Sulla vicenda Sum l’università di Siena deve avviare subito i necessari accertamenti

«L’Istituto Italiano di Scienze Umane (SUM) è un’università statale dedicata all’alta formazione e alla ricerca nelle scienze umane e sociali. 
Promuove e coordina programmi di dottorato, post-dottorato e master di secondo livello, aperti a studenti provenienti da tutto il mondo. Organizza e sviluppa progetti di ricerca.

 Si avvale di una peculiare struttura a rete, cui partecipano le Università di Bologna, Firenze, Milano-Bicocca, Napoli “Federico II”, Napoli “L’Orientale”, Napoli “Suor Orsola Benincasa”, Roma “La Sapienza”, Siena.
 Attraverso questo modello, unico in Europa, il SUM valorizza il carattere policentrico della tradizione culturale e universitaria italiana.»

Di seguito alcuni articoli sulla stampa nazionale di oggi.

– Corriere Fiorentino: Cene e viaggi coi soldi dell’Ateneo.
– La Repubblica Firenze: Peculato e abuso d’ufficio, chiuse le indagini sul Sum.
– Il Giornale della Toscana: Terremoto al Sum, otto indagati: peculato, truffa e abuso d’ufficio.
– Il manifesto: Formazione, otto indagati a Firenze.
– Il Tirreno: Viaggi di lusso con i soldi dell’Università.
– L’Unità: Assunzioni facili e spese pazze 8 indagati al Sum.
– Il Fatto quotidiano: Abuso d’ufficio e spreco di denaro pubblico. Nei guai a Firenze un docente ed esponente Pd.

Il rettore dell’Ateneo fiorentino ha dichiarato che «l’Università, augurandosi che al più presto sia fatta chiarezza, comunica che avvierà i necessari accertamenti di propria competenza riservandosi di assumere i provvedimenti necessari a tutela della correttezza delle proprie attività amministrative e della propria immagine.» Aspettiamo una dichiarazione in tal senso del rettore di Siena.

Come distruggere l’università di Siena: mancata informatizzazione, distrazione di fondi, sperperi, truffe e bilanci truccati

Carta carbone verbali esami scopini teschio

Come non pensare agli sperperi e alle ruberie nell’Università di Siena, tutte le volte che si registrano gli esami degli studenti? Nel caso della mia materia, dopo aver scelto il verbale giusto, in una pila alta mezzo metro, arriva la parte più difficile: cercare un foglio di carta copiativa. Proprio così! Perché nel 2011, non solo si continua con la registrazione su carta degli esami, ma se ne deve conservare una copia, ottenuta appunto con la carta carbone. Il verbale originale, invece, è inviato alla segreteria degli studenti per l’inserimento dei dati nel curriculum studentesco e, infine, rilegato e archiviato. E che dire dei registri delle lezioni, sempre cartacei, uno diverso per materia e per ciascun corso di laurea, dove il docente dovrebbe scrivere ora, giorno e argomento svolto? E i verbalini (fortunatamente alcuni costituiti di carta autocopiante) per i moduli che formano gli attuali corsi integrati? Tonnellate di carta, impegno di personale, perdita di tempo per tutti, costi inutili per un servizio che, nell’era d’internet, non costerebbe nulla. Nel 1998 in CdA proposi, inascoltato, al “grande timoniere” Piero Tosi d’inserire nei computer delle aule un programmino che registrasse il giorno, l’ora, gli argomenti della lezione svolta e il nome del docente. Non solo avremmo risparmiato, ma si sarebbe evitata l’indecorosa pratica (più diffusa di quanto si pensi) della sostituzione dei docenti a lezione. Al contrario, non si è investito nell’informatizzazione ma si è sperperato negli scopini da cesso e nel “Progetto merchandising” di cui si torna a parlare in questi giorni. Scrivevo nell’agosto 2009: «Ma quanto è costato in dieci anni questo baraccone? Quali aziende e designer sono stati coinvolti? È lecito distrarre fondi dalla didattica e dalla ricerca per costituire un’attività commerciale che sicuramente penalizzerà l’ateneo per i fondi qualità del Miur?» E ironizzando sullo slogan dell’ultima linea d’abbigliamento (“ti fa sentire parte di una comunità viva e innovativa”), aggiungevo: «Una comunità che assiste, silenziosa e indifferente, alla distruzione dell’istituzione di cui fa parte, certamente non è viva ma in decomposizione e non sarà la maglietta con il logo dell’ateneo a risvegliarla. La linea di moda rifletterà, forse, l’eccellenza nella distrazione di fondi, nelle truffe e nel taroccamento dei bilanci?».

Articolo pubblicato anche da:
– Il Cittadino Online (15 settembre 2011). Università: nell’era di internet si cerca la carta carbone.
Smallcountry (15 settembre 2011). Università: nell’era di internet si cerca la carta carbone.

– Con il link a questo post, “Il Santo Notizie di Siena” ha scritto: «Nel 2011 all’Università di Siena si usa ancora la carta carbone!!!! Per i giovani di oggi che mi leggono ecco che cosa è la carta carbone (clicca per leggere), se invece la volete toccare dovete per forza andare all’Università di Siena, chiedete del Professor Giovanni Grasso, lui è in possesso di qualche foglio di preziosa carta carbone del secolo scorso…»

Con lo scopino in pugno una manifestazione da “Indignados” per il dissesto dell’Università di Siena

È la proposta di Raffaele Ascheri apparsa oggi nel suo blog, Eretico di Siena. Di seguito il suo articolo integrale.

La rivolta degli scopini (ed un suggerimento ereticale)!

Raffaele Ascheri. Il Tiresia dell’Università di Siena (il professor Giovanni Grasso, per chi, colpevolmente, non lo sapesse) l’ha fatta, ancora una volta, davvero grossa, tirando fuori la magagna degli scopini da cesso iperpagati (60 euro, più Iva) dall’Università. Uno dei tanti esempi di spreco per lo spreco. Non è uno scoop dell’eretico, quindi; il tema, anzi, è già stato ampiamente trattato dai blog non allineati (Il senso della misura di Grasso, appunto, Fratello illuminato, il Santo, più il Cittadino on line: il fatto che non sia arrivato sulla stampa “ufficiale”, non sorprende certo più di tanto…). Come si fa, però, a non scrivere qualcosina su questo tema? Il tema della “merda”, tra l’altro, è tornato ampiamente di moda, in questo incipit settembrino, con tanto di sdoganamento della parola: e ancora una volta, grazie al faro antropologico della Casta di Siena, l’ottimo Berlusconi Silvio. «Il giorno che la merda avrà un valore, i poveri nasceranno senza culo» (by Gabriel Garcìa Marquez, riportata da Stefano Bartezzaghi su Repubblica di ieri l’altro). Nell’Università senese, dunque, tutto doveva essere pulito al meglio, con il meglio che il mercato (dello scopino) potesse offrire: si è parlato di manie di grandezza dei Magnifici senesi, poteva forse fare un’eccezione lo scopino?

Visto che di scopino stiamo discutendo, perché non utilizzare i pregiatissimi scopini per fare anche altro? Un esproprio proletario in piena regola (molti docenti di oggi, ne erano teorizzatori, anni fa), da parte dei dipendenti a rischio stipendio, ci starebbe proprio bene, no? Ma non per portarseli banalmente a casa loro, bensì per utilizzarli in una bella manifestazione da Indignados caserecci: non sarebbe un’eccellente, ed originalissima, variante, rispetto per esempio alle pentole usate a Parma per protestare contro la corruzione emersa nella politica locale? Se il Comune di Siena decidesse di non costituirsi parte civile, una bella manifestazione con tanti scopini di valore davanti all’ufficio del Sindaco, non ci starebbe benone? Per non parlare di ciò che si potrebbe fare – opportunamente scopinodotati – nei confronti dei responsabili del megadissesto dell’Ateneo…

P.S. Stasera, l’eretico raccomanda, in modo caldissimo, la visione del film Fortapàsc, di Marco Risi (Raiuno, ore 21,20); storia di un coraggioso giornalista (ucciso il 23 settembre 1985, a 26 anni!), che lavorava al Mattino di Napoli. Un giovane giornalista (precario), che non aveva paura di denunciare il marcio che vedeva intorno a sé. C’è una frase, nel film, che potrebbe essere ripetuta pari pari per la realtà dell’informazione senese. Chi vedrà (o rivedrà) il film, non tarderà a capire quale sia…

Sulle misure da adottare per il risanamento dell’università di Siena uno scopino da cesso mette tutti d’accordo

Uno scopino da cesso mette d’accordo tutti nel dibattito riguardante le misure da adottare per il risanamento dell’Università di Siena! Tra i favorevoli e i contrari allo “shock generazionale”, che prevede il prepensionamento volontario dei docenti di età superiore a 65 anni, si è sviluppato un dibattito utilissimo ma duro, aspro, polemico, con risvolti, a volte, anche offensivi. Allora perché parlare di scopini da cesso? Perché l’ateneo senese li comprò per il San Niccolò, sede delle Facoltà di Lettere e Ingegneria, alla modica cifra di 60 euro più Iva ciascuno! E non si parla di un’università con i bilanci in regola, ma di quella senese, «che ha il più mastodontico deficit mai accumulato da un ateneo italiano», come scriveva Antonio Rossitto, su Panorama il 31 ottobre 2008, nel suo articolo «L’università laureata in sprechi», di cui si raccomanda la lettura o rilettura. Dichiaravo in quell’occasione: «Qui lo sperpero è diventato filosofia. A Siena c’è stato un uso disinvolto delle istituzioni che ormai ci ha portato alla conclamata bancarotta. E docenti, organi d’informazione e politica locale hanno sempre mostrato la più completa indifferenza. Intanto, gli organici si sono gonfiati a dismisura e nessuno ha badato a spese».

Una quarantina di dipendenti, convocati dalla Cgil, condannarono gli articoli perché, a loro dire, farebbero «un processo sommario, danneggiando l’autorevolezza e l’immagine dell’Ateneo» e minacciarono «un’azione legale per diffamazione nei confronti di Panorama, Tg5 e verso il professor Giovanni Grasso, in merito alle sue dichiarazioni e all’uso improprio dell’informazione presente nel suo blog». Peccato che la querela non sia mai arrivata! Risulta, ormai, evidente che le aule di Tribunale sono rimaste l’unica sede per evidenziare la miseria anche morale di certi personaggi autorevoli; la loro pidocchieria, la dilapidazione del pubblico denaro ammantata di spese per la ricerca e/o spese di rappresentanza; i furti sistematici; le feste e i festini; la creazione dal nulla di posti di ricercatori per figli e amici, con la scusa del finanziamento esterno, mai versato nelle casse dell’ateneo. Purtroppo, il giornalista, che pure aveva raccolto ampia documentazione fotografica proprio sugli sperperi al San Niccolò, non ne fece menzione nel suo lungo articolo. Se ne parla oggi, sia pure limitatamente agli scopini dei cessi, e il giudizio di condanna è unanime. Gli articoli di quel periodo risultano, oggi, oltremodo istruttivi ed esilaranti, specialmente quando si afferma che l’ateneo non è «una palude di sprechi», o quando si cerca di negare la realtà facendo passare, quanto denunciato, come «caricature dei media», o quando si dichiara: «non siamo la banda del buco». E sono proprio quei docenti che usano gli scopini da design a esporsi con queste brillanti dichiarazioni.

Articolo pubblicato anche da:
– Il Santo Notizie di Siena (4 settembre 2011). Gli scopini del cesso… E la costituzione di parte civile.
Il Cittadino Online (4 settembre 2011). Giovanni Grasso e lo scopino. L’Università degli sprechi si vede alla toilette.
Smallcountry (4 settembre 2011). Giovanni Grasso e lo scopino.

Università di Siena: i “Berlinguer boys” alla ricerca di una diversità mai posseduta

Leggendo le dichiarazioni dei Professori Tommaso Detti e Marcello Flores D’Arcais sulla loro decisione di andare in pensione anzitempo, il pensiero corre all’intervista di Enrico Berlinguer sulla “questione morale”, ricordata nei giorni scorsi da Eugenio Scalfari a trent’anni dalla pubblicazione. Vi è un passo di quell’intervista che è bene ricordare: «I partiti hanno occupato lo Stato, gli istituti culturali, gli ospedali, le università (…) una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi.» Ebbene, esiste un nesso tra il prepensionamento volontario dei due docenti di Storia contemporanea e l’intervista di Enrico Berlinguer? Ovviamente, no! Così com’è da escludere che costoro, trattandosi di due illustri storici, possano rientrare tra i cattedratici imposti dai partiti. Però, la notizia del pensionamento dei due docenti mette in luce un dato preoccupante. Nell’Università di Siena esiste una legione di Storici contemporaneisti: ben 22 (11 ordinari, 7 associati, 4 ricercatori). È proprio questo numero che ci riporta all’intervista di Berlinguer. Infatti, il confronto con altri Atenei, anche di dimensioni maggiori di quello senese, evidenzia in modo inequivocabile l’esubero di storici a Siena. A Pavia ce ne sono 6, a Palermo e Parma 4, a Verona 3. A Siena, prima in tutto, ne servivano 24: sì, il numero più alto di storici, raggiunto nel 2005, sotto la guida del grande timoniere Piero Tosi! È indubitabile che questa disciplina (ma non è la sola) presentasse le caratteristiche giuste, specialmente in una realtà politico-culturale peculiare come quella senese, perché l’ingerenza dei Partiti si manifestasse con prepotenza nell’arruolamento di docenti non necessari, a danno di settori disciplinari essenziali, che oggi rischiano di scomparire. Sicché, il pensionamento dei due docenti non comporterà alcun disservizio. Anzi! Ci si chiede come facciano, tutti questi storici, a raggiungere, ciascuno, il tetto delle 120 ore di lezioni l’anno, imposto dal Senato Accademico.

Ma veniamo alle dichiarazioni dei due docenti, che hanno ottenuto un contratto, per 60 ore all’anno di attività didattiche, che frutterà ad ognuno in 5 anni circa 150.000 euro lordi, più l’importo del differenziale tra l’ultimo stipendio percepito e la pensione. Dichiara il Prof. Detti: «Oltre a dare una mano alla mia Università, poi, andando via in anticipo contribuirò ad accelerare un ricambio generazionale, anche se per questo purtroppo occorrerà tempo.» E il Prof. Flores D’Arcais aggiunge: «Nessun ateneo italiano ha davvero formulato un progetto/proposta serio, capace di incoraggiare la scelta dei docenti nel modo in cui ha fatto l’Università di Siena.» Leggendo le loro dichiarazioni integrali (a pag. 4), si vede che manca il senso della misura e, aggiungerei, del pudore! Uno dei due lo farebbe per «dare una mano all’Università e accelerare il ricambio generazionale». E l’altro si meraviglia che nessun ateneo regali, come accade a Siena, tutti questi soldi a chi anticipa il pensionamento. Che fosse solo una questione di soldi, lo avevano capito subito gli estensori del collegato regolamento che proclamavano sicuri: «daremo incentivi che i docenti non potranno rifiutare!» Come si vede, è del tutto ininfluente che l’ateneo senese non sia in grado di concedere tali incentivi che per giunta provocano un danno erariale. È come togliere le capsule d’oro dalla bocca di un morto prima della sepoltura. Tutti, impassibili, assistiamo all’orgiastico saccheggio di un cadavere insepolto, l’università senese, con i più furbi che camuffano come interesse generale la loro azione di sciacallaggio. È chiaro che chi volesse realmente “dare una mano” all’ateneo dovrebbe prima di tutto rinunciare agli incentivi.

Riccaboni non ha ancora capito che è alla guida di una Università e non di un condominio

Non serve a nulla la censura locale sulle malefatte del rettore Riccaboni, in quanto le vicende dell’Università di Siena, che non trovano udienza sulla stampa cittadina, finiscono su quella nazionale. È il caso della sospensione delle rate dei mutui (scadevano il 30 giugno c.a.), decisa dal magnifico senza il parere obbligatorio del Collegio dei revisori dei conti e senza l’approvazione del Consiglio d’Amministrazione. Ma c’è di più. Riccaboni pretendeva che il CdA ratificasse questa sua decisione approvando il relativo decreto rettorale nella seduta del 18 luglio. Il Consiglio ha bocciato il tentativo, consapevole che gli interessi di mora avrebbero comportato un danno erariale. Il Magnifico, però, non si è perso d’animo e nella riunione del 27 luglio c.a. ha cercato di coinvolgere il CdA, chiedendo ai consiglieri di approvare la richiesta di ritiro del Decreto rettorale. Pronta la risposta di alcuni consiglieri: «Il Decreto lo hai emesso tu, caro Rettore, e te lo ritiri tu!». Non è una questione di principio ma di sostanza, per l’individuazione del responsabile del danno erariale. A quel punto Riccaboni ha cercato di coinvolgere il CdA per scaricare sull’Ateneo il danno erariale da lui provocato. Che dire? Demagogia? Dilettantismo? Insipienza? Oppure i consiglieri di amministrazione sono considerati dei creduloni?

Siena, sulle rate dei mutui revisori contro rettore (Il Mondo 5 agosto 2011)

Fabio Sottocornola. All’università di Siena non è più tempo di lettere garbate, in punta di penna e puro stile accademico. La situazione è seria nell’ateneo gravato da un buco di oltre 200 milioni e con un piano di risanamento che non dà i frutti sperati. Anche le parole diventano macigni. Basta leggere quanto ha scritto a metà luglio il collegio dei revisori dei conti al rettore Angelo Riccaboni e al direttore amministrativo Ines Fabbro. I tre professionisti che controllano i bilanci lamentano di ricevere «documentazione incompleta in tempi molto stretti»: ciò rende difficile valutare «adeguatamente questioni complesse». Il riferimento è all’ultima mossa escogitata dal magnifico: sospendere il pagamento al Monte dei Paschi della rata semestrale (valore 3,5 milioni) di mutui. Obiettivo: fare fronte al bisogno di liquidità della seconda parte dell’anno. La tensione finanziaria è così alta che Riccaboni ha già chiesto al governo un anticipo di 35 milioni sul Fondo di finanziamento ordinario. Attenzione, non sul Ffo 2011 di cui ancora non sono noti gli importi, bensì addirittura sul provvisorio 2012. Intanto sono aperte le trattative con la banca guidata da Giuseppe Mussari per un «rescheduling dei mutui in essere». Il rettore auspica che l’istituto di piazza Salimbeni «valuti la possibilità di non applicare gli interessi moratori previsti». Secondo voci di ateneo la sua idea è un congelamento delle rate per l’intera durata del mandato rettorale. Però il numero uno finora ha ricevuto solo porte in faccia. Il 18 luglio il CdA non ha approvato la manovra. E i revisori bacchettano duro: lamentano di non avere «alcuna relazione tecnica su modalità e termini di ristrutturazione dei debiti» e paventano rischi di danno erariale. Poi mettono il veleno sulla coda: chiedono una «più rigorosa applicazione del principio di corretta amministrazione e rispetto delle regole del procedimento amministrativo».

Articolo pubblicato anche da:
– Il Cittadino Online (29 luglio 2011). Il rettore sospende le rate del mutuo. E gli interessi chi li paga? La mora comporterebbe un grave danno erariale.

Le sorti dell’Università di Siena nelle mani di un Madoff senese?

Dell’attuale rettore dell’Università degli Studi di Siena, ho più volte evidenziato la gestione autocratica, la totale assenza di trasparenza, lo sperpero di denaro, l’incapacità a gestire l’ordinaria amministrazione, l’inefficacia a risolvere le emergenze e la sistematica esautorazione del Consiglio d’Amministrazione dalle sue prerogative. A questo proposito, cito solo due episodi, entrambi gravati di danno erariale: sia la retribuzione del Direttore amministrativo, superiore di circa 30mila € l’anno a quella prevista per il nostro ateneo, che la sospensione del pagamento della rata semestrale dei mutui non sono mai state approvate dal CdA. Ma non finisce qui! Infatti, alle 9,30 d’oggi, in una seduta straordinaria del CdA, si cercherà di far passare surrettiziamente la decisione di costituire un Fondo immobiliare con la Cassa Depositi e Prestiti, nascondendo l’operazione all’interno di un progetto per la ricognizione degli spazi e relativo piano dei trasferimenti e delle dismissioni. La procedura è scorretta sul piano formale e sostanziale. Infatti, approvando la dismissione di alcuni edifici in affitto, si approverà implicitamente la costituzione del Fondo immobiliare. Avevo già rivelato, l’8 giugno c.a., il progetto, accuratamente tenuto segreto dai suoi ideatori, e avevo ricordato al rettore ed ai suoi delegati il dovere di spiegare i contenuti dell’operazione e di chiarire i loro rapporti con un promotore finanziario indagato dalla Procura di Fondi. Nessuna risposta da parte del rettore, che, evidentemente, ritiene d’essere a capo di un’università privata e non pubblica. Riformulo le domande sull’intera vicenda. Perché ha deciso di ricorrere alla costituzione di un Fondo immobiliare? Lo sa che, nel rispetto delle regole del patto di stabilità, le risorse  così acquisite non potranno essere utilizzate per la spesa corrente? L’università sottoscriverà quote da collocare presso investitori, a fronte del trasferimento degli immobili? A tal fine, l’università si servirà di intermediari specializzati esterni oppure di docenti dell’ateneo senese? Chi è il delegato del rettore che sta seguendo la pratica? Tutte domande legittime che attendono risposta.

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (27 luglio 2011) con lo stesso titolo e il seguente sottotitolo: Il cda deciderà di costituire un Fondo Immobiliare con la Cassa Depositi e Prestiti.

Siena, università e città senza speranza

Da: Il Fatto Quotidinano (25 giugno 2011).

Cosimo Loré. A Parma il giorno stesso in cui si è saputo che erano state distratte risorse pubbliche nella misura di qualche centinaio di migliaia di euro è scattata vivace una reazione popolare (manganellata dai soliti violenti di Stato).

A Siena, cinque anni dopo che ognuno aveva potuto ben comprendere la natura criminale e la rilevanza epocale (centinaia di milioni di euro con paralisi permanente di ogni assunzione e promozione del personale docente) del disastro della più importante istituzione culturale cittadina (l’antico ateneo: classe 1240!), nessuno (eccezion fatta per il sottoscritto che si è recato alla locale Procura della Repubblica, il titolare del blog Il senso della misura Giovanni Grasso e la consigliera di amministrazione Michela Muscettola) ha dato “segni di reazione vitale”, dimostrando sani riflessi. Altrove, ad esempio nell’ateneo barese, taluno aveva segnalato la stoltezza miserabile del fenomeno criminale accademico, da ricondurre non solo a ragioni rituali di status symbol ma anche a scellerate manovre di nepotismo ambientale.

Eppure si tratta del fallimento di una prestigiosa università prodotto da prolungata, continuativa, subdola, collegiale gestione delinquenziale di rettori e dirigenti che, una volta sorpresi con le mani nel sacco, hanno avuto la ostentata, ostinata spudoratezza di negare l’evidenza atteggiandosi a vittime, denigrando chi aveva osato rompere il muro di omertà e adire le vie legali e i mass media.

Se la giustizia ha da esser amministrata nel nome del popolo… in una città passiva (e collusa?!) come quella del Palio si affievoliscono assai le chance di punire la cricca e recuperare il maltolto.

Al peggio non v’è fine: dopo tutto quel che è stato accertato, c’è chi tra gli attuali amministratori e amministrati tenta la “soluzione” della cacciata (“prepensionamento”) dei veterani della docenza!

Ecco quel che succede nell’Università di Siena a seguire la prassi e non le leggi

Delle auto di servizio che, in base ai fogli di viaggio,  risultavano  fuori provincia mentre, invece, prendevano la multa in città si è già detto. Parliamo ora di un altro caso che vede un preside (Walter Bernardi) e un ex preside (Camillo Brezzi) della Facoltà di Lettere d’Arezzo, entrambi sotto inchiesta della Procura di Siena per peculato ed abuso d’ufficio, condannati dalla sezione regionale della Corte dei conti al pagamento di 1600 euro per uso indebito della macchina. La Finanza ha scoperto che il giovane Walter, residente a Prato, si faceva portare a casa con la macchina di servizio, per il fine settimana, i documenti riguardanti le sedute del Consiglio di Amministrazione. Inoltre, il lunedì, l’autista partiva da Arezzo e andava a prendere il docente a Firenze Certosa per portarlo a Siena. La condanna anche di Brezzi per i giudici contabili è dovuta alla «palmare evidenza che» in quanto preside «pur senza alcun diretto beneficio, ha comunque colposamente tollerato una prassi illecita i cui costi (903,24 euro) sono integralmente posti a carico del medesimo». Da ribadire che tutto questo avveniva in un periodo successivo alla scoperta della voragine nei conti. Le dichiarazioni degli illustri Presidi, oltremodo istruttive, confermano ulteriormente quanto dichiaravo il 16 ottobre 2010:  «Per molti anni, nell’ateneo senese si è agito e si continua ancora ad agire per consuetudine, diventata poi prassi consolidata, senza alcun rispetto delle leggi esistenti.»

Qualcuno comincia a capire che i Poli universitari decentrati possono esistere solo se si autofinanziano

Stefano Bini. In risposta all’articolo di Fabrizio Viggiani, coordinatore comunale del PdL, mi permetto di spendere anche io alcune parole, viste le mie posizioni di candidato nella lista “Lolini Sindaco”, di più giovane candidato di tutte le liste che appoggiano Mario Lolini, universitario a Siena e specializzando in editoria, mass media e giornalismo. Le difficoltà a mantenere attivo il polo ci sono, specialmente economiche, ma posso denunciare una mancanza totale d’interesse del comune di Grosseto che, per paura di tirare fuori i soldi e per disinteresse verso gli studenti, non ha mai chiesto fondi, attivato un dibattito in comune o chiesto a Siena di continuare a mantenere l’alto valore del Polo, che brilla indiscutibilmente, nel suo piccolo, per traguardi di ricerca raggiunti e qualità dell’offerta. Si chiederebbe pertanto al Sindaco Bonifazi, e alla sua giunta, un po’ di attenzione alla questione universitaria di Grosseto, che vuole continuare ad offrire alla città un valore aggiunto, e non un disvalore, gettando al vento anni di ricerche, innovazioni, e un consolidamento di numerosi studenti che nella sede grossetana hanno creduto e visto la formazione di un futuro lavorativo nel ricchissimo territorio della Maremma. È stata inaugurata lo scorso 4 febbraio la nuova sede del corso di laurea in conservazione e gestione dei beni archeologici alla presenza, tra assessori e prelati, del sindaco di Grosseto; questa nuova sede è e sarà motivo di orgoglio per tutta la città, ma dove sono le risorse per mantenerla se i fondi sono venuti esclusivamente dalla facoltà di lettere dell’Università di Siena (a Siena)? Grosseto non vorrà pensare che la giunta è riuscita a predicare e razzolare bene con i soldi degli altri, anche perché tutti siamo capaci di farlo, ma dalle istituzioni ci si dovrebbe aspettare un po’ di autorevolezza e spirito di iniziativa, non di adagiarsi sugli allori. Scordavamo, però, che sugli allori il Sindaco Bonifazi ci si è posto sin dal suo insediamento nel 2006, dal quale è brillato sempre di luce riflessa dell’ottimo lavoro svolto da Alessandro Antichi di modernizzazione e sviluppo della città di Grosseto. Ricordiamo che le manifestazioni “Cioccolando” e “Piazze d’Europa” quest’anno sono emigrate altrove, e il centro di Grosseto sta letteralmente agonizzando; inutile ricordare il soffocando economico, con divieti e stupide ordinanze, degli esercenti.

L’incitamento di Fabrizio Viggiani ad una maremma che si deve svegliare è il sunto di un’occasione, quella di un’Università, che Grosseto non si deve lasciar sfuggire; le giuste proteste e la raccolta di firme da parte degli studenti, e il prolungamento delle iscrizioni per salvare il salvabile da parte del comune sono arrivate troppo in ritardo, e il sindaco si poteva sottrarre a fare tutto ciò nel vivo della campagna elettorale, risparmiando sofferenze agli insegnanti e ai docenti, prese in giro agli studenti e delusione ai grossetani, che alla cultura nella propria terra credono e molto. Ma forse l’attuale sindaco è troppo impegnato ad attaccare il rivale su questioni inutili e si sa, l’inutilità e il disfacimento sono state il baluardo di quest’amministrazione: la morte di Grosseto docet!