Morti bianche ad “orologeria”: il progetto continua

Articolo21Questo blog si è già occupato delle morti bianche ad “orologeria”. Oggi riportiamo un progetto pilota del Prof. Ferrara, dell’Università di Siena, che si inserisce nell’ambito del premio Luigi Marri, promosso da Articolo 21 e sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica. Il progetto propone indagini specifiche nel territorio nazionale, con lo scopo di accertare e quantizzare il rischio per la salute degli addetti alla viabilità ed i suoi costi sanitari, studiare la possibilità di prevenzione e recupero ed, infine, stimare l’eventuale danno biologico esistente ed i costi d’indennizzo.

Aldo Ferrara. I recenti rapporti sullo stato di salute delle nostre città rendono indilazionabile un piano di monitoraggio e controllo dei lavoratori a rischio, specialmente quelli della strada, vigili urbani, operatori ecologici, esercenti ed addetti alla distribuzione dei carburanti. I dispositivi di legge, segnatamente il DPR 626/94, non sono sufficienti ad un controllo sanitario efficace, specie per un’interpretazione restrittiva della legge. Queste problematiche non coinvolgono solo le grandi città (con più di 500 mila abitanti) ma soprattutto le piccole, come dimostrano i monitoraggi dell’aria eseguiti ad Aosta, Cremona, Busto Arsizio etc.. Infatti, nelle città con più di 100 mila abitanti, il ricorso ai mezzi privati è più alto e più frequente (86%) mentre nelle città più grandi è più modesto (78%), data l’offerta di trasporto pubblico più consistente. La strada, quindi, come fonte di malattia e dunque l’Operatore della Polizia Municipale è il simbolo di quanto ancora si debba fare sulla salute dei cittadini a rischio.
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Università: l’infantilismo e l’inadeguatezza dei rettori

*Corriere della Sera. Le minacce, no, non ce le saremmo aspettate dalla Conferenza dei rettori italiani. La protesta per le risorse negate all’Università dalla Finanziaria è legittima. Il grido d’allarme sullo stato comatoso dei bilanci universitari, lo sconcerto per l’insensibilità dimostrata nei confronti della ricerca: tutto questo è meritevole di considerazione e la maggioranza di governo farebbe male a non tenerne conto. Ma se i rettori decidono di svestirsi del loro ruolo togato e arrivano a intimare ai rappresentanti del governo di tenersi lontani dalle «significative manifestazioni in Università», è un lessico inaccettabile quello che traspare dalle loro dichiarazioni.
(…) Se la spaccatura tra il mondo della ricerca e il governo è dunque un campanello d’allarme per chi ha varato una Finanziaria al di sotto delle aspettative dei rettori e dei ricercatori dell’Università, le forme e i modi della protesta non sono indifferenti, anche se lo scopo può essere condivisibile. Il metodo dell’ultimatum, l’invito ai membri del governo a non mettere piede all’Università sono appunto forme che i rettori, per la delicatezza del loro ruolo e per il carattere in un certo senso istituzionale della loro funzione, devono saper arginare per non far cadere l’Italia in una deriva caotica e civilmente disgregata che in altri tempi si sarebbe detta «sudamericana». I rettori invitino il governo nelle Università, chiedano conto delle promesse non mantenute, ripetano quanto hanno detto nella passata legislatura, e cioè che una nazione moderna non può permettersi di mortificare la ricerca. Ma evitino i girotondi. Non per risparmiare critiche al governo. Ma per risparmiare all’Italia l’ennesima brutta figura.
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*Il girotondo dei rettori, 15 dicembre 2006.

Garattini e Bertelé su: «Le false novità della ricerca clinica»

Garattini_1Bertele_1«Le finalità etico-scientifiche e la realtà della ricerca clinica sembrano marciare in direzione opposta», sostengono Garattini e Bertelé: «serve più ricerca non commerciale, che è parte integrante dell’assistenza sanitaria, e maggior sostegno alla circolazione di un’informazione scientifica onesta e meno mirabolante».
Silvio Garattini, Vittorio Bertelé. Nonostante quanto sostengono i clamori della pubblicità, l’area farmacologica non è ricca di innovazione come sembra. Vi sono diversi fattori che contribuiscono a creare una falsa immagine di novità nel settore farmaceutico. Questi fattori condizionano varie fasi della ricerca e sviluppo e della commercializzazione di un nuovo prodotto: dall’individuazione dei bisogni che generano le ipotesi degli studi clinici, all’adozione della metodologia che serve a verificare quelle ipotesi, all’interpretazione e alla divulgazione dei risultati. Ciascuna di queste fasi può essere distolta dall’obiettivo prioritario dello sviluppo di un farmaco che è quello dell’interesse dei pazienti e può essere orientata invece a quello commerciale delle imprese: legittimo, certo, ma subordinato a quello della salute pubblica. Si deve esercitare grande attenzione e spirito critico da parte delle autorità regolatorie, dei SSN, dei medici prescrittori e dei pazienti, perché il falso in questo settore possa essere prontamente riconosciuto e bandito. L’utilizzo clinico di false novità, infatti, pone a rischio la salute dei pazienti, dato che esse si sostituiscono ad altri farmaci più efficaci o meno tossici; tale utilizzo, inoltre, sperpera risorse che potrebbero essere destinate a rispondere ad altri bisogni reali con trattamenti efficaci. Premiando l’assenza di innovazione, si demotiva l’interesse per la ricerca dell’eccellenza e si riduce la competitività delle imprese.
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Il testo completo.

Barbara McClintock: «la scienza è cresciuta a dismisura diventando ottusa»

*Peter H. Duesberg. Ricevendo il premio Nobel agli inizi degli anni ottanta, Barbara McClintock si sentì finalmente ripagata di decenni di isolamento scientifico. Aveva scoperto i trasposomi, minuscoli geni che periodicamente saltano da un sito all’altro del Dna di vari organismi. La lunga lotta che dovette ingaggiare per far accettare il concetto è diventata leggenda, e i suoi risultati sono ora giudicati una delle scoperte più importanti della biologia dai tempi della Seconda guerra mondiale. Anche nella letteratura popolare la McClintock è ormai un simbolo di dissenso instancabile contro un ambiente scientifico intollerante. Una mattina (maggio 1991, n.d.r.), Duesberg fece visita alla McClintock nel suo studio a Cold Spring Harbor, e i due si trovarono subito sulla stessa lunghezza d’onda. Lei gli raccontò dei suoi scontri con l’ortodossia scientifica. A quei tempi, ricordò ridendo, le sue osservazioni sui «geni che saltavano» furono subito respinte dai colleghi maschi. «Non è forse tipico di una donna», dicevano, proporre un’idea così stupida? Disse anche che la scienza era cresciuta a dismisura diventando ottusa. La maggior parte dei ricercatori, sottolineò, preferiscono «cucire» insieme dati grezzi invece che interpretarli. Così, la scienza genuina finisce per annegare sotto un «diluvio di informazioni». Costoro sono felici di raccogliere dati e accettano acriticamente «supposizioni implicite» che costringono chi usa la sua testa ad andare controcorrente.

*Duesberg: AIDS. Il virus inventato. Baldini&Castoldi, Milano 1999, pag. 254.

Azzerare i concorsi universitari taroccati

Lore_cCosimo Loré. Il successo dell’iniziativa per abolire i costi di ricarica del cellulare mi induce a preparare analoga iniziativa per i concorsi universitari taroccati che in questi ultimi tempi hanno raggiunto livelli di non ritorno ai fini della decenza – prima che della docenza – nelle università italiane: credo che la crisi già grave che affligge gli atenei italiani, come anche inglesi e tedeschi, riceva il colpo di grazia da un costume criminale con cui attraverso reciproci favori e scambi i pochi preziosi posti disponibili nelle università italiche sono di fatto riservati a parenti incompetenti di docenti anche non potenti ma ormai in preda alla smania di proteggere la prole ed in specie il cucciolo meno dotato (Assennato, cattedratico barese di medicina del lavoro, docet: distruggono l’Ateneo per trovare un posto ai loro figli!). Come tanti ho figlie che fra poco si iscriveranno a qualche corso di laurea e tremo all’idea che con alta probabilità saranno sottoposte a lezioni ed esami gestiti da persone sicuramente meno colte e carismatiche delle mie fanciulle! Si tratta di monitorare la situazione nazionale e azzerare (istanza che mi confidavano in passato anche Rettori Magnifici) i ruoli palesemente effetto di evidenti imbrogli… altrimenti ha “perfettamente” ragione chi sostiene che altri soldi non vanno assolutamente dati alle università, visto l’uso illecito che se ne fa.

Privatizzare l’università per introdurre concorrenza e merito

PerottiL’Università degli ipocriti: la soluzione è privatizzare

*Roberto Perotti. Nonostante i continui lamenti dei rettori, il problema dell’università italiana non è la mancanza di risorse, ma come vengono distribuite. (…) Concorrenza e merito significano penalizzare chi non produce e premiare chi fa bene: in altri termini, i “soldi devono seguire la qualità”, a livello sia di ateneo sia di individui. (…) L’università italiana ha dunque bisogno di abolire i concorsi, liberalizzare stipendi, assunzioni e didattica, far pagare agli studenti più abbienti il costo dei servizi che ricevono, finanziare chi opera bene, lasciare scomparire chi opera male. E tutte queste riforme vanno attuate insieme: misure ben intenzionate ma isolate non cambieranno niente, anzi, possono facilmente peggiorare la situazione. Se si liberalizzano assunzioni e stipendi ma non si cambia il modo di finanziamento, chi oggi assume i figli degli amici ne approfitterà per coprirli anche di soldi. Per evitarlo, i finanziamenti devono premiare la qualità, cosicché chi assume in modo clientelare ne paghi le conseguenze. (…) Realisticamente, tutte queste riforme non saranno mai attuate in Italia, se non marginalmente e inutilmente; anzi, con effetti controproducenti. (…)
Le riforme politicamente fattibili sono, al più, un brodino caldo. Invece di continuare ad autoingannarci, forse faremmo bene a pensare al secondo metodo per introdurre la concorrenza e il merito: privatizzare. Certamente anche questa è una strada di difficilissima praticabilità politica, ma almeno ha efficacia non illusoria. In un sistema privato, se dei baroni promuovono incompetenti o insegnano male, l’ateneo perde studenti e rette, prestigio, commesse e finanziamenti. Alla fine ne risentono i baroni stessi: la loro retribuzione scende, il loro prestigio accademico diminuisce e se l’ateneo è costretto a chiudere perdono il posto di lavoro. Questa è la migliore assicurazione contro clientelismi e inefficienze e il modo più certo per garantire che le esigenze dei consumatori (gli studenti e le loro famiglie) siano tenute in considerazione. (…)
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*L’Università degli ipocriti: la soluzione è privatizzare, il Sole 24 Ore 30 novembre 2006

Lo studio razionale della natura cede il posto a una caccia affannosa del sensazionale

Erwin Chargaff (scritto del 1979). Lo spirito texano («per l’impossibile ci occorrono soltanto tempi un po’ più lunghi») ha celebrato nella scienza molti effimeri trionfi, ma la nuova scienza nata dalla fusione di chimica, fisica e genetica, voglio dire la biologia molecolare, continua ad essere imperatoria e dogmatica. Uno dei dogmi più fastidiosi da essa annunciato, il cosiddetto dogma centrale (DNA = RNA; RNA = albume), oggi non è più sostenibile (non ho mai accettato questa posizione come risulta dalle conferenze che tenni a *Mosca nel 1957 e a **Vienna nel 1958), ma il fatto che si sia potuto far scendere certi dogmi dal piedestallo indica in quale modo infausto la scienza sia cambiata.
Era il tempo in cui cominciavo a sentirmi molto isolato: né il paese, né la professione, né la lingua, né la società e neppure la contemplazione serena e riverente della natura sembravano offrirmi un rifugio. Tutti moriamo in un carro armato di ghiaccio, solevo dire. Ma non avevo ancora 55 anni. Lo studio razionale, pieno di amore e di zelo, della natura aveva ceduto il posto a una caccia affannosa e chiassosa del sensazionale e di «sfondamenti»; un genere del tutto nuovo di scienziati affollava i laboratori e i congressi. Mi chiedevo se anch’io non avessi contribuito, sia pure in piccola parte, alla loro formazione; ma risposi a questa domanda con un no pronunciato sottovoce e per ragioni di sicurezza ripetei le belle parole con cui la guerra viene rifiutata in una poesia di Matthias Claudius: «Purtroppo è la guerra … e io desidero ardentemente di non averne colpa!». Se poi con questo sfogo lirico mi sia veramente scaricato della colpa, è un’altra questione.
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*E. Chargaff, Nuleic acids as Carriera of Biological Information (in Symposium on the Origin of Life, Accademia delle Scienze dell’URSS, Mosca 1957, pagg. 188-193) poi (in The Origin of Life on Earth, Pergamon Press, Londra 1959, pagg. 297-302).
**E. Chargaff, First steps toward a chemistry of eredity, in Fourth International Congress of Biochemistry, Pergamon Press, Londra 1959, vol. XIV, pagg. 21-35.