Quando lo sciacallaggio parte dai vertici

Magliari

“I magliari” di Francesco Rosi (1959)

Da quando si è scoperta la voragine nei conti dell’Università di Siena, l’alienazione degli immobili ha rappresentato lo strumento più facile per superare le crisi di liquidità. Così Silvano Focardi nel 2009 ha venduto per 74 milioni di euro il San Niccolò e per 108 milioni di euro nel 2010 l’ospedale “Le Scotte”, creando le condizioni in base alle quali il suo successore avrebbe evitato il ricorso, per il 2011, allo scoperto di conto corrente e alle anticipazioni sul fondo di finanziamento ministeriale 2012. La dismissione di alcuni immobili rientra anche tra le misure straordinarie di Riccaboni che, però, ha previsto la costituzione di un Fondo immobiliare, l’individuazione di intermediari specializzati e la sottoscrizione, da parte dell’Ateneo, di quote da collocare presso investitori. L’assoluta segretezza dell’operazione, il tentativo di far approvare dal CdA il progetto nascosto all’interno di una delibera sulla ricognizione degli spazi (quindi, con una procedura scorretta sul piano formale e sostanziale), i rapporti mai chiariti con un operatore finanziario indagato dalla Procura di Fondi, la scelta, da parte del rettore, come consigliere finanziario, di un docente che è socio di maggioranza di una S.r.l che ha per oggetto sociale proprio operazioni del genere, hanno legittimato il sospetto di una speculazione finanziaria ai danni dell’Università di Siena. Ho più volte denunciato pubblicamente tali circostanze fino a quando il CdA non ha deciso di bocciare il rischioso progetto. Ma lo sconcerto e la rabbia per l’opera di sciacallaggio ai danni del nostro martoriato ateneo hanno modo di manifestarsi pienamente leggendo le intercettazioni di seguito riportate tra Riccaboni e il suo consigliere finanziario, professore a Siena di Intermediari finanziari, Lorenzo Frediani, nonché socio di maggioranza di Astrea S.r.l., avendo versato 28.500,00 € sui 30.000,00 € di capitale sociale.

Telefonate di Frediani (Astrea) a Riccaboni nel 2010
– 4 novembre (ore 16:26): una voce maschile chiede conferma sulla nomina. Si accordano di vedersi tra un po’ in facoltà.
– 4 novembre (ore 19:04): una voce maschile chiama per congratularsi per la nuova nomina e chiede insistentemente un incontro prima dei festeggiamenti per parlare del loro progetto.
– 10 novembre 2010 (ore 10:09): fissano un incontro per il 19 novembre (alle ore 10.00) con il nuovo direttore amministrativo e la ragioneria dell’università per procedere – dopo aver controllato i conti – alla programmazione di un fondo immobiliare o vendita dei beni dell’Unisi.
– 18 novembre 2010 (ore 09:42): un uomo chiama Riccaboni e gli chiede conferma per l’indomani alle 10 con il direttore amministrativo. Riccaboni conferma.
– 22 novembre 2010 (ore 09:53): una voce maschile chiama Riccaboni e lo mette sull’avviso di non discutere con nessuno nel dettaglio del piano di risanamento, visto che ci sono dei problemi in arrivo come la mancata corresponsione del contributo di 8 milioni di euro da parte della regione che mette a rischio il pagamento degli stipendi per dicembre. La linea diventa disturbata…
– 22 novembre 2010 (ore 09:57): una voce maschile riprende il discorso interrottosi precedentemente e gli fa presente che mancano i soldi per pagare gli stipendi di dicembre. Riccaboni propone di far ricorso alle anticipazioni di cassa e la voce maschile precisa che al 31 dicembre le anticipazioni di cassa devono essere portate a zero. Se bisogna percorrere quella strada, la voce maschile dice che va richiesto un incontro a Mussari e a Marino per vedere se la fanno percorrere. Non è una cosa semplice anche perché le tredicesime vanno pagate il 12 o il 13. Riccaboni dice che ci vuole pensare e si accordano di sentirsi domattina.
– 1 dicembre 2010 (ore 09:52): Angelo viene chiamato da un uomo che gli suggerisce di aumentare il numero delle persone che lavorano nella ragioneria perché sono in uno stato di criticità, almeno finché le cose non girano. Riccaboni si appunta la cosa. L’interlocutore dice che poi con calma devono vedere come riorganizzare l’università ma questo deve essere un provvedimento da prendere subito. Riccaboni dice che ne parlerà con la Fabbro.

Siena: dalla “piccola Oxford” all’Università delle truffe

Ormai è chiaro! L’Università degli Studi di Siena ha un altro primato, quello delle truffe compiute da autorevoli personaggi che hanno gestito l’ateneo per fini esclusivamente personali. Si trova di tutto: consulenze dorate per gli amici, uso privato di mezzi e strutture pubbliche, compensi in conto terzi senza controllo, rimborsi di missioni mai avvenute, centri di servizio costituiti per macinare profitti per pochi, posti di ricercatore senza copertura finanziaria per figli e amici, compensi illimitati ai docenti dei master e dei corsi di perfezionamento, tasse del post-laurea senza alcun tetto e in parte intascate da qualche furbo. Ecco, tutto questo accade da 26 anni e spiega la voragine nei conti e il dissesto anche morale di un Ateneo dal glorioso passato. Le prove raccolte dalla Procura della Repubblica di Siena per il primo filone d’indagine, rese pubbliche da pochissimi giornali e da qualche blog, rivelano solo una piccola parte del malaffare ma dimostrano chiaramente le responsabilità dei vertici passati e attuali, la mancanza di senso delle istituzioni, le piccinerie, l’irrazionalità e, per alcune decisioni, l’imbecillità manifesta. Altrimenti, perché falsificare platealmente il concorso per Direttore Amministrativo quando si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato in modo regolare? Infatti, lo Statuto concedeva a Riccaboni la prerogativa di nominare la persona che lui aveva scelto: la Fabbro, appunto. Allora, perché bandire una “selezione pubblica” (con una commissione presieduta da lui stesso), alla quale parteciparono ben 49 candidati, tra direttori amministrativi e dirigenti d’altre università? Com’è noto, vinse la Fabbro e il concorso-farsa ha in seguito assunto i contorni di una truffa ai danni dell’Ateneo senese, dei suoi dipendenti e dei candidati. A questi ultimi è toccata anche l’onta di veder prevalere una collega già condannata per illecito amministrativo-contabile nell’esercizio delle sue funzioni di direttore amministrativo dell’Università di Bologna. Di questo, ovviamente, nel suo curriculum non c’è traccia. Ma al danno si aggiunge anche la beffa, se si legge di seguito l’intercettazione telefonica tra Marco Tomasi (ex Direttore generale del Ministero dell’Università) e Riccaboni. I due dispensano a piene mani amenità e “perle di saggezza” del tipo: «lei ha visto il parterre dei candidati? … uno che è bravo non verrà mai a mettersi in concorso!»; i concorsi sono «falsa democrazia, demagogia, finto rispetto delle regole che poi diventa masochismo!». Ci si meraviglia ancora del baratro in cui è sprofondata l’Università di Siena?

Continua a leggere

Università di Siena: i “Berlinguer boys” alla ricerca di una diversità mai posseduta

Una  notizia passata inosservata in agosto torna d’attualità, considerando che all’università di Siena i docenti sono oggi 879, che la Corte dei Conti sta valutando il danno erariale degli incentivi faraonici per il prepensionamento e che, in alcuni settori, mancano i docenti. È, forse, arrivato il momento che la legione di studiosi di “Storia contemporanea” a Siena cominci a insegnare Medicina Legale e Anatomia umana?

Leggendo le dichiarazioni dei Professori Tommaso Detti e Marcello Flores D’Arcais sulla loro decisione di andare in pensione anzitempo, il pensiero corre all’intervista di Enrico Berlinguer sulla “questione morale”, ricordata nello scorso mese di luglio da Eugenio Scalfari a trent’anni dalla pubblicazione. Vi è un passo di quell’intervista che è bene ricordare: «I partiti hanno occupato lo Stato, gli istituti culturali, gli ospedali, le università (…) una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi.» Ebbene, esiste un nesso tra il prepensionamento volontario dei due docenti di Storia contemporanea e l’intervista di Enrico Berlinguer? Ovviamente, no! Così com’è da escludere che costoro, trattandosi di due illustri storici, possano rientrare tra i cattedratici imposti dai partiti. Però, la notizia del pensionamento dei due docenti mette in luce un dato preoccupante. Nell’Università di Siena esiste una legione di Storici contemporaneisti: ben 22 (11 ordinari, 7 associati, 4 ricercatori). È proprio questo numero che ci riporta all’intervista di Berlinguer. Infatti, il confronto con altri Atenei, anche di dimensioni maggiori di quello senese, evidenzia in modo inequivocabile l’esubero di storici a Siena. A Pavia ce ne sono 6, a Palermo e Parma 4, a Verona 3. A Siena, prima in tutto, ne servivano 24: sì, il numero più alto di storici, raggiunto nel 2005, sotto la guida del grande timoniere Piero Tosi! È indubitabile che questa disciplina (ma non è la sola) presentasse le caratteristiche giuste, specialmente in una realtà politico-culturale peculiare come quella senese, perché l’ingerenza dei Partiti si manifestasse con prepotenza nell’arruolamento di docenti non necessari, a danno di settori disciplinari essenziali, che oggi rischiano di scomparire. Sicché, il pensionamento dei due docenti non comporterà alcun disservizio. Anzi! Ci si chiede come facciano, tutti questi storici, a raggiungere, ciascuno, il tetto delle 120 ore di lezioni l’anno, imposto dal Senato Accademico.

Ma veniamo alle dichiarazioni dei due docenti, che hanno ottenuto un contratto, per 60 ore l’anno di attività didattiche, che frutterà ad ognuno in 5 anni circa 150.000 euro lordi, più l’importo del differenziale tra l’ultimo stipendio percepito e la pensione. Dichiara il Prof. Detti: «Oltre a dare una mano alla mia Università, poi, andando via in anticipo contribuirò ad accelerare un ricambio generazionale, anche se per questo purtroppo occorrerà tempo.» E il Prof. Flores D’Arcais aggiunge: «Nessun ateneo italiano ha davvero formulato un progetto/proposta serio, capace di incoraggiare la scelta dei docenti nel modo in cui ha fatto l’Università di Siena.» Leggendo le loro dichiarazioni integrali (a pag. 4), si vede che manca il senso della misura e, aggiungerei, del pudore! Uno dei due lo farebbe per «dare una mano all’Università e accelerare il ricambio generazionale». E l’altro si meraviglia che nessun ateneo regali, come accade a Siena, tutti questi soldi a chi anticipa il pensionamento. Che fosse solo una questione di soldi, lo avevano capito subito gli estensori del collegato regolamento che proclamavano sicuri: «daremo incentivi che i docenti non potranno rifiutare!» Come si vede, è del tutto ininfluente che l’ateneo senese non sia in grado di concedere tali incentivi che per giunta provocano un danno erariale. È come togliere le capsule d’oro dalla bocca di un morto prima della sepoltura. Tutti, impassibili, assistiamo all’orgiastico saccheggio di un cadavere insepolto, l’università senese, con i più furbi che camuffano come interesse generale la loro azione di sciacallaggio. È chiaro che chi volesse realmente “dare una mano” all’ateneo dovrebbe prima di tutto rinunciare agli incentivi.

Esagera chi ipotizza una voragine da 600 milioni di euro negli ultimi ventisette anni nell’università di Siena?

Il Mondo oggi in edicola (con la data del 2 dicembre 2011) pubblica un articolo sull’Università di Siena nel quale si paventa addirittura un buco da 600 milioni di euro. Esagerazioni? Mica tanto! Se si considera che la Procura ha setacciato solo cinque bilanci (2003-2007), è ragionevole chiedersi cosa ci possa essere negli altri nove anni del governo Tosi e, perché no, nei nove anni del rettorato Berlinguer, ideatore dei festeggiamenti a gogò nell’università. Pertanto rinnoviamo tre semplici domande a Luigi Berlinguer e, in subordine, a Piero Tosi.

1) È vero che Berlinguer, quando s’insediò alla guida dell’ateneo senese, trovò bilanci solidamente in attivo?

2) Quanto sono costati i famosi festeggiamenti del 750° anniversario dell’Università di Siena? Si dice che, a fronte dei circa 1,5 miliardi delle vecchie lire preventivati, si siano spesi 9 miliardi. Forse non è vero. Ci chiarisca, per favore, questo punto.

3) Quando lasciò l’ateneo nelle mani del suo delfino Piero Tosi, i bilanci erano in attivo o in passivo?

Trucchi e bilanci falsi, se Siena assomiglia alla Parmalat

Fabio Sottocornola. L’Università di Siena rischia di sprofondare nel baratro. Due inchieste appena concluse della Procura cittadina fanno tremare i vertici vecchi e nuovi. E sul futuro si aprono scenari inquietanti. Anche l’attuale rettore Angelo Riccaboni, aprendo, lunedì 21 novembre, l’anno accademico, ha avvertito: «La crisi finanziaria che l’ateneo sta attraversando mette in gioco la sua stessa esistenza». Secondo i magistrati, in quella che veniva chiamata la Oxford italiana, il falso era all’ordine del giorno. Il primo filone d’indagine, partito nel 2008, è sul buco nei bilanci di oltre 200 milioni di euro, ma qualcuno ipotizza 600. Leggendo le carte, l’università toscana assomiglia un po’ alla Parmalat di Calisto Tanzi: per cinque anni consecutivi (2003-2007) scrivono gli inquirenti, «di fronte a un disavanzo si era deciso che era necessario presentare un bilancio in pareggio o in attivo». Così i budget a consuntivo di ogni anno sono stati taroccati e gonfiati «attraverso la correzione di poste si facevano risultare residui attivi, in parte non esistenti, relativi a esercizi precedenti». In pratica, ogni volta erano scritti a bilancio svariati milioni non incassati o inventati. Ideatori e promotori sono stati, per la Procura, gli ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi insieme con 16 tra direttori amministrativi, revisori dei conti e contabili. Le accuse: falsità ideologica in atti, abuso in atti d’ufficio, peculato. Focardi avrebbe pagato con 15 mila euro dell’università cene, visite e palchi al Palio per la Contrada della Chiocciola di cui era stato Capitano. Sempre a metà novembre si è chiusa l’inchiesta (dieci indagati compresi presidi di facoltà) per i presunti imbrogli nelle elezioni del 2010 vinte da Riccaboni. Tra gli «atti oggetto di falsità, il decreto di nomina del rettore» firmato da Maria Stella Gelmini. Convocata, suo malgrado e non senza attriti con la Procura, è stata ascoltata dai Pm a febbraio e oggi è «persona offesa». Per ora Riccaboni ha escluso le dimissioni. Nel 2006 Tosi venne destituito dalla Procura. Normativa alla mano, il ministro Francesco Profumo può mandare un commissario: obiettivo salvare Siena.

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (26 novembre 2011). Università: bilanci e ipotesi “da paura”.

Un rettore delegittimato che finge di non saperlo e le prime costituzioni di parte civile per la voragine nei conti dell’ateneo senese

USB Università di Siena. Da giorni escono sui quotidiani locali e nazionali notizie più o meno precise sullo stato delle indagini riguardanti il nostro Ateneo. L’imprecisione, se così vogliamo metterla, viene superata dalle note di agenzia emesse direttamente dalla Procura, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri. Possiamo solo dire che attendiamo i passaggi ufficiali nell’indagine sul buco d’Ateneo per costituirci parte civile come sigla sindacale. Abbiamo infatti dato mandato all’avvocato della USB di studiare la formulazione dei capi di accusa per permetterci di fare questo atto doveroso.

Sulle elezioni del Rettore crediamo che si debba attendere gli ulteriori sviluppi che a giorni ci saranno, ma certo la posizione del nostro Magnifico esce molto indebolita dalla vicenda. Le elezioni su cui si sta indagando sono quelle che hanno permesso allo stesso di essere poi nominato dal Ministro per cui è ovvio che indirettamente la questione lo riguarda, e già solo l’indagine è un brutto biglietto da visita. Lo stesso Ministro al momento della nomina ebbe a scrivere sulla questione le seguenti parole: «Si tratta di una presa d’atto dovuta dei risultati delle elezioni, che a oggi non risultano essere stati invalidati. Il provvedimento non intende quindi esprimere una valutazione su profili di merito, in relazione ai quali si attendono i risultati delle indagini in corso. Con tale provvedimento il Ministero ha doverosamente recepito i risultati elettorali comunicati dall’Università, come previsto dalla legge.»

Il Ministro parla di risultato delle indagini come punto dirimente sulla questione e non del risultato del processo. Sembra inoltre che sia la stessa Procura a poter decidere in merito. Saranno però il nuovo Ministro e la Procura stessa a occuparsene. Come lavoratrici e lavoratori possiamo rilevare la difficile situazione in cui ci troviamo: un Rettore delegittimato, che finge di non saperlo, e la necessità a fine anno di avere un rappresentante forte che ottenga la liquidità che ci serve per sopravvivere. Ora, non vogliamo arrivare a chiedere al Magnifico di farsi da parte, dimettersi, ma di ragionare sulle dimissioni se e quando sarà chiaro che la sua posizione è diventata d’impedimento al risanamento di questo Ateneo. Il risanamento avanza per l’impegno di tutti, anche suo, ma non è direttamente proporzionale alla sua presenza, è proporzionale allo sforzo di tutta la comunità. Questa nostra battaglia di risanamento non è una singolar tenzone medioevale. Per ultimo vogliamo evidenziare una cosa a margine della vicenda. Esiste un problema grave di comunicazione fra il nostro Magnifico e l’intera comunità universitaria che è chiamato a rappresentare, la distanza è sempre più evidente. Il messaggio inviato ieri dal Rettore alle 16 a tutto il personale e agli studenti è arrivato ai giornali alle 13. Questo è il rispetto che ci viene riconosciuto. Come al solito da queste vicende appare chiaro che non è in pericolo l’immagine di un singolo, il Rettore, ma il lavoro di più di 3000 cittadini e delle loro famiglie. Vorremmo che fosse chiaro.

Università di Siena: alla ricerca del buon senso e del pudore perduti

Di seguito l’articolo integrale de “La Nazione Siena” del 16 novembre 2011.

La Nazione Siena. Lunedì prossimo nell’Aula Magna del Rettorato avrebbe dovuto risuonare il «Gaudeamus Igitur». Invece, ora, con la conclusione dell’inchiesta sulla regolarità delle elezioni che nel luglio dello scorso anno videro prevalere al ballottaggio Angelo Riccaboni su Silvano Focardi, l’apertura del 771° Anno Accademico rischia di saltare. I magistrati, infatti, ravvisano «tra gli atti oggetto di falsità proprio il decreto di nomina» del rettore firmato il 4 novembre 2010 dal ministro Maria Stella Gelmini. Quello stesso ministro che proprio in queste ore ha lasciato il dicastero. Ora spetterà al nuovo titolare del dicastero di risolvere quella che a questo punto è la ‘patata bollente’ Siena. Un vero e proprio rompicapo che ci rimanda indietro di 12 mesi. Allora la Gelmini non aveva ancora firmato e un docente, affacciandosi alla finestra del suo studio, ci disse allargando le braccia: «Vede noi siamo come un galeone spagnolo in mezzo alla tempesta. Abbiamo la stiva piena d’oro ma non una fetta di pane per mangiare». Il rettore Angelo Riccaboni in questi dodici mesi ha cercato in tutti i modi di tenere la barra del timone al centro ma la burrasca non è mai cessata. «L’importante – rispose in un’intervista di qualche mese fa – è scollinare gennaio sperando nell’anticipazione del fondo ordinario 2012 e nella ricontrattazione dei mutui bancari». Ad oggi né il primo, né il secondo sono diventati realtà. Invece, da ieri pomeriggio, quando è stato diramato il comunicato del comando provinciale dei carabinieri il galeone naviga «a vista». E chissà cosa penserà l’ex ministro Gelmini in queste ore. Certo la caduta del Governo di cui faceva parte pesa, ma anche quell’ombra sul decreto non è da poco. Soprattutto se si pensa che lo scorso 24 febbraio, la stessa Gelmini, fu costretta a varcare il portone della Procura per esser ascoltata dal procuratore capo della Repubblica Tito Salerno e dal sostituto Antonino Nastasi. Un colloquio di 50 minuti, prima dei saluti formali. Certo il ministero, come precisa la nota dei carabinieri «in questa indagine riveste la qualifica di persona offesa», ma quel decreto di nomina viene indicato «tra quelli oggetto di falsità». Dodici mesi fa il ministro fu impossibilitato dalla legge a nominare un commissario, oggi che la legge che porta il suo nome, lo consentirebbe lei può rimanere solo alla finestra a vedere cosa farà il suo successore. Ma nella mente del cronista tornano le parole di un altro docente proprio un anno fa: «In fondo, facendo un paragone, qui è come per l’immondizia a Napoli: una situazione fuori controllo. Per risolverla, serve per forza una figura fuori dai giochi». Forse si sarebbero risparmiati dodici mesi. E per i dipendenti dell’Ateneo e la città il futuro sarebbe meno incerto

Concluse le indagini sull’elezione del rettore e sul buco dell’università di Siena

Partiamo dalle dichiarazioni ufficiali

In data 11 novembre 2011, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena, ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico di dieci indagati nel procedimento relativo alla regolarità della elezione del Rettore dell’Università degli Studi di Siena per l’anno accademico 2010/2014. Le indagini, dirette dal Sostituto Procuratore della Repubblica dottor Antonino Nastasi e condotte dalla Sezione di Polizia Giudiziaria del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, ipotizzano a carico degli indagati il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Nei giorni scorsi gli atti sono stati notificati agli indagati, alcuni componenti del seggio elettorale e i componenti effettivi della commissione elettorale. Tra gli atti oggetto di falsità vi è anche il Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca, che in questa indagine riveste la qualifica di persona offesa, con cui veniva nominato il Rettore dell’Università degli Studi.

Il 4 novembre 2010, il Ministro aveva dichiarato: «Si tratta di una presa d’atto dovuta dei risultati delle 
elezioni, che a oggi non risultano essere stati invalidati. Il provvedimento non 
intende quindi esprimere una valutazione su profili di merito, 
in relazione ai quali si attendono i risultati delle indagini in
 corso. Con tale provvedimento il Ministero ha doverosamente recepito i risultati 
elettorali comunicati dall’Università, come previsto dalla 
legge».

Nota della Procura della Repubblica di Siena e della Guardia di Finanza sulla conclusione delle indagini sul “buco dell’università” e sulla violazione del segreto investigativo

I Sostituti Procuratori Antonino Nastasi e Aldo Natalini hanno portato a conclusione il filone principale dell’indagine sul cosiddetto “buco dell’Università”. L’inchiesta, avviata a fine 2008 dall’allora Procuratore Capo della Repubblica Nino Calabrese e dal Sostituto Mario Formisano, fu immediatamente affidata al Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle senesi. Dopo circa tre anni d’incessante lavoro, a seguito di numerose acquisizioni documentali, controlli incrociati, perizie tecniche, intercettazioni telefoniche, perquisizioni, interrogatori, su disposizione dei magistrati titolari dell’indagine, la Guardia di Finanza ha, pertanto, notificato ieri 18 avvisi di garanzia e contestuali conclusioni d’indagini nei confronti degli indagati – ex rettori, direttori amministrativi, revisori dei conti, segretari di dipartimento e contabili – a vario titolo accusati di aver gonfiato i bilanci per far apparire sano lo stato di salute dell’Istituzione contabilizzando residui attivi inesistenti, per decine di milioni di euro, e per aver sottratto, anche per scopi personali, beni e denari pubblici contribuendo, in tal modo, a svuotare le casse dell’Università. Per loro i capi d’imputazione parlano di falsità ideologica in atti, abuso d’ufficio e peculato. Diversamente da quanto anticipato da organi di stampa il provvedimento di conclusione delle indagini è stato depositato dal Procuratore della Repubblica e dai Sostituti Procuratori titolari delle indagini in data 10 novembre 2011 e non in data 8 novembre 2011, e riguarda 18 indagati e non 23. La posizione degli altri indagati è stata separata, è ancora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria ed è coperta da segreto investigativo. La Procura della Repubblica, nello stigmatizzare la violazione del segreto investigativo che ha caratterizzato ripetutamente la presente indagine, anche in fase di estrema delicatezza ed importanza e da ultimo in relazione ad avvisi non ancora depositati e a posizioni ancora pendenti e oggetto di segreto, è consapevole dell’importanza della libertà di stampa, costituzionalmente tutelata, e dell’interesse pubblico alle notizie correlate alla presente vicenda. Al contempo sottolinea che non può essere violato il segreto investigativo e che la violazione di detto segreto non può non essere accertata, anche in ragione del fatto che spesso la pubblicazione di notizie e di fatti coperti da segreto nuoce irrimediabilmente all’attività d’indagine che la Procura della Repubblica è istituzionalmente chiamata a svolgere.

Come la televisione trash, all’Università di Siena dequalificando l’offerta aumentano le iscrizioni

Rabbi Jaqov Jizchaq. Che dire? Ci s’interroga se è giusto o no vendere la casa dello studente di “Acquacalda”, ma non si riflette se è giusto o no vendere… aria fritta. Sostiene il rettore che «Quest’anno, anche se non abbiamo ancora i dati definitivi, c’è un trend positivo che può portare ad una crescita delle iscrizioni del 20 per cento rispetto ad un anno fa». Vabbè … attacchiamoci al “trend”… intanto cadono le foglie, si avvicina l’inverno, i dipendenti (che non guadagnano tutti 10.000 euro al mese, come scrisse scioccamente mesi or sono una gazzetta) tirano la monetina in aria per sapere se a Dicembre ci saranno le tredicesime e intanto mestamente pensano al fatto che poi con l’estate mancheranno verosimilmente anche le dodicesime e le undicesime; ma sarebbe interessante un dato di chiarezza anche intorno alle iscrizioni; sarebbe necessario cioè fornire il resoconto analitico, e non la propaganda per il “popolo” bue o ragionamenti un tanto al chilo; desidererei comprendere come è possibile che riducendo e dequalificando l’offerta, il prodotto ottenga maggiore successo di mercato (un po’ come la televisione trash, la politica mignottocratica, o la secessione birresca); vorrei capire dove si registrano questi incrementi e soprattutto a che prezzo si sono ottenuti. Perché, come ho già detto, il sospetto è che in taluni casi si faccia semplicemente il gioco delle tre carte e in altri, per rivitalizzare col Viagra illustri ciofeghe partitocratiche, si sia mandato in malora parte del patrimonio storico e della tradizione di questo ateneo, riducendo tutto ad un piattume inguardabile, ove chi abbia ancora il senso della decenza si trova fortemente a disagio.

E del resto, non per ragionare “ab ovo”, ma come ho già scritto, a mio modestissimo avviso tutto ciò è il naturale epilogo dei mali endemici che affliggono quest’ateneo, sito in una città sempre più “piccola” (troppo, per avere una opinione pubblica vigile ed incisiva), popolata da abitanti sempre più distratti dalle cose “culturali”, e caratterizzato anche per questo da un forte assenteismo che si è preferito ignorare, assolvendo tutti o (il che è equivalente) accusando genericamente tutti: un ateneo considerato da molte consorterie una diligenza da assaltare senza rischio per la vita, l’ennesima mucca da mungere, l’ennesimo poltronificio per scarti della politica, l’ennesimo ente pubblico da depredare da predoni che mentre depredano, magari dicono in giro che in questo contado non sorgerà mai nessuna esperienza scientifica interessante (peraltro ignorando, causa latitanza, quelle che già erano sorte a loro dispetto).

Ma qui si va avanti a sòn di propaganda, magari brandendo ingannevolmente i famigerati dati del Censis relativi a corsi di laurea in larga parte soppressi e a “Facoltà” che in quanto tali non esistono nemmeno più. Si continua a smantellare, stando ben attenti tuttavia di non dispiacere a marchesi e visconti, più o meno dimezzati, dicendo al “popolo” che tutto va per il meglio, e che si buttano via le cose inutili; le ragioni dell’affossamento di certi settori e del salvataggio di altri, pertanto, non di rado sono oscure, non traspaiono dai normali consessi democratici, consigli, comitati, adunanze varie, ma occorre essere “attovagliati” ai tavoli giusti per averne contezza. 
La più grossa ristrutturazione dell’ateneo degli ultimi quarant’anni avviene in definitiva in un silenzio assordante e avvolta in parte nel mistero, in parte nell’indifferenza; il dibattito reale è ristretto a cenacoli esclusivi e perviene alle orecchie dei comuni mortali solo “post festum”.

Considerato che oramai per chi si è trovato ancor “giovine” nell’occhio del ciclone la cosiddetta “carriera” è andata a farsi fottere (e per chi sia privo dell’amorevole ala protettrice di una grassa chioccia è ben difficile che una qualche prospettiva si riapra fra quattro o cinque anni); che cioè in definitiva la maggior parte di coloro che non avevano già compiuto il salto del rospo verso “più elevati” livelli di carriera allo scoppiare del “buho”, è rimasta al palo, senza che si sia mai visto nessuno a “valutare” alcunché meritocraticamente, o eccellentemente, considerato tutto ciò, a questo punto direi che sono in diversi quelli che, dovendo trascorrere qui presumibilmente ancora qualche lustro prima di gettarsi dalle balze di Volterra (verosimilmente il tipo di “pensionamento” che allo scadere dei termini ad essi verrà proposto), non disdegnerebbero di sapere a fare cosa restano qui: con quali obiettivi, quali prospettive e in quale contesto, con quali interlocutori, entro quali progetti, quali corsi di laurea, atteso che non possono fare tutto e che di “dentisti dantisti” non se ne sente proprio il bisogno.
 Se i nomi sono l’essenza delle cose, dai nomi stessi di certi insegnamenti o corsi di laurea si evince facilmente la vacuità della loro essenza, e avendo perduto ogni cognizione di ciò che è fondamentale e ciò che è complementare, si è buttato sovente tutto a sobbollire nel pentolone della sòra Cianciulli, traendone un sapone molliccio incolore, ma non certo inodore; sicché quest’anno le statistiche delle immatricolazioni celebreranno ovviamente i successi di chi è stato salvato e stenderanno una nota di biasimo su chi è stato soppresso: reciteranno che i vivi sono andati meglio dei morti, senza che oltretutto nessuno si degni di indagare chi e perché è morto.

«Qualche lieve fruscio sui vetri lo fece voltare verso la finestra. Aveva ricominciato a nevicare. Guardò assonnato i fiocchi, argentei e scuri, che cadevano obliqui contro la luce del lampione. Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso l’ovest. Oh sì, i giornali avevano ragione: c’era neve in tutta l’Irlanda. Cadeva dovunque sulla scura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva soffice sulla palude di Allen e, più a occidente, cadeva sulle scure onde ribelli dello Shannon. Cadeva anche nel solitario cimitero della collina dove Michael Furey era sepolto. Si posava a larghe falde sulle croci contorte e sulle lapidi, sulle punte del cancelletto, sugli sterili rovi spinosi. E lenta la sua anima s’abbandonò mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l’universo, lieve come la loro definitiva discesa, su tutti i vivi, su tutti i morti.»

James Joyce, “I morti”, da: “Gente di Dublino”.

Un fondo immobiliare per speculare sull’Università di Siena?

Arnold Böcklin, "The Isle of the Dead", 1883

Ancora una volta, il silenzio assordante sulle vicende dell’Università di Siena è rotto da un articolo del Mondo, di seguito integralmente riportato, che, segnalando un altro caso di nepotismo e una situazione conflittuale nella Facoltà d’Economia, conferma quel che rivelai nel giugno scorso: l’esistenza di un progetto rischioso e illegittimo per la gestione di alcuni immobili dell’Ateneo. Per tamponare le croniche crisi di liquidità, poteva, Riccaboni, vendere qualche immobile, come ha fatto il suo predecessore? No! Troppo facile! Un economista di grande stazza, come lui, non può certo apparire come un agente immobiliare! Ecco, allora, l’idea di «un’operazione straordinaria» che prevede la costituzione di una “Fondazione” per la gestione degli immobili da alienare. L’assoluta segretezza che circonda il progetto, il tentativo (fallito) di farlo approvare surrettiziamente, nascosto all’interno di una delibera sulla ricognizione degli spazi, gli screzi tra i docenti ideatori, i rapporti mai chiariti con un operatore finanziario indagato dalla Procura di Fondi, la comparsa, per ultima nel panorama delle trovate brillanti, di una Società di Gestione del Risparmio (sgr), le tante domande sull’intera vicenda che, ancora, attendono risposta, tutto ciò legittima il sospetto di una speculazione ai danni dell’Ateneo. Come non ricordare la cartolarizzazione, nel 2007, degli enti pubblici previdenziali che portò pochissimo denaro nelle casse dello Stato e rese molto di più a banche e intermediari finanziari? Pertanto ritengo necessario riformulare alcune legittime domande che, mi auguro, questa volta, non restino senza risposta. Perché, Riccaboni, ha deciso di ricorrere alla costituzione di un Fondo immobiliare? Lo sa che, nel rispetto delle regole del patto di stabilità, le risorse così acquisite non potranno essere utilizzate per la spesa corrente? L’Ateneo sottoscriverà quote da collocare presso investitori, a fronte del trasferimento degli immobili? Gli intermediari specializzati che utilizzerà l’università, saranno esterni oppure docenti dell’ateneo senese? Tra questi, ci sarà anche il Prof. Lorenzo Frediani?

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (12 ottobre 2011). L’università e il fondo immobiliare. E le domande del professor Grasso.

Continua a leggere