Siena: il rettore sempre teso

Molti rinfacciano ad Angelo Riccaboni, rettore dell’Università di Siena, di non aver saputo approntare un piano di risanamento dei conti. Ma come poteva! … se aveva le mani legate? Gli rimproverano di non aver pagato il salario accessorio al personale tecnico e amministrativo. Ma come poteva! …se aveva le mani legate dal Collegio dei Revisori dei Conti? Lo criticano per il mancato sviluppo dell’Ateneo! Ma come poteva! …se non gli permettono la sospensione delle rate dei mutui per cinque anni? Lo biasimano perché non rispetta il codice etico varato dall’ateneo, che mira ad escludere le situazioni nelle quali si potrebbero creare conflitti d’interessi. Ma come poteva! …se il rettore tiene famiglia? Gli ricordano che la “sostenibilità” è ormai uno slogan vuoto senza alcun risultato pratico. Ma non è vero! …come dimostra la raccolta dell’acqua piovana al Polo Scientifico di San Miniato! Lo censurano per non essere riuscito ad alienare alcun immobile! Ma come poteva! …se gli impediscono di costituire un Fondo immobiliare con l’individuazione di intermediari specializzati e la sottoscrizione, da parte dell’Ateneo, di quote da collocare presso investitori? Accusano il rettore di non essere pienamente legittimato a causa del rinvio a giudizio degli indagati per irregolarità nella sua elezione! …Ma che deve fare, dimettersi? In fondo, non sussiste alcuna richiesta di rinvio a giudizio che lo riguardi, nell’ambito dell’inchiesta relativa alla sua elezione a rettore!

Articolo pubblicato anche da: Il Cittadino Online (24 aprile 2014) con il titolo: «Il rettore e quello che “non può fare”».

Carrozza continuerà a tenere gli occhi chiusi sui problemi dell’università di Siena?

CarrozzaDi seguito, quel che l’attuale ministro Maria Chiara Carrozza aveva dichiarato a Siena in campagna elettorale. Dichiarazioni generiche, quelle della ministra! Le consigliamo, pertanto, di leggere la risposta di Rabbi e il post seguente: «È necessaria l’interdizione di Riccaboni dalla carica di rettore dell’Università di Siena». 

Maria Chiara Carrozza. La situazione dell’ateneo senese è difficile, come quella di molte altre università, ma Siena ha avuto più difficoltà. Credo, però, che sia stato fatto un grande lavoro per il rilancio dell’Università. Non conosco nei dettagli il piano di risanamento, ma lo valuto nei fatti. Siena attrae molti studenti ‘fuori sede’, ha progetti internazionali attivi e si occupa di sostenibilità a livello di tutto il Mediterraneo. Sia nel campo della didattica che in quello della ricerca, Siena ha le idee chiare. Il piano di risanamento si sta attivando con costi alti, a partire dalla riduzione del numero di docenti, purtroppo inevitabile, perché il fondo di finanziamento è diminuito drasticamente e c’è stato il blocco del turnover che ha determinato un impoverimento di tutte le università italiane.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Vi sono “idee chiare” nel campo della didattica e della ricerca? Non mi pare proprio. Il corpo docente va verso il dimezzamento ed è leggermente eufemistico definire ciò una “riduzione del corpo docente” (ma la prof.ssa Carrozza, si è posta il problema di cosa significherebbe per la sua università, e cioè Pisa, il dimezzamento del corpo docente?); per quanto al bar e dal barbiere si plauda a questo salasso, con quello che rimarrà, dopo le fuoriuscite a casaccio di un docente su due senza turn over dovute ai pensionamenti, si fa ben poco e soprattutto, il poco che si fa, lo si fa male, dovendo adoperare non quello che ti ci vuole in vista di un disegno razionale orientato verso la promozione di alcuni settori, ma semplicemente quello che ti rimane dopo il pensionamento di un docente su due. Non nutro speranze che Siena torni a essere “più bella che pria”, ma anche questa agonia e morte andrebbero governate da becchini all’altezza della situazione.

In teoria, se la Provvidenza, l’Armonia Prestabilita o il Groviglio Armonioso facessero sì che uscissero di ruolo giusto le persone “inutili” (?), faremmo appena 30 corsi di studio (ciclo completo) in tutto; poiché così non è, ed ovviamente ciò che ti rimane non è detto che assecondi la precisa miscela di docenti che la legge richiede per “accreditare” i corsi di studio, ci troveremo ancora con settori sovraffollati di personale ed altri settori esangui, e la possibilità reale di dar luogo dunque ad un numero assai più ristretto di corsi di studio. Cosicché, per l’ennesima volta, molti non potranno garantire i 20 docenti richiesti dalla legge nella precisa miscela per aprire un ciclo 3+2. Siena sarà costretta cioè a chiudere ulteriori corsi di laurea, dopo le decine cancellati in questi anni, ma mi sa che sotto la cifra di 30, entriamo in un territorio molto pericoloso (Pisa, dove insegna la Carrozza, offre oltre 80 corsi di laurea triennali e 79 specialistici, leggo nel sito). Inoltre, con i docenti più giovani a quel punto “in esubero”, oltretutto, non saprai cosa farci: siccome ciò è già avvenuto e avviene oramai da quando esistono i famigerati “requisiti minimi”, non rivelo niente di sorprendente, né di nuovo.

Carrozza dice che «Siena attrae molti studenti ‘fuori sede’». Ad oggi le operazioni di rattoppo poste in essere allo scopo di soddisfare i requisiti di docenza si sono tradotte in molti casi in un peggioramento drammatico dell’offerta formativa che, oltre allo sputtanamento totale di alcuni corsi di studio dal punto di vista qualitativo, ha portato ad una perdita secca del 17% degli iscritti e di oltre il 20% degli immatricolati in un solo anno, con punte ancora peggiori in determinati settori (fino al 25%). Drammatica la situazione dei livelli specialistici e dei dottorati di ricerca: questo per dire quanto “attrae” Siena, e la Carrozza dovrebbe saperlo, giacché ciò che ha perso Siena in termini di fuori sede è andato in larga misura a vantaggio di Pisa, diventata quest’anno il maggior ateneo toscano. Andando di questo passo, sorge spontanea la domanda, non solo di quanti studenti attrarrà Siena, ma anche quali, se cercherà di ritagliarsi uno spazio gareggiando al ribasso.

Visto che è toscana, la ministra Carrozza dovrebbe adoperarsi affinché gli atenei della regione diano corso all’art. 3 della legge di riforma, affrettandosi a instaurare intensi rapporti di collaborazione, federando i settori e i corsi di laurea che singolarmente nei tre atenei non hanno le forze per sopravvivere (e oramai il problema temo non sia più solo di Siena), condividendo dottorati, lauree magistrali e strutture scientifiche in genere: non farlo è diabolico e criminale, essendo a repentaglio la stessa sopravvivenza di tradizioni scientifiche nell’intera regione. Inoltre la ministra dovrà spiegare ai suoi colleghi senesi cosa cavolo dovranno fare man mano che i loro corsi di laurea chiuderanno per il pensionamento di metà del corpo docente.

Il lavoro di “rilancio” di cui parla Carrozza sin qui è consistito (oltre ovviamente al mantenimento della “fuffa” in omaggio alle Loro Maestà) nel nuovo assetto basato sui megadipartimenti, una struttura inevitabilmente “monstrum” e una operazione che di per sé non risolve i problemi sopra richiamati in ordine all’offerta didattica legati ai malefici “requisiti di docenza”. Trovo però grottesco che anche coloro che furono i cantori della “grandeur” senese, oggi – da un estremo all’altro, dimenticando il giusto mezzo – teorizzino un altrettanto irrealistico ateneo ridotto a dimensione lillipuziana: nondum matura est, si direbbe, visto che nell’incapacità di pensare ed attuare soluzioni efficaci, si teorizza l’estetica della catastrofe rigeneratrice e il fuoco del Walhalla.

Anche la Lega Nord chiede le dimissioni del rettore dell’università di Siena

RiccabocchioLa delibera della Corte dei Conti Toscana fa crollare il castello di carta del Rettore Riccaboni e del Direttore Amministrativo Fabbro

Lega Nord Toscana (Segreteria provinciale di Siena). La Corte dei Conti mette nero su bianco le contestazioni sulle operazioni di alienazione (quali la vendita del Policlinico “Le Scotte” o quella del San Niccolò), in quanto «in contrasto con le norme nazionali di contabilità pubblica e gli orientamenti dell’Unione europea». La Corte ricorda, poi, che il Collegio dei revisori dei conti per gli anni 2010-11 proprio a causa della situazione di squilibrio strutturale è stato indotto «a dare parere non favorevole all’approvazione del bilancio consuntivo» e sottolinea le contestazioni operate dal MEF. Particolari critiche vengono mosse verso l’emersione di passività sommerse, di competenza di esercizi precedenti al 2011, «che avrebbero dovuto riportare i relativi impegni, nel rispetto delle procedure di legge, e la cui sussistenza, delinea ulteriori punti di criticità sugli equilibri di bilancio e sul rispetto delle procedure richieste per il loro riconoscimento». Soprattutto la sentenza rimarca come «l’esame condotto sulla gestione dell’Università di Siena evidenza squilibri strutturali tali da determinare gravi criticità gestionali e una situazione amministrativa in costante disavanzo». In particolare, sotto la lente dei giudici contabili viene posto il “Piano di risanamento” che è ritenuto «in parte non idoneo ad incidere significativamente sull’andamento delle spese e a ricondurre la gestione finanziaria in situazione di pareggio».

Parole che pesano come macigni e che avrebbero dovuto spingere il Rettore a non smentire alcunché e a tacere, soprattutto quando si vede come gli incarichi esterni sono aumentati del 274%. È questo il piano di risanamento del duo che guida l’Università di Siena? Ribadiamo, per l’ennesima volta: Riccaboni si deve dimettere e l’Ateneo deve essere commissariato. La Lega lo chiede dal 2007: forse è l’ora che qualcuno ci dia retta!

L’università di Siena è nel baratro? Contenti, altri atenei ci seguiranno!

Unisinelbaratro

Angelo Riccaboni. Il nostro Ateneo ha terminato una delicata prima fase di risanamento, che ha portato l’Università di Siena ad avere situazione finanziaria simile a quella di altri atenei. Ora inizia una nuova fase nella quale tutte le Università pubbliche saranno messe in grave difficoltà dalle criticità della finanza pubblica.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Insomma, è stata dura, ma si può ben dire che il meglio è alle nostre spalle: eravamo sull’orlo del burrone, ma poi abbiamo ricevuto una valida spinta. Soggiungerei che se qualcosa potrà andar peggio, senz’altro lo farà. Visto che la “criticità” della finanza pubblica e la progressiva deindustrializzazione del paese (che è ben più di un dato recessivo meramente congiunturale) non lasciano sperare in un radioso avvenire in cui ricomincia a piovere la manna dal cielo, da parte dello stato o fors’anco dell’impresa, diviene sempre più pressante la richiesta di un serio piano di risanamento che partendo proprio da questa constatazione, non rimuova psicoanaliticamente i problemi di cui al mio precedente post.

Federico Vercellone. Come tutte le operazioni pletoriche anche questa è fallita. In assenza di un chiaro orientamento relativo al peso e al significato dell’istruzione universitaria nel nostro Paese, si sta così giungendo all’implosione delle strutture. L’impressione complessiva è che in realtà si volesse ottenere una cosa sola: tagliare i costi.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Bisognerebbe avere il coraggio di parlare italiano e dire ciò che relmente si pensa, ovvero: “scordatevi per sempre l’ateneo “generalista”: fine dell’utopia sessantottesca”, essendo questo, a forza di spremere le leggi, il contenuto delle sedicenti riforme degli ultimi anni; ma ciò non esime le competenti autorità dal pensare in chiave strategica ad un diverso assetto del diritto allo studio e della ricerca, alla salvaguardia di competenze scientifiche e tecnologiche, alla presenza sul territorio di robusti presidi in ordine alla ricerca scientifica, pura ed applicata (non amo neanch’io la classificazione “umanistico” vs “scientifico”), ascendendo ad una visione che magari oltrepassi le colonne d’Ercole di Poggibonsi e i dogmi del neofeudalesimo incarnato dalla cosiddetta “autonomia universitaria”.

Federico Vercellone. La determinazione di criteri molto selettivi per il reclutamento che privilegino i settori di eccellenza con l’intento di limitare così anche la «fuga dei cervelli» la determinazione di criteri molto selettivi per il reclutamento che privilegino i settori di eccellenza con l’intento di limitare così anche la «fuga dei cervelli».

Rabbi Jaqov Jizchaq. A parte che parlare di “reclutamento” qui è come parlare di corda in casa dell’impiccato, giacché, nonostante le massicce uscite di ruolo, di assunzioni non ve ne sono, alle viste, se non in numero infinitesimo. Si è parlato improvvidamente di “rivoluzione” a proposito delle recenti riforme; ma le rivoluzioni vere, com’è noto, non sono un pranzo di gala: il facimmo ammuina del frenetico spostare cose da qui a lì e poi di nuovo da lì a qui, non ha molto di rivoluzionario. La tendenza degli ultimi anni, indotta dalle leggi nazionali come dai comportamenti locali poco virtuosi, salvo meritorie eccezioni, lungi dal perseguire l’eccellenza, sembra che semmai sia stata quella di favorire lo sputtanamento totale, perpetrato con palpabile disprezzo: livelli specialistici aboliti, dottorati cancellati o esistenti solo nominalmente, accorpamenti voluttuosi con conseguente profilo bassissimo dei corsi di laurea, a causa di piani di studio inevitabilmente aggrovigliati e dell’impossibilità di “verticalizzare”: cosa volete “rivoluzionare”? L’autonomia universitaria sta al dissesto finanziario dell’università, come le regioni stanno al dissesto finanziario dello stato, ma qui non siamo boni nemmeno ad abolire le province e quanto all’università, stiamo a cincischiare di frivolezze, come certi damerini della corte di Luigi XVI, ignari che per i loro colli già si affilava la lama del “rasoio nazionale”. Di quale “meritocrazia” andate cianciando, se qui il problema al centro del dibattito politico è “l’esubero dei docenti”, per quanto latiti la consapevolezza che la fuoriuscita di decine e decine di professori rende la situazione di molti comparti ben poco “esuberante”? Disfatti i corsi di laurea, soppressi vari settori disciplinari, il problema sarà, non già come favorire la meritocrazia, bensì come disfarsi dei ricercatori. Un piano di risanamento reale temo che debba prendere in considerazione i problemi, realmente “di carattere strutturale”, con i quali molto umilmente vi ho tediato, proponendo soluzioni eventualmente migliori delle mie, se ve ne sono, ma senza nascondere la testa sotto la sabbia: lusso che può consentirsi solo chi ha le natiche al caldo, la pensione certa e magari imminente.