Quando si è in conflitto di interessi e non si hanno le palle (come direbbe Beppe Grillo) per denunciare i vertici dell’istituzione pubblica in cui si lavora, è preferibile tacere! Purtroppo, il MoVimento 5 stelle di Siena, dopo il rinvio a giudizio di due dipendenti in merito alle elezioni irregolari del rettore, «indulgendo ad un melassoso populismo» (come dice Rabbi), ha reso pubblico un documento sull’università di Siena con il quale dichiara «improcrastinabile, e assolutamente necessaria, una coraggiosa presa di posizione netta da parte dell’Amministrazione, per colpire gli sprechi… Altrimenti meglio che arrivi un Commissario che sappia cacciare via tutti i responsabili del dissesto.» Tutto qui? Arrenditi, Grillo!
MoVimento Siena 5 stelle. Tutto tace in questa Siena, un silenzio tombale, dove molti fanno finta di dormire per non vedere, forse per tentare di esorcizzare il grave e drammatico momento che sta affrontando la nostra città. Davanti al disastro compiuto da una classe politica fallimentare, la città sembra incapace di reagire: è come scoprire un ladro in casa di notte e invece di gridare aiuto e cercare di proteggere il proprio patrimonio, gli si consegnasse il portafoglio per tornare, placidamente, a dormire.
Per quanto concerne il nostro Ateneo, molti sembrano essersi già dimenticati dei 64 dipendenti della Cooperativa Solidarietà – presso l’Università di Siena – che tra pochi giorni saranno messi in cassa integrazione. Così come la città si è già scordata della mancata presenza di un rappresentante dell’Ateneo come parte civile al relativo processo per il “Buco di Bilancio”. La “parte civile” che potrebbe permette di recuperare parte di quanto indebitamente sottratto dalle casse universitarie!
Ancora si vocifera sulla questione del “troppo personale”, additato come la causa di tutti i mali. Proprio nel blog del prof. Grasso, “il senso della misura”, si pubblicano grafici dove si dimostra l’alto numero di personale tecnico-amministrativo in relazione ai docenti, senza chiedersi perché e quali sono le funzioni di queste mille persone e soprattutto senza valutare il reale impatto economico dello stesso sul disastrato bilancio. Si vuole, in qualche modo, dimostrare che sono i dipendenti la causa del dissesto. Ma siamo proprio sicuri che siano realmente gli stipendi – a docenti e TA – ad essere causa di una simile voragine di bilancio universitaria? Certo, inutile girarci intorno: il problema economico esiste, così come esiste il problema della mal distribuzione del personale. Capita talvolta che il numero del personale TA afferente ad un certo dipartimento sia più espressione del “potere dei baroni” che delle reali necessità: per questo ci auguriamo che la recente operazione di assestment, voluta dalla DA, possa far emergere ancora di più queste situazioni atipiche! Quello che però sembra emergere prepotentemente è un pessimo utilizzo dei fondi, frutto di anni di “lassismo” nei confronti di un’autonomia fatta con “soldi pubblici”, dove non vi erano sufficienti controlli sulle spese dei dipartimenti né dei vari uffici dell’amministrazione, dimostrando oltretutto una carenza organizzativa piuttosto evidente.
Ad aggravare ancora di più la situazione è il recente rinvio a giudizio di due dipendenti in merito alle elezioni dell’attuale Rettore Riccaboni: adesso è improcrastinabile, e assolutamente necessaria, una coraggiosa presa di posizione netta da parte dell’Amministrazione, per colpire gli sprechi e tutelare quella parte sana del personale che affronta, con dignitosa abnegazione e sacrificio, una situazione lavorativa difficile. Altrimenti meglio che arrivi un Commissario, svincolato dai poteri forti, che sappia riportare sul giusto binario l’Università di Siena e cacciare via tutti i responsabili del dissesto.
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…benedetti figliuoli, almeno voi, potreste fare un sforzo per andare un po’ “oltre”, come direbbe il vostro odiato Gargamella, delineando con una minore vaghezza e maggiore acribia i problemi che attanagliano l’università di Siena? Voglio dire, qualcuno è capace di fare i due conticini che ha cercato di fare, tra gli altri, anche il sottoscritto (e “se sbaglio, mi corigerete”), additando una prospettiva, una via concreta per il risanamento, e considerando qual è lo scopo ed il “core business” di questa impresa che è l’università, senza dimenticare che man mano che il tempo passa essa non rimane la stessa e continua a perdere pezzi?
Giustamente sottolineate uno squilibrio nella distribuzione del personale: io parlerei più propriamente di squilibrio, ai tempi dello scialo, nel reclutamento. Parlare astrattamente de “i docenti”, trascurando che si avviano a passare dai 1064 dell’era del “big bang” (il 2008) a 602, cui verosimilmente vanno sottratte altre decine fra probabili prepensionamenti ed eventuali trasferimenti; non considerare che già oggi siamo a quota 820 circa, di cui oltre il 40% ricercatori “congelati” nel freezer (e la percentuale è sensibilmente destinata a crescere, trattandosi dei meno anziani), non offre un quadro veritiero della situazione.
Parlare oggi de “l’università” come di un corpaccione un po’ smunto, ma sostanzialmente integro, e non amputato o minato da una malattia mortale, come se in questi anni dopo due riforme, il “buho”, i tagli al FFO, la recessione, la cancellazione della Facoltà e di decine di corsi di laurea, la sparizione graduale di metà del corpo docente, la prospettiva dunque di cancellare altri pezzi d’ateneo, è un’astrazione che trascura imperdonabilmente le dinamiche in corso: “il bilancio” è questo, non solo una lista di addizioni e sottrazioni.
Anche all’eventuale “commissario Basettoni” dovrà essere comunque rappresentata una qualche espressione della volontà, sia del corpo accademico (nel senso più ampio: studenti, docenti e non docenti), sia della cittadinanza tutta, in ordine alle vie che la comunità civica intenderebbe seguire, perché i problemi che molto umilmente mi sono sforzato di enucleare esistono, non si risolvono con la bacchetta magica, né vi è un modo univoco per risolverli. Ma per far questo bisogna partire da un dato di realtà.
Da simpatizzante del M5S devo dire che sono rimasto deluso da questo comunicato decisamente “tiepido” nei confronti di quello che il prof. Grasso ha definito, senza tante cerimonie, il trio patacca.
Un rettore che non veda l’inopportunità di rimanere al suo posto, non solo dopo l’apertura delle indagini sulla sua elezione ma, addirittura, dopo dei rinvii a giudizio è chiaramente in malafede, specie considerando il contesto. Per estensione questo discorso si applica anche a prorettore e DA (essendo stata anch’essa scelta direttamente nonostante il “concorso”).
Dal M5S Senese mi aspettavo una presa di posizione netta in proposito. Ribadisco la mia delusione.
Per il resto la penso in modo analogo all’eccellente Rabbi. È inutile invocare il commissario come se fosse la cura di tutti i mali senza tenere conto di quello che poi il commissario stesso dovrebbe fare in considerazione dei problemi e delle soluzioni possibili in questo contesto.
Ciò detto torno a lurkare…
Che vergogna!!!!!!!! http://www.linkiesta.it/siena-consulente-universita-conflitto-interessi
«Ora si apre una nuova fase, durante la quale dovremo disegnare insieme l’Ateneo del futuro, che inevitabilmente dovrà essere diverso da quello del passato.» (il Rettore)
…Also sprach Riccaboni, smentendo inesorabilmente il tacchino o pollo induttivista di Bertand Russell e le sue idee balorde intorno all’uniformità della natura.
«Negli organi di governo ho evidenziato come sia indispensabile che entro i prossimi 6-12 mesi si attui una importante riflessione di natura strategica che, sulla base delle nostre caratteristiche, degli esiti delle valutazioni istituzionali, dei cambiamenti in atto nello scenario di riferimento, del comportamento degli altri attori di contesto, dei vincoli e delle opportunità esistenti, individui i futuri percorsi di sviluppo.» (il Rettore)
…insomma, io pensavo che “un’importante riflessione di natura strategica” fosse già stata fatta da un bel po’! Bisognerebbe anzitutto discutere di cos’è strategico: sono strategiche le “scienze del bue muschiato”? I corsi di laurea di bassissimo profilo “mordi e fuggi”, “accorpati”, trasversali, obliqui, sghembi, diagonali (e perché facciano anche più schifo, raddoppiati!) cinobalanicamente assemblati senza alcuna possibilità di specializzazione in alcunché? La considerazione che ad oggi oltre il 40% dei docenti di ruolo sono ricercatori (355 su 820 e la percentuale è destinata a crescere, visto che, essendo mediamente i più giovani, gli altri 200-250 pensionandi prossimi venturi saranno per lo più ordinari ed associati e di concorsi non si sente la puzza) e che dei contrattisti sopravvissuti e oramai fondamentali per tirare innanzi la carretta quasi nessuno avrà una chance a Siena, configura qualche problema di natura “strategica” o no?
Fra un paio d’anni, credo, molti corsi di studio verranno di nuovo manomessi perché già i conti riguardo ai docenti (e con l’andazzo delle iscrizioni, anche di discenti) non torneranno più. Attendiamo le “indicazioni del Ministero” e vedremo se nel frattempo vi sarà un ritocco nel meccanismo-ghigliottina dei “requisiti di docenza”, ma dubito che verrà reso più duttile di adesso e in ogni caso, con il previsto ineluttabile dimezzamento del corpo docente, a casaccio, per via dei pensionamenti, i conti non potranno mai tornare.
Onde evitare di avvilupparci in un circolo vizioso teso a riprodurre incessantemente, come coazione a ripetere, i mali dai quali ci vorremmo emendare, ritengo che dall’impasse si possa uscire solo con una soluzione coraggiosa ed innovativa (o forse ovvia? Comunque quella indicata dalla recente riforma -art. 3), riorganizzando gli atenei su base territoriale, polarizzando in alcune sedi (verosimilmente dove sono più forti) i settori disciplinari, le persone e i corsi di laurea fondamentali (perché – bando agli insopportabili relativismi intorno a ciò che è fondamentale – oramai di questo stiamo parlando, non della fuffa) non più sostenibili in tutti gli atenei siti nel medesimo lembo di terra, ammettendo dunque la mobilità dei docenti e la condivisione di strutture e corsi di studio, in modo da creare strutture robuste, non disperdere le competenze e le esperienze e soprattutto sopravvivere offrendo un qualche riferimento e barlume di speranza ai giovani e a chi resterà a spalare macerie (primum vivere…).
Ecco, io vorrei che anche i politici vecchi e nuovi parlassero di questo, che è lo scenario presente e che si presenterà anche a chiunque, per vie ordinarie o straordinarie succederà all’attuale rettore. Sarei ben contento se ciò che ho detto venisse confutato.
«…insomma, io pensavo che “un’importante riflessione di natura strategica” fosse già stata fatta da un bel po’!» Rabbi
No, caro Rabbi! Pataccari non sono solo i componenti del “Trio Patacca”! Il trio non esisterebbe senza un gregge di pataccari e soprattutto senza organi di governo costituiti da amministratori rinunciatari, che non conoscono neppure le prerogative dei collegi di cui fanno parte. È stato così fino ad ora: i buchi di bilancio non si sarebbero mai potuti creare con “senatori” e consiglieri d’amministrazione impegnati davvero nelle attività programmatorie. Il dissesto economico-finanziario, morale ed etico è figlio del comportamento rinunciatario dei colleghi docenti, servi del rettore di turno, che hanno assistito inerti alla distruzione del ruolo della docenza ad opera dei direttori amministrativi. Se tu, caro Rabbi, avessi tempo e voglia di leggerti i verbali degli organi di governo, capiresti immediatamente che Senato Accademico e CdA non sono la sede per una “importante riflessione di natura strategica”, proprio perché non esiste, da parte dei colleghi, la cultura della discussione, del contraddittorio e, perché no, dello scontro con il rettore e direttore amministrativo, in presenza di provvedimenti a dir poco illegittimi, immotivati, illogici e anacronistici. È più importante l’atteggiamento servile, anche nei confronti di un pataccaro, pur di non correre il rischio di perdere qualche briciola, fatta passare per concessione, ma che, invece, è semplicemente un sacrosanto diritto.
«No, caro Rabbi! Pataccari non sono solo i componenti del “Trio Patacca”! Il trio non esisterebbe senza un gregge di pataccari e soprattutto senza organi di governo costituiti da amministratori rinunciatari, che non conoscono neppure le prerogative dei collegi di cui fanno parte.» (Giovanni Grasso)
Comprendo bene: è proprio lì che volevo arrivare (“faceva il palo nella banda dell’Ortiga, faceva il palo perché l’era el su’ mestè”).
Riporto il commento (2 aprile 2013) di Pino (Siena) dal Meetup.
Scrive Pino: “Probabilmente se nel comunicato non ci fosse stato il richiamo al blog il senso della misura, il Grasso non sarebbe intervenuto.”
Mi dispiace contraddirti, caro Pino; sarei intervenuto comunque: un comunicato così loffio (come lo definisci tu) è un sostegno al rettore, ormai completamente delegittimato. E il Riccaboni, come direbbe Beppe Grillo, va cacciato a calci in culo! Purtroppo, quando arriverete a capire questo, sarà troppo tardi (per l’università di Siena).
Commento di Pino
«Il comunicato a 5 stelle era loffio, profondamente loffio. Oggi imperversa sui quotidiani on-line la denuncia di un cittadino, Carlo Regina, che praticamente in quattro righe è stato in grado di dire quello che doveva dire il MoVimento5stelle. Se non siamo in grado di fare questo ce ne possiamo stare tranquillamente a casa perché Siena come l’Italia non hanno bisogno di rampanti chiacchieroni semplicisti, ma di gente con i coglioni alla Grillo, che anche in presenza di conflitto d’interessi riesca con coraggio a superare gli ostacoli. Altrimenti il rischio è che che si mina alla base l’azione politica del MoVimento5stelle facendo indignare non solo gente come il prof. Grasso ma anche semplici cittadini.
Probabilmente se nel comunicato non ci fosse stato il richiamo al blog http://ilsensodellamisura.com
il Grasso non sarebbe intervenuto, ma ahimè è stato costretto a farlo visto che Lui fa parte di una certa specie di blogger giornalisti:
http://www.youtube.com
In Città se ne contano pochissimi della sua specie, vedi l’Eretico o l’ex Santo che combattono in prima linea da anni contro il “sistema del groviglio armonioso” e quando c’è qualcuno che fa riferimento a loro, lo faccia con mestiere e giuste credenziali, altrimenti è meglio parlare delle previsioni del tempo.
In ogni caso il comunicato ha fatto scaturire una discussione veramente importante sul blog del Grasso, tanto che il commentatore Rabbi Jaqov Jizchaq individua il percorso da intraprendere per come venir fuori dalla crisi che colpisce l’Università:
– art. 3), riorganizzando gli atenei su base territoriale, polarizzando in alcune sedi (verosimilmente dove sono più forti) i settori disciplinari, le persone e i corsi di laurea fondamentali (perché – bando agli insopportabili relativismi intorno a ciò che è fondamentale – oramai di questo stiamo parlando, non della fuffa) non più sostenibili in tutti gli atenei siti nel medesimo lembo di terra, ammettendo dunque la mobilità dei docenti e la condivisione di strutture e corsi di studio, in modo da creare strutture robuste, non disperdere le competenze e le esperienze e soprattutto sopravvivere offrendo un qualche riferimento e barlume di speranza ai giovani e a chi resterà a spalare macerie (primum vivere…).
Leggo lui e mi ritrovo in pieno perché è quanto dico io da mesi per la banca MPS:
La legge (art. 3) indica una via d’uscita, il cui senso è che nella difesa da un assedio, gli assediati non si sparpagliano sulle mura oramai cadute, ma arretrano e si concentrano nella difesa del torrione. Ciò vale anche per i settori scientifici e non solo per i castelli. Soprattutto mi domando se vi sia qualcuno dotato di una visione d’insieme e capace di andare oltre la conservazione strenua e insensata dei particolarismi feudali. Ma qui mi sa che in diversi si renderanno conto di cadere, solo quando saranno a un centimetro dal suolo.»