Un intervento di Rabbi Jaqov Jizchaq a margine delle dichiarazioni sull’università dei candidati a sindaco di Siena Franco Ceccuzzi, Gabriele Corradi, Alessandro Nannini, Laura Vigni e Michele Pinassi.
Rabbi Jaqov Jizchaq. Temo che a molti non sia chiaro a che punto è la notte; il dibattito intorno all’università per questo motivo scade a volte in toni stucchevoli e manieristici. La linea esposta dalla Vigni sarebbe quella giusta: dico “sarebbe”, perché questa demagogia dei “corsi inutili” sta diventando asfissiante. Atteso che a mio avviso la linea corretta, ancorché utopica, sarebbe 1) chiudere ciò che a Siena (e dintorni) non è più sostenibile e 2) trasferire docenti e ricercatori presso altra sede ove possano onorevolmente seguitare a svolgere la loro attività, ritengo che la notizia che si stiano chiudendo proprio i corsi creati per dare un posto ad un professore, sia assai imprecisa, se non addirittura fantasiosa. Essa appare più che altro un bolso espediente retorico e giornalistico per fornire una qualche interpretazione a posteriori e per tentare di dare un senso a ciò che sta accadendo, un po’ fatalisticamente, un po’ sotto la spinta di altre dinamiche, che non quella della ricerca dell’eccellenza. Come “modest proposal”, chiederei a chi interviene su questo tema, abbandonando logore e ripetitive liturgie, di esprimersi in modo esplicito, elencando le famose “cose inutili” della cui avvenuta eliminazione ci si debba compiacere; da parte mia, nel mio piccolo, molto umilmente, credo di aver enumerato un certo numero di cose inutili della cui sopravvivenza mi dispiaccio. È a tutti gli effetti una balla, che si stiano chiudendo solo i corsi “inutili”: quando uno stimato ordinario, di quelli che non hanno moltiplicato i posti praeter necessitatem, va in pensione, la cattedra oramai chiude per mancanza di turn over, senza che ciò abbia nulla a che vedere con l’utilità o l’inutilità: sfido chiunque a dimostrare che stanno chiudenedo proprio quei corsi “inutili” creati per dare un posto a un professore. Questi corsi sono in gran parte ancora lì, vivi e vegeti: giustappunto… perché hanno dato un posto a molti professori! Chiudono gli altri, ossia quelli che, per inettitudine, forse, più che per onestà, mercimoni di posti non ne hanno fatti a sufficienza e in questa fase non hanno pertanto le staliniane “legioni” da schierare onde soddisfare i famigerati draconiani requisiti minimi di docenza (sovente confusi coi requisiti minimi di decenza) e per affrontare le legioni “nemiche”; chiude in definitiva, chi non ha la forza politica per imporsi. Ai sopravvissuti baciati dalla fortuna, oltre a ricordare il macabro anatema scritto sotto un teschio in Santa Caterina della Notte: “io fui come tu sei, ma tu sarai come io sono adesso”, raccomanderei almeno un po’ di contegno, quando apostrofano come “inutili”, colleghi sovente più titolati e incardinati in materie più serie delle loro, giacché la qualità scientifica è altra cosa dalla demagogia e dalla forza accademico-politica. Noto però che finalmente si incomicia a ravvisare nella perdita di migliaia di studenti un serio problema: taluni, abituati forse a sfamarsi attendendo la manna dal cielo, salutavano fino a non molto tempo fa la fuga di un pochi “di questi cilandroni” con sollievo. Ma uno studente che studia, cosa ci viene a fare a Siena, se l’offerta didattica peggiora a vista d’occhio giorno dopo giorno? Il possedere una competenza specialistica pare essere un grave indizio di inutilità; i vituperati corsi sul bue muschiato, lungi dall’estinguersi, proliferano e col meccanismo degli accorpamenti divengono la regola generale cui uniformarsi, a danno e detrimento della serietà scientifica e disciplinare: d’accordo, è il mix letale di disposizioni nazionali che assomigliano ad esercizi di cinismo, congiuntura economica e finanze locali sempre più dissestate, ma non è che questo possa costituire un alibi per non tentare nemmeno di arginare la deriva entropica. Lo studente che studia guarda su internet dove può studiare la materia che gli interessa: se la trova a Siena, se la confezione gli pare allettante, può anche darsi che venga; sennò, va altrove: come sa Nannini, che produce dolciumi e delicatessen, il puntare sulla genericità nel commercio del “made in Italy” e delle specialità locali, alla lunga non paga. Credo pertanto che scelte di basso profilo, senza alcuna ragion d’essere, né scientifica, né professionale, né la possibilità di proseguire verso una ben chiara e identificabile specializzazione, dopo caotici grovigli triennali indecifrabili e di accedere a studi post-universitari, siano il viatico del fallimento: ma avete idea oramai di quello che offre il mercato europeo (non solo italiano)? Di belle città è piena l’Europa e oramai la politica delle importanti università è quella di attrarre studenti da tutto il continente con proposte allettanti. La competizione è forte già a livello regionale e c’è da vergognarsi a star qui a disquisire di corsi di laurea senza capo né coda, di doppioni distaccati ecc., tutta roba provincialoide fuori dal mondo.
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Facciamo qualche nome e cognome dei corsi sennò è retorica.
Caro Cal, dubito che questa sia retorica: anzi, il tacerne è omertà.
È retorica invece perché non si fanno nomi… è come dire i dipendenti pubblici sono fannulloni…
Tu scrivi: «i vituperati corsi sul bue muschiato, lungi dall’estinguersi, proliferano e col meccanismo degli accorpamenti divengono la regola generale cui uniformarsi, a danno e detrimento della serietà scientifica e disciplinare:» …quali sono questi corsi visto che proliferano… magari quello che per te è bue muschiato per altri non lo è…
@ cal
Ricordo una scena nella quale John Wayne rimprovera un giovane ed inesperto cow boy per aver sparato ad un serpente innocuo, «Credevo fosse velenoso» si scusa l’inesperto, e John: «Quando vedi un serpente velenoso lo riconosci subito»; così è del bue muschiato.
Tu scrivi: «i vituperati corsi sul bue muschiato, lungi dall’estinguersi, proliferano e col meccanismo degli accorpamenti divengono la regola generale cui uniformarsi, a danno e detrimento della serietà scientifica e disciplinare:» …quali sono questi corsi visto che proliferano… cal
Ahi, sospetto che ci sia il tuo 🙂 …dai Cal, non scherzare: sai benissimo di cosa parlo.
P.S. Caro Cal, consentimi di compiacermi con me stesso per questa frase:
«i vituperati corsi sul bue muschiato, lungi dall’estinguersi, proliferano e col meccanismo degli accorpamenti divengono la regola generale cui uniformarsi, a danno e detrimento della serietà scientifica e disciplinare»
Mi è venuta proprio bene: in modo più chiaro non si potrebbe dire. Francamente non capisco cosa ci azzecchino gli impiegati pubblici.
Bue muschiato..
http://www.smfn.unisi.it/smfn_lauree/didattica.php
Cavaluccio marino
Laurea Triennale in Scienze Ambientali curriculum EcoGeFCo sede Follonica
Etc…
Uno… un po’ poco…
Io seguo sta crisi da due anni… ma idee non ce ne sono… se non vendi immobili e mandi via persone non si scappa… è inutile che i politici mestino… sempre la stessa minestra è…
@ Cal
LAU di Buonconvento (e due!)
Hanno rubato la biada e, a meno di nuove dirompenti idee, vendendo immobili o mandando via le persone si può arrivare soltanto a chiudere i battenti dell’università. Il ministro Arpagone ha deciso che per proteggere le casse dello Stato è meglio rubare la biada al cavallo piuttosto che pascerlo per farlo lavorare proficuamente. Dato che essere avari per conto terzi appare improbabile, rimane il sospetto che si tratti di cialtroneria. Il quadretto assume tinte fosche se poi si aggiunge una ministra che scopre di essere rimasta senza fondi soltanto per un puro accidente durante un talk show televisivo.
Affinché non sia tutto nero occorrono nuovi comportamenti e nuove idee. C’è uno scossone in corso; le vecchie prassi non valgono più ed occorre cambiare registro, anche perché, con l’opposizione che abbiamo, mandare a casa questo governo appare un’impresa disperata. Oggi la Iervolino ha tirato fuori dai rifiuti la sua faccia e s’è palesata sui media per annunciare che le sue sfortune dipendono dal caballero, reo di guardarla in cagnesco. In un colpo solo centomila voti sono passati dall’opposizione alla maggioranza. Con questa opposizione l’Università dovrà quindi rassegnarsi ad essere amministrata da Arpagone per i prossimi quarant’anni; tanti quanti si dice che ne rimangano da vivere al caballero.
Negli anni a venire l’università sarà a corto di biada e trovare nuove vie per finanziarsi è quindi un imperativo.
Riccaboni ci starà pensando? O starà ancora aspettando l’improbabile ritorno di Pantalone? Se fossi in lui o in quelli come lui mi rassegnerei a mettere in moto le meningi. Comincerei a metter sù una task force in grado di capire perché il MIT, Berkeley, Cambridge, Stanford, Oxford, l’Imperial College, Harvard e Yale sono sempre in cima alle classifiche mondiali mentre per trovare l’Alma Mater o la Sapienza occorre scollinare di molto il centesimo posto.
Questi uffici sono d’accordo con Outis, ma talmente d’accordo che sono a porsi queste semplici domande: 1) ma il LAU di Buonconvento è ancora attivo? 2) Se sì cosa ci fanno e quanta gente ci lavora e quanto costa la gestione ordinaria? 3) Ma sarà mai possibile che in oltre due anni, con chi ne era il gestore che si è beccato fior di provvedimenti disciplinari per non parlare di quelli sospensivi provenienti direttamente dalla Procura della Repubblica, ancora le amministrazioni che si sono susseguite non siano riuscite a fare chiarezza? E com’è, si domandano questi uffici, che con tutte le dismissioni (peraltro evidentemente ritenute inutili dal Ragioniere Generale dello Stato visto che non danno neanche un contributo minimo al riequilibrio finanziario; e ha voglia [C]Riccaboni a dire che sono dati vecchi: le dismissioni sono dismissioni e comunque considerare vecchio il consuntivo 2010, che è l’ultimo perché il 2011 è in fase di approvazione [non certo da parte dei Revisori dei Conti né tampoco dal Ministero] ci va un bel coraggio) di questa struttura, di cui comunque non sono mai state chiare le connessioni con l’Ateneo, non si parla mai? Non sarà mica, la buttiamo lì, che il partito egemone tanto a Siena che a Buonconvento cerca di spostare l’attenzione su altro, avendoci le mani in pasta?
Cesare Mori
@ Outis: ma perché della sociologia del marketing vogliamo parlarne? E di tutta una serie di corsi equamente suddivisi tra lettere di Siena e lettere di Arezzo in cui grandinano le antropologie, le sociologie, le storie contemporanee che esistono in almeno tre facoltà? Cal può stare tranquillo: possiamo fare nomi a iosa di corsi inutili. Cominci a dire che corso tiene lui, intanto, poi ne riparliamo.
Scusate, ma l’ufficio “Servizio qualità totale e benessere organizzativo” a cosa serve? Sul sito Unisi http://www.unisi.it/v0/ufficio.html?sigru=2055 non c’è riportata nemmeno la descrizione…
Cal, Outis, Rabbi, Vicky, Petracca, Mori, Stefano, finalmente state entrando nel merito con i dati di fatto cui – ahimè – sono correlati nomi e cognomi!
Le cose sono fatte e disfatte dai singoli soggetti cui bisogna arrivare per valutare cause ed effetti che delle personali responsabilità danno misura…