Si riportano alcuni brani di un intervento di Roberto Barzanti pubblicato dal Corriere di Siena di oggi con il titolo: «Pontignano deve sopravvivere»
Roberto Barzanti. (…) Credo che per quanto riguarda il destino della Certosa di Pontignano si debba essere molto prudenti. Pontignano ormai un nome che fa tutt’uno con l’Università di Siena ed evoca una lunga storia che è come scritta in un luogo denso di memorie. (…) Durante gli anni del conflitto e subito dopo la fine della guerra la Certosa era stata sede di rifugiati politici e spazi di incontri dai quali scaturivano intese e dialoghi tra alcuni dei protagonisti della nuova Italia. A scorrere l’album dei visitatori e degli ospiti si rimane impressionati: e si rinvengono le firme di Pietro Nenni e Paolo Barile, di Norberto Bobbio e Piero Calamandrei, di Fernando Santi e Emilio Lussu, e al contempo quelle di giovani studenti e professori che là dialogavano sul futuro di un Ateneo che era casa loro non meno che orgoglio della città. Forse c’è un pizzico di eccessivo sentimentalismo nell’attribuire ai luoghi il ruolo di testimoni non impassibili delle occasioni e delle voci alle quali hanno dato ricovero e conforto. Eppure non esito a dire che Pontignano è diventato anno dopo anni elemento essenziale dell’identità dell’Università senese, del suo senso di apertura, degli scambi tra mondo accademico e ricerca politico-culurale. (…)
Spero che nel quadro di un riassetto sistematico si trovi una durevole e austera soluzione perché Pontignano sopravviva come spazio simbolo di un sapere democratico, di fruttuosi dialoghi, di quiete meditazioni, di generosa accoglienza. E non mi riferisco ad altri similari problemi non perché non suscitino analoghe perplessità, ma perché intendo qui sottolineare uno dei temi principali in agenda, almeno a mio modo di vedere. Quanta parte del patrimonio architettonico più illustre è stato piegato in Toscana a usi di tipo alberghiero o a futili scopi commerciali! Sia la resistenza di Pontignano il segno di una concorde volontà nell’arginare questa tendenza rovinosa. Rifiuto di credere che si riesca a suscitare entusiasmo e a reperire le necessarie risorse solamente quando ci sono in ballo stadi, palazzetti o attrezzature complementari. E mi rifiuto di credere che una pur residuale sinistra di governo non abbia la forza di ribellarsi – un po’ – a questo conformistico assopimento. E non dico solo di Siena. Altrove, a quanto si legge, è peggio, molto peggio.
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