Il servizio che non soddisfa gli studenti: note per i candidati a Rettore

LogoUnisiUniSI? UniNO! (da:  My BOG – La mia palude)

Dr. J. Iccapot. Quando sei un giovane studente, l’Università, in tutte le sue peggiori manifestazioni, la subisci passivamente.
Quando invece hai maturato esperienze lavorative e sai come gira il mondo, l’Università la vedi come un servizio che acquisti, e lo acquisti solo se soddisfa le tue esigenze.
Un’università, come quella di Siena, dove alcuni docenti NON hanno sul sito l’indirizzo email corretto; dove se scrivi a un docente questo sistematicamente NON ti risponde; dove gli orari di ricevimento sono indicati per prendere in giro (vedi); dove talvolta NON è possibile sapere né i contenuti degli esami né i testi di riferimento né gli orari delle lezioni; dove se ti rivolgi alla segreteria questa ignora i tuoi messaggi di posta elettronica, be’, un’università così NON è certo un prodotto da comprare; poche decine di chilometri ci separano da un altro ‘fornitore’.
E allora, noi i nostri soldi abbiamo deciso di NON buttarli più nell’Università di Siena.

5 Risposte

  1. Caro J. Iccapot, tutti i docenti dell’università di Siena, oppure alcuni si comportano così? Per quanto riguarda il sottoscritto, molto modestamente rispondo “io no” e rispedisco al mittente le tue accuse. E chi sono “i docenti”?

    Un genio tempo fa scrisse che tutti i docenti guadagnano diecimila euro al mese; alcuni – e non erano i più sfortunati – all’epoca in cui fu rivelata questa sconvolgente verità, guadagnavano diecimila euro all’anno! Ma ti sei accorto di cosa è successo all’università negli ultimi quindi anni? Della frattura generazionale, delle regole che sono completamente cambiate? Leggendo il tuo messaggio mi domando a cosa valga tentare di fare il proprio dovere, quando in cambio ricevi solo insulti: l’accusare tutti per le le porcate di alcuni non è mai stata una buona politica: accusare Tizio per le colpe di Caio è anzi lo stratagemma classico dei capibastone per mettere la mordacchia a chi avanza qualche critica.

    Del resto c’è gente che dice che la crisi dell’università di Siena è colpa di tutti, anche di quelli che non avevano voce in capitolo; c’è gente che ripete “è giusto che li abbiano dimezzati perché erano troppi” (s’intende tutti), mentre se compulsi il sito del MIUR alla pagina dove anno per anno sono riportati i docenti per ogni SSD ed ateneo, ti accorgerai che questo è un giudizio quantomeno ipocrita, essendo stati alcuni SSD vistosamente gonfiati ad arte, a danno di altri che adesso si trovano in pesante sofferenza, quasi fosse mancata una cabina di regia che agisse con criteri di razionalità. Dare la colpa a tutti è del resto l’attitudine di una classe politica che dà la colpa a tutti anche del tracollo del Monte dei Paschi.

    La regola aurea nella pubblica amministrazione (ma non solo), in Italia, è che su tre persone una non fa niente, una fa il suo e un’altra si fa il mazzo per due: sarebbe l’ora dunque di porre qualche distinguo, altrimenti non si capisce a cosa servano le varie ed innumerevoli “valutazioni” che paiono essere oramai l’attività principale dell’università italiana (anche se riconosco che né la VQR né la SUA prendono in minima considerazione la didattica): mi valutano dalla mattina alla sera per poi sentirmi dire che siccome Tizio è un assenteista cronico, allora per contagio o analogia, anche io devo essere considerato tale?

    Diceva Pasolini che in fondo è giusto che i figli paghino per le colpe dei padri, ma non so quanto debba essere presa alla lettera questa affermazione e perciò subire i tuoi improperi per i disastri che magari ha compiuto qualcuno che mi ha preceduto nel mio ruolo. Ma noto che del problema di fondo che ho cercato di evidenziare ad nauseam nei precedenti messaggi, ossia la sparizione di un docente su due, di un corso su due, la crisi irreversibile di intere aree scientifiche, col pensionamento di 500 docenti a turnover fermo da dieci anni; della trasformazione dell’università in un gerontocomio dove il mancato ricambio, l’assenza di ogni dinamica, ha cristallizzato i rapporti di potere dando la sensazione d’onnipotenza ad alcuni e di totale impotenza ad altri, non pare importarti un granché.

    Se infatti qualche studente se ne va perché qualche docente non fa il proprio dovere, molti studenti se ne vanno semplicemente perché non ci sono più gli insegnamenti, le specializzazioni, i dottorati, oltre che qualche ragionevole speranza di poter intraprendere una carriera scientifica in terra di Siena: cor magis tibi Sena pandit…

    Fai nomi e cognomi.
    Un saluto
    RJJ

    • Dalle tue parole, accorate e passionali, si vede che nell’Università ci credi ancora e che ti batti perché mantenga le sue piene funzionalità, come si può leggere nei tuoi numerosi interventi su questo stesso sito.

      Il post, scritto per il mio blog dove, soprattutto, esercito una sorta di ius murmurandi, e ripubblicato qui dal prof. Grasso, parla solo di un fatto piccolo piccolo e personale, che ha danneggiato, culturalmente ed economicamente, la mia famiglia: non vuole essere certo un manifesto contro UNISI, dove ho anche qualche caro amico che insegna; se leggi con calma vedi che parlo solo di “alcuni” e di “talvolta”: i casi, cioè, che ci hanno riguardato direttamente.

      Non ho possibilità, oltre a informarmi leggendo, di fare alcunché, se non durante l’esercizio del voto, se ci sarà ancora modo di esercitarlo.

      Conosco molto bene il funzionamento di “alcune” amministrazioni pubbliche locali; è vero: perché l’elefante continui a muoversi, chi lavora con serietà deve sobbarcarsi pratiche e compiti di altri, sotto l’occhio inerte di “alcuni” funzionari, con il rischio del mobbing sempre incombente e in continuo stress lavoro correlato.

      Quanto ai nomi, li ho fatti a chi il servizio lo eroga, un post non è una gogna: se vuoi, e se ne sai alcuni, puoi cominciare a stilare un elenco pubblico.

      Mi chiedo, e finisco, chissà quanti dei tuoi colleghi commenteranno con il tuo stesso ardore?
      Speriamo.

      Un saluto e l’augurio di buon lavoro.

      J. I.

  2. Pardon, “Caro J. Iccapot.”

    • «Mi chiedo, e finisco, chissà quanti dei tuoi colleghi commenteranno con il tuo stesso ardore?» J. Iccaot

      Ahimè, hai ragione: pochi, come vedi. Su questa ed altre faccende. A me, quello che fa senso, è la totale indifferenza che accoglie le notizie intorno allo stato delle nostre istituzioni culturali: dall’università, al SMS, alla Chigiana, ai Fisiocritici, alla Biblioteca Comunale… non ce n’è una che non sia piuttosto inguaiata e malmessa. Silenzio. Indifferenza. Quasi che Siena non fosse Siena, ma una anonima banlieu di qualche metropoli di recente fondazione. D’altra parte, per quanto millanti lontane radici germaniche, il senese d’oggigiorno non è il tedesco, né figlio delle mistiche astinenze cateriniane, bensì è “prosciuttofilo”, come il commendator Angeloni del “Pasticciaccio” di Gadda, un terrestre etrusco, come il lucumone Porsenna, che, come testimonia il famoso “Cappellone” di Murlo, ogni tanto ama travestirsi da cow boy riempiendosi la bocca di anglicismi come “start up” e “spin off”.

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