«Le finalità etico-scientifiche e la realtà della ricerca clinica sembrano marciare in direzione opposta», sostengono Garattini e Bertelé: «serve più ricerca non commerciale, che è parte integrante dell’assistenza sanitaria, e maggior sostegno alla circolazione di un’informazione scientifica onesta e meno mirabolante».
Silvio Garattini, Vittorio Bertelé. Nonostante quanto sostengono i clamori della pubblicità, l’area farmacologica non è ricca di innovazione come sembra. Vi sono diversi fattori che contribuiscono a creare una falsa immagine di novità nel settore farmaceutico. Questi fattori condizionano varie fasi della ricerca e sviluppo e della commercializzazione di un nuovo prodotto: dall’individuazione dei bisogni che generano le ipotesi degli studi clinici, all’adozione della metodologia che serve a verificare quelle ipotesi, all’interpretazione e alla divulgazione dei risultati. Ciascuna di queste fasi può essere distolta dall’obiettivo prioritario dello sviluppo di un farmaco che è quello dell’interesse dei pazienti e può essere orientata invece a quello commerciale delle imprese: legittimo, certo, ma subordinato a quello della salute pubblica. Si deve esercitare grande attenzione e spirito critico da parte delle autorità regolatorie, dei SSN, dei medici prescrittori e dei pazienti, perché il falso in questo settore possa essere prontamente riconosciuto e bandito. L’utilizzo clinico di false novità, infatti, pone a rischio la salute dei pazienti, dato che esse si sostituiscono ad altri farmaci più efficaci o meno tossici; tale utilizzo, inoltre, sperpera risorse che potrebbero essere destinate a rispondere ad altri bisogni reali con trattamenti efficaci. Premiando l’assenza di innovazione, si demotiva l’interesse per la ricerca dell’eccellenza e si riduce la competitività delle imprese.
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