«C’è clientelismo: questa è stata la riprova» (Corriere Fiorentino, 5 ottobre 2012)
Gaetano Cervone. «Dalle elezioni dei direttori dei dipartimenti esce un’immagine penosa dell’Università di Firenze: un regime che porta con sé i vizi del clientelismo e dei poteri occulti». È un sfogo quello di Enrico Livrea, grecista di fama mondiale della (ex) Facoltà di Lettere e Filosofia e decano dell’Ateneo fiorentino. Un affondo che giunge a termine delle due settimane che hanno designato i direttori dei 24 dipartimenti, perché – prima – Livrea stentava a credere che in 17 casi le elezioni si sarebbero svolte con candidature uniche. È invece andata proprio così.
Professore parlare di «poteri occulti» forse è troppo, non trova?
«È un’immagine penosa, che evidenzia i vizi dell’Ateneo: localismi, clientelismo, quiescenza ai poteri occulti che impongono le scelte senza possibilità di reazione di chi vuole un sistema più giusto. Una situazione che peggiora con il degrado sistematico dell’Università italiana, che attraversa la fase più tragica della sua esistenza. Addirittura nel fascismo – obbrobrio peggiore della storia italiana – c’era un sistema universitario migliore».
Ma come mai è così arrabbiato?
«Non sono arrabbiato, sono amareggiato. Sono cinquant’anni che subisco sulla mia pelle tutto questo, trent’anni che insegno a Firenze e non sono riuscito a trattenere nessuno dei numerosi allievi di valore che con sacrificio ho formato: qui tutte le porte sono chiuse ed è normale che i cervelli in fuga non tornino, una volta capita l’enorme differenza di sistema. All’estero un ambiente umano e di ricerca accogliente, a Firenze tutti contro tutti. E non parliamo poi delle strutture: io mi vergogno di invitare i miei colleghi in queste aule che sono un incrocio tra un obitorio e un carcere».
Crede che non ci sia possibilità migliorare? Nemmeno con la riforma Gelmini?
«Non ho mai smesso di crederci e nel mio piccolo ho fatto di tutto per migliorarla, ma mi sento sempre di più solo. La selva di candidati unici ne è la dimostrazione ed è spia di un profondo senso di sfiducia nella democraticità del sistema. E quella riforma, a cui Firenze non si è opposta, è un obbrobrio».
Tanti considerano la candidatura unica un segnale di compattezza del dipartimento…
«Le scelte sono fatte sempre altrove. Chi dirige o è l’espressione di questi gruppi di potere, oppure ne è l’uomo di paglia».
Accuse pesanti…
«Non mi importa, non devo fare carriera. Non ho interessi personali e si figuri se con cinquant’anni di anzianità non conosco i mali dell’istituzione. Provengo da un dipartimento (Scienze dell’antichità, Medioevo, Rinascimento e Linguistica, ndr) dove quattordici persone erano legate da rapporti di parentela. Sono solo stanco».
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