Delle auto di servizio che, in base ai fogli di viaggio, risultavano fuori provincia mentre, invece, prendevano la multa in città si è già detto. Parliamo ora di un altro caso che vede un preside (Walter Bernardi) e un ex preside (Camillo Brezzi) della Facoltà di Lettere d’Arezzo, entrambi sotto inchiesta della Procura di Siena per peculato ed abuso d’ufficio, condannati dalla sezione regionale della Corte dei conti al pagamento di 1600 euro per uso indebito della macchina. La Finanza ha scoperto che il giovane Walter, residente a Prato, si faceva portare a casa con la macchina di servizio, per il fine settimana, i documenti riguardanti le sedute del Consiglio di Amministrazione. Inoltre, il lunedì, l’autista partiva da Arezzo e andava a prendere il docente a Firenze Certosa per portarlo a Siena. La condanna anche di Brezzi per i giudici contabili è dovuta alla «palmare evidenza che» in quanto preside «pur senza alcun diretto beneficio, ha comunque colposamente tollerato una prassi illecita i cui costi (903,24 euro) sono integralmente posti a carico del medesimo». Da ribadire che tutto questo avveniva in un periodo successivo alla scoperta della voragine nei conti. Le dichiarazioni degli illustri Presidi, oltremodo istruttive, confermano ulteriormente quanto dichiaravo il 16 ottobre 2010: «Per molti anni, nell’ateneo senese si è agito e si continua ancora ad agire per consuetudine, diventata poi prassi consolidata, senza alcun rispetto delle leggi esistenti.»
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Ma complimenti… professori ordinari che sottraggono spiccioli ad un ateneo moribondo…
Bell’esempio di comportamento per le giovani classi di docenti e ricercatori…
Al di là di rifondere il maltolto chiedere scusa non guasterebbe… Bernardi fino a poco tempo fa faceva il figo su tutti i giornali perché la Facoltà di Lettere di Arezzo era tra le migliori in italia…
Adesso agli stessi giornali non ha nulla da dire?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/22/savater-%E2%80%9Cgli-indignadosesempio-di-civilta-e-democrazia%E2%80%9D/112882/
http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-82174ddd-0b92-468d-9f47-02fbb649659c.html
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/11/toga-vinta-un-si-rigioca/71047/
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=429396&IDCategoria=1
http://rdbcubuniversitasiena.wordpress.com/2011/05/24/lettera-aperta-al-magnifico-rettore-dell%E2%80%99universita%E2%80%99-di-siena/
Che vorrà dire cari sindacati? Che ci vorrà tanta tanta mobilità di personale tecnico amministrativo (volontaria o forzata) per riequilibrare i numeri visto e considerato che di lavoro tecnico amministrativo ce n’è sempre meno riducendosi i docenti per i pensionamenti ed i corsi per la riforma Gelmini
Ma ce ne fosse uno che si assume le proprie responsabilità? I sindacati hanno premuto illo tempore per le stabilizzazioni o sbaglio? E allora… ora ci si meraviglia? Il rettore – che della trasparenza fa bandiera pre elettorale ma non post – che deve fare? Il messaggio è chiaro… abbandonare la nave…
«La Ragioneria dello Stato critica ma non offre soluzioni alternative. Tagliare corsi non va bene, vendere immobili non va bene. Allora cortesemente ci fate sapere un elenco di cose che si possono fare per risparmiare? Perché sennò è retorica…» Cal
Si dice che la “media” dei docenti è alta, ma con la mannaia dei pensionamenti non tutti i comparti sono così pingui come quelli cui Outis e Cal, pensando forse erroneamente che si tratti di un dato generale (un po’ come la notizia che l’evasione fiscale «media» è di 2.093 euro, sebbene io non sappia quando e come avrei evaso il fisco), fanno riferimento: anzi, il prezzo della saturazione e dell’ampliamento a dismisura di certuni, è stato pagato proprio con la forte penalizzazione di altri, sicuramente non meno “importanti”, e questo a prescindere dall’ “attrattività”, dal numero di studenti, dall’ “utilità” ecc. Soggiungo, by the way, che ancora non è chiaro cosa si intenda fare di coloro che ci lavoravano, docenti/ricercatori e tecnici ed auspico provvedimenti di mobilità, che però (conoscendo il mondo accademico) non potrà non essere fortemente incentivata, nel quadro di un disegno che preveda la polarizzazione a livello regionale delle diverse specialità. Dunque (per rispondere a Cal), non si può accogliere come vangelo il solito tromboneggiare di certe “étoiles” del palcoscenico senese che pensano solo al loro “particulare”, additando come cura, semplicemente la soppressione degli insegnamenti, dei corsi di laurea e dei dipartimenti altrui: al contrario, condivido fortemente quanto scrive Antonio, ossia (parafrasando a modo mio) che occorre assumere la responsabilità di una scelta soggettiva ben motivata, conseguente all’individuazione di settori strategici irrinunciabili, gettando la maschera di una opportunistica “neutralità” che affida la decisione “al caso” e all’anagrafe. Certe generalizzazioni che si odono, mi sanno tanto di raggiro: incarnano cioè il punto di vista di chi in passato ha meglio consolidato le proprie fortificazioni e rimpolpato le proprie guarnigioni (fatto che, insisto, poco ha a che vedere con l’utilità, o persino col numero di studenti), al punto da poter rinunciare di buon grado ad una quota di personale, senza per questo dover smantellare tutto l’ambaradan; né capisco come si possa accettare a cuor leggero di smantellare settori basilari, come fossimo pervasi da una specie di cupio dissolvi, prima di aver risolto patologie come quelle su cui pone l’accento Outis.
«E di tutta una serie di corsi equamente suddivisi tra Lettere di Siena e Lettere di Arezzo…» Outis
…. sarà il tema del doppio, evidentemente caro ai letterati (da Plauto al dottor Jekyll & mister Hyde 😉 …), ma qual è il disegno dietro a questo sconcertante tirare una corda che è già in procinto di rompersi? Tornando con ciò all’ “affaire” aretino, è acclarato che non ci sono le forze, in termini di docenza e/o numerosità degli studenti, per tenere in piedi decentemente due Facoltà gemelle, giusto? Intendo bene? Allora non capisco perché si concedano ancora allegramente raddoppi, di corsi di laurea, come di dipartimenti, soprattutto avendo la consapevolezza che in tal modo si reca nocumento grave alla casa madre senese e che (tutti lo dicono, in camera caritatis) i bizzarri ordinamenti usciti dall’ultimo “maquillage”, tra l’altro sulla base di criteri del tutto disgiunti da quelli che presiedono la costituzione dei futuri dipartimenti, avranno vita effimera.
«Bisogna mantenere l’attrattività con la qualità; infatti con il risanamento non si deve incidere sulla qualità della didattica, altrimenti non ci saranno più studenti disposti ad allontanarsi migliaia di kilometri da casa per frequentare la nostra Università». Riccaboni
…insomma …a me pare che siano in forte sofferenza molti comparti di base e non i “corsi inutili”: il che rende l’ateneo decisamente meno attraente e determina la fuga di studenti a frotte. Nel caso citato da Outis, mi par di capire, la questione è addirittura cervellotica: si dà luogo a una “reductio ad unum”, realizzando una sorta di patchwork, attraverso accorpamenti interni a ciascuna delle due facoltà, invece di accorpare le facoltà stesse per mantenere in piedi almeno i corsi di laurea fondamentali; benché qualche matematico si possa risentire, chiamando in causa un celebre paradosso circa il “doubling the ball”, ritengo di poter asserire che dividere un’automobile con la sega elettrica e poi riassemblare alla meno peggio i pezzi non è il modo più razionale per realizzarne due; quello che si ottiene e che si intravede dietro le copertine patinate dei depliants che propagandano “la meglio facoltà dell’orbe terracqueo” assomiglia ad un villaggio nel “selvaggio West” ricostruito a Cinecittà, con facciate di cartone: dove va l’università di Siena con questa politica?
Sempre all’avanguardia, del resto, nel recepire ed implementare le novità più catastrofiche; non v’è chi non veda infatti che, mentre la retorica ufficiale ci parla di rifondazione dei dipartimenti sulla base delle affinità disciplinari (e valli a trovare trentacinque studiosi “affini”, “omogenei ed integrati dal punto di vista della ricerca”), oramai, e non da ora, la via pratica con cui da decenni si persegue la distruzione dell’università italiana in generale, è quella di strane ed illogiche ibridazioni, sorta di “struthocamelus” o “camelopardalis” da bestiario medievale: non so per quanto tempo ancora toccherà sopportare quel frivolo sociologismo tuttologico che oramai comanda bipartisan dal centro alla periferia, da destra a sinistra, proclive agli orgiastici agglomerati, ostile alla vituperata “competenza”, aduso perciò a confondere il cazzo con l’equinozio ed ignaro di cosa significhi “la ricerca” in senso proprio: di quanto sia cioè difficile acquisire uno standard e di quanto sia grave interromperne la filiera, che comincia, appunto, dalla buona didattica.