Il “grande vecchio” e la distruzione dell’Università di Siena

Dal diritto settecentesco sardo all’olimpo dell’Università (da: La Nazione Siena, 27 gennaio 2012)

Tommaso Strambi. «Stai attento a questa città». «Stai attento a questa città». Una raccomandazione e un ammonimento da vecchio ‘pater familias’. D’Università s’intende. Perché di figli di sangue ne ha soltanto due: Aldo e Iole. Ma l’interlocutore a cui Luigi Berlinguer si rivolgeva in una telefonata dell’ottobre 2010 era il più giovane della nidiata allevata tra le mura dell’Ateneo senese: ovvero il rettore Angelo Riccaboni. L’economista chiamato a raccogliere il testimone alla guida dell’antico Studium, che tante soddisfazioni ha regalato al professore sardo di Diritto settecentesco, il quale, proprio dall’isola, sbarcò nella città del Palio, inviato dal Pci come ‘deputato’ del Cda del Monte dei Paschi. Studioso di Domenico Atzuni (quel giurista che dà il nome a tante piazze e tante strade della Sardegna, ma nessuno sa chi sia», ebbe a osservare Francesco Merlo sul Corriere della Sera), proprio tra Piazza del Campo e Rocca Salimbeni, Berlinguer impresse una svolta alla propria carriera. Anche se all’inizio non fu semplice. Perché, sebbene portasse un cognome altisonante nella storia del Pci e della sinistra italiana, sia nel partito che in città era considerato un forestiero. Una diffidenza che gli dev’essere rimasta appiccicata addosso, visto l’ammonimento che molti anni dopo rivolse, appunto, a Riccaboni. Senza sapere, ovviamente, di essere ascoltato dalla polizia giudiziaria nell’ambito dell’inchiesta sulla regolarità delle elezioni del rettore. Una città un po’ matrigna e un po’ amante. Già. Chissà che traiettoria avrebbe comunque preso la sua vita se non ci fosse stata Siena, visto che nella natìa Sardegna non riusciva proprio a spiccare il volo, come avrebbe sognato.

All’Università di Sassari, negli anni Settanta, faceva parte di un cenacolo d’intellettuali: da Gustavo Zagrebelski a Valerio Onida, da Mario Segni a Franco Bassanini, da Francesco Cossiga a Roberto Ruffilli (diventato negli anni il ‘fine’ consulente di Ciriaco De Mita, prima di essere assassinato dalle Brigate Rosse nel 1988). Tra torte e creme (vera passione di Berlinguer, tanto da meritarsi il soprannome di ‘gola e vanità‘, affibbiatogli proprio da Ruffilli), quel reticolo di amici formò un gruppo destinato a ricoprire ruoli chiave nel potere accademico. Il vero e proprio pallino di Luigi. Quasi un’ossessione. E come poteva essere diversamente, visto che sin da piccolo si era dovuto confrontare con il mito del cugino Enrico. Mica uno qualsiasi. Il vero padre nobile del Partito Comunista. Ortodosso e rigoroso al punto tale da essere l’ultimo dei politici capace di portare in strada e far piangere, lacrime vere, decine di migliaia di compagni (e non) in occasione dei suoi funerali. Oggi al massimo i politici raccolgono fischi e contestazioni al grido di «andate a lavorare», come è accaduto pochi giorni fa all’Isola del Giglio al governatore Enrico Rossi e al consigliere regionale Marco Spinelli. Altri tempi.

Ma torniamo a Berlinguer, Luigi s’intende. Vanitoso e dalla forte propensione alla grandeur, ma allo stesso tempo ammaliatore e grande tessitore di relazioni. Così, nonostante le difficoltà, in poco tempo riuscì a conquistare l’Università. Del resto, studenti interessati al Diritto settecentesco sardo non è che ce ne fossero molti. Trovata l’intesa con i cattolici di Medicina, per Berlinguer si aprirono le porte del rettorato. L’apoteosi. Gli insegnamenti iniziarono a moltiplicarsi e così le cattedre e la popolazione studentesca. Per i detrattori, però, anche i bilanci cominciano a ingigantirsi. In fondo, il potere ha sempre un costo. Il capolavoro, in questo senso, arrivò con i festeggiamenti per i 750 anni di fondazione dell’Ateneo. E poco importa se non era proprio l’anniversario giusto, visto che la data del 1240 non fa riferimento alla fondazione dell’Università ma a un documento in cui il Comune di Siena si impegnava a pagare parte degli stipendi dei professori dell’Ateneo. Che, quindi, già esisteva. L’importante era ottimizzare il risultato. E Luigi, il ‘comunista modernizzatore’ (come lo definisce Francesco Merlo) puntò in alto. E a ragione. Prima Romano Prodi, poi Massimo D’Alema, poi, ancora Prodi lo accontentarono, affidandogli il ministero della Pubblica Istruzione (1996-2000) e, ad interim, anche quello dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica (1996-1998). Un uomo riconoscente, comunque Luigi. Così nell’avventura romana si portò dietro ‘la comandante’, al secolo Jolanda Cei Semplici, che in Banchi di Sotto ricopriva il ruolo di direttore amministrativo. Piccola e determinata, una volta conclusa l’esperienza al Ministero, è tornata a Siena come direttore generale del Policlinico Le Scotte, pur fra i mille dubbi dei politici locali di area cattolica.

Ma Berlinguer non è uomo da lasciare niente al caso. E, così, prima di salutare Banchi di Sotto, si assicurò che a succeder gli fosse qualcuno di fiducia. Ed ecco che alla poltrona di rettore arriva il patologo Piero Tosi supportato da una squadra di comunicatori d’eccellenza, capitanata da Maurizio Boldrini, Omar Calabrese e Maurizio Bettini. Altro che piccola Oxford: l’Ateneo di Siena può pensare ancora più in grande. Mentre Luigi Berlinguer nel mese di maggio del 2003 decide dunque di andare in pensione (salvo poi essere reintegrato, diciotto mesi più tardi), il patologo Tosi, proprio come Penelope, tesse e disfa la tela con nuove assunzioni di docenti e personale tecnico amministrativo, Maurizio Boldrini ordina l’acquisto di 300 volumi in onore di Berlinguer. E non importa se manca una delibera del Cda che autorizzi la spesa da 26mila euro. Tanto qualcuno pagherà. In fondo, a Roma Berlinguer è in corsa per la Corte Costituzionale.

Gola e vanità‘. Ma anche familias. Già, perché in tutto questo c’è spazio anche per il figlio Aldo. Sulle orme del padre, il giovane Berlinguer riparte dalla Sardegna per la sua carriera di docente universitario, senza disdegnare altre esperienze. Ovviamente in nome della ‘buona politica’ per la quale dà vita all’Associazione ‘Il Campo delle idee’. E, tra un trattato di filosofia del diritto e un’analisi sociologica, Aldo si fa le ossa prima nel consiglio di amministrazione dell’aeroporto di Ampugnano (sotto l’ala protettiva del presidente dell’epoca Enzo Viani), poi a Bruxelles, dove diventa esperto di legislazione dei fondi comunitari. Nel frattempo lo chiamano all’Università di Firenze. Come il padre molti anni fa, anche lui è pronto a entrare nei salotti delle banche italiane. Così, dopo un timido tentativo di candidarsi sindaco di Siena nel 2011 (sostenuto dall’Italia dei Valori, infatti) nel giugno dello scorso anno viene nominato nel Cda di Banca Antonveneta. Chissà se il padre gli avrà rivolto lo stesso ammonimento fatto a Riccaboni: «Stai attento a questa città». Un po’ matrigna e un po’ amante. Chissà. E, mentre la magistratura di Siena ancora indaga sulla voragine di debiti accumulata dall’Università, la riforma del 3 + 2 varata proprio dal ministro Luigi Berlinguer mostra evidenti crepe, come emerge dall’ultimo rapporto della Fondazione Agnelli. Secondo il rapporto, infatti, il livello di preparazione dei giovani universitari italiani è calato enormemente, così come le loro possibilità di trovare impieghi adeguati (e non per colpa della crisi economica»). Che ingrati. Meno male che restano i fidelissimi: Antonello Masia, Marco Tomasi (quello che consigliava a Riccaboni di far presto a nominare Ines Fabbro direttore amministrativo: «non si sa mai»), Alessandro Schiesaro, Tommaso Detti, Omar Calabrese, Maurizio Bettini, Jolanda Cei Semplici, Antonio Cardini, Saverio Carpinelli, Maurizio Boldrini, Alessandro Stagnini, Alessandro Piazzi, Gabriella Piccini e, ovviamente, Angelo Riccaboni e Ines Fabbro. Anche a loro Luigi Berliguer, da garante nazionale del Pd, ripete spesso: «Guardatevi da questa città».

Sullo stesso argomento:
– Francesco MerloL’importanza di chiamarsi Berlinguer (Corriere della Sera, 19 maggio 1996).
– Francesco SpecchiaBerlinguer critica i nepotisti ma si dimentica del figlio (Libero, 30 novembre 2010).
– Giovanni Grasso. E c’è chi entra in Università, ne esce andando in pensione e poi ci rientra (Il senso della misura, 16 marzo 2011).
– Giancarlo MarcottiMa quanto è bravo Aldo Berlinguer (Borsa Forex Trading Finanza, 30 settembre 2011).
– Gian Marco Chiocci. I peccatucci del “saggio” Berlinguer (il Giornale, 20 gennaio 2013).

Anche il Kurdistan è vicino per l’azienda ospedaliera universitaria senese

Dopo “La Cina è vicina” e “Un pallottoliere cinese per l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese” (AOUS) un altro interessante articolo inviatoci da un anonimo lettore.

Trasparente sì, ma è legittimo?

Cassandra Giuvarra. Interessante l’articolo sul progetto di cooperazione sanitaria internazionale tra Toscana e Cina; ma non è l’unico caso. Anche il “Progetto Kurdistan” dell’AOUS non è menzionato tra i progetti della regione toscana. Eppure è di grande interesse del direttore generale, il dott. Paolo Morello Marchese. I Kurdi sono sicuramente bisognosi, visto che sono stati devastati da guerre e dal regime di Saddam Hussein. Ma non sono certamente poveri: il loro territorio è ricchissimo di petrolio e se non fosse stato per questo motivo, la coalizione internazionale sarebbe stata poco interessata alle persecuzioni che hanno subito. Come c’entra la Toscana?

In un’intervista del 23 maggio 2008, il Dott. Morello, allora direttore generale dell’Ospedale Pediatrico “Meyer” di Firenze, racconta che su invito della signora Hero Talabani, moglie dell’attuale presidente dell’Iraq, ha visitato le strutture ospedaliere di Sulaimaniyah ed è stato firmato un accordo con il Dipartimento della Sanità del Kurdistan, per lo sviluppo di 3 branche mediche prioritarie: la pneumologia, per trattare le migliaia di persone vittime dei danni respiratori causati dalle bombe chimiche di Halabja; il trattamento dei tumori del sangue; e la cardiochirurgia pediatrica. L’amministrazione kurda finanzia la costruzione di tre ospedali specializzati e l’acquisto di tutti gli arredi e le attrezzature necessari, ma si aspetta in cambio dalla Toscana la formazione del personale medico, infermieristico e tecnico per sviluppare i 3 programmi. Un pacchetto di molti milioni di petroldollari, che fa gola alle imprese toscane. Altro che volontariato, aiuti, beneficenza, interventi umanitari.

Il progetto si  complica perché entra nel gioco la fondazione “Kurdistan Save the Children” (la cui madrina è la Signora Talabani), che supporta un nutrito numero di bambini con necessità di intervento cardiochirurgico a breve termine. Ma il dott. Morello non si scoraggia e, con il sorriso che lo contraddistingue, offre una soluzione brillante. Il 26 novembre 2008 viene firmato un accordo tra la fondazione Meyer (il Dott. Morello è presidente) e il Kurdistan Save the Children per trattate i bambini cardiopatici ed oncoematologici. A fine anno il Dott. Morello si trasferisce dal Meyer alle Scotte. L’assessore alle politiche della salute Enrico Rossi e il governatore della provincia di Sulaimaniyah firmano il 25 aprile 2009 un memorandum di collaborazione in cui la Toscana è disponibile a supportare le scelte kurde, sia in termini strutturali che tecnico-scientifici. Nuovo accordo tra regione Toscana (firmato da Aldo Ancona) e la fondazione Kurdistan Save the Children firmato il 6 agosto 2009: la Toscana s’impegna ad accogliere bambini cardiopatici kurdi e a trattarli nelle sue strutture ospedaliere comprendenti la fondazione Monasterio di Massa (36 bambini l’anno), ospedale Meyer (24 l’anno, ma il programma di cardiochirurgia a tutt’oggi non è iniziato), ospedale le Scotte di Siena (40 l’anno, ma l’ultimo bambino operato risale a 10 anni prima). La fondazione kurda s’impegna a rimborsare alle Aziende toscane 3.000 euro per paziente, anche se i costi sono almeno 10 volte maggiori. Un mese dopo il dott. Morello porta in Kurdistan un contingente di medici dei 3 ospedali coinvolti, per selezionare sul posto i candidati da accogliere in Toscana; previa delibera che giustifica la spesa da parte dell’Azienda Senese sulla base dei suddetti accordi regionali, all’impronta della massima trasparenza.

Ma la situazione esplode: la fondazione Monasterio non è disposta a trattare i bambini kurdi a un così esiguo rimborso, ma soprattutto è preoccupata dell’apertura di fatto di 2 programmi di cardiochirurgia pediatrica a Firenze e a Siena; il Meyer d’altro canto non è ancora in grado di partire e certamente non vuole che Siena operi bambini cardiopatici. L’assessore Rossi è fumante e blocca tutte le attività di ricezione dei bambini kurdi. Il progetto Kurdistan sembra fallire, ma il dott. Morello non si perde d’animo e partorisce un’altra soluzione. Se i cardiopatici kurdi non possono venire in Toscana, saranno i cardiochirurghi toscani ad andare in Kurdistan, anzi saranno i senesi. L’assessore deve assentire: il progetto edilizio è troppo interessante. Perciò sarà il direttore generale di Siena a gestire tutta l’impresa di costruzione ospedaliera, forniture medicali, chirurgia e formazione, e… peggio per chi non ha voluto partecipare.

Nella primavera 2010 il Dott. Morello si reca per ben due volte, con la squadra al completo, per dimostrare le proprie buone intenzioni e riesce a far firmare all’amministrazione kurda il contratto che segna l’inizio lavori. A questo punto il Dott. Morello non sarebbe più interessato a proseguire con l’attività di cardiochirurgia pediatrica in trasferta, ma la fondazione Kurdistan Save the Children ingaggia una squadra di cardiochirurghi americani, che inizia ad operare bambini nella struttura cardiochirurgica degli adulti. Il dott. Morello si spaventa e intensifica i viaggi con la squadra senese (ogni volta preceduti da una delibera che approva le spese a carico delle Scotte), e riesce a far operare i primi bambini nel settembre 2011. Quanto è costato ai contribuenti toscani questo progetto per trattare 9 bambini Kurdi? Si possono considerare almeno 50 biglietti aerei dall’Italia al Kurdistan (costo presunto 120.000 euro) e tutto il resto. Come si giustificano queste spese in un sistema sanitario che naviga in gravi difficoltà e deve applicare un ticket alle prestazioni effettuate?

Certo si favorisce l’attività all’estero delle imprese edili toscane. A questo proposito è interessante che nell’ottobre 2010 sia stato sostituito l’ingegner Bellini, direttore dell’Unità Operativa Complessa Nuove Opere, con l’ingegner Fabio Crocchini. Guarda caso l’ingegner Crocchini risulta essere il direttore di una delle 3 aziende che stanno costruendo gli ospedali in Kurdistan. Non è stato assunto mediante regolare concorso, ma nominato dal direttore generale con incarico ex art. 15 epties, che comunque prevede un rapporto in esclusiva (DL 502, 1992), mentre ovviamente l’ingegnere deve continuare la sua attività principale. Anzi recentemente l’ingegner Crocchini è stato nominato anche direttore facente funzioni della U.O. Manutenzioni. Ma quanto è bravo!?