C’è differenza tra il “piano di risanamento” di Focardi e quello di Riccaboni? No! Nessuno dei due rettori dell’Università degli Studi di Siena è stato in grado di predisporre, come obbliga la legge, iniziative idonee al rientro dal disavanzo d’amministrazione. Inoltre, puntando esclusivamente al prepensionamento indiscriminato dei docenti e alle dismissioni immobiliari, non si riporterà in equilibrio la gestione finanziaria dell’ateneo senese neppure nel 2016. È per questo che il Ragioniere Generale dello Stato ha censurato il piano di risanamento di Focardi e, conseguentemente, quello di Riccaboni. Allora, che senso ha che il rettore vada in giro ad illustrare alla comunità accademica un piano di risanamento, inefficace, dannoso e, per giunta, bocciato dai Ministeri competenti? Sta di fatto che nel consiglio della Facoltà di Medicina – presente anche il personale tecnico ed amministrativo – rettore e direttore amministrativo hanno diffuso un ingiustificato ottimismo dichiarando che nel 2012 e 2013 ci potrebbero essere le condizioni per la presa di servizio dei docenti risultati idonei nei concorsi per professore associato ed ordinario. Peccato che tali edulcorate previsioni fossero smentite proprio dai dati che il magnifico faceva scorrere sullo schermo alle sue spalle! È del tutto evidente che senza un preventivo risanamento strutturale del bilancio e un ridimensionamento dell’ateneo non ci sarà futuro per la nostra università. Inoltre, la fuoriuscita naturale dei docenti, aggravata dalla politica scellerata dei prepensionamenti, pone, come dice il Cun, «un pesante problema di continuità culturale, scientifica, didattica e organizzativa» al nostro ateneo. Al punto che, in alcuni settori scientifico-disciplinari, sarebbe necessario incentivare la permanenza in servizio dei docenti e non il loro pensionamento. Tutto questo è così evidente che un rappresentante del personale tecnico ha chiesto: «ma come pensate di attrarre gli studenti, se mandate in pensione i docenti? Chi farà lezione?». Ebbene, la domanda è rimasta senza risposta mentre sullo schermo appariva il disavanzo di competenza cumulato al 2015: 23 milioni d’euro di deficit; a condizione, però, che il 60% dei docenti che ne ha i requisiti accetti il prepensionamento e che l’ateneo incameri 50 milioni d’euro con le dismissioni immobiliari. Altrimenti il disavanzo di competenza al 2015 sarà di 99,6 milioni d’euro. Che dire? Demagogia? Dilettantismo? Insipienza? Oppure i docenti sono considerati dei creduloni?
Articolo pubblicato anche da:
– Il Cittadino online (25 maggio 2011). Università di Siena: ancora in attesa di un piano di risanamento. (Alla presentazione di Unisi2015 i numeri fanno a cazzotti con le affermazioni del rettore Riccaboni).
– Fratello Illuminato – Il blog (25 maggio 2011). Riccaboni e Fabbro: ma che girate a vuoto?
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Ancora con sta storia della politica scellerata dei pensionamenti? Ma lo volete capire che non ci sono più i soldi per gli stipendi? Allora chi si manda via? Uno che ha 65 anni e un signor stipendio – con relativa pensione – o un giovane neoassunto che guadagna un terzo dell’anziano quando va bene?
Capisco che il ridimensionamento dovrebbe essere svolto razionalmente ovvero guardando ai corsi inutili ed evitando lacune sui settori disciplinari ma qui ci vogliono misure drastiche se non vi fosse chiaro… qui stiamo operando un paziente moribondo e voi vi preoccupate che le eventuali cicatrici rimarranno visibili… intanto non facciamolo morire e poi al resto si rimedierà se ne avremo la possibilità… se tanto l’offerta va ridotta e l’ateneo ridimensionato il criterio economico/finanziario è l’unico che ci consente di ripartire… doloroso ma inevitabile.
Ripeto quello che ho detto più volte… per alcuni ancora la situazione non è chiara… soprattutto per gli anzianotti un po’ incollati alla sedia…
http://www.radioradicale.it/scheda/327482/un-cittadino-perseguitato-dal-sistema-politico-senese-intervista-ad-adriano-fontani
Grazie a Lorè che ancora una volta dimostra di non temere né di vergognarsi di stare pubblicamente accanto o difendere un eretico, nella sua stessa città. Solo una piccola parte degli abusi (omissioni) che subisco a 360° dalle locali Istituzioni da 6 anni ho potuto elencare ma, come avete sentito, con data, ora, luogo, nomi e cognomi, anche più che eccellenti. Presto da Radio Radicale dovrei aver altri spazi. Tra pochi giorni sarà pubblicata sul mio caso la 3° interrogazione parlamentare (5 in tutto) al Ministro della Giustizia in 8 mesi (oltre alle 2 precedenti al MPI-MIUR del 2005 e del 2008).
“Giustizia senese” sempre più sotto vetro (la stessa che sapeva e non indagava da anni sul “maxibuco” dell’Università?)!
Tanto più quando, senza insultare alcuno (“favore” che certi magistrati non meritano proprio), si espongono verità assolutamente certificate da inoppugnabile documentazione già in mio possesso.
Adriano Fontani
Fai clic per accedere a 26SIU4014_31.pdf
cal scrive:
6 maggio 2011 alle 14:04
«sì ma anche qui basta generalizzare io capisco che ci siano alcuni anziani docenti ancora molto validi e capaci, ma ho qualche dubbio che siano tutti così. In testa ne ho tanti che farebbero bene a togliersi dalle scatole visto e considerato che non fanno bene né didattica né ricerca… e siccome tutti questi anziani hanno una bella pensione pronta e decorosa… tutti a casa… e potranno continuare a lavorare quelli validi e gli altri coi nipoti… se si chiude qualche corso di laurea pace… tanto vanno chiusi comunque perché non ci sono mica tanti studenti…»
«…se tanto l’offerta va ridotta e l’ateneo ridimensionato il criterio economico/finanziario è l’unico che ci consente di ripartire… doloroso ma inevitabile.»
cal scrive:
25 maggio 2011 alle 12:44
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Cal, sono parzialmente d’accordo con te: mi rendo conto che il sito senese è diventato per molti suoi dipendenti (docenti e amministrativi) oramai poco più che uno sportello ove prelevare mensilmente lo stipendio. Non tutti mostrano l’attaccamento e la dedizione (la germanica “Beruf”) verso il proprio mestiere del prof. Loré o del prof. Grasso. E siccome “Natura abhorret a vacuo”, per una sorta di vasi comunicanti, il potere lasciato vacante dall’atteggiamento accidioso dell’uno, è occupato dalla bramosia di potere del’altro; in tal modo si spiegano certe discutibili “fortune”, create dalla risolutezza di certuni, unita alla mollezza di altri. Tuttavia insisto che qui stiamo perseverando in un equivoco irritante: al prepensionamento degli anziani non fa immediatamente seguito l’immissione di forze fresche; dunque spesso la fuoriuscita di molti docenti vuol semplicemente dire chiusura delle cattedre: vuol dire interrompere tradizioni e filoni di ricerca (laddove si siano instaurati), cacciare studenti in massa e mettere in seria difficoltà un bel po’ di docenti più giovani, oramai senza terra e senza futuro, a prescindere da qualsiasi considerazione di tipo “qualitativo”: forse tutto ciò è “inevitabile”, come dici tu; forse semplicemente non te ne frega niente, ma almeno prendiamone atto senza sberleffi, giacché ne vedremo l’effetto a breve sulle iscrizioni; terrai magari tra i piedi dei coglioni emeriti in triplice o quintuplice copia a grattarsi, e chiuderai alcune delle non molte specialità che hanno dato lustro a questo ateneo e non mi pare che sia il caso di affrontare la questione con dileggio.
“Last but not least”, è la stessa ragioneria dello stato, e non solo questo blog, che fa notare come la politica di prepensionamenti, di per sé, rischi di minare pericolosamente la qualità della didattica e della ricerca. Chi assicura, del resto, che non sopravviva la ciofega e magari vengano annichiliti comparti di comprovato valore e disperse preziose competenze, sia scientifiche che tecniche? In ogni caso, caro Cal, “noi” chi facciamo fuori? Chi fai fuori tu? Per esempio te stesso? Per esempio me? La situazione è grave, ma non seria: mentre nella casa madre vendiamo i gioielli di famiglia, stiamo ancora a parlare di doppioni e sedi distaccate! Se poi si decide di far sparire dolo(ro)samente interi comparti, visto che l’esecuzione sommaria di chi ci lavora non è nei poteri del Magnifico, si dia almeno seguito ai princìpi contenuti nella nuova legge con un “tana libera tutti”, trasferendo altrove gli studiosi (visto che per quanto riguarda gli studenti, già stanno provvedendo da sé) rimasti orfani: non già dove abbiano bisogno di meri “numeri”, di pedoni da sacrificare nella scacchiera del riassetto dei dipartimenti (assisto con sereno disincanto, all’esercizio oramai quotidiano dello sciorinare delle “formazioni”, come tanti Bearzot…), bensì, realmente, di professori e di ricercatori capaci di fare qualche cosa di utile nel proprio campo. Ripeto ancora che nel leggere o nell’udire le solite manfrine per cui “stiamo-tagliando-i-corsi-inutili”, quelli cioè sul ciuco amiatino o sul bue muschiato, oppure quelli con due studenti, sebbene anche i sassi oramai comprendano che le logiche prevalenti non sono queste (vedi appunto i casi delle sedi distaccate) e che della qualità della didattica, e soprattutto della ricerca, in questa fase non frega un’emerita mazza a nessuno, mi vien voglia di metter mano al Kalashnikov: nel dibattito attorno a queste faccende, si incunea troppo spesso la incoscienza di certi campioni di superficialità che, avendo (culturalmente parlando) appena conquistato la stazione eretta, giudicano “inutile” anche la Matematica! Il riferimento, by the way, non è casuale, se è vero quello che ho udito, ossia che sparisce persino il dipartimento matematico “Roberto Magari”: questo ateneo dunque sta facendo a pezzi anche la propria memoria e dalle ceneri di uno smemorato, di certo non rinascerà alcun “vendicatore”, checché ne dica Virgilio. Tutto ciò è drammatico: come si può presentare l’eliminazione di settori considerati di base ovunque sussista una parvenza di università, con leggerezza, alla stregua di una mera operazione di riordino? Se la razionalità è questa, tornano utili le parole di Musil: “chi tenti oggi l’impresa di parlare della stupidità corre il rischio di rimetterci le penne in tanti sensi. La cosa potrebbe interpretarsi come arroganza o addirittura come strappo al progresso contemporaneo.”
In un paio d’anni (Mussi+Gelmini) sono stati cancellati qui a Siena, dapprima una trentacinquina, poi una venticinquina di corsi di laurea e non è finita: ce n’est q’un debut, giacché è certo che molti altri seguiranno, a prescindere dalla loro “importanza” e i nascituri “dipartimenti” saranno, contrariamente a quanto si va dicendo, strutture disomogenee pensate principalmente per la didattica, che erediteranno il carattere cinobalanico dei corsi di laurea sorti dalla recenti riforme. Sicuramente tra ciò che si è soppresso vi saranno state anche alcune cose la cui esistenza non era più giustificabile, ma non v’è chi non veda che diversi tra quelle che anche in questo blog furono additate come inutili idrovore succhiadanaro, sono ancora lì e non mi pare che sostanzialmente sia l’utilità, o la significatività, dal punto di vista scientifico e culturale, che presieda in generale alle dolorose amputazioni: se non si può cambiare il corso degli eventi, caro Cal, almeno si cambi retorica!
Il blog è nato e cresciuto per ricercare e informare sul disastro criminale del nostro ateneo, aggravato dalla mancata informatizzazione e dalla pletora impiegatizia: non si cacciano e puniscono i rei cui andrebbero sequestrati i beni, ma si mettono alla porta i più esperti ed anziani tra i docenti invece di risarcirli per i danni morali e materiali subiti!
…sembra di arguire che un qualsiasi balordo, manigoldo, criminale può, indisturbato e nella piena certezza di restare impunito, mettersi a saccheggiare le casse dell’ateneo senza che nessuno gli chieda conto delle sue azioni criminose, né lo costringa a restituire il maltolto! E questa la situazione? Sì?? Perché allora la discussione sulle “alchimie” di risanamento mi par quanto meno superflua (per non dir “accademica”). Capisco e apprezzo il garantismo di alcuni, ma se ogni volta dobbiamo aspettare le “carte” e tre gradi di giudizio e nell’attesa lambiccarci il cervello sulle modalità del risanamento credo proprio non si vada da nessuna parte! Cosa si deve fare per esser cacciati da questo ateneo con ignominia e costretti a risarcire i danni? Ammazzare la mamma?
Non è così, non qualsiasi individuo, e neppure una banda ben organizzata esterna può saccheggiare una accademia universitaria, né può farlo un singolo o un gruppo interno non di vertice: pensaci bene Nik!
Chiunque da fuori o da dentro avesse provato a mettersi in tasca un centesimo dell’ateneo sarebbe stato messo alla pubblica gogna seduta stante senza attendere alcuna iniziativa giudiziaria…
La storia senese dimostra che un così sguaiato saccheggio è stato possibile perché per anni i vertici accademico-amministrativi indisturbati e incontrollati han potuto far carne di porco.
Prof Lorè non tutti sono come lei e Grasso.
Se comunque vi sono docenti anziani che andranno in pensione tra 2-3-4 anni la perdita di competenze è comunque all’orizzonte. Oggi si ha la possibilità di continuare ad avere la persona ma senza pagarle più lo stipendio. E siccome i conti sono asfittici magari è un beneficio. È solo un anticipare quello che sarà inevitabile. Se io sono 68enne unico prof di eziologia del bue muschiato che me ne vada oggi o tra 2 anni sempre sguarnito lascio il settore perché ad unisi non si assume. Solo che se lo faccio oggi posso garantire l’insegnamento e la ricerca per due anni sgravando i conti di oltre 100mila all’anno… se resto comunque mi deve essere pagato lo stipendio – non notate un certo egoismo?
Rabbi – ho dovuto stampare e rilegare il tuo intervento per leggerlo per cui perdonerai se non rispondo a tutto. Partiamo da questo: tutti gli atenei stanno riducendo i corsi – e allontanando i precari i quali reggevano la baracca siamo onesti.
Ora il calo delle iscrizioni è fisiologico per Siena anche di più dal momento che siamo l’esempio negativo italiano. Allora “rottamare” può essere un segnale anche politico – basta vecchio diventiamo nuovi – è chiaro che non assumiamo, non assume quasi nessuno. Però svecchiamo e come ho detto 30mila volte chi vuole può continuare ad avere il suo corso, la sua stanza, la possibilità di fare ricerca… quale è il problema? Tanto tra qualche anno sempre in pensione dovranno andare…
La Ragioneria dello Stato critica ma non offre soluzioni alternative. tagliare corsi non va bene, vendere immobili non va bene. Allora cortesemente ci fate sapere un elenco di cose che si pososno fare per risparmiare? Perché sennò è retorica…
Senza scendere in dettagli sapppi che per unisi il sottoscritto ha fatto diversi sacrifici nel tempo – che ci ha rimesso soldi e fatica e tuttora la sostiene pur a distanza.
Omminnnient’
La gestione criminale continuativa, compatta e protratta dell’ateneo senese è possibile nella generalizzata collusione ed omertà e nella più oscena sistematica negazione della delittuosa natura del disastro accademico locale: mai una parola di ammissione della realtà da parte dei quattro ultimi rettori protesi a disprezzare i rari soggetti non disposti a simili pantomime!
Siena rappresenta un poco fulgido esempio della trasversalità dei comportamenti criminosi nella pubblica amministrazione, che prosperano anche là dove il berlusconismo apparentemente non impera: la Puglia di Vendola-Tedesco-Frisullo lo attesta in un trionfo di bieco squallore e turpe spreco.
“…Poi invece leggi i verbali del politico dalemian-pugliese Sandro Frisullo e ti torna lo “spleen”. L’intraprendente Giampi Tarantini si racconta ai magistrati costretto a rivestire il vice-presidente della giunta regionale come un orfanello: due cappotti “Burberry” (il secondo dopo il furto del primo), un cappello sempre “Burberry”, due abiti, un paio di scarpe Church’s di camoscio marrone, camicie, due cravatte, un cappotto di cachemire grigio. Frisullo si difende in modo buffo. Dice che lui aveva scelto il cappotto, e al momento di pagare Giampi ha detto “faccio io”. E lui, con dignità, ha deciso di prendere anche il cappello coordinato. Ed è su questo dettaglio che uno si interroga sui destini della sinistra e del Paese.” Giorgio Meletti
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/26/cioccolata-e-ipad-la-strategia-del-regalino/113793/
Atenei, Ospedali, Regioni sono in mano a soggetti i cui profili umani prima che istituzionali risultano indegni di rispetto, saluto e sorriso, atti non attribuibili a chi non dovrebbe far parte di un civile consesso, dove invece viene “eletto”, plaudito e privilegiato, tra furti e furberie…
Cosimo Loré
Il motto degli “indignados” spagnoli è…
Ci pisciano addosso e ci dicono che piove
http://a100milionidiannilucedallaterra.myblog.it/archive/2011/05/27/ci-pisciano-addosso.html
http://www.dillinger.it/stipendi-parlamentari-58603.html
…qui da noi in Italia grandina! L’or è!
Caro Maestro Mario Monicelli,
la rivoluzione che invano invocavi in Italia
l’hanno fatta i tanti popoli più veri e vivi
delle sabbie nord-africane e medio-orientali
e della caliente terra spagnola… era ora!!
Nel microcosmo senese strisciano zelanti gli esecutori di irricevibili “riforme” e sempre l’università dimostra d’esser sito di servi, codardi e infingardi, ieri, oggi e domani…
Cal, cè un piccolo problema: i prepensionamenti sono un imbroglio per la collettività.
Mandare in pensione (o a lavoro ridotto) gente in grado di lavorare, pagandoli come se restassero al lavoro a tempo pieno, vuol dire che le casse dello stato (cioè i contribuenti) dovranno sobbarcarsi esattamente la stessa cifra che se restassero in servizio, avendone in cambio meno lavoro e meno servizi. Che i soldi vadano per le pensioni o per gli stipendi cambierà la cosmesi dei bilanci ma non la sostanza delle cose per chi paga: dal suo punto di vista è solo un trucco contabile per mettergli le mani in tasca. Chiamare questo un risanamento mi pare cozzi con la logica: a me sembra più una presa in giro.
Ora, io capisco che una università in dissesto economico non possa far a meno di chiedere alla collettività di venire in suo aiuto (e credo anche che la collettività glielo debba concedere), ma credo che lo debba chiedere col cappello in mano, offrendo in cambio lavoro, servizi, prospettive. Non offrendone meno.
saluti scettici,
Sesto Empirico
Esattamente la stessa cifra no. E comunque un conto è affaticare un ente abbastanza sano come l’inpdap/inps un conto è gravare su un moribondo. Lo capisco da me che si toglie da una parte e si mette dall’altra ma l’altra è più sana. E qui siamo in emergenza.
Perché vendere il Sanniccolò all’Inpdap per il valore del debito e riaffittarlo per 24 anni in modo che il totale sia pari che cos’è? È solo un modo per sollevare dalla difficoltà un ente che ha problemi… anticipare l’Ffo? idem…
Io penso che la comunità vedrebbe favorevolmente uno svecchiamento. Secondo me politicamente sarebbe un argomento forte. Spostiamola sulla moral suasion. Ricordo un bell’intervento del Prof. Basosi che disse: signori è chiaro che le responsabilità individuali ci sono e vanno individuate e sanzionate ma moralmente noi docenti siamo responsabili perché siamo stati noi a chiedere chiedere chiedere posti… assistenti, personale, strutture… moralmente il crac è colpa anche nostra…
Chiaro che è un discorso provocatorio perché io chiedo se la struttura è sana mi ferma dove non ci sono soldi a sufficienza non mi dice sì e mi fa procedere… ma è la componente morale che è rilevante nel discorso perché lo stato attuale di unisi o dell’università italiana non è certo colpa dei giovani che vi entrano adesso…
E moralmente è colpevole chi ha fatto ma anche chi ha omesso di reagire, chi ha avallato ecc. ecco perché persone come Grasso che hanno costantemente denunciato sono da rispettare…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/27/ce-del-marcio-nella-pa-anche-a-sinistra/114163/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/27/lettera-a-obama-su-b-%E2%80%9Cnot-in-my-name%E2%80%9D/114190/
Lettera aperta del Movimento NoTav alle Forze dell’Ordine.
“Il Movimento No Tav lancia un appello ai cittadini in divisa che dovrebbero mettere in pratica quanto richiesto dalla politica. Il mondo politico e imprenditoriale auspica con bellicose dichiarazioni una soluzione “militare da parte delle Forze dell’Ordine” per liberare entro il 31 maggio l’area de La Maddalena per non perdere il finanziamento europeo alla nuova, inutile e devastante linea ferroviaria Torino Lione… Invitiamo tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine di qualsiasi corpo e grado a riflettere profondamente sulla situazione e sulle cause che l’hanno originata. Siete chiamati a facilitare con la forza l’avviamento di un progetto voluto dalle lobby politico/imprenditoriali/mafiose al solo scopo di poter mettere le mani su centinaia di milioni di euro di denaro pubblico.
Nessuno di quelli che vi chiedono di intervenire è mai venuto a spiegarvi a cosa serve il TAV, avrete solo sentito dire che è indispensabile per il futuro dell’Italia anche perché è l’unica giustificazione che hanno dopo che il Movimento No TAV ha smontato scientificamente una dopo l’altra tutte le false motivazioni che avevano presentato. Siamo un movimento di cittadini determinati ma pacifici: non abbiamo mai distrutto vetrine o incendiato auto, abbiamo sempre e solo difeso il nostro territorio e il futuro della nazione e dei suoi cittadini, voi siete chiamati a difendere per un piccolo stipendio gli interessi di affaristi che – nel nome del progresso! – si nascondono dietro il paravento dei ruoli che occupano nello Stato e nell’imprenditoria. In uno Stato normale il ministro dell’Interno non dovrebbe essere un pregiudicato condannato in via definitiva a 4 mesi e 20 giorni proprio per “Resistenza ed Oltraggio a Pubblico Ufficiale”, il presidente del Consiglio non dovrebbe essere inquisito per avere – tra l’altro – favorito la prostituzione minorile, i Sottosegretari non dovrebbero essere collusi con la camorra, l’Organismo Lotta Anti Frode dell’Unione Europea non dovrebbe aprire inchieste sul TAV. In uno Stato normale le Forze dell’Ordine dovrebbero essere messe in condizione di lavorare al meglio nel contrasto alla criminalità, le scorte ed i relativi mezzi essere impegnati per proteggere chi ne ha bisogno e non per sollazzare attori ed escort…
In uno Stato normale le Forze dell’Ordine non dovrebbero essere impegnate a tempo pieno per reprimere le proteste dei lavoratori che hanno visto delocalizzare le fabbriche, degli studenti e degli insegnanti che difendono la scuola pubblica, le manifestazioni delle popolazioni soffocate dalle discariche, le giuste proteste di chi non vuole morire a casa propria per le scorie nucleari e, per finire, chi da ventidue anni difende il proprio territorio da un’opera inutile, insostenibile economicamente e ambientalmente devastante. Stiamo lottando per tutti gli italiani e anche per gli altri cittadini dell’UE, vogliamo impedire che la devastazione economica originata dal TAV distrugga le finanze statali e gravi sulle generazioni future, compresi i vostri figli.
Noi non arretreremo di un centimetro dalle nostre posizioni, la Maddalena è diventato un simbolo tra chi difende la propria dignità e il proprio territorio e chi vuole rapinare l’Italia. Per questo ci siamo presi la responsabilità di presidiare l’area de La Maddalena e di difenderla con tutti i mezzi disponibili. Concludiamo invitandovi a riflettere bene ancora una volta sulle reali motivazioni di chi vi chiede di intervenire per sgomberare con durezza cittadini impegnati legittimamente a difendere non solo casa propria ma l’intero Paese dalla distruzione ambientale ed economica. Né qui né altrove.”
@ Sesto empirico: «Mandare in pensione (o a lavoro ridotto) gente in grado di lavorare, pagandoli come se restassero al lavoro a tempo pieno, vuol dire che le casse dello stato (cioè i contribuenti) dovranno sobbarcarsi esattamente la stessa cifra che se restassero in servizio, avendone in cambio meno lavoro e meno servizi.»
In quanto dici c’è un’assunzione fallace e un errore.
L’errore l’ha spiegato Cal: il “peso” sui contribuenti non varia, anzi si riduce e può permettere di sollevare le sorti di un ente, anche quello pagato dai contribuenti.
L’assunzione fallace è che la gente che va in pensione sia in grado di lavorare. Forse, in parte. Ma molti no, non più. Lo dimostrano i numeri. In Italia, dove vale solo la progressione di anzianità, il 22% dei docenti è sopra i 65 anni.
In altri paesi è inferiore. Negli USA, dove non c’è limite di età, ma si resta se si è in grado, appunto, di lavorare (pubblicare, ottenere fondi, gestire un gruppo etc…), solo l’8% dei docenti ha più di 65 anni. Questo dimostra che il 3/4 dei docenti italiani sopra i 65 anni non sono in grado di lavorare. A meno che non si voglia pensare ad una maggiore capacità genetica dei docenti italiani…
Poi ognuno di noi conosce la propria realtà, nei dipartimenti, e si può fare la propria idea.
Ultima nota su quanto dice Cal, ovvero che i prepensionamenti sono necessari. È vero, lo sono. Nello stesso tempo dovrebbero essere fatte politiche di investimento, per tenere in piedi i settori che l’università di Siena ritiene strategici. E per decidere quali siano questi settori, va superata la logica sindacalista dell’accontentare tutti, che porta necessariamente alla legge della giungla, del sopravvive il più forte.
@ antonio «L’errore l’ha spiegato Cal: il “peso” sui contribuenti non varia, anzi si riduce e può permettere di sollevare le sorti di un ente, anche quello pagato dai contribuenti.»
Probabilmente è colpa mia che sono duro a capire. Ma se i prepensionati fra pensione e contratto continuano a prendere la stessa cifra, non vedo come il contribuente (che paga entrambi) possa risparmiare.
«Negli USA, dove non c’è limite di età, ma si resta se si è in grado, appunto, di lavorare (pubblicare, ottenere fondi, gestire un gruppo etc…)»
Ho l’impressione che anche tu a fallacie logiche non scherzi.
È verissimo che in America ti cacciano se non lavori, indipendentemente dall’età. È anche vero che la maggior parte dei professori se ne va in pensione prima dei 65 anni.
Ma quali siano i passaggi logici tramite i quali tu concludi che bisogna cacciare i sessantenni a prescindere dalla loro capacità di lavorare mi sfugge, tant’è che non mi risulta che in alcuna università americana viga una regola del genere. Si facesse come loro e si cacciassero quelli che non lavorano indipendentemente dall’età e magari senza dargli anche un premio a spese dei contribuenti, no?
Sesto Empirico
scettico
Come li selezioni quelli che non lavorano?
La logica, fatta con l’accetta lo ammetto (ma su quale collo pesa ora l’accetta?), si basa sul fatto che anche pensionando ora tutti gli over 65, si manderebbero a casa 3/4 di professori non produttivi. Certo, 1/4 validi rischierebbero la stessa sorte; ma su questi si possono trovare soluzioni (es. contratti a tempo determinato).
@ Antonio «Come li selezioni quelli che non lavorano?»
Come nel resto del mondo: sulla base di quello che serve e di quello che sanno fare. Tu stesso hai citato gli USA.
«Certo, 1/4 validi rischierebbero la stessa sorte; ma su questi si possono trovare soluzioni (es. contratti a tempo determinato).»
A parte il sistema di ragionamento “un tanto al chilo” che mi ricorda le peggiori trovate del ministro Mussi (quello della piramide), il mio
problema non è il fatto di mandare via gente valida. È che si diano dei soldi dei contribuenti a qualcuno per non farlo lavorare.
Sesto Empirico
scettico
Allora non ci capiamo…
Non è vero che gli si danno soldi dei contribuenti per non farli lavorare. Perché col prepensionamento tutti questi anziani ma validi scienziati possono lavorare… possono insegnare… possono fare tutto solo che la pensione gliela paga l’Inpdap rispetto alla quale avranno versato dei contributi.
Ignoro la tua posizione Sesto dentro unisi ma se non ti fosse chiaro il rischio è il default cioè il non pagamento di stipendi per tutti… e tu ti stai a preoccupare di togliere la scrivania a gente di 68 anni che comunque avrebbe una pensione più che dignitosa…?
Ma per favore…
Può essere utile la lettura del seguente articolo sui Mille e i relativi (numerosi e articolati) commenti, dove le questioni e obiezioni poste da Sesto Empirico e altri sono già state largamente eviscerate.
http://www.imille.org/2010/06/se-i-baroni-difendono-se-stessi/
La gente valida la si riprende, se si vuole (e se l’unviersità vuole): con contratti a tempo determinato ad es, gli stessi che hanno dato a noi (a noi non pagati, spesso). Magari ad un ordinario si può dare di più. Il regolamento sul prepensionamento già lo prevede.
(25kiloeuro all’anno + 5kiloeuro per ogni anno successivo).
Sulla “selezione di chi lavora” neanche rispondo. Abbiamo già avuto esempi storici dell’impossibilità di qualunque pratica di tal fatta, fino a quando vige un costume tipicamente sindacalista del “tutti uguali”.
@ antonio «Sulla “selezione di chi lavora” neanche rispondo. Abbiamo già avuto esempi storici dell’impossibilità di qualunque pratica di tal fatta, fino a quando vige un costume tipicamente sindacalista del “tutti uguali”».
Ma come, prima dici “facciamo come in USA”, poi scrivi che non si può fare? Mettiti d’accordo con te stesso…
Io non nego che la situazione dell’università di Siena sia disperata. Dico solo che proprio per quello bisogna evitare di fare stupidaggini, e mi limito a sollevare due questioni terra-terra di aritmetica e di logica elementare, di quella che tutti possono capire.
La questione di aritmetica è che se io, contribuente, invece di pagare X euro di stipendio a uno per insegnare 120 ore e fare tutta una serie di cose gliene pago Y di pensione e Z di contratto (dove Y+Z=X) per farne una sessantina, ci rimetto di brutto. E se qualcuno cerca di farmi credere che in questo modo sta risanando i conti mi sento preso in giro.
La questione di logica elementare è che se è vero che rendendo il sistema competitivo i più anziani se ne andranno prima, questo non vuole affatto dire che mandando via gli anziani il sistema diventerà competitivo.
C’è la stessa differenza fra dire che quando piove c’è più gente con l’ombrello e dire che se molti escono con l’ombrello faranno piovere.
La tua logica è del secondo tipo.
Il tuo link non rimanda a nulla che risolva queste questioni: che i vecchi inutili vadano mandati via non mi pare di averlo mai negato: se sono inutili, però, non diamogli un premio a spese della collettività e se non lo sono, teniamoli.
@ cal: non ci prendiamo in giro. L’inpdap non paga coi soldi messi da parte coi contributi, paga coi soldi pagati via via con le tasse. I contributi sono fittizi.
E non capisco perché tu non sia d’accordo quando sto sostenendo due cose che tu da tempo hai sollevato e che trovo giustissime: 1) Che le dismissioni di personale non devono seguire criteri anagrafici ma di utilità e qualità e 2) che va messo in chiaro con i contribuenti se, in che modo e a che condizioni sono disposti a dare all’università di Siena i fondi di cui necessita per sperare di riprendersi.
E se la risposta fosse che ciò che si vuole è una maggiore produttività e se l’università fosse in grado di fare proposte credibili, ad esempio, di poter mandare in pensione i docenti improduttivi che abbiano raggiunto una certa età/contributi o che abbiano altri redditi di lavoro sufficienti (ad esempio i non pochi professionisti per i quali lo stipendio che affossa l’università è poco più che “argent de poche”) senza dargli premi aggiuntivi, non vedo perché le forze politiche dovrebbero negarglielo.
Se invece il mondo universitario pensa come Antonio che la competitività non si può ottenere, non vedo perché qualcuno dovrebbe prendersi la briga di salvarlo.
saluti scettici,
Sesto Empirico
Mi pare che quanto ho scritto sia chiaro. In particolare ho preso l’esempio Usa per confrontare i numeri, non per importarne il metodo. Che Sesto Empirico usi questi trucchetti cercando di deligittimare la controparte è un’evidenza che lascio giudicare a chi legge.
Tutte le obiezioni, come ho detto trovano risposta nel sito indicato.
Sulla fiducia nella possibilità di migliorare la nostra università: se non l’avessi non parteciperei alle iniziative dei non strutturati, non avrei cercato di contribuire a migliorare la situazione con un punto di vista diverso dall’accademia partecipando alla commissione Statuto e interagendo con le istituzioni e cercando di rappresentare la voce non ascoltata e fastidiosa di assegnisti e ricercatori precari.
Se vogliamo migliorare, non limitiamoci a criticare.
Mi confronto volentieri sulle questioni pratiche, alcune legittime, sollevate da Sesto.
No io ho sostenuto una cosa diversa… cioè che sarebbe auspicabile fare così ma la situazione non ce lo consente…
Facciamo una bella commissione di ordinari che stabiliscano chi di loro non lavora adeguatamente e debba essere eliminato… così per il giorno della fine del mondo saremo sempre là a discutere.
E fa vergogna che ordinari che non hanno più nulla da dire e da dare si ostinino a permanere così come gli altri… moralmente se ne dovrebbero andare prima chi può tanto il sistema di regole che è stato messo su non li priva della possibilità di lavorare… Dobbiamo forse pensare che sia l’attaccamento ai privilegi, al potere che li anima?
Cal, Antonio, prendo atto.
Che ognuno cuocia felicemente nel suo brodo….
Grazie a Sesto per le benauguranti parole. E’ in fondo questa l’elevata strategia politica che la comunita’ accademica (compresi noi) ha seguito fino a poco tempo fa, con i risultati che questo blog come i giornali, raccontano e documentano.
Cal, sulla questione degli ‘ordinari giudicano se stessi’ c’e’ stato un, appunto vano, tentativo alla Sapienza.
Il primo dicembre 2009 il senato accademico della Sapienza, decide di indicare dei criteri di valutazione per decidere se concedere la permanenza in servizio oltre i 70 anni.
Quattro mesi dopo il senato valuta la verifica sui 57 professori che hanno fatto richiesta.
Ecco i risultati:
1. almeno 5 pubblicazioni scientifiche (2007-2009), validate dal Direttore di Dipartimento: 23 dei 57 richiedenti non soddisfano tale criterio
2. essere coordinatori progetti o sottoprogetti europei (FP6-7, etc.), PRIN, o altri tipi di progetti: 41 dei 57 richiedenti non soddisfano tale criterio
3. criterio della presenza in servizio del docente quale condizione indispensabile […] per l’attivazione dei corsi di laurea e laurea magistrale compresi nell’offerta formativa: nessuno dei 57 richiedenti soddisfa tale criterio.
Si vede quindi che in particolare per la ricerca, il 72% non rispetta il criterio “dell’essere”, come e’ stato chiamato. E nessuno il criterio della presenza.
Naturalmente si e’ scatenato il putiferio e tutto e’ rimasto com’era…
Saluti brodosi,
antonio
In un paese senza dignità questo è solo l’ennesimo esempio. POchi sono stati pure a siena coloro che hanno onestamente detto: basta, ce ne andiamo, tanto quello che facciamo lo possiamo continuare a fare ed andandocene diamo un piccolo contributo per il futuro dell’ente. Purtroppo il mio di brodo è molto molto magro grazie a chi si è fatto molti molti brodi grassi…
Dal mio brodo, segnalo un articolo sullo stato non esaltante del processo di riscrittura degli statuti universitari, dove si menziona anche l’università di Siena.
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-06-02/universita-immobile-statuto-064930.shtml?uuid=Aa89uYcD
Resto della mia idea sulla questione generazionale: l’esempio di Roma dimostra che è possibile trovare dei criteri oggettivi di utilità e qualità dei docenti (nell’esempio, mi pare che manchi però una valutazione della qualità della didattica, ad esempio la valutazione da parte degli alumni laureati, come si è fatto più volte in questo forum per rilevare l’eccellenza didattica di maestri del passato). Ma applicare questi parametri solo ai docenti anziani mi pare assurdo oltre che discriminante: perché tenere un docente “inutile” di 60 o 50 o 40 anni? Fra l’altro si risparmierebbe molto di più facendogli cambiare lavoro prima.
Nel mondo del calcio (che pure per onestà e trasparenza non brilla) non c’è nessuna regola che escluda i calciatori anziani, se non quella della competitività. I Totti e i Del Piero continuano a giocare in serie A, quelli che non valgono più smettono o scendono nelle serie inferiori. E tutto questo in Italia.
saluti scettici,
Sesto Empirico
Ok applichiamo i parametri a tutti. Ma prima agli anziani. E da subito. Discriminante è che gli anziani abbiano stipendio e pensione da favola e i giovani stipendi (forse) e pensione da fame. Non che un 68enne venga mandato in pre-pensionamento alleggerendo i conti di 100mila euro all’anno…
Le università sono ferme ma chi è che le governa? Chi stabilisce le regole? Professori ordinari spesso anziani. Siamo in una gerontocrazia clamorosa. Dove non si vuole perdere il potere. E il tuo costante reiterare il solito ragionamento lo dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio. Attaccamento morboso, paura di perdere potere, paura del nuovo, paura di ritornare “normali” una volta stati per anni dei “semidei” cui tutto era dovuto. Per molti è proprio così.
Ok a criteri per tutti, ma iniziare subito da chi ha reddito e pensioni sovrabbondanti. I tuoi sono ragionamenti da pancia piena. Si fanno sofismi da scettico quando si è mangiato ma attenzione che qui c’è tanta gente che ha fame, molta fame…
@ cal: «Ok applichiamo i parametri a tutti. Ma prima agli anziani.»
Vedo che sei impermeabile ai principi dell’aritmetica e della logica elementare.
Proverò con un argomento che a me non interessa gran ché, ma magari asseconda di più i tuoi meccanismi di ragionamento: stante l’attuale composizione del corpo docente e l’entusiasmo verosimilmente ivi suscitato dall’approccio unicamente anti-anagrafico ed anti-merito alla crisi (che a te tanto piace), non è azzardato prevedere che alla scadenza del suo mandato l’attuale rettore se non cambia registro potrebbe tornarsene da dove è venuto assieme alla badante bolognese.
Detto questo, due parole di commento all’articolo del Sole24ore che ho segnalato sarebbero gradite.
saluti scettici,
Sesto Empirico
Che anti-anagrafico sia anti-merito è una pia illusione…
Leggi cosa ha scritto Antonio e le statistiche di Roma. Pensi che qui saremo molto distanti? Io non credo proprio…
Le due parole di commento le ho messe. Atenei bloccati sugli Statuti. Logico. Se tu a una categoria come i professori universitari lasci spazio di negoziazione otterrai solo atenei bloccati da veti incrociati. Prassi dissimili e comunque regole poco chiare. Embè? Mi pare il minore dei problemi a Siena….
Scusate se mi ripeto, ma mi pare che a molti, in questa distorta diatriba dei vecchi contro i giovani, sfugga l’essenziale: molti dei corsi di laurea che chiudono (e ripeto che oramai ne son stati chiusi parecchie decine), non chiudono necessariamente per manifesto fallimento dal punto di vista scientifico o didattico, per “inutilità” ecc., ma semplicemente perché decimati dai pensionamenti e dai prepensionamenti, in presenza del blocco del turn over e di sempre più rigidi e talvolta demenziali “requisiti minimi di docenza”. In tal modo Siena rischia di smantellare uno dopo l’altro diversi comparti di base e tenersi la ciofega, visto che l’unico criterio di ristrutturazione pare essere che sopravvivono solo quelli che illo tempore ebbero la ventura di accedere ai forzieri onde promuovere di ruolo legioni di docenti (sicché oggi si dice: “ci sono troppi docenti, a Siena!”, frase trovata nel prontuario dei luoghi comuni accanto a quell’altra: “tutti gli italiani mangiano un pollo”).
@ cal: «Leggi cosa ha scritto Antonio e le statistiche di Roma. Pensi che qui saremo molto distanti?»
Ho letto e non capisco come si possa trarre una conclusione: oltre il 70% dei docenti alla soglia della pensione non rientravano nei loro criteri (il che in effetti fa senso), ma se non si sa quanti sono che rientrano nei criteri fra gli altri docenti il dato mi pare difficile da interpretare. Come dice Rabbi, è la qualità dell’offerta nei settori cruciali quella che conta, non l’età.
L’altro dato è il fallimento del tentativo, che mi pare fosse prevedibile. Non puoi lasciare che sia l’agnello (ammesso che qua ce ne siano) a decidere cosa si mangia per Pasqua. Da qui l’importanza di riscrivere con attenzione gli statuti e di chiedere ai contribuenti e ai legislatori soldi e regole che permettano di garantire qualità e competitività.
Sesto Empirico
scettico
Sì ma chi stabilisce i corsi utili e quelli inutili…io? Voi? Son belle parole anche condivisibili ma nessuno vi direbbe che il suo corso è da tagliare…
Il numero di studenti? E se tagliamo il corso x con pochi studenti e ci rimangono 20 proffs sopra… questi che insegneranno? Nulla? Intanto mandiamo a casa il 70% dei vecchi che numeri alla mano non fanno neanche il minimo… e intanto si risparmia un po’…
Poi pur parleur potrei dire che se con un prepensionamento un settore disciplinare si chiude vuol dire che l’anziano non è stato sufficientemente bravo a farsi degli allievi… è un criterio questo?… ragazzi si fa come la coda del maiale… gira gira gira siamo sempre intorno a quello che sapete… non esiste altro modo… a casa chi può andarci…
«Poi pur parleur potrei dire che se con un prepensionamento un settore disciplinare si chiude vuol dire che l’anziano non è stato sufficientemente bravo a farsi degli allievi… è un criterio questo?» Cal
……………….
“Farsi degli allievi”? Cal, mi par di ricordare che il problema dei duecento milioni di buco nacque allorché diversi “anziani” pensarono di farsi un po’ troppi “allievi”, o sbaglio? Adesso a questi qua gli vuoi dare pure la medaglia?
@ Cal: «Sì ma chi stabilisce i corsi utili e quelli inutili…»
Questo lo dovrà decidere il nuovo Statuto: chi si assume le responsabilità e come e a chi ne risponde. Anche per questo reclamavo un po’ di attenzione su come sta evolvendo.
«Intanto mandiamo a casa il 70% dei vecchi che numeri alla mano non fanno neanche il minimo…»
Questo va benissimo. Il miei problemi sono che si dia loro un premio, che si mandino via anche quelli che servirebbero, e che si tengano quelli che non fanno nulla solo perché sono più giovani (credi che quel 70% abbia smesso di lavorare ieri di colpo?).
Sesto Empirico,
scettico
E nel frattempo ci teniamo le cariatidi a 6000 netti al mese… benissimo… geniale… a casa… tutti… e chi ha voglia rimane a fare lezione e ricerca.
Quel 70% è il figlio dell’università baronale nella quale anche chi non fa nulla prende lo stipendio ugualmente. Posto che però il loro stipendio è il più elevato… lo ripeto a casa tutti.
I requisiti minimi li impone la legge. Non il piano di risanamento. Fatti male quanto volete ma vanno rispettati. E nel nostro caso è l’occasione di fare un po’ di pulizia.
[…] autocratica, la totale assenza di trasparenza, lo sperpero di denaro, l’incapacità a gestire l’ordinaria amministrazione, l’inefficacia a risolvere le emergenze e la sistematica esautorazione del Consiglio […]