Riportiamo l’editoriale del Corriere della Sera di oggi con lo stesso titolo del quotidiano.
Francesco Giavazzi. «Del valore dei laureati unico giudice è il cliente; questi sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all’ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi». (Luigi Einaudi, La libertà della scuola, 1953). Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi, non ha proposto di abolire il valore legale dei titoli di studio. Né la sua legge fa cadere il vincolo che impedisce alle università di determinare liberamente le proprie rette, neppure se le maggiori entrate fossero interamente devolute al finanziamento di borse di studio, cioè ad «avvicinare i punti di partenza» (Einaudi, Lezioni di politica sociale, 1944). Né ha avuto il coraggio di separare medicina dalle altre facoltà, creando istituti simili a ciò che sono i politecnici per la facoltà di ingegneria. Perché a quella separazione si oppongono con forza i medici che grazie al loro numero oggi dominano le università e riescono a trasferire su altre facoltà i loro costi. Ma chi, nella maggioranza o nell’opposizione, con la sola eccezione del Partito Radicale, oggi appoggerebbe queste tre proposte? La realtà è che la legge Gelmini è il meglio che oggi si possa ottenere data la cultura della nostra classe politica.
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