadino Online
Se pensiamo alla politica italiana in genere e alle vicende locali in particolare, l’interrogativo è: difendere la patria e l’ideale, o difendere un potere costituito e in certa parte usurpato?
Antigone rivolta al tiranno Creonte: «Morire per te non è morire per la patria». Antigone, quella di Brecht
P.S. Quanto a conformismo, specie nel mondo “intellettuale”, cade a fagiuolo questa considerazione di Hannah Arendt che odo in una lettura radiofonica: «molti intellettuali diventarono nazisti per non perdere buoni contatti.»
Ad maiora, RJJ