Verso l’abolizione del valore legale del titolo di studio universitario

Vogliamo liberare l’università

“Finché non sarà tolto qualsiasi valore legale ai certificati rilasciati da ogni ordine di scuole, dalle elementari alle universitarie, noi non avremo mai libertà di insegnamento; avremo insegnanti occupati a ficcare nella testa degli scolari il massimo numero di quelle nozioni sulle quali potrà cadere l’interrogazione al momento degli esami di stato. Nozioni e non idee; appiccicature mnemoniche e non eccitamenti alla curiosità scientifica ed alla formazione morale dell’individuo.”
(Luigi Einaudi 1947)

La questione universitaria è uno dei punti critici della situazione italiana per questo ci rivolgiamo al Parlamento Italiano.
In questo momento di grave crisi economica, con un debito pubblico non più sostenibile e la necessità per il nostro paese di tornare ad essere competitivo, dobbiamo chiaramente affermare che non ci possiamo più permettere questo tipo di sistema universitario burocratico, inefficiente, che non premia gli studenti migliori. La nostra università è vissuta per decenni sulla falsa idea che il riconoscimento del merito di quanti hanno minori disponibilità economiche possa essere garantito solo da una università statale, con rette universitarie uguali per tutti, indipendentemente dalle condizioni di reddito e da requisiti di merito individuale.
Al contrario, noi pensiamo che oggi la sfida da cogliere con decisione sia quella di realizzare alcune fondamentali riforme:
1- Abolizione del valore legale del titolo di studio universitario
2- Liberalizzazione delle rette universitarie
3- Istituzione di un sistema di borse di studio e prestiti d’onore
La premessa per una riforma del sistema universitario basata sulla concorrenza e il riconoscimento del merito individuale è l’abolizione del valore legale del titolo di studio, accompagnata da un lato dalla libera imposizione delle tasse universitarie, dall’altro dalla creazione di un sistema moderno di borse di studio volto a contribuire al finanziamento degli studi universitari dei più capaci e meritevoli. Così facendo, lo studente sceglierebbe l’ateneo per la qualità della formazione che offre, non per il “pezzo di carta” e si creerebbe una virtuosa competizione tra atenei, inducendo gli studenti a scegliere le università migliori e spingendo le università ad assumere persone capaci e meritevoli. Questo sarebbe un ottimo modo per valutare gli atenei, modo non utilizzato attualmente perché si preferisce compararli ricorrendo a criteri assurdi, perché inefficienti, come la percentuale di promozioni e di completamento degli studi, la media dei voti e dei punteggi di laurea, tutti parametri che favoriscono in questo modo i corsi di laurea che puntano su un minore impegno in cambio di una platea ampia di studenti che saranno alla fine dei laureati con delle conoscenze, ma senza aver imparato ad apprendere.

Allo stesso tempo, nelle condizioni attuali della finanza pubblica, la libera imposizione delle rette universitarie consentirebbe di reperire le risorse necessarie per garantire adeguate borse di studio a studenti meritevoli, ma con scarsa disponibilità. Un’altra strada sicuramente da seguire è quella di incentivare i prestiti d’onore, che prevedano la restituzione della somma anticipata a tassi agevolati una volta trovata un’occupazione.

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Bruno Tinti. Si fa presto a dire laurea (Il Fatto quotidiano, 29 luglio 2011).

4 Risposte

  1. Di seguito il link all’intervista a Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 29 gennaio 2012:
    «Non diamo più agli atenei lo stesso peso»
    http://www.corriere.it/economia/12_gennaio_29/non-diamo-piu-agli-atenei-lo-stesso-peso_9cce7d46-4a49-11e1-bc89-1929970e79ce.shtml

    E il link all’articolo di Stefano Zecchi su Il Giornale del 29 gennaio 2012:
    «Senza valore legale a contare sarà solo la qualità degli studi»
    http://www.ilgiornale.it/interni/senza_valore_legale_contare_sara_solo_qualita_studi/29-01-2012/articolo-id=569364-page=0-comments=1

  2. E il link all’articolo di Stefano Zecchi su Il Giornale del 29 gennaio 2012:
    «Senza valore legale a contare sarà solo la qualità degli studi»

    Sono combattuto: da un lato certi titoli cartacei oramai contano solo per l’araldica, ma dall’altro non vorrei che si accentuasse il dilagare di corsi di laurea del menga e dei CEPU: non dimentichiamo che tutte le ultime riforme, dal 3+2, ai cosiddetti “accorpamenti” susseguenti all’imposizione di requisiti minimi di docenza, il pullulare di sedi universitarie e di sedi distaccate, congiurano all’esatto opposto della qualità. Il punto è che non vedo nessuna politica volta al raggiungimento dell’eccellenza e al sostegno degli studi per i più meritevoli, condizioni a mio avviso imprescindibili perché il discorso di Zecchi abbia un senso. Non vorrei dunque che atenei come Siena si specializzassero nello spaccio di pezzi di carta inutili per i poveri.

  3. «Non vorrei dunque che atenei come Siena si specializzassero nello spaccio di pezzi di carta inutili per i poveri.» Rabbi Jaqov Jizchaq

    Quella di Rabbi è una sintesi perfetta della politica di Riccaboni.

  4. Valore legale del titolo di studio per fare cosa?
    Chiedo scusa ma non capisco.
    Se è per iscriversi alla scuola di cardiochirurgia è un conto, se è per fare il pompiere è un’altro, se è per candidarsi alla carica di consigliere comunale è un’altro e se è per partecipare ad un concorso del catasto è un altro conto ancora. I casi possono essere molteplici. La “legalità” che si può attribuire ad un titolo di studio dipende dall’uso che di quel titolo si vuol fare. Di certo un somaro non può fare il contadino ed un contadino non può fare il somaro. Anche volendo restringere il campo alla sola qualità dei percorsi di studio devono esistere delle regole scritte che codificano il buonsenso, perché nessun somaro che esce dall’ottima Yale a colpi di bigliettoni verdi saprà mai produrre un buon vino, esattamente come nessun contadino che esce dalla pessima CEPU a prezzi da saldo sarà mai capace di sostituire un somaro che ara un vigneto.
    Definiamo prima i termini della questione.
    Poi parliamo.
    Sarebbe anche positivo tenere ben distinte le varie questioni. Il tema del valore legale del titolo di studio richiede da solo un corso di sopravvivenza preliminare per scongiurare il rischio di sprofondare nelle sabbie mobili. Mettere sul tavolo della discussione anche la liberalizzazione delle rette universitarie, le borse di studio e i prestiti d’onore porta sicuramente ad impantanarsi nell’Agro Pontino prebonifica. Non ci sarebbe alcun corso preliminare di sopravvivenza capace di salvarci. Non ne usciremmo vivi manco appellandoci a Santa Maria Goretti. Sabbie mobili, serpenti, rovi, fantasmi, malaria, briganti. Mamma mia! Meglio starcene a casetta nostra. Pennacchi dice che nell’Agro Pontino c’è da farsela sotto ancora oggi che è bonificato; c’è il Duce che scorrazza come una furia a bordo di una Moto Guzzi Falcon 500 Sport, cercando di disfare quello che fece qund’era ancora vivo.

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