Ventiquattro domande alla «vieni via con me» sull’Università italiana delle quali tutti fanno finta di non conoscere le risposte

UNIVERSITA’ IN AGONIA

Quirino Paris (University of California). La vista degli studenti – ancora una volta in vana rivolta – e del Parlamento blindato come se arrivasse Pinochet, testimonia la prolungata agonia dell’Università italiana. Osservate da lontano o da vicino, da decenni o negli ultimi giorni, le vicende dell’Università italiana assumono le caratteristiche di un percorso elaborato secondo la teoria della catastrofe: all’inizio, il pendio del sentiero è quasi impercettibile e non ha molta influenza sugli oggetti che lo percorrono. A poco a poco il pendio diventa più pronunciato per arrivare, quasi improvvisamente, sull’orlo del baratro. Per rendere l’idea del baratro, è sufficiente un elenco di perché, alla “vieni via con me”.

1. Perché i ricercatori stranieri (giovani e anziani) non hanno mai partecipato e non partecipano ai concorsi indetti dall’Università italiana?

2. Perché i bandi dei concorsi non sono mai pubblicizzati a livello mondiale?

3. Perché il reclutamento universitario è stato sempre gestito da leggi e regolamenti che hanno favorito la nascita e lo strapotere della mafia accademica e della parentopoli?

4. Perché il 94% dei ricercatori e professori chiamati sono interni?

5. Perché lo stipendio dei ricercatori e professori aumenta solo per anzianità?

6. Perché si permette ai professori di assumere cariche e stipendi al di fuori dell’Università?

7. Perché i ricercatori sono sempre stati trattati come “schiavi”?

8. Perché non c’è mai stata una verifica individuale di produttività scientifica e didattica?

9. Perché esistono gli studenti fuori corso?

10. Perché si è voluto il dissesto culturale dell’Università italiana con la “riforma del 3+2”?

11. Perchè la cosidetta “autonomia” dell’Università è stata gestita come arbitrio delle cosche locali con ripercussioni nazionali?

12. Perché esistono le “università di condominio”?

13. Perché la Corte dei Conti non è mai intervenuta a sanzionare i Rettori e gli amministratori di molte Università disastrate?

14. Perché ci sono state quattro “leggi di riforma” dell’Università negli ultimi venti anni?

15. Perché negli ultimi dieci anni sono sorte in gran numero università (con lettera minuscola) private e telematiche che non hanno nulla a che vedere con la ricerca ma sono finanziate dal MIUR in barba all’articolo 33 della Costituzione?

16. Perché tali università sono equiparate alle – storicamente  – gloriose Università?

17. Perché esiste il Ministero dell’Università e della Ricerca?

18. Perché – invece di decentrare e responsabilizzare (anche penalmente) – si cerca sempre di accentrare tutto a Roma?

19. Perché molti ricercatori italiani se ne vanno all’estero in cerca di lavoro – e lo trovano?

20. Perché esistono tante migliaia di ricercatori precari con remunerazioni di fame?

21. Perché molti studenti italiani se ne vanno a studiare all’estero – e non contano di fare ritorno?

22. Perché vale la pena di rimanere – o ritornare – e combattere per un’Università di eccellenza, ma solo di eccellenza?

23. Perché è necessario porre – innanzitutto – il rispetto della legalità, sia nelle grandi che nelle piccole attività?

24. Perché può esistere ancora solo un filo di speranza?

12 Risposte

  1. perchè da 30 anni ad oggi, il merito, la conoscenza e le capacità hanno influito via via meno nelle scelte che l’università ha fatto in nome della propria autonomia, e la politica, praticata e rappresentata per la gran parte da docenti universitari, non ha voluto (ovviamente) fare niente per modificare le cose. La cosa è ormai sfuggita di mano ai docenti-politici e ne stanno approfittando i docenti-imprenditori. ci sono 2 modi per fare soldi e gestire potere senza fatica: essere politicamente influente o essere “mafioso”, cioè appartenere ad una lobby di potere. Spesso le cose si associano e l’università non è una eccezione, anzi, rappresenta un ottimo esempio per le altre realtà della società.

  2. «24. Perché può esistere ancora solo un filo di speranza?»

    Perché anche chi lavora in Università è un uomo e, quindi, può sempre miracolosamente cambiare …

  3. più che affidarmi ai miracoli, preferirei affidarmi alle regole. quelle che funzionano in modo accettabile negli stati uniti e non solo.
    che un singolo uomo, in un contesto come quello rappresentato dall’università italiana, possa cambiare in meglio la vedo dura. Se c’è, ce ne sarebbero pronti almeno 10 a cambiare in peggio (la pressione dell’ambiente ha la sua importanza, non solo negli equilibri degli ecosistemi). pensare che all’interno dell’università possa cambiare un numero sufficiente di uomini tale da ridare speranza è come pensare che un giorno gli extraterrestri possano venire a liberarci dalle ingiustizie. più o meno la stessa probabilità, ma dovessi scommettere, opterei per la seconda.

  4. Caro Princio, penso che si possa anche delineare un sistema di regole perfetto, ma se l’omo fa schifo il sistema va a rotoli lo stesso …

  5. Un’ipotesi che dedico al mio maestro prof. Ascheri che, già cacciato di fatto dall’Università di Siena, ora medita anche di abbandonarla come residenza come ha già scritto (oggi in ZOOM leggo che lascia il settimanale, ahi ahi c’è sotto qualcosa). In questo momemto dovrebbe parlare in una chiesa (bella) di Casole d’Elsa visto che a Siena è un escluso. Ma andiamo al punto.
    Fino a 40 anni fa l’università come la magistratura era relativamente (avverbio importante!) omogenea socialmente e culturalmente (la politica contava poco perché docenti e studenti erano pochi).
    Il dissenso targato PCI era modesto e controllato, dava vivacità alle loro scarne strutture, non blocco. Poi il partito è entrato in massa dentro queste due istituzioni esplose quantitavamente, disarticolandole: si è impadronito sempre più dei loro gangli direttivi, facendone un luogo di potere e di conquista della società tutta.
    Ora ne abbiamo i risultati, perché non sanno neppure più loro, persi gli entusiasmi/miti di un tempo, come ricostruire sulle macerie e le panzane che hanno raccontato.
    Fortunatamente, ora c’è Berlusconi a deviare l’attenzione dal dramma, perché tale è la situazione in cui hanno cacciato entrambe. Finito Berlusca, che funge da collante poderoso, come faranno?
    La meritocrazia di cui parla il Professore Paris non è ricostruibile, perché era possibile in quel contesto relativamente omogeneo (la stessa DC aveva uno spazio modesto allora nell’Università: ora ce l’ha grazie agli ex-PCI alleati) e marginalmente anche dopo, s’intende, ma non dove si conta ormai per la relazione politica, per la tessera o almeno per la fedeltà allo schieramento anti-Berlusca.
    Sarà una semplificazione, ma qualcosa di vero credo ci sia a sentire i “vecchi” che hanno vissuto (sul serio) il ’68. Se così è, non mi sembra che ci sia soluzione, però. O qualcuno sa inventarne qualcuna? Solo le chiavi in mano a esterni, come avvenne nell’ex-DDR, potrebbe risolvere, ma chiaramente non è praticabile da noi.
    Quindi, facciamo del nostro Paese un bel Paese di vini (come curo io), escort e monumenti finché ci sono e rassegnamoci al progresso scientifico altrove?

  6. caro Arlecchino, condivido in pieno … mi permetto di aggiungere (non so se condividerai anche tu): una volta uccisi i padri, il diritto ed ogni altra forma di autorità, non restano che le violenze (culturali, fisiche e morali) e le menzogne (alias ideologia) intese a garantire le “verità” che assecondano il tornaconto di ognuno, dei propri amici e degli amici degli amici …

  7. Ancora un intervento su Facebook del Maestro James Anderson che evidentemente è particolarmente interessato (e informato) alle vicende dell’Ateneo senese.

    Maestro James Anderson (Anno Domini MMX, die octo decembris)
    Siamo venuti a sapere di un progetto dell’attuale Amministrazione universitaria senese in merito alle chiamate dei vincitori di idoneità in scadenza. Detta così non ci si capisce niente, quindi dobbiamo spiegare come funzionano i concorsi universitari dopo la riforma Berlinguer, cioè dopo che è stata data l’ultima mazzata ad una scuola e ad una università già in ginocchio, minata e divorata dall’interno e dall’esterno. Dunque, prima di Berlinguer ministro, i concorsi per ricercatore erano locali, quelli per professore associato e ordinario nazionali. La riforma Berlinguer ha fatto in modo che i concorsi per ordinario e associato fossero prima di tutto locali e che non fossero più a cattedra, ma dessero un’idoneità a ricoprire quel ruolo in un dato settore disciplinare. Peggio ancora in un primo momento le idoneità legate ad un concorso erano addirittura tre, poi – dato il riempimento dei ruoli – divennero due. Ora non c’è chi non capisca che questo sistema ha dato luogo ad una giungla vera e propria.
    Facciamo un esempio. Tornata concorsuale per professori ordinari di Scienza delle Costruzioni. Vengono banditi cinque concorsi per ordinario a due idoneità a Pavia, Trento, Catania, Lecce e Siena. La corporazione dei professori ordinari si riunisce e decide come spartire i posti decidendo fin da subito quali saranno le dieci università che si troveranno con un ordinario di Scienza delle Costruzioni in più e naturalmente cinque sono già decise: quelle che bandiscono la “procedura comparativa” (che ovviamente non comparerà proprio niente, si potrebbe presentare Wright, se è un outsider non vincerà mai). Espletata la farsa della procedura le cinque che hanno bandito chiamano il primo rispettivamente e il secondo viene chiamato da quelle con cui si è fatto l’accordo. Ci siamo fin qui? Bene.
    Ora si dà il caso che a Siena nel 2008 sia successo quello che è successo e quindi si siano bloccate tutte le chiamate e le assunzioni (anche perché passare da associato a ordinario e da ricercatore a associato è considerata come una nuova assunzione e la legge vieta, se un Ateneo spende per il personale più del 90% del Fondo di Finanziamento Ordinario, di assumere). Inoltre il provvedimento che al 2008 valeva solo per Siena poi è divenuto nazionale finché non fosse approvata la riforma Gelmini. Chi ha redatto il piano di risanamento, quello vero, quello coi numeri (e che fra l’altro è uno di quelli che hanno avuto l’idoneità per ordinario), ha mantenuto la schiena dritta ed è anche per questa ragione che il nuovo Rettore ha fatto di tutto per farlo fuori.
    C’è un problema: le idoneità scadono dopo un certo lasso di tempo e se in quel lasso nessuna università chiama il soggetto, costui resta dove è, cioè ricercatore se era ricercatore, associato se era associato. E la crisi ha colpito tutti e quindi non ci sono più chiamate da nessuna parte e Siena non bandisce concorsi da anni (non può farlo). Chi ha preso l’idoneità fuori rischia che questa scada e quindi Riccaboni e i suoi sostenitori stanno pensando come fare un’operazione vietata espressamente dalla legge???; nonché dal piano di risanamento e fare un’imbarcata generale? Il che dimostra diverse cose: che Berlinguer ha compiuto operazioni giuridiche dissennate distruggendo qualsiasi barlume della gloria dell’Università italiana e favorendo di fatto le peggiori operazioni di sottobanco e ai limiti della legalità o, peggio ancora, ha reso legale (in pieno stile Berlusconi) ciò che non lo era; che lo ha fatto (ancora una volta in pieno stile Berlusconi) per interessi anche personali visto che grazie a questa poderosa riforma il figlio è passato da dottorando di ricerca a professore associato, bada caso dove?, a Sassari e poi ordinario, bada caso dove?, a Sassari e a Siena.
    Riccaboni, di fede Berlingueriana come Tosi, Detti, Bettini, Piccinni, Calabrese, Flores, rettore pro tempore intende procedere cosi?
    Spero di essere stato chiaro. E poi: bisogna porli dall’esterno dell’università questi quesiti???

  8. @ Arlecchino
    Bene, salvo ad aggiungere per la precisione che non c’è bisogno dell’esplicito colore politico per nascondere robuste solidarietà di gruppo.
    Basta non osare opporsi esplicitamente. Ieri sono stata alla presentazione del libro sul SMS della Fondazione MPS; dall’editore ai collaboratori, presentatori ecc. tutto dello stesso gruppo, che pochi giorni abbiamo visto nel libro della banca MPS (vedi nomi di James!).
    Ma consentitemi un’altra notazione. Il Mancini guardava la prof.ssa Piccinni con evidente soddisfazione.
    Sembrava dire: io da DC con il PD sono qui da Gran Capo, rispettato e ossequiato da te e dal tuo gruppo ex-PCI, che tengo buono con queste regalie. Che idea è stata il PD!
    @ James
    Su che si basa il disegno di Riccaboni? Mi sembra che faccia fumo perché non è così informato sui dati che ho potuto controllare.
    Berlinguer prof. Aldo è a Cagliari ed è già ordinario; ha tentato invano di entrare come cattedratico a Giurisprudenza di Siena, dove B. quindi non ha tutti quegli amici politici che si pensa. Il prof. Martini, molto stimato, fu suo avversario come candidato rettore.
    Non è Lettere!

  9. @ pane al pane: «Caro Princio, penso che si possa anche delineare un sistema di regole perfetto, ma se l’omo fa schifo il sistema va a rotoli lo stesso …»

    Ma è possibile che solo l’omo italiano faccia così schifo??? Americani, tedeschi, inglesi, svedesi, norvegesi, olandesi, australiani…, tutti meglio di noi in modo geneticamente determinato?

  10. …da studioso di genetica… credo poco nella genetica!!! Non siamo vittime, siamo “attori”… troppo comodo scaricare sulla genetica colpe che (in un modo o nell’altro, chi più e chi meno) abbiamo noi. La genetica è un ottimo alibi per dire che “…tanto non ci possiamo fare niente… siamo nati così!!!”
    Purtroppo il problema è (secondo me) culturale e sociale… seguo da anni mio figlio negli studi e a scuola, dalle elementari alle superiori (anche nelle scuole “migliori”) si vedono i ragazzi crescere stimolati dai genitori e dall’ambiente a prevaricare, come a voler affermare un principio di superiorità sugli altri… solidarietà (che andrebbe insegnata!) zero… condivisione, zero…collaborazione, zero.
    Io credo che il modello educativo (ma ne abbiamo veramente uno?) sia tutto sbagliato… forse è una visione parziale del problema, ma non certo trascurabile, a mio modo di vedere.

  11. … a questo servirebbero i padri (in senso non biologico) quali testimoni in atto (non a parole) di un “sistema valoriale” … di questi tempi ne conoscete qualcuno ?

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