«Se vuole parlare di problemi nei conti dell’Università di Siena c’è sempre la Procura». Parola di Rettore!

Piccini-Valdesi-Riccaboni

Piccini-Valdesi-Riccaboni

Riferendosi alla conferenza-stampa del Rettore dell’Università di Siena, Laura Valdesi scrive: “Basta di conseguenza obiettare che Pierluigi Piccini ha definito l’indebitamento dell’Università tutt’altro che in fase di risoluzione, perché Riccaboni parta lancia in resta: «Avrà fatto qualche master, di sicuro è bravissimo. Se vuole parlare di problemi c’è sempre la Procura. Gli farò comunque avere questi dati.»”

Pierluigi Piccini. (…) Questi dati sarebbero il preventivo del 2016, bene ne prendo atto. Ma nel mio modo di fare c’è sempre l’analisi dei consuntivi, gli unici che fanno testo. I preventivi spesso si rivelano dei libri dei sogni, infatti l’inferno, come è noto, è lastricato di buone intenzioni. E non ho bisogno di altri dati perché quelli su cui ho lavorato sono i dati ufficiali dell’Università di Siena a disposizione di chiunque essendo pubblicati nel sito dell’ente. E per commentare ancora il bilancio dell’Università aspetterò la pubblicazione dei dati a consuntivo del 2015. Per quello che ho scritto riconfermo parola per parola, numero per numero. È chiaro che l’indebitamento è alto (100,2 milioni di euro, bilancio consuntivo 2014), al netto delle dismissioni dell’Ospedale e del San Niccolò. A questo proposito c’è da notare che questi ultimi sono interventi pubblici, che si configurano come veri e propri salvataggi, e, quindi, senza ricorrere al mercato, né a un significativo lavoro nell’attività tipica dell’ente. Nel caso, poi, dell’acquisto dell’Ospedale di Siena da parte della Regione in questi soldi c’è una parte anche delle imposte dei senesi. A questo proposito è necessario fare una considerazione più generale. Prendendo le tre presenze più significative della città la Fondazione, la Banca e l’Università la risposta alle proprie crisi è stata diversa. La Fondazione come si legge dai bilanci si è depauperata. La Banca e l’Università sono ricorse all’intervento pubblico, ma mentre la prima ha restituito il salvataggio ricorrendo agli azionisti, la seconda ha venduto asset patrimoniali e non è proprio la stessa cosa.

Ora arriviamo alla Procura. C’è bisogno della Procura per affrontare una discussione su un bilancio? Discutere di dati certi è l’unica cosa che sarebbe bene fare e non soltanto in questo caso, ma Siena non è più capace di affrontare le questioni in questo modo. Per troppo tempo si è cercato di bloccare chi criticava con la minaccia delle denunce. Si ricorre alla Procura quando c’è malafade, io non ho nessuna malafede se ce l’ha Riccaboni, ci vada lui. Ai segnali di febbre non tutti i soggetti interessati rispondono allo stesso modo c’è chi con 37,5 inizia a curarsi e chi con 39 non sente il bisogno di fare nulla.

A Natale i bambini devono credere alle favole! All’università di Siena ci credono anche gli adulti! Sempre!

Unisi-tacchino

Rabbi Jaqov Jizchaq. Un giornale locale (non dirò quale) definisce il comunicato del Rettore ”l’urlo liberatorio del guerriero che dopo aver sostenuto tante battaglie si ritira, da vincitore” (sic). Seguono “cento posizioni da professore” sbattute sul tavolo, come fiches sul tavolo del poker: benedette, certo, soprattutto per una quota di ricercatori invecchiati aspettando un passaggio di grado, ma vorrei capire (in relazione ai problemi di cui ai precedenti messaggi) quanti saranno i professori veramente “nuovi” e in quali aree e immagino già la risposta.

Adesso, senza nulla togliere e “senza nulla a pretendere”, come direbbe Totò, se posso interporre una nota dissonante in questa soave armonia, trovo che vi sia qualcosa di inquietante nel dipingere una situazione oramai completamente normalizzata: è come se si volesse celare all’opinione pubblica la realtà di fortissime trasformazioni in corso, il cui esito non è chiaro. Ma voi, popolo bue, non occupatevene, non è affar vostro, tutto va per il meglio; continuate a dormire, perché la vida es sueño. Auguro a tutti buone feste e ripropongo la triste storia natalizia avicolo-dickensiana del tacchino induttivista, originariamente dovuta a Bertrand Russell:

«Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell’allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un’inferenza induttiva come questa: “Mi danno il cibo alle 9 del mattino”. Questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu sgozzato”.»

I problemi dell’ateneo senese sono strutturali e stanno mutando per sempre il volto, il peso e la collocazione di Siena tra gli altri atenei toscani

 

Unisi2015

Rabbi Jaqov Jizchaq. È chiaro che quello dell’ateneo senese non è più un problema contingente, legato a una particolare congiuntura, una crisi passeggera, ma trasformazione strutturale e destinata a mutare per sempre il volto, il peso e la collocazione di Siena tra gli altri atenei toscani. Sarebbe interessante parlare di questo. Il rettore dice che i conti sono a posto; Grasso e Piccini dicono di no. Le alternative dunque sono queste:

1) Hanno ragione Piccini e Grasso; e allora le domande che molto umilmente ho sottoposto al blog sul destino dell’ateneo risultano ovviamente ineludibili. L’ateneo si accinge a perdere metà del suo corpo docente; non solo, ma lo fa a un ritmo accelerato, stando ai dati ufficiali, dai quali si evince che i docenti rimasti sono molti meno del previsto; il che vuol dire che intere aree scientifiche di base sono entrate pesantemente in crisi, sono state smantellate o si accingono ad esserlo, e se i conti sono in disordine, se dunque non si può contrastare questa tendenza, parimenti non è che si può seguitare a contemplare le ruine imprecando contro un destino cinico e baro.

2) Oppure ha ragione il Rettore. Ma allora, se potendosi considerare conclusa la fase di emergenza l’università può ricominciare a guardare al futuro, “a fortiori” occorre definire con maggiore esattezza tutte le questioni con le quali vi ho ammorbato nei precedenti messaggi. Ovviamente non è che domani all’alba verranno banditi 500 posti per rimpiazzare quelli perduti; anche confidando nella promessa renziana di finanziare un migliaio di ricercatori, a Siena di questi ne toccherà se va bene una manciata, dunque le risorse, ammesso che ve ne siano, saranno centellinate e sarebbe utile capire in quale direzione investirle. L’ateneo sarà comunque, anche in questo caso, pesantemente ridimensionato e il rapporto con gli altri atenei regionali è tutto da chiarire.

Dunque in entrambi i casi, è sicuro che le aree entrate in crisi non risorgeranno più, almeno nel prossimo ventennio, cambiando il volto dell’ateneo: curioso che questa sia vista come un’operazione meramente burocratica da affidare ai ragionieri; ma dov’è l’intellighenzia locale? E poi, anche qui, l’idea balorda di ristrutturare “accorpando”, cioè prendendo chi in quelle aree ancora ci lavora e buttandolo a fare qualche cosa da qualche altra parte, rivela una mentalità da sensali, che non vedo come si possa conciliare con le richieste della SUA e del VQR: c’è solo da augurare a coloro che ragionano così di essere operati ad un rene da un egittologo.

Insomma, qualunque sia la verità sullo stato attuale dei conti, non credo che le questioni che ho elencato nei precedenti messaggi possano essere eluse. Proprio in questa fase pre-elettorale occorrerebbe anzi che fossero poste apertamente all’ordine del giorno: perché non lo si fa? Perché non ci si sbottona (a parte i proclami sulla “Life Valley”, retorici quanto quelli intorno alla “capitale della cultura”)?

Perché il “Magnifico” Riccaboni non si sottopone a un pubblico confronto sul cosiddetto “risanamento” dei conti dell’Ateneo?

Pierluigi Piccini-Angelo Riccaboni-Giovanni Grasso

Pierluigi Piccini-Angelo Riccaboni-Giovanni Grasso

Pierluigi Piccini. (…) Io credo che ci sia un problema centrale (l’Azienda Ospedaliera) che rimane abbastanza nascosto come problematica. La questione dell’Area vasta va affrontata nel merito. Bisogna capire le funzioni, come verrà realizzato, ma non credo che il problema sia lì, nell’Area vasta. Il problema è che fine fa l’Azienda Ospedaliera, perché mi sembra che ci sia una convergenza di interessi fra Riccaboni e Rossi sul contenimento di un centro di costo (l’Azienda Ospedaliera), perché è quello che produce più “indebitamento” da parte di Siena e che, credo, la Regione non si possa permettere di avere questi livelli di Aziende Ospedaliere a Pisa, Firenze e Siena. Credo che il Rettore non abbia difeso a sufficienza l’Azienda Ospedaliera. Credo, anche, che la battaglia sarà, nel prossimo futuro, proprio su questo argomento, perché la fine dell’Azienda Ospedaliera vuol dire la fine della Facoltà di Medicina a Siena. Le due cose sono fortemente collegate insieme. E io non capisco come mai noi dobbiamo avere, unica realtà in Italia, due corsi di Laurea in Lettere, uno a Siena e uno ad Arezzo (che a noi crea un problema di denaro, gestionale), e poi non fare la battaglia, viceversa, per l’Azienda Ospedaliera o sottovalutare quel tipo di operazione. Se Arezzo vuol fare l’Università in “Lettere”, la faccia! Non vedo perché dobbiamo essere noi a farla. La faccia! Non capisco come mai Riccaboni è così collegato ad Arezzo. È vero che è stato prorettore, è vero che ha seguito per conto di Tosi il bilancio dell’Università. Anche su questo bilancio dell’Università tagliamo, per favore, la testa al toro una volta per tutte. La spesa corrente non è l’indebitamento, è inutile che tutte le volte, tutti gli anni, ci si mette la medaglia perché ho fatto gli utili sulla spesa corrente. Il problema è che l’indebitamento è rimasto uguale; cioè io posso contenere i costi sul conto economico, ma poi sul conto patrimoniale l’indebitamento è rimasto uguale. Per favore, anche i giornalisti quando fanno gli articoli, i due bilanci cerchiamo di metterli insieme, perché se non li metti insieme non si capisce effettivamente la situazione in cui si trova l’Università. Ma a parte questo, io credo che la battaglia sull’Azienda Ospedaliera si debba fare ora. Si faccia su chi sarà il prossimo Rettore: che deve venire dall’area biomedica, perché deve salvaguardare l’Azienda Ospedaliera. E attenzione, perché le famiglie che dicevo prima si sono mosse; chi in una logica di continuità con il passato, chi in una logica, invece, di difesa effettiva dell’Azienda Ospedaliera a Siena. E tenete anche conto che quel famoso FFO di 114 milioni, un 30% circa va alla ricerca; quindi sarebbe opportuno avere la ricerca.

Pierluigi Piccini. Mi vedo costretto a fare delle precisazioni dopo il confronto di lunedì con Scaramelli. Alla fine dell’incontro mi si è avvicinato un signore che con molta cortesia mi ha fatto presente che il mio argomentare sull’Università non era corretto. Più precisamente che l’indebitamento dell’Ateneo senese era ormai in fase di risoluzione. Non convinto di questa affermazione e avendo in testa altri numeri sono andato a controllare il bilancio del 2014, l’unico che al momento fa testo. Allora: nonostante il risultato positivo di gestione per 10,1 milioni di euro, il patrimonio netto rimane negativo per 15,8 milioni di euro, con un importo totale del debito pari a 100,2 milioni di euro e il tutto dopo aver alienato il San Niccolò per un importo di 74 milioni di euro e le Scotte, alla Regione Toscana, per 108,0 milioni di euro. Se ci fossero ulteriori precisazioni, rimango in attesa.

Giovanni Grasso. Le precisazioni di Pierluigi Piccini, corrette e condivisibili, si riferiscono al bilancio 2014. Ed è proprio questo il punto! Quanto quel bilancio è attendibile? Anche il Bilancio unico dell’esercizio 2013 (approvato il 29 ottobre 2014, con sei mesi di ritardo e pubblicato, dopo un sollecito del sindacato Usb, sull’home page dell’Ateneo solo il 9 gennaio 2015) si chiude con un avanzo di competenza di +6,91 milioni di euro, un utile di esercizio di +9,04 milioni di euro e un disavanzo di amministrazione di −42,83 milioni di euro. Eppure, aspetto dal 14 maggio 2015 che il “Magnifico” chiarisca alcune incongruenze di quel bilancio che, ovviamente, si ripercuotono anche su quello dell’esercizio 2014. Com’è noto, le partite di giro devono rappresentare un’entrata e un’uscita “senza rilevanza economica o patrimoniale” e devono essere inserite tra le voci degli accertamenti incassati e degli impegni pagati. Così non è stato per il rendiconto finanziario 2013, dove un’impropria allocazione delle partite di giro ha portato a un avanzo di competenza di +6,91 milioni di euro, mentre il suo corretto inserimento porterebbe a un disavanzo di competenza di −3,5 milioni di euro. Perché il “Magnifico” non si sottopone a un pubblico confronto sul cosiddetto “risanamento” dei conti dell’Ateneo?