Riceviamo da un assiduo lettore del blog uno schema, con brevi commenti, della riforma Gelmini.
Otto der Kommissar. La riforma Gelmini è arrivata in Stazione… il viaggio è stato lungo… molti intoppi, qualche abbocco di deragliamento, ma il viaggio è terminato… il Senato della Repubblica ha approvato in via definiva il disegno di legge con 161 sì, 98 no e 6 astenuti.
Una premessa di metodo… questo lavoro si basa su di un testo a fronte preso dal sito del Senato della Repubblica… sono possibili piccoli aggiustamenti derivanti dall’approvazione da parte del Senato di norme di coordinamento. Parto, seguendo del resto lo schema del provvedimento, dal delineare alcuni principî ispiratori qualificanti della riforma:
• il Ministero fissa obiettivi al Sistema universitario e ne verifica il raggiungimento;
• il Ministero distribuisce le risorse pubbliche agli Atenei sulla base degli obiettivi dichiarati e della valutazione dei risultati;
• gli Atenei valutati positivamente possono accedere a forme di sperimentazione organizzativa e gestionale.
Dal punto di vista organizzativo, gli Atenei, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma, sono tenuti ad adeguare i propri Statuti ai seguenti principi di governance:
Il Rettore è eletto tra i professori ordinari in servizio presso le università italiane (anche di un altro Ateneo – ma ci pensate? Nella disputa tra Focardi e Riccaboni dall’urna esce a sorpresa il nome di Brunetta…) e dura in carica per un unico mandato di sei anni, non rinnovabile. Le attribuzioni vanno dalla rappresentanza legale dell’Ateneo, alle funzioni d’indirizzo, d’iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, alla responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università etc. etc. etc..
Il Senato Accademico è costituito su base elettiva, in un numero di membri non superiore a trentacinque unità tra cui:
– il Rettore;
– una rappresentanza elettiva degli studenti;
– una rappresentanza dei docenti di ruolo (almeno i 2/3 dei componenti complessivi) di cui almeno 1/3 direttori di dipartimento.
Le attribuzioni vanno dalla formulazione di proposte e pareri obbligatori (in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti, nonché di attivazione, modifica o soppressione di corsi, sedi e strutture); ad una potestà regolamentare (regolamento di ateneo; altri regolamenti compresi quelli di competenza dei dipartimenti); all’approvazione del codice etico; allo svolgimento di funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti etc. etc. etc..
Una domanda sorge spontanea: 35 persone a fare molto meno di quanto sino ad ora è stato fatto da una quindicina? O si è sbagliato e si voleva fare un Corpo Accademico e qualcosa è andato male, oppure si sono volute accontentare non ben identificate istanze corporative… l’auspicio è che il nostro Statuto tagli di brutto…
Il Consiglio di Amministrazione (massimo 11 componenti) è composto da:
– Rettore;
– una rappresentanza elettiva degli studenti;
– da un numero variabile di personalità italiane o straniere di comprovata competenza in campo gestionale, di cui almeno 4 (non è proprio così ma permettetemi la licenza poetica) non appartenenti ai ruoli dell’Ateneo… ritengo che nel consiglio di Amministrazione non ci sarà nessun tecnico amministrativo…
Il Presidente del Consiglio di Amministrazione, eletto dal Consiglio stesso, è il Rettore o uno dei Consiglieri esterni.
Al consiglio di amministrazione spettano le funzioni di indirizzo, programmazione finanziaria e del personale, la competenza a deliberare l’attivazione o soppressione di corsi e sedi; la competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, l’approvazione dei bilanci, la competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori universitari, la competenza ad approvare le proposte di chiamata etc. etc. etc.
Risulta di tutta evidenza un sostanziale spostamento di competenze dal Senato accademico al Consiglio di Amministrazione… componente docente decisamente esautorata… a vantaggio di chi però non è ancora molto chiaro… forse qualche burocrate o aziendalista…)…
Il Direttore Generale (prende il posto del vecchio Direttore Amministrativo) nominato dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Rettore, sentito il Senato Accademico… cambia un po’ rispetto all’ (ormai) vecchio Statuto di Unisi…
Il D.G. provvede alla organizzazione e gestione dei servizi, delle risorse e del personale tecnico-amministrativo (grazie per aver evitato il termine “risorse umane”… .
Il Collegio dei Revisori dei Conti è composto da tre componenti effettivi di cui:
– uno (il Presidente) scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato;
– uno designato dal Ministero dell’economia e delle finanze;
– uno scelto dal Ministero dell’Università tra i propri dirigenti e funzionari.
Il Nucleo di Valutazione è composto da soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all’ateneo; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell’ateneo. Il Nucleo di Valutazione ha il compito di:
• verificare la qualità e l’efficacia dell’offerta didattica;
• verificare l’attività di ricerca svolta dai Dipartimenti;
• verificare la congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento;
• valutare le strutture ed il personale, al fine di promuovere il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale.
I compiti del Nucleo sono ambiziosi e centrali nel nuovo assetto di governance…
Altre norme sono poi dettate sull’organizzazione delle strutture didattiche e di ricerca(anch’esse da adottarsi con modifiche dello Statuto entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma):
– ai Dipartimenti sono attribuite le attività di ricerca scientifica, di didattica e di formazione;
– i Dipartimenti hanno un numero di docenti non inferiore a trentacinque (fino ad oggi per Unisi erano 16) o a 40 se i docenti dell’Ateneo sono superiori a 1.000;
– è previsto che si possano istituire e disciplinare strutture (max 12 nell’Ateneo) di raccordo tra più Dipartimenti aventi funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di studio … e queste sarebbero le eredi delle vecchie Facoltà;
– le strutture di cui sopra, se esistenti, deliberano attraverso un organismo composto dai direttori dei Dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza elettiva degli studenti, nonché, in misura complessivamente non superiore al 10 per cento, dei componenti dei consigli dei dipartimenti stessi, da docenti scelti, con modalità definite dagli statuti, tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della struttura, ove previste;
– istituzione in ciascun Dipartimento, ovvero nelle strutture di raccordo (se attuate) di una commissione paritetica docenti-studenti, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e della qualità della didattica nonché dell’attività di servizio agli studenti da parte dei professori e dei ricercatori.
Continua
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Parliamo anche del diritto allo studio… anzi della buonanima del diritto allo studio…
Con il titolo «Gli atenei senza fondi non saranno autonomi» è stata pubblicata dal Corriere della Sera del 24 dicembre 2010 la seguente lettera:
Caro direttore,
Autonomia, Valutazione e Merito: sono i principi fondanti per la riforma del sistema universitario condivisi da chi vuole un rapido e vigoroso cambiamento. Una riforma che l’attuale Governo – nonostante la sua (finora) schiacciante maggioranza – non ha avuto il coraggio di affrontare, ripiegando su un pavido bricolage dell’esistente. Ebbene questi principi sono traditi dal disegno di legge Gelmini, che li evoca, ma non li persegue. E noi di autonomia, valutazione e merito ne vogliamo di più, molto di più: da qui la nostra netta opposizione.
Una premessa: non si può riformare radicalmente un sistema, diffuso e complesso come quello universitario, riducendo le risorse e seguendo le ricette degli antichi cerusici. Non si risana l’ammalato salassandolo di qualche pinta di sangue! Sottrarre risorse al comparto della conoscenza – all’istruzione primaria, a quella superiore, all’università, alla ricerca – ha tre effetti negativi che si rinforzano a vicenda.
Primo: aggrava la malattia, anziché curarla. Secondo: deprime il capitale umano, insostituibile risorsa per crescere e prosperare. Terzo: chi consegue meno conoscenza è anche più vulnerabile e più debole. E così i risparmi di oggi in cultura e istruzione si pagano domani con minore crescita, maggiore disuguaglianza e maggiori spese per sostenere i più deboli. È questa l’interpretazione della modernità dell’attuale maggioranza?
Ma passiamo ai tre pilastri di una vera riforma, invisibili nel DdL Gelmini. Se vogliamo essere coerenti col principio dell’Autonomia, e riteniamo che la distribuzione di risorse pubbliche debba commisurarsi alla capacità degli Atenei e dei Dipartimenti di formare bene i propri studenti e di fare ricerca di buona qualità, allora occorre un sistema di Valutazione efficiente e rigoroso. A questo scopo dovrebbe servire l’ANVUR, agenzia di valutazione indipendente che ancora risulta privo degli organi direttivi. E che per funzionare seriamente – per valutare cento atenei, sessantamila docenti e due milioni di studenti – ha bisogno di esperti valutatori, economisti, sociologi, psicologi, statistici (l’ETS, agenzia privata di valutazione negli Stati Uniti ne ha più di mille!) e di costruire standard, metodi, procedure. Ma l’ANVUR non ha né testa né risorse, e quindi nemmeno ha cominciato a scaldare i motori. Dunque, la Valutazione è un fantasma. Ed è un fantasma l’Autonomia, perché la legge è prescrittivi fino nei minimi dettagli – sull’articolazione dell’istituzione universitaria. Avremo università al guinzaglio, anziché istituzioni autonome, che si organizzano in funzione della loro storia, del contesto nel quale operano e della loro vocazione.
Infine il Merito. Qui siamo di fronte ad un altro colossale bluff del DdL Gelmini. Il Fondo per il Merito, gestito dal Ministero dell’Economia, dovrà essere alimentato da risorse private perché non un euro pubblico è previsto. Un Soros o un Gates italiano sicuramente gestirebbero in proprio le loro donazioni, invece di affidarle alla burocrazia ministeriale. E se si volesse davvero sostenere il merito, occorrerebbe rafforzare il diritto allo studio che è oramai al lumicino: solo la metà del già modestissimo numero di assegnatari gode di una borsa di studio!
Mauro Ceruti
Massimo Livi Bacci
Tiziano Treu
I tre autori sono Senatori del Pd e professori, rispettivamente, delle Università di Bergamo, dell’Università di Firenze e dell’Università Cattolica di Milano
Inserisco il link ad un articolo del Prof. Zecchi dal titolo: «La Gelmini rimedia i disastri di Berlinguer e De Mauro» (http://www.tempi.it/cultura/0010871-zecchi-la-gelmini-rimedia-i-disastri-di-berlinguer-e-de-mauro)
@ «Avremo università al guinzaglio, anziché istituzioni autonome, che si organizzano in funzione della loro storia, del contesto nel quale operano e della loro vocazione.»
Il guinzaglio, dopo tutto quello che ha prodotto l’autonomia, mi sembra un po’ poco, propongo una catena, e a corto. La storia, la vocazione e il contesto sono motivi risibili, come se un medico laureato, poniamo a Scandicci, esercitasse solo ed esclusivamente nel contesto di Scandicci, pregno delle sue memorie storiche e guidato dalla vocazione dell’università che lo ha laureato, il fatto è che poi se ne va a Pontedera, luogo che, come tutti sanno, è sì pregno, ma di memorie storiche diverse, ha altre vocazioni ed è, ovviamente, un contesto diverso. Titoli giuridicamente validi su tutto il territorio nazionale dovrebbero garantire competenze e preparazione uguali, indipendentemente dai contesti, dalle vocazioni e dalle memorie storiche. I medesimi tre firmatari di questa scempiaggine sarebbero in grado di adattarsi ad istituti e contesti diversi da quelli a ciascuno di loro così connaturati? Parrebbe di no. Che bell’idea che hanno dell’educazione e della cultura! Facciamo invece il conto della serva dei vantaggi e svantaggi che l’autonomia ha portato all’università e ammettiamo francamente che questi sono enormemente superiori a quelli e che quindi, non il principio di autonomia in sé, ma la razzumaglia che l’ha gestita ne ha decretato la limitazione. Se ti consento tre pasti al giorno e tu svuoti, in piena autonomia, in una settimana la dispensa che avrebbe dovuto bastare per tutto l’anno, come pretendi che te la riaffidi per l’anno prossimo?
Di seguito la dichiarazione del consigliere provinciale del PdL di Siena Francesco Michelotti rivolta agli studenti che hanno bruciato a Siena il libretto degli esami per protesta contro l’approvazione della legge Gelmini:
Francesco Michelotti. Invito questi studenti a richiedere rapidamente la duplicazione del loro libretto universitario e a proseguire negli studi con maggiore sollecitudine, visto che non conoscono la realtà delle cose e non hanno la minima idea di quello che dicono. È, infatti, assolutamente singolare che proseguano le proteste contro la riforma universitaria che va nella direzione di difendere il merito e la posizione degli studenti, contro le clientele e le baronie da sempre presenti nel mondo accademico. È inaudito assistere a Siena a proteste di questo tipo contro il Governo: gli studenti farebbero bene a protestare con la medesima caparbietà contro quelli che hanno messo in ginocchio l’Università di Siena e l’hanno portata nel baratro. I baroni, la gestione scellerata e inavveduta dell’ateneo, i gravi errori di bilancio denunciati dall’ispettore ministeriale: ecco alcune delle motivazioni plausibili che dovrebbero scatenare la protesta studentesca. La protesta ci deve essere ma deve essere indirizzata contro il sistema Siena e coloro che hanno gestito e amministrato questo territorio nel corso degli anni: la loro inerzia e il loro silenzio sono stati cause del collasso dell’Ateneo. Gli studenti, se mettessero da parte il loro approccio ideologico e si approcciassero in buona fede alla realtà oggettiva delle cose, si renderebbero conto della validità della riforma Gelmini, mentre dovrebbero chiedere spiegazioni alle Istituzioni locali. Così non è purtroppo, ma siamo convinti che la maggioranza degli studenti, anche stavolta, conosce la verità e saluta positivamente l’approvazione della riforma.
Grazie Outis e Ghinacco!
Dopo aver letto della commemorazione di Maccherini, che conoscevo bene e diceva peste e corna di questi comunisti o ex-, bisogna in qualche modo consolarsi in un bagno di verità e di buonsenso.
Grazie, almeno ci fate recuperare un po’…
Buon anno a Voi e che venga informazione vera, non questa di tipo “sovietico” addolcita dal fiasco del buonismo PD.
Beh, molto si può dire in un senso e nell’altro. Sono certamente ciechi, sprovveduti o in malafede quelli che nella riforma vedono tutto nero, ma anche quelli che la vedono tutta rosea mi pare abbiano dei bei paraocchi.
Ad esempio: “difendere il merito e la posizione degli studenti, contro le clientele e le baronie da sempre presenti nel mondo accademico”
Beh, chi è che ha gestito le università in modo populistico e clientelare? I rettori.
E chi è che l’ha riempita di parenti e famigli? Ancora i rettori.
E a chi da la riforma tutto il potere? Ma ai rettori (e ai direttori di dipartimento), mica alle “clientele e le baronie da sempre presenti nel mondo accademico”, eh!
E cosa dice dei meccanismi di elezione dei rettori che sono la causa della loro degenerazione demagogica: nulla.
E sui meccanismi di nomina del Consiglio di Amministrazione, che in teoria li dovrebbe controllare: poco, e sulla necessità che i rettori non abbiano un ruolo nelle nomine, di nuovo nulla.
E se davvero si tenesse tanto allla difesa degli studenti, perché non risulta alcun ruolo di rilievo per i corsi di laurea, l’unico luogo dove gli studenti potrebbero intervenire con cognizione di causa?
saluti scettici,
Sesto Empirico
Un intervento di Enrico Tucci sul DdL Gelmini approvato.
Enrico Tucci (Club Karl Popper Siena). «Molti abbandoni, pochi laureati, tanti studenti improduttivi, una eccessiva frammentazione dei corsi ed una proliferazione di sedi distaccate, tratteggiano un sistema che adempie alla sua funzione formativa con lentezza ed inefficienza». Questa è la fotografia delle Università toscane scattata non da malevoli denigratori pagati dalla Gelmini, bensì dai ricercatori dall’Irpet (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana) organo tecnico scientifico istituito e finanziato dalla Regione Toscana, nel suo rapporto 2010 “L’Università in cifre” presentato a Firenze ai primi di dicembre. Questa è l’Università che molti, troppi, volevano conservare contrastando la riforma Gelmini che invece, anche questa volta a detta di illustri esponenti della cultura di sinistra come Salvati, Giavazzi e persino Sartori, costituisce quantomeno un primo passo per “una università confrontabile con le migliori università europee” (Salvati, Corriere della Sera del 1 dicembre). I punti salienti della riforma, oggi finalmente Legge, sono: la adozione di un codice etico (che prevenga le tristemente note “parentopoli”), un tetto massimo di sei anni al mandato dei Rettori (per evitare i Rettori “a vita” o quelli che, anche a Siena, impongono modifiche dello Statuto in corso d’opera per rimanere in carica ad oltranza), la modifica della composizione e dei compiti del Consiglio di Amministrazione (per una più netta assunzione di responsabilità e minore autoreferenzialità grazie alla presenza di membri esterni all’ateneo), la riforma dei concorsi per il reclutamento dei docenti (nazionale, più trasparente), la revisione delle facoltà e il ridimensionamento dei corsi di laurea (cresciuti a dismisura e individuati sulle esigenze dei docenti e dell’apparato e non su quelle degli studenti), e soprattutto la introduzione di sistemi di valutazione a tutti i livelli per consentire di premiare il merito e l’impegno e scoraggiare i perditempo. Solo lo sciagurato connubio tra fanatismo ideologico, che vede la approvazione della riforma come una “vittoria” del governo e il conservatorismo cooperativo della casta universitaria che sente minacciati i suoi incomprensibili privilegi, può indurre a negare la importanza e la indifferibilità di questa riforma che consente di restituire dignità alla alta formazione, mortificata da anni di arroganza, clientelismo e irresponsabilità a danno esclusivo degli studenti e delle loro famiglie. Dopo il duro scontro, ora è il momento della ragionevolezza: il mondo accademico ha l’occasione di riscattarsi e di ben operare perché la riforma produca i suoi effetti benefici, nonché di proporre modifiche migliorative nell’intento di formare anche in Italia una classe dirigente all’altezza delle sfide che ci aspettano nei prossimi difficili anni.
Bravo Outis!
Condivido in pieno!
E poi, la storia più recente dimostra che autonomia e merito sono “inversamente proporzionali” ed è (quanto meno) demagogia chiedere “più” di entrambi!… non dimentichiamoci dei tanti “banditi” che hanno “svuotato le dispense” (tanto per parafrasare Outis) e che (purtroppo) sono ancora lì (perché nessuno li ha mandati o ha intenzione di mandarli via) pronti a ripartire con le loro razzie, più forti e vigorosi “che pria”!!!
@ Nik «Bravo Outis! Condivido in pieno!»
Bravo soprattutto a Enrico Tucci, direi, visto che il (bel) comunicato era suo.
Specie quando scrive “ora è il momento della ragionevolezza: il mondo accademico ha l’occasione di riscattarsi “.
La mia impressione è che voglia e opportunità di riscatto la riforma (che nonostante le apparenze è largamante bipartisan) ne aggiunga ben poche, ma è certamente un auspicio da condividere, e quelle opportunità, da sfruttare.
Sesto Empirico,
scettico
Non è uno strumento, che dipenderà molto da chi lo usa? Scusate le mie semplificazioni da esterna ma gradite ugualmente i miei auguri! Ce ne è bisogno anche fuori dell’università, credetemi.
Non c’è dubbio, per le “chiamate” grande innovazione: com’è di solito nelle università americane, che fanno dare pareri dai professori ma poi vogliono vedere chi si mettono in casa a far (anche) soldi.
Piuttosto, quei 4 non innovano granché mi pare. Ma non ci sono già nel CdA di Siena? Anzi ce ne è uno in più almeno, ed è già tanto che non ci sia l’Arcivescovo visto come vanno le cose….
MPS, Camera CIA, Regione, Provincia, Comune, mi pare.
E non hanno impedito per niente il ‘bu’o’.
Piuttosto, sarebbe una rivoluzione se quei 4 rappresentassero veramente la società civile; questa invece, a esser sinceri, non esiste: esiste solo il Partito, che ogni tanto cambia etichetta e qualcuno al vertice ma resta sempre uguale nei metodi e nei fini.
I magnifici 5 di cui sopra chi rappresentano?
Finiamo serenamente l’anno dicendocelo ‘apertis verbis’.
Cara Laura,
non “semplifichi”… dici le cose come stanno! Sappiamo tutti benissimo che le leggi ci sono e che “basterebbe applicarle”; anche prima della Gelmini le leggi c’erano e bastava applicarle (parlo delle “leggi”, anche non scritte, che si ispirano a principi etici, morali e di buon senso!)… il problema è che le leggi, in questo Paese, vengono a) ignorate; b) non applicate; c) “aggirate”; d) interpretate; e) violate… tutto, meno che “applicate” e/o rispettate… è per questo che noi abbiamo (mi correggano gli esperti del forum, se dico castronerie) i “codici” più complessi, intricati e articolati del mondo!
…io devo ancora capire, per esempio, come si possa ammettere che ad un concorso nazionale si presenti un solo candidato per di più figlio di un personaggio importante dell’università… dice: non c’è una legge che lo impedisca! Dico io, possibile che ci voglia una legge per impedire questo???
Ho semplificato molto per essere sintetico, ma immagino che la sostanza del messaggio sia stata recepita… non è un problema di leggi, decreti e riforme; il problema è se sei onesto o se sei un bandito… e se sei un bandito, ovvero un “fuorilegge” sei, appunto, “fuori” dalla legge e dunque, non c’è legge, decreto o riforma che tenga!!!
[…] la pubblicazione della prima, ecco la seconda parte – inviataci da un assiduo lettore del blog – dello schema con brevi […]