Erwin Chargaff (scritto del 1979). Nei primi anni di questo secolo il grande Léon Bloy scrisse a proposito delle scienze (allora esse erano giganti che non facevano paura!): «La science pour aller vite, la science pour jouir, la science pour tuer!». Intanto, però, siamo andati ancora più veloci, ci siamo divertiti meno e abbiamo ucciso di più. Gli esperimenti di eugenetica operati dai nazisti, «la liquidazione di elementi razziali di categoria inferiore», erano conseguenze di un’analoga mentalità, di un modo di pensare meccanicistico che in una forma esteriormente del tutto diversa avevano contribuito a ciò che la maggior parte delle persone considererebbe il trionfo delle scienze. La diabolica dialettica del progresso trasforma le cause in sintomi e i sintomi in cause; distinguere tra aguzzino e vittima è una funzione che riguarda soltanto i punti di vista. L’umanità non ha imparato (se fossi un vero scienziato, cioè un ottimista, vi aggiungerei l’avverbio «ancora») a frenare questo delirio vertiginoso: una progressione geometrica di catastrofi da noi catalogate, prima ancora che accadano, sotto l’etichetta «progresso».
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