Ateneo senese: il piano di risanamento non può prescindere da questi dati

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Apriamo una nuova categoria «Dati sull’ateneo senese» reclamata da molti commentatori de “Il senso della misura”. La tabella riportata è un aggiornamento al 31 dicembre 2007 del numero di studenti e personale impegnato presso l’università di Siena. I dati al 31 dicembre 2006 sono stati pubblicati in precedenza. La fonte è la banca dati del MIUR. Chi reclama a gran voce il ritiro del “piano di risanamento” evidentemente non conosce questi numeri.

L’Università di Siena secondo la Cgil: docenti in pensione e amministrativi in cattedra

tex.jpgEugenio Baronti (assessore all’Università e ricerca della regione toscana). (…) «Nessuno può pensare di far pagare questa crisi scaricando i costi sulle fasce più deboli e soprattutto sui giovani ricercatori. È necessario intervenire rimuovendo privilegi consolidati, sprechi e collocando a riposo i docenti ordinari con 65 anni di età, lasciando spazio ai giovani che rappresentano l’elemento dinamico, creativo e innovativo. L’importanza dell’Università di Siena nel suo complesso, la sua storia, l’impatto sociale che un piano di risanamento discutibile come quello appena deliberato comporta, dovrebbe imporre a tutti un grande senso di responsabilità e la ricerca della massima unità e condivisione: la tutela di questo straordinario bene comune, del suo carattere pubblico, del futuro delle centinaia di persone coinvolte nella crisi, deve essere il faro dell’azione che tutti noi portiamo avanti. La Regione, pur con tutte le difficoltà presenti, a queste condizioni è disposta a fare fino in fondo la sua parte».

Al Prof. Mario Ascheri, che chiedeva spiegazioni sull’età pensionabile dei professori, risponde Marco Iacoboni.

«Caro professore, la legge prevede la facoltà di rimanere, per età, oltre i 70 anni (con richiesta fino a 72), e per anzianità di servizi oltre i 40 sempre per altri 2 anni e sempre su richiesta del dipendente e previa autorizzazione dell’amministrazione (che può rifiutarsi di concederla). Per il personale docente poi c’è la facoltà di chiedere di andare in pensione a 65 anni. In questo caso la richiesta è un atto volontario del dipendente e non può l’amministrazione obbligare al prepensionamento. In merito alle nostre richieste (CGIL) e a quelle della Regione Toscana l’atto di decidere volontariamente di andare in pensione compiuti i 65 anni sarebbe un atto di una forte rilevanza etica ma anche economica. I docenti che compiranno 65 anni nel 2009 all’Università degli Studi di Siena sono 129. Se decidessero tutti di andare in pensione a 65 anni per l’Ateneo ci sarebbe un risparmio di 16.224.000 euro (arrotondati per difetto). Il personale tecnico amministrativo, in base alla delibera approvata due settimane fa, andrà in prepensionamento a 40 anni e questa misura agisce su circa 120 dipendenti. Per un risparmio di circa 500.000 euro.
A lei le dovute conclusioni.» Marco Iacoboni

Anche Mario Pirani danneggia l’immagine dell’Università italiana?

Si riporta una parte dell’articolo di Mario Pirani sull’università pubblicato su “la Repubblica” di oggi.

Quanto costa al Paese l´università di Parentopoli

Mario Pirani. “Basta con i tagli!”, intimano gli striscioni e gli slogan scanditi dai cortei universitari. Ma se avessero contezza, in primo luogo del fiume di soldi dirottati a favore di una casta accademica pletorica e clientelare, che le oasi di eccellenza non bastano a controbilanciare, gli studenti dovrebbero rivendicare più tagli e non meno. 
 E dovrebbero, come diceva Mao Zedong, «bombardare il Comitato centrale», non stringersi, in definitiva, in sua difesa. Certo, molti studenti sono angosciati dalla nebulosità di un futuro neanche minimamente prevedibile, dalle deplorevoli condizioni del percorso scolastico, dalla disorganizzazione dei corsi e degli esami e quant´altro la vita universitaria offre o, meglio, nega. Gli studenti prevedono che i tagli annunciati dalla Finanziaria aggraveranno maggiormente questo stato di cose ma, per contro, non sembrano percepire l´origine prima della scarsezza dei fondi. E, cioè, lo sconsiderato spreco di risorse ingoiate dalla greppia accademica, clientelare e familistica, che avrebbe dovuto essere spazzata via da tempo a furor di popolo.
 Come altro giudicare i casi raccontati in queste settimane da tutti i quotidiani sulla parentopoli infiltrata nelle più diverse facoltà universitarie in quasi tutte le Regioni d´Italia, con una tendenza più grave e generalizzata nel Mezzogiorno? Emerge un organigramma che denota una degenerazione ormai sistemica.

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Ateneo senese: la rinascita è possibile se si attua il piano di risanamento approvato

Si riporta un articolo di Gaetano Quagliariello pubblicato oggi dal Corriere di Siena e da l’Occidentale.

DAL RISCHIO CRAC ALLA RINASCITA
Il caso dell’università di Siena può diventare emblematico

Gaetano Quagliariello. Perché il caso dell’università di Siena può diventare emblematico dello stato dell’università italiana? E perché potrebbe indicare la strada di come trasformarla, evitando sprechi, rendendola competitiva, mettendo finalmente al centro l’interesse della comunità e degli studenti?
La risposta è semplice. Lo stato comatoso dell’università di Siena rimanda a responsabilità diffuse che si sono stratificate nel tempo. Non consente, dunque, discorsi ideologici né tanto meno la possibilità di scaricare le colpe su Mussi o sulla Gelmini. E neppure, per intero, su questo o su quel rettore. I fatti possono essere ricostruiti come una favola della quale non sappiamo ancora se vi sarà un lieto fine.
C’era una volta una università, antica, nobile e prosperosa: una delle più ricche del reame, invidiata da tutte anche per il contesto di storia e bellezze artistiche che le faceva da cornice.
Un brutto giorno, all’improvviso, la bella università scopre di essere gravemente malata di un male che le era lentamente e silenziosamente penetrato nelle ossa senza che nessuno se ne accorgesse. Cos’era accaduto? Nel corso degli anni vi era stata una sottostima dei residui passivi, che unita alla sovrastima delle entrate realmente esigibili ha determinato un disavanzo insopportabile.
In sintesi: a fronte di entrate sovrastimate e spese sottostimate, per fronteggiare le uscite correnti e i bisogni di cassa, si è scoperto che erano stati ritardati i versamenti all’Inpdap per un importo di 99 milioni di euro nonché un pagamento dovuto all’Irap per un importo di 27 milioni di euro (comprensivi delle relative sanzioni). È previsto, inoltre, uno scoperto di conto corrente di 44 milioni di euro al 31 dicembre 2008 e disavanzi di varia natura dovuti alle eccessive spese. Sicché il totale dei debiti ammonta a oltre 170 milioni di euro.

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Nulla si deve “lasciare da parte” se si vuole individuare ogni responsabilità (…anche lontana) del dissesto dell’ateneo senese

Cosimo Loré. Le ricorrenti critiche ai lavori in corso sul fronte della stampa (in particolare del settimanale Panorama) e della giustizia, finalmente impegnate a far luce sulla tragica situazione dell’università di Siena, attengono ad una ben nota tattica fumogena posta in essere ogniqualvolta si tenta di identificare i rei di un sistema criminale che sta affondando la nostra comunità nazionale, grazie allo scempio provocato dai cosiddetti insospettabili. Così se si studiano e si indagano determinate patologie non ci si può rivoltare perché si omette la descrizione dei soggetti sani…
Non v’è dubbio che il pregio e la gloria dell’ateneo senese sono conseguenza dell’assidua attività di tanti ricercatori che sono oggi le vittime di una crisi annunciata (stupisce la sorpresa dei docenti che sembrano solo ora risvegliarsi da un lungo torpore, malgrado le ripetute anche se rare voci di chi, a cominciare da questo blog, da anni informa e critica, denuncia e reclama). Una crisi dagli effetti disastrosi per l’immagine dell’intera istituzione. Una crisi di macroscopica pertinenza penale. Un’inchiesta giornalistica o giudiziaria come anche ogni indagine scientifica devono evidentemente attenersi al proprio ambito predeterminato e circoscritto.
Pertanto, preoccupa non poco che siano anche autorevoli esponenti dell’accademia a tentare varie manovre diversive pericolosamente di ostacolo all’unica urgente, doverosa e drammatica necessità: la definizione di fatti, misfatti e responsabilità! Il resto è fuori tema e fortemente sospetto.

Ateneo senese: Tosi torna in campo nel Palio del buco

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Il Mondo pubblica oggi un articolo sulla difficile situazione dell’ateneo senese che confermerebbe lo scenario già prospettato.

Fabio Sottocornola. All’università di Siena, nel pieno della bufera per il rosso di bilancio record, stimato attorno ai 160 milioni di euro, torna in scena Piero Tosi. L’ex rettore (fino al 2006) e docente di medicina, rinviato a giudizio per capi d’imputazione legati alla sua attività in ateneo, negli ultimi giorni si è mosso in maniera diretta e indiretta. La sua azione non sembra tendere la mano all’attuale numero uno, Silvano Focardi. Anzi. Venerdì 31 ottobre il consiglio di amministrazione, riunito per decidere il piano di risanamento, ha rischiato di saltare. Per poco non è mancato il numero legale: erano assenti diversi consiglieri. Sette di questi, tra docenti e tecnici considerati fedelissimi di Tosi, il lunedì successivo hanno inviato a rettore, membri del cda e del Senato accademico una lettera molto dura. Contestano la gestione della crisi e l’operato della commissione che deve certificare l’entità del buco. Secondo loro la spesa del personale non ammonta al 104 % dei contributi statali ma al 91,6% (per legge, il tetto è il 90%). Sostengono che Siena vanti un credito di 25 milioni (dal 1999) dal ministero dell’Università per pagare gli incrementi di stipendi. Il conteggio per accertare il disavanzo è, scrivono nella lettera, «inquinato» perché sono considerate «come parte del debito le rate già ricontrattate con l’Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti pubblici, ndr) e già iscritte a bilancio». Infine, chiedono una nuova commissione parallela (per ora) a quella esistente. La quale sta lavorando e, per esempio, ha accertato su due vecchi esercizi analizzati a campione (1998 e 2003, chiusi in pareggio), che solo 300 mila euro di crediti attivi erano esigibili sui 25 milioni iscritti a bilancio. Curiosamente, in un intervento di fine ottobre nel consiglio di facoltà di medicina, l’ex rettore ha usato argomenti e motivazioni identiche alla lettera. A molti queste appaiono mosse dilatorie. Invece Focardi non può perdere tempo se la crisi precipita rischia di doversi dimettere. E alle nuove elezioni Tosi avrebbe già pronti suoi candidati, come Angelo Riccaboni (preside di economia), Tommaso Detti (ex preside di lettere) o Antonio Vicino (ingegneria). Ma il ministro Mariastella Gelmini, che ha annunciato l’invio di ispettori, stavolta potrebbe spedire un commissario.

Ancora una volta a decidere sul futuro dell’ateneo senese pretenderebbero di farlo i politici locali

StemmaUnisiRiporto un commento di questa notte del “cittadino online” e invito i docenti, completamente assenti dal dibattito, a riflettere sullo scenario prospettato.

Università: manovre di “rientro”. Politico

SIENA. Le voci si sono rincorse a lungo nei corridoi dell’Università. S’è dimesso. Non s’è dimesso. Alle fine, un comunicato ufficiale ha sciolto i dubbi e messo a tacere le voci: il direttore amministrativo Loriano Bigi ha rassegnato le dimissioni su richiesta del rettore Silvano Focardi. Rettore che da Roma, dove ha incontrato il ministro Gelmini, pare sia tornato a mani vuote. Voci, ancora voci, che non hanno trovato conferma. Come quelle che danno Focardi stesso in odore di sostituzione: un commissario “romano” pare che terrà caldo il posto al nuovo rettore prescelto dal PD. Sostituto designato sarebbe – e l’ipotetico è d’obbligo – il fedele (alla Federazione) Riccaboni, che sarà affiancato da un direttore amministrativo della stessa area. Per tradurre in parole povere l’operazione: il Partito vuole rientrare in quella che reputa una sua proprietàsfuggitagli di mano per pure convergenze astrali – ed è probabile che finché non ci riuscirà, le cose per l’Ateneo non andranno affatto bene.
Però, a livello d’immagine si presenta un problema: l’anno prossimo ci sono le elezioni per la Provincia ed è quindi necessario che la faccenda “dissesto dell’Università” sia sistemata in tempi brevi. Meglio se entro Natale… E già che si parla di regali, c’è da considerare anche come e a quanto saranno ceduti i beni immobili alienabili. Ma questo è un altro tema. (…)

Una risposta a chi si oppone al piano di risanamento dei conti nell’ateneo senese

Si riporta la prima parte della “proposta” di Francesco Forte sul commissariamento dei rettori pubblicata su Libero del 25 ottobre 2008.

SE L’ATENEO FINISCE IN ROSSO IL RETTORE VA COMMISSARIATO

Francesco Forte. Siamo tornati al ’68 con la “okkupazione” delle università, ed i professori brizzolati che fanno i giovinetti, agitandosi nelle lezioni all’aperto. A volte questi professori che fanno i giovinetti, un po’ patetici, altro non sono che ex sessantottini, entrati nelle carriere universitarie senza veri concorsi e che vi hanno progredito grazie a capacità di arrembaggio. Dalle indagini sui giovani laureati, risulta che il 32% degli universitari fa parte della borghesia, il 31 della classe media impiegatizia, solo il 20 per cento della piccola borghesia e il 22 della classe operaia. Dunque sono in gran parte i figli dei benestanti e delle classi medie che beneficiano delle spese pubbliche per l’Università. E questi ragazzi che si agitano, sono i figli di quelli che dovrebbero pagare, con le loro imposte sul reddito, il dispendio universitario. Sicché i figli fanno lo sciopero contro i loro padri. E tutto questo è paradossale perché le Università in Italia sono messe male. Le leggi varate dopo il ’68 hanno stabilito che i rettori sono eletti da tutto il personale docente e non docente. Sicché questa non è più una carica accademica, ma una carica politica e politicizzata, nel più basso dei modi. Vale a dire il sistema del basso impero romano, per cui aveva il potere chi distribuiva più favori, a spese dell’erario.
Ci sono università, come Siena, che se fossero imprese dovrebbero fallire, perché da anni chiudono in deficit e non hanno, adesso, i soldi per pagare gli stipendi. Non è colpa della Gelmini, o di Tremonti, i cui tagli al fondo statale per le Università di 1,5 miliardi cominciano dal 2009. È colpa della gestione dissennata dei fondi pubblici che è stata fatta. O si toglie ai rettori la competenza per le finanze universitarie o si stabilisce un altro sistema di nomina. Le Università con irregolarità di bilancio e in deficit andrebbero commissariate. Poiché prevedo la accusa di attentato alla libertà e maestà della cultura, preciso che il commissariamento non dovrebbe comportare la rimozione dei rettori. Essi dovrebbero rimanere al loro posto, con compiti di indirizzo della ricerca e della didattica, mentre la gestione amministrativa e finanziaria sarebbe del commissario. (…)